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Salario accessorio illegittimo: la trappola della contrattazione tardiva
La Corte dei Conti del Veneto, tramite il parere 257/2024, ha evidenziato come il ricorso alla contrattazione tardiva può generare l'erogazione di salario accessorio illegittimo e avere come conseguenza possibili sanzioni per il Comune.La Sezione Regionale di Controllo del Veneto ha acceso i riflettori su una pratica diffusa, ma pericolosa, che potrebbe costare caro ai comuni coinvolti: l'erogazione di salario accessorio illegittimo a causa di una "contrattazione tardiva".Ma che cosa si intende con questa espressione? Scopriamolo e vediamo nello specifico quali sono state le decisioni dei giudici contabili nel caso in esame.In questo caso, la "contrattazione tardiva" si riferisce alla stipula di accordi contrattuali per la definizione del salario accessorio dopo la scadenza del contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl) di riferimento.
In altre parole, il Comune al centro della controversia ha basato il calcolo del salario accessorio per i propri dipendenti su Ccnl scaduti e non ancora rinnovati. Questo, secondo la Sezione Regionale di Controllo del Veneto, configura una violazione delle norme vigenti che impongono di utilizzare esclusivamente accordi contrattuali aggiornati e vigenti.
Le criticità della contrattazione tardivaLe principali criticità della contrattazione tardiva in questo contesto sono:Mancanza di certezza del diritto: l'utilizzo di Ccnl scaduti potrebbe comportare l'applicazione di clausole obsolete o non più coerenti con le esigenze del mercato del lavoro, creando disparità tra i dipendenti e ledendo il diritto alla retribuzione equa e proporzionata.
Disparità di trattamento: l'assenza di un accordo valido per tutti i lavoratori rischia di generare discriminazioni e viola il principio di parità di trattamento.Irregolarità amministrativa: l'erogazione di salario accessorio sulla base di Ccnl scaduti configura un'irregolarità amministrativa con potenziali ripercussioni per l'Ente, come l'obbligo di recupero delle somme erogate illegittimamente, sanzioni amministrative e persino la responsabilità erariale per i danni cagionati.Perché il salario accessorio è erogato illegittimamente in questi casi?Il salario accessorio rappresenta una componente aggiuntiva della retribuzione di un lavoratore, erogata oltre al minimo garantito dalla legge o dal contratto collettivo nazionale di lavoro (Ccnl).Il suo scopo è quello di premiare il dipendente per prestazioni particolarmente meritorie o per compensare condizioni di lavoro gravose o disagiate. Le tipologie di salario accessorio sono numerose e variano a seconda delle diverse realtà lavorative:Indennità di turno: per chi svolge turni di lavoro disagevoli (notturni, festivi, continuati).Indennità di trasferta: per chi è costretto a spostarsi per lavoro.
Indennità di rischio: per chi svolge attività pericolose.Fringe benefit: buoni pasto, assegni sanitari, polizze assicurative.
Premi di produzione: in base ai risultati raggiunti.L'erogazione del salario accessorio può essere considerata illegittima in diverse casistiche:Violazione delle norme di legge o di contratto: se il premio accessorio non è previsto da alcuna norma o dal Ccnl applicato al lavoratore, la sua erogazione è illegittima.Mancanza di criteri oggettivi: l'erogazione del premio deve basarsi su criteri oggettivi e predeterminati, che permettano di valutare in modo trasparente e imparziale le prestazioni del lavoratore.Discriminazione: il premio non deve essere discriminatorio, ovvero non può essere erogato solo ad alcuni lavoratori e non ad altri senza una valida giustificazione.Contrattazione tardiva: l'erogazione del premio non può basarsi su contratti collettivi nazionali di lavoro (Ccnl) scaduti e non ancora rinnovati.Mancanza di risorse finanziarie: l'Ente deve disporre delle risorse finanziarie necessarie per erogare il premio accessorio.Le conseguenzeL'erogazione di un premio accessorio illegittimo può comportare diverse conseguenze per il Comune:Recupero delle somme erogate illegittimamente: il Comune potrebbe essere obbligato a restituire le somme pagate ai dipendenti in modo non conforme alla legge.Responsabilità erariale: i funzionari responsabili potrebbero essere chiamati a rispondere del danno cagionato all'Ente.Sanzioni amministrative: sono previste sanzioni per le violazioni delle norme in materia di lavoro e di contrattazione collettiva.
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crisi idrica in provincia
Neanche i sindaci credono all'acqua pubblica: mai trasferiti alcuni milioni di euro
Oltre a molte fatture mai pagate, è stato versato solo il 50% delle somme che la Regione aveva stanziato per la consortile
Chi vuole salvare l'acqua pubblica? Se lo stanno chiedendo in tanti, soprattutto in un momento così critico sul fronte della fornitura del prezioso liquido ai cittadini. E questo non solo per il ritardo con cui Aica si è preparata nei fatti a fronteggiare una carenza di risorse storica (riscoperti, solo adesso, pozzi abbandonati e dimenticati da decenni che avrebbero permesso almeno di ridurre il salasso provocato dal comprare acqua da Siciliacque), ma per la volontà manifesta di molti sindaci di non supportare l'azienda almeno sul fronte del contributo economico al funzionamento della stessa. Non tanto, e non solo, con il pagamento delle fatture per le utenze pubbliche collegate, ma anche con iniziative più strutturali, mentre infuria lo scontro per la distribuzione degli incarichi all'Ato idrico e, nel prossimo futuro, proprio ad Aica.Era il 2021 quando nasceva la società consortile sulle ceneri di Girgenti Acque, in un momento estremamente critico per il servizio, con il rischio palese che si bloccasse del tutto la macchina e si creasse una pericolosissima fase di vuoto. Un rischio scongiurato, anche, grazie a una legge regionale che consentiva alla quarantina di comuni dell'Ambito territoriale idrico di versare alla consortile parte di un fondo che già la Regione trasferiva loro per altri scopi. Dieci milioni di euro in totale che, a distanza di 3 anni, si sono trasformati in appena 5 richiesti.Per la precisione 5.131.936 euro, con solo 15 comuni che hanno richiesto la somme da versare ad Aica. Ad averlo fatto (quasi tutti nel 2022, alcuni anche nel 2024) sono stati Agrigento, Caltabellotta, Campobello di Licata, Castrofilippo, Favara, Grotte, Joppolo Giancaxio, Lucca Sicula, Montallegro, Montevago, Raffadali, San Biagio Platani, Sant'Angelo Muxaro, Sciacca e Siculiana. I versati però sono solo poco più di 4 milioni e seicentomila euro.Di questi Realmonte, Cattolica Eraclea e in parte Siculiana e Raffadali hanno ricevuto dalla Regione ma mai versato ad Aica, mentre Sambuca ha ricevuto le somme solo a maggio. Tutti gli altri comuni, semplicemente, hanno fatto "orecchie da mercante" e non hanno mai richiesto le somme.
I numeri e i dettagli di questa vicenda sono contenuti in una lettera firmata dal presidente uscente dell'assemblea dei sindaci di Aica, Alfonso Provvidenza, che rimarca inoltre come a oggi risultano non aver consegnato le proprie reti i comuni di Palma di Montechiaro e Camastra e che comuni come Licata e Lampedusa non hanno a oggi nemmeno mai pagato la quota sociale. La lettera di Provvidenza, firmata lo scorso 9 luglio, è stata inviata alle diverse istituzioni.