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Le sanzioni per lo sciopero occulto dei dipendenti pubblici secondo la Cassazione.
Con la recente sentenza della Corte di Cassazione numero 13181/2024 si fa il punto sulle sanzioni emesse a seguito di uno sciopero occulto portato avanti da dipendenti pubblici.
Il caso riguarda un massiccio aumento delle assenze tra i lavoratori della Polizia Locale di Roma tra la vigilia e la notte di Capodanno.
In questo caso si avrebbe a che fare infatti con una casistica di "sciopero occulto": una forma di astensione dal lavoro in cui i lavoratori, anziché dichiarare apertamente uno sciopero, utilizzano altri metodi per evitare di presentarsi al lavoro, mascherando la loro assenza come motivata da cause legittime, ma in realtà coordinata per fini di protesta.
La caratteristiche dello "sciopero occulto"Questo tipo di sciopero non viene formalmente proclamato come tale e quindi può sfuggire alla regolamentazione e alle limitazioni imposte dalle leggi che governano gli scioperi, specialmente nei servizi pubblici essenziali.
In genere queste sono le caratteristiche di questa procedura:assenza giustificata formalmente: i lavoratori presentano certificazioni mediche o utilizzano permessi che, formalmente, giustificano la loro assenza.
Tuttavia, tali giustificazioni risultano spesso fittizie, non basate su reali condizioni di salute.coordinazione sindacale nascosta: anche se non risulta dichiarato ufficialmente uno sciopero, le organizzazioni sindacali possono comunque coordinare o suggerire ai lavoratori di assentarsi, utilizzando altri mezzi per comunicare l'invito all'astensione.mancanza di dichiarazione ufficiale: non si emette una formale dichiarazione di sciopero, il che significa che l'astensione dal lavoro non è soggetta alle procedure legali e alle notifiche richieste per uno sciopero ufficiale.motivazione di rivendicazione collettiva: nonostante le apparenze, la finalità è comunque quella di esercitare pressione sull'amministrazione o sull'ente datore di lavoro per ottenere determinate rivendicazioni o benefici.
Dipendenti pubblici: via libera al trasferimento vicino casa se si hanno figli fino a tre anni di età
Una recente sentenza della Corte Costituzionale ha dato il via libera ai dipendenti pubblici per il trasferimento vicino a casa, in caso di figli fino a tre anni.Buone notizie per il pubblico impiego: è stata concessa ai dipendenti pubblici la possibilità di trasferimento temporaneo nella provincia o nella regione dove si trova la residenza familiare, nel caso ci siano figli fino a tre anni di età.A dirlo è una recente sentenza della Corte Costituzionale. Vediamo nel dettaglio.Trasferimento vicino casa: il via libera ai dipendenti con figli fino a tre anniNella recente sentenza n°99, la Corte Costituzionale ha stabilito l'illegittimità costituzionale dell'art.42-bis, comma 1, del decreto legislativo del 26 marzo 2001, n°151 (Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e sostegno della maternità e della paternità).L'articolo, infatti, prevedeva il trasferimento temporaneo del dipendente pubblico, con figli minori fino a tre anni di età "ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione nella quale l'altro genitore esercita la propria attività lavorativa".In sostituzione, la Corte Costituzionale ha stabilito che il trasferimento temporaneo potrà essere disposto "ad una sede di servizio ubicata nella stessa provincia o regione, nella quale è fissata la residenza della famiglia o nella quale l'altro genitore eserciti la propria attività lavorativa".Per la Corte Costituzionale, quindi"non risulta ragionevole consentire il trasferimento temporaneo del genitore che sia dipendente pubblico solo nella provincia o regione in cui lavora l'altro genitore: tale limitazione, infatti, si fonda sul presupposto per cui il figlio minore da accudire si trovi necessariamente nella medesima provincia o regione in cui è fissata la sede lavorativa dell'altro genitore".L'opportunità è concessa ai genitori di figli minori di tre anni, per permettere la ricomposizione del nucleo familiare, nei primissimi anni di vita dei bambini, nei casi in cui i genitori siano costretti a vivere separati per esigenze lavorative.