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Aeroporto Valle dei templi, gli architetti a sostegno del Libero consorzio per superare le criticità rilevate dall'EnacSecondo il presidente dell'ordine Rino La Mendola "lo scalo agrigentino alimenterebbe il polo occidentale dell'isola che, dal punto di vista amministrativo, potrebbe fare capo a Punta Raisi
"E'quello che ci aspettavamo: una pronta reazione del Libero consorzio per redigere immediatamente gli studi integrativi richiesti dall'Enac per esprimere il parere fondamentale per l'inserimento dello scalo agrigentino nel Piano nazionale degli Aeroporti".Con queste parole Rino La Mendola, presidente dell'Ordine degli architetti, esprime il proprio compiacimento per il pronto stanziamento delle risorse necessarie per superare le criticità rilevate dall'Enac. "Apprendiamo con entusiasmo - prosegue La Mendola - che è già stata incaricata una società di esperti la quale, integrando gli studi già redatti dalla Kpmg, supporterà il Libero consorzio nella rivalutazione della lunghezza della pista (al momento prevista di 1200 metri) e soprattutto nell'integrazione della documentazione, già prodotta al ministero delle Infrastrutture, con ulteriori dati finanziari e socio-economici e con studi anemometrici, pluviometrici e idrografici aggiornati ad oggi. Siamo sempre più convinti che, per concentrare dal punto di vista amministrativo le attività aeroportuali in due poli, come auspicato dal Piano nazionale degli aeroporti, lo scalo agrigentino, così come quello di Birgi, potrebbe alimentare il polo occidentale dell'isola che, dal punto di vista amministrativo, farebbe capo a Punta Raisi. Analogamente lo scalo di Comiso potrebbe essere aggregato al polo orientale facente capo a Fontanarossa. Ciò supererebbe eventuali concorrenze territoriali consentendo peraltro una notevole riduzione dei costi di gestione e una più attenta e organica pianificazione dei voli in relazione alle esigenze del territorio siciliano. Continueremo a sostenere le attività del Libero Consorzio - conclude La Mendola - e a fare squadra con il comitato civico promotore dello scalo, con la rete delle professioni tecniche, con i sindaci e con i parlamentari che, a prescindere dai colori politici, stanno costantemente dimostrando il proprio impegno per la concreta realizzazione di uno scalo aeroportuale fondamentale per il rilancio socio-economico della nostra terra".
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Accordi tra pubbliche amministrazioni: sono appalti? Ecco un approfondimento sugli accordi tra pubbliche amministrazioni dell'Avv. Roberto Onorati. Gli accordi tra pubbliche amministrazioni sono diretti a consentire un più efficace svolgimento dei compiti istituzionali propri delle Amministrazioni coinvolte. Tali atti sono espressione del principio di coordinamento di attività finalizzate ad uno scopo comune a due o più soggetti pubblici, per il cui raggiungimento le funzioni e le competenze facenti capo alle singole Amministrazioni sono raccordate secondo le modalità stabilite nell'accordo.L'ordinamento prevede espressamente, all'art.15 della legge 7 agosto 1990, n. 241 (Nuove norme in materia di procedimento amministrativo e di diritto di accesso ai documenti amministrativi), che le "amministrazioni pubbliche possono sempre concludere tra loro accordi per disciplinare lo svolgimento in collaborazione di attività di interesse comune".La norma ha una valenza generale e, conseguentemente, un ambito di applicazione estremamente eterogeneo, sia relativamente ai possibili contenuti dell'accordo che in relazione al grado di definizione degli impegni assunti. In concreto, quindi, gli atti negoziali e/o d'intesa hanno portata, contenuti ed effetti sensibilmente differenziati e danno vita a diverse tipologie, spesso variamente denominate nella prassi, ma sul piano sostanziale riconducibili alle fattispecie dei protocolli di intesa, delle convenzioni e degli accordi di programma.La "fluidità" di tali accordi, la cui disciplina normativa fa riferimento sia alle norme del codice civile sia alle norme che regolano l'agire della p.a., ha presentato nel tempo diverse criticità in relazione alle norme euro-unitarie in materia di appalti.Se inizialmente l'introduzione dell'art. 15 della L. 241/90 non aveva dato vita ad interferenze con la normativa europea, riguardando la norma in esame accordi tra soggetti pubblici e privi di scopo di lucro, che non potendo partecipare ad una gara pubblica non portavano ad una lesione della disciplina euro-derivata della concorrenza, i problemi sono insorti successivamente all'estensione da parte della Corte di Giustizia UE (CGUE) della nozione di operatore economico e legittimato a partecipare alle gare, anche ai soggetti che non perseguendo un preminente scopo di lucro e non disponendo della struttura organizzativa di un'impresa, non assicuravano la loro costante presenza sul mercato, quali le università e gli istituti di ricerca nonché i raggruppamenti di università e P.A.Le ragioni di questa interpretazione estensiva da parte della CGUE sarebbero da rintracciare nel fatto che un'interpretazione operata in senso inverso, ovvero in senso restrittivo, della nozione di operatore economico, avrebbe portato all'esclusione degli accordi stipulati dalle P.A. e tali soggetti, non caratterizzati prevalentemente da uno scopo lucrativo, a non essere considerati quali appalti pubblici e quindi ad eludere la disciplina della concorrenza nonché a violare i principi in materia di parità di trattamento e di trasparenza.
Il rischio dell'elusione della normativa sugli appalti tuttavia, non comporta la diretta incompatibilità tra accordi e diritto euro-unitario, avendo la stessa CGUE affermato che una P.A. ben possa perseguire gli obiettivi ad essa affidati dalla legge attraverso la collaborazione con altre P.A., piuttosto che introducendo la domanda all'interno del mercato esterno, subordinando però la compatibilità di tali accordi con il diritto dei contratti pubblici al rispetto di determinate condizioni così sintetizzabili: l'accordo deve necessariamente essere finalizzato alla realizzazione e al perseguimento di un pubblico interesse il quale deve essere oggettivamente comune ai soggetti pubblici partecipanti all'accordo, i quali devono realmente partecipare - anche in misura diversa - al raggiungimento dell'obiettivo secondo una reale distribuzione di compiti e responsabilità; gli unici movimenti finanziari esistenti nell'ambito di tali accordi devono essere esclusivamente legati al rimborso delle spese sostenute e non ad un corrispettivo per le prestazioni svolte; il programma di attuazione non deve contrastare o limitare il perseguimento dell'obiettivo principale delle norme comunitarie in tema di appalti pubblici, ossia la libera circolazione dei servizi e l'apertura alla concorrenza agli altri Stati membri dell'Unione Europea.Ciò è stato recepito anche dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato, il quale ha ribadito che qualora non fosse riscontrabile l'effettivo interesse comune tra le P.A. partecipanti all'accordo, ovvero una cooperazione tra queste ultime esclusivamente deputata all'adempimento di una funzione di pubblico servizio, non sarebbe configurabile un accordo ex art. 15 della L. 241/90 e di conseguenza, non sarebbe possibile il diretto affidamento ad un'altra amministrazione, non ricorrendo quei motivi imperativi di carattere generale che giustificano l'assenza di una procedura di evidenza pubblica, che dovrà quindi essere indetta in rispetto del principio della tutela della concorrenza.
enti locali e personale
Le possibili novità nel rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici. Più smart working, ma gli aumenti di stipendio sono a rischio: ecco le possibili novità nel rinnovo dei contratti dei dipendenti pubblici.
Il Governo, rappresentato dall'Aran e i sindacati sono al lavoro per il rinnovo dei contratti per il triennio 2022-2024 per i dipendenti delle Funzioni centrali.Circa un mese fa, erano circolate alcune ipotesi sulle possibili novità, tra cui il potenziamento dello smart working e un aumento degli stipendi. Ma questo secondo punto sembra essere più a rischio, secondo le ultime indiscrezioni.Ecco cosa sappiamo.
Possibili novità rinnovo contratti dipendenti pubblici: cosa dice la nuova bozza
È stata delineata una nuova bozza del contratto di lavoro per i dipendenti statali del comparto Funzioni centrali, che coprirà il triennio 2022/2024.
Ecco le possibili novità.
Smart workingNella nuova bozza, si va verso il superamento della regola per cui bisogna lavorare prevalentemente in presenza. In questo modo, si apre la possibilità di fare maggior ricorso allo smart working, ma solo ad alcune condizioni.I lavoratori che potranno lavorare da casa sono quelli che devono assistere familiari con disabilità o in situazioni di gravità (quelle previste dalla legge 104).
A questi, si aggiungono i lavoratori con particolari esigenze di salute e i genitori con figli piccoli a carico.Non ci sarà automatismo per il lavoro agile, bensì la possibilità di concordare con la Pa per cui si è impiegati un numero di giorni in smart working superiore a quelli in ufficio.
In questo modo, si ribalterebbe il criterio della prevalenza di lavoro in sede, stabilito alla fine dell'emergenza Covid, dall'allora Ministro della Pubblica amministrazione Renato Brunetta.
Aumenti di stipendio
A differenza dello smart working, gli aumenti di stipendio interesseranno una platea molto più vasta di lavoratori, di circa 193mila statali, tra agenzie fiscali, uffici e ministeri.
Tra le possibili novità, ci dovrebbe essere un aumento del 5,78% dello stipendio.L'aumento degli stipendi dovrebbe contare su un fondo di 555 milioni di euro per il 2024.
In linea generale si tratterebbe di 120 euro lordi al mese, che in un anno sarebbero circa 1440 euro (sempre lordi).Sul tema, però, i sindacati non sono d'accordo e chiedono l'aggiunta di almeno un altro 0,5%, ma l'opzione non piace ad Aran, preoccupata per l'impatto che potrebbe avere sulle casse pubbliche.
C'è, però, il nodo del taglio al cuneo fiscale di due punti, per chi ha un reddito inferiore ai 35mila euro annui e di tre punti, per chi ha un reddito annuo inferiore ai 25mila euro.La misura vorrebbe essere portata dal Governo anche nel 2025.
Il problema, però, è che, con l'aumento del salario, decine di migliaia di dipendenti pubblici (si stima che potrebbero essere circa 20mila), supererebbero il limite di 35mila euro.In questo modo, non potrebbero più godere del taglio al cuneo fiscale, che vale più o meno 1200 euro, andando ad azzerare i benefici della nuova misura.
Progressioni economiche
Ci sono novità anche per quanto riguarda le progressioni economiche.Si prevede lo stop agli scatti automatici dovuti all'anzianità di servizio. La nuova regola prevedrebbe gli scatti per merito e potranno corrispondere solo "all'esito della valutazione e alla conclusione del ciclo della stessa performance".