LENTEPUBBLICA
I permessi 104 non goduti possono essere pagati come straordinario?
Nel caso in cui un dipendente abbia dei permessi 104 non goduti, questi possono essere pagati come straordinario? Vediamolo insieme.
La Legge 104/1992 prevede diverse agevolazioni per i soggetti con disabilità e le loro famiglie, che variano anche a seconda del loro grado di disabilità.
Tra le diverse agevolazioni, troviamo dei permessi retribuiti, previsti dall'art.33, riservati ai lavoratori disabili gravi e ai lavoratori con familiari che hanno disabilità gravi, i cosiddetti permessi 104.
I permessi 104 permettono periodi di assenza dal lavoro, pur essendo retribuiti. Ma se un lavoratore non usufruisce dei permessi, questi possono essere pagati come straordinario?
Vediamolo insieme.
Come funzionano i permessi 104?
Come sappiamo le ore di straordinario vengono pagate con una retribuzione maggiore, rispetto a quella ordinaria.
Per poter usufruire dei permessi 104, bisogna essere dei lavoratori (o dei familiari) ai quali viene riconosciuta una situazione di disabilità grave, come previsto dal comma 3 dell'art.3 della legge 104.
La "disabilità grave" si verifica quando la disabilità ha ridotto l'autonomia personale e ha reso necessaria l'assistenza generale, permanente e continuativa.
I permessi 104 possono essere usufruiti sia a livello di orario giornaliero (due ore al giorno se l'orario lavorativo è pari o superiore alle 6 ore, di un'ora se l'orario è inferiore alle 6 ore) oppure a livello mensile, con tre giorni al mese.
Le indennità per i permessi 104 sono versate sulla base della retribuzione effettivamente corrisposta.
Permessi 104 non goduti: possono essere pagati come straordinario?
Come sappiamo per "lavoro straordinario", intendiamo il lavoro che viene svolto oltre al normale orario lavorativo.
Al contrario, il tempo fruibile coi permessi Legge 104 rientra nell'orario normale di lavoro.
Perciò, se il lavoratore decide di lavorare, invece di usufruire dei permessi, quest'attività lavorativa non può essere considerata come lavoro straordinario, perché non si tratta di lavoro eccedente al normale orario lavorativo.
Per questo motivo, quest'attività lavorativa non potrà essere considerata come lavoro straordinario e non potrà essere pagata con una maggiorazione.
LENTEPUBBLICA
Stanziati 30 milioni per i bilanci degli enti locali in dissesto.
Il Ministero dell'Interno ha annunciato un importante contributo economico di 30 milioni di euro destinato a sostenere i bilanci degli enti locali in difficoltà per dissesto finanziario.
Il decreto, firmato il 30 luglio 2024 dal direttore centrale per la finanza locale, è stato pubblicato sul sito ufficiale del Ministero, nella sezione dedicata ai decreti, all'interno del Dipartimento per gli affari interni e territoriali e poi successivamente in Gazzetta Ufficiale.
30 milioni di euro per i bilanci degli enti locali in dissesto: destinazione dei fondi
I 30 milioni di euro stanziati dal Ministero dell'Interno mirano a potenziare la "massa attiva" della gestione liquidatoria degli enti locali in dissesto finanziario. Questo termine indica la somma di tutte le risorse economiche di un ente in dissesto che possono essere utilizzate per ripagare i debiti accumulati. L'incremento della massa attiva permette quindi agli enti locali di disporre di più risorse per risolvere le proprie problematiche finanziarie.
Il finanziamento proviene dal capitolo 1316 del bilancio del Ministero dell'Interno, che è il fondo ordinario per il finanziamento dei bilanci degli enti locali. Tale fondo comprende risorse non impegnate nel 2023, ossia quelle somme stanziate ma non spese entro la fine dell'anno fiscale. Queste risorse, accantonate come previsto dall'articolo 35, comma 6, del decreto legislativo n. 504 del 1992, sono ora riassegnate per affrontare le situazioni di dissesto, in linea con gli articoli 259 e 260 del Testo Unico degli Enti Locali (decreto legislativo n. 267 del 2000).
Gli articoli 259 e 260 regolano la gestione finanziaria degli enti in dissesto, stabilendo le procedure per la liquidazione dei debiti e le modalità con cui l'ente in crisi deve predisporre il piano di risanamento. L'obiettivo di questi interventi è garantire che, attraverso una gestione ordinata e monitorata, gli enti possano progressivamente rientrare dalla situazione di dissesto.
Cosa significa quando un ente locale è in dissesto?
Si tratta di una procedura che viene messa in atto quando l'ente locale non è più in grado di svolgere le proprie funzioni ed erogare servizi indispensabili, oltre ad avere difficoltà nell'assolvere ai debiti. Questa procedura è definita dall'articolo 244 del testo unico degli enti locali (Tuel).
Dopo la deliberazione dello stato di dissesto, è necessario stabilire la condizione dell'ente. Si redige una relazione dettagliata poi presentata al ministero degli interni e alla corte dei conti a cui fa riferimento il territorio (Tuel, articolo 246). In seguito, si nomina un organo straordinario per la liquidazione che si occupa di rilevare la massa attiva e quella passiva dell'ente (Tuel, articoli 252-256). Questo organo è composto da commissari.
In seguito a queste procedure viene redatto un altro documento, il bilancio stabilmente riequilibrato, in cui le singole voci di spesa sono bilanciate e coprono tutti i servizi necessari. Durante i cinque o i tre anni successivi all'approvazione di questo documento, si procede al risanamento dell'ente.
Nel frattempo, si impongono dei limiti sulla contrazione di nuovi mutui e ai pagamenti in conto competenza, oltre alla possibilità di aumentare imposte e tasse locali per riequilibrare lo stato dell'ente (Tuel, articolo 248).
Per quel che riguarda i soggetti coinvolti, se gli amministratori sono considerati responsabili di questa situazione non potranno ricoprire per dieci anni specifici incarichi relativi al controllo e alla gestione, come i sindaci non saranno candidabili per dieci anni all'interno di ruoli di rappresentanza dello stato.
Il personale può essere ridimensionato e in questo caso deve essere conferito per cinque anni un contributo pari al trattamento economico del lavoratore.
Modalità di ripartizione
Il contributo complessivo di 30 milioni di euro sarà suddiviso tra i comuni che ne hanno fatto richiesta, in base a specifici criteri stabiliti dall'articolo 3-bis del decreto-legge n. 174 del 2012. Il riparto avviene tenendo in considerazione la popolazione residente in ciascun comune, dato che risulta fornito dall'ISTAT e aggiornato al penultimo anno prima della dichiarazione di dissesto finanziario. Questo meccanismo di calcolo permette di distribuire i fondi in modo proporzionale rispetto alla dimensione demografica del comune.
Per evitare che i comuni con popolazioni significativamente diverse ricevano contributi troppo disomogenei, il decreto stabilisce un criterio standardizzato: gli enti con più di 5.000 abitanti si considerano alla pari di un comune con 5.000 abitanti. Questa disposizione ha lo scopo di assicurare che i fondi siano distribuiti equamente anche tra enti di dimensioni maggiori, che potrebbero avere bisogno di contributi più consistenti per affrontare i propri debiti.
Enti beneficiari e tempi di erogazione
Il decreto prevede un elenco di comuni beneficiari, allegato al testo pubblicato, i quali riceveranno i fondi direttamente sul conto di tesoreria. I fondi risulteranno accreditati agli organi straordinari di liquidazione, ovvero le figure incaricate di gestire la liquidazione dei debiti degli enti in dissesto. Questo organo è istituito appositamente nei comuni dichiarati in crisi e ha il compito di risanare la situazione finanziaria mediante una gestione straordinaria delle risorse.
L'erogazione avverrà in un'unica soluzione e sarà completata entro 15 giorni dalla pubblicazione del decreto. Questa rapidità consente agli enti locali di avere immediatamente a disposizione i fondi necessari per riorganizzare i propri bilanci e avviare il percorso di risanamento.
Grazie a questo intervento, il Ministero dell'Interno garantisce un sostegno concreto agli enti locali che attraversano difficoltà economiche, assicurando che dispongano di risorse per affrontare i debiti e continuare a fornire servizi essenziali ai cittadini.
ILSICILIA.IT
In Sicilia rientro a scuola 'bollente' per studenti e insegnanti. Turano: "I climatizzatori? Responsabilità di sindaci e Province"
Con l'estate che ancora infuoca la Sicilia, e dopo il no del ministro dell'Istruzione e del merito Giuseppe Valditara, per un posticipo del rientro a scuola addirittura ad ottobre, l'inizio delle lezioni fissato per il 12 settembre si avvicina rapidamente.
La Sicilia si conferma addirittura tra le prime regioni italiane a riaprire le scuole, insieme a Sardegna, Campania e Molise, per una messa in moto a macchia di leopardo su tutto il territorio nazionale. Tuttavia, l'avvio del nuovo anno scolastico sarà caratterizzato da un clima estremamente sfavorevole: le previsioni meteo indicano ondate di calore intense e temperature roventi, che renderanno particolarmente difficile la permanenza nelle aule per studenti e insegnanti.
Aule inadatte e clima estremo
La situazione è ulteriormente complicata dalla precarietà degli edifici scolastici siciliani, molti dei quali non sono adeguatamente attrezzati per affrontare le sfide climatiche. Secondo i dati del Ministero dell'Istruzione e del Merito, solo il 6% delle scuole siciliane è dotato di impianti di climatizzazione o ventilazione. Questo dato allarmante mette in evidenza la necessità urgente di investimenti per garantire ambienti di apprendimento sicuri e confortevoli. Mentre migliaia di studenti sono impegnati con gli esami di riparazione, un appuntamento già di per sé carico di stress, il caldo soffocante di questi giorni rende la situazione ancora più difficile. Sono oltre 22.000 gli studenti di licei, istituti tecnici e professionali che stanno affrontando le prove di recupero, cercando di colmare le lacune accumulate durante l'anno scolastico.
Un problema strutturale da affrontare
Il caldo estremo che ha caratterizzato le ultime estati italiane ha messo in luce le criticità del sistema scolastico, evidenziando l'urgenza di interventi strutturali. Garantire aule fresche e confortevoli è fondamentale non solo per il benessere di studenti e insegnanti, ma anche per un apprendimento efficace e sereno.
In un'intervista esclusiva, l'assessore regionale all'Istruzione e alla Formazione professionale, Mimmo Turano, ha fornito ulteriori dettagli a ilSicilia.it sulla situazione e sulle misure adottate dalla Regione. "Che senso ha rinviare l'anno scolastico di tre giorni?", ha dichiarato Turano. "Abbiamo deciso di anticipare l'inizio delle lezioni per garantire più periodi di pausa durante l'anno, con vacanze che inizieranno il 20 dicembre e un lungo ponte durante il periodo pasquale. È importante che gli studenti abbiano momenti di stop durante l'anno scolastico".
La questione della sicurezza e dei finanziamenti
Turano ha poi affrontato il tema della sicurezza degli edifici scolastici, sottolineando come l'assessorato abbia concentrato i suoi sforzi sull'analisi della vulnerabilità sismica delle scuole. "L'assessorato prima di pensare ai climatizzatori ha pensato di mettere in sicurezza tutta una serie di edifici scolastici per la vulnerabilità sismica. Abbiamo dato incarichi ai comuni per modernizzare il patrimonio immobiliare della Regione", ha spiegato l'assessore.
Mimmo Turano
Riguardo alla mancanza di climatizzazione nelle scuole, Turano respinge qualsiasi responsabilità. "La Regione non possiede scuole, ma può finanziare progetti presentati da comuni e province", ha precisato. "Se un comune presenta, ad esempio, un progetto per un tetto fotovoltaico che alimenti impianti di climatizzazione, la Regione può finanziare quel progetto. Ma è compito dei sindaci e dei presidenti delle province attrezzare le scuole sotto questo aspetto. La Regione può intervenire solo attraverso il finanziamento di progetti, mentre la gestione concreta delle scuole spetta ai singoli comuni e province. Il calendario scolastico - conclude Turano - è di competenza regionale, ma per garantire condizioni adeguate nelle scuole, è necessaria una collaborazione stretta tra enti locali e Regione".
L'inizio del nuovo anno scolastico in Sicilia mette in luce non solo l'urgenza di adeguare gli edifici scolastici alle sfide climatiche, ma anche la necessità di una maggiore sinergia tra istituzioni locali e regionali. Questa emergenza climatica, non è certamente destinata ad estinguersi nel breve periodo, ma continuerà a mettere alla prova la resistenza di studenti e insegnanti negli anni a venire. Solo con un impegno condiviso si potrà costruire una scuola all'altezza delle esigenze attuali e future.
QDS
Affitti brevi, cosa cambia con l'introduzione del Cin
Con l'uscita in Gazzetta ufficiale, da questo mese il Codice identificativo nazionale è diventato ufficialmente operativo. Obblighi, sanzioni e altre disposizioni saranno applicabili dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione
PALERMO - In Sicilia sono 2.230, sulle 38.087 censite, le strutture recettive caratterizzate dal sistema degli affitti brevi che hanno già ottenuto il Cin, il Codice identificativo nazionale. Da settembre, comunque, il sistema è diventato ufficialmente operativo.
È stato pubblicato, infatti, nella Gazzetta ufficiale del 3 settembre, l'Avviso, previsto ai sensi del comma 15, art. 13-ter, decreto-legge n. 145/2023, attestante l'entrata in funzione della Banca dati nazionale delle strutture ricettive e degli immobili destinati a locazione breve o per finalità turistiche e del portale telematico (Banca dati nazionale delle strutture ricettive) del ministero del Turismo per l'assegnazione del Codice identificativo nazionale, Cin.
Gli obblighi e le sanzioni applicabili dal 60° giorno alla pubblicazione
Gli obblighi, le sanzioni e le altre disposizioni in materia di Cin, comunque, saranno applicabili dal sessantesimo giorno successivo alla pubblicazione dell'avviso ossia a decorrere dal 2 novembre 2024. Da tale data, pertanto, scatterà l'obbligo di possedere ed esporre il Cin. La richiesta del Codice può essere effettuata tramite la Banca dati nazionale delle strutture ricettive (Bdsr), attraverso la piattaforma istituzionale bdsr.ministeroturismo.gov.it alla quale si accede con Spid o Cie.
Chi è obbligato a richiedere il Cin
Sono obbligati a richiedere il Cin: i titolari o gestori delle strutture turistico-ricettive alberghiere ed extralberghiere definite ai sensi delle vigenti normative regionali; i locatori di unità immobiliari a uso abitativo destinate a contratti di locazione per finalità turistiche; i locatori di unità immobiliari a uso abitativo destinate alle locazioni brevi ai sensi dell'articolo 4 del Decreto legge 24 aprile 2017, n. 50, convertito, con modificazioni, dalla legge 21 giugno 2017, n. 96.
Quindi, come già accennato, con il primo di settembre è iniziata la fase operativa che prevede l'obbligo di richiedere il Cin e di indicarlo ogni qual volta verrà pubblicizzata la struttura ricettiva, pena la sanzione fino a cinquemila euro. In caso di affitto senza Cin la sanzione può arrivare a ottomila euro. Le Piattaforme di turismo on-line hanno già manifestato di volere collaborare nell'operazione, con l'intenzione di adeguarsi pienamente alle nuove disposizioni. Nel frattempo, con le nuove banche dati a disposizione, l'Agenzia delle Entrate e la Guardia di Finanza si preparano a svolgere questa nuova attività di controllo e di repressione dell'evasione, non solo con riguardo agli affitti brevi, ma anche nei confronti di strutture ricettive di altro tipo, come alberghi, agriturismo, ostelli, e altro. Partiranno pure i controlli incrociati, anche con la banca dati della Questura, per scoprire l'evasione legata agli "affitti in nero".
Si ricorda che è l'art. 13-ter del Dl 145/2023 (decreto Anticipi), dopo la sua conversione in legge (Legge n. 191/2023), che ha previsto, a partire "dal sessantesimo giorno successivo a quello della pubblicazione in Gu dell'avviso attestante l'entrata in funzione della banca dati nazionale e del portale telematico del ministero del Turismo per l'assegnazione del Cin", l'obbligo dell'indicazione del Codice identificativo nazionale (Cin) delle locazioni turistiche e brevi. Evidentemente, anche le eventuali sanzioni si applicano dal 2 novembre prossimo.
Alle funzioni di controllo e all'applicazione delle sanzioni provvede il Comune
Nelle more dell'attuazione, i titolari delle strutture ricettive precedentemente citate erano tenuti a continuare a rispettare le normative regionali attualmente vigenti, ossia a utilizzare il Codice regionale o provinciale, laddove previsto, e, in caso di nuove strutture o di nuove attività di locazione, a richiedere l'assegnazione dello stesso all'ente territoriale di competenza. Alle funzioni di controllo e all'applicazione delle sanzioni amministrative in caso di violazione delle suddette disposizioni, provvede il Comune nel cui territorio è ubicata la struttura turistico-ricettiva alberghiera o extralberghiera o l'unità immobiliare concessa in locazione, attraverso gli organi di polizia locale.
In data 11 aprile 2024 il Consiglio dell'Unione europea ha approvato un regolamento (Regolamento Ue n. 1028, pubblicato in Gu europea del 29 aprile 24), relativo alla "raccolta e alla condivisione dei dati riguardanti i servizi di locazione di alloggi a breve termine". Una banca dati europea di tutti gli alloggi turistici e degli Airbnb che, dopo avere acquisito una serie di dati come l'indirizzo, la tipologia dell'immobile, il numero di posti letto, le generalità del locatore, rilascerà un codice che dovrà comparire negli annunci via web.
Con riguardo alle locazioni di cui si parla, è opportuno ricordare come l'articolo 4 del Dl 50 del 2017, stabilisce che "1. Ai fini del presente articolo, si intendono per locazioni brevi i contratti di locazione di immobili ad uso abitativo di durata non superiore a 30 giorni, ivi inclusi quelli che prevedono la prestazione dei servizi di fornitura di biancheria e di pulizia dei locali, stipulati da persone fisiche, al di fuori dell'esercizio di attività d'impresa, direttamente o tramite soggetti che esercitano attività di intermediazione immobiliare, anche attraverso la gestione di portali online; 2. A decorrere dal 1° giugno 2017, ai redditi derivanti dai contratti di locazione breve stipulati a partire da tale data si applicano le disposizioni relative alla cedolare secca di cui all'articolo 3 del Decreto legislativo 14 marzo 2011, n. 23, con l'aliquota del 21 per cento in caso di opzione".
La "cedolare secca" è rimasta al 21%
Si ricorda infine che la percentuale della "cedolare secca", con la legge di Bilancio per il 2024, è rimasta al 21% esclusivamente per il primo immobile posseduto, ma è passata al 26% per gli altri eventuali immobili destinati ad affitti brevi.
QDS
Pensione di vecchiaia prima dei 67 anni: i tre modi per averla nel 2025 Ecco come ottenere la pensione di vecchiaia andando oltre i requisiti del compimento del 67° anno di età e dei 20 anni di contributi
Generalmente, per avere la pensione di vecchiaia sono richiesti due requisiti precisi che riguardano l'età e i contributi versati. L'accesso è consentito al compimento dei 67 anni a chi ha maturato almeno 20 anni di contributi. Ci sono casi specifici che, però, permettono l'accesso anche prima. Tuttavia, non sempre sono necessari neanche i 20 anni di contributi poichè a volte basta aver maturato 15 anni di contribuzione per accedere ma, essendo deroghe abbastanza specifiche, non coinvolgono larga parte dei lavoratori e in questo articolo, quindi, non approfondiremo la casistica. La normativa previdenziale italiana è ricca di sfaccettature, proroghe, deroghe e misure che si affiancano alla Legge Fornero e proprio per questo non sempre è facile comprendere quando i requisiti generali possono essere bypassati per poter accedere alla stessa misura con requisiti minori.
È il caso della pensione di vecchiaia che per la generalità dei lavoratori e delle lavoratrici prevede l'accesso a 67 anni compiuti, in altre circostanze prima. In questo articolo esamineremo proprio queste casistiche per capire quando la prestazione di vecchiaia può essere richiesta prima dell'età ordinamentale. Si tratta di misure strutturali, che non hanno scadenza e che, pertanto, permetteranno l'accesso alla pensione anche nel 2025.
La pensione di vecchiaia per gli invalidi
Il primo caso in cui la pensione di vecchiaia può essere richiesta prima dei 67 anni è quello degli invalidi con percentuale pari o superiore all'80%. La misura in questione è la pensione di vecchiaia anticipata per invalidi che riguarda, però, solo i lavoratori del settore privato ed esclude quelli del settore pubblico e i lavoratori autonomi.
Per accedere al trattamento di vecchiaia, fermo restando il requisito contributivo di 20 anni, chi ha una certificazione di invalidità pensionabile almeno all'80%, necessita di aver compiuto almeno 56 anni se donna e 61 anni se uomo. Per entrambi i generi, poi, è richiesto il rispetto di una finestra di attesa di 12 mesi che fa slittare la pensione a 57 anni per le donne e a 62 anni per gli uomini.
In questo caso, quindi, per la pensione di vecchiaia non è necessario attendere di aver compiuto i 67 anni.
Trattamento di vecchiaia per lavoratori gravosi
Anche chi svolge una mansione gravosa non ha necessità di attendere di compiere l'età ordinamentale per la pensione di vecchiaia. Per questi lavoratori, infatti, l'aumento dell'età pensionabile previsto nel 2019 per adeguamento all'aspettativa di vita Istat è stato congelato e l'accesso al trattamento di vecchiaia è rimasto fissato con i vecchi requisiti che richiedevano 66 anni e 7 mesi di età.
In questa circostanza, però, 20 anni di contributi non bastano e possono accedere alla quiescenza 5 mesi prima solo coloro che possono vantare almeno 30 anni di contributi.
Pensione di vecchiaia, il caso del comparto scuola
Se la generalità dei lavoratori per accedere alla pensione di vecchiaia ordinaria ha bisogno di aver compiuto i 67 anni di età, nel comparto scuola, in alcuni casi, bastano anche 66 anni e 8 mesi.
Il comparto scuola, lato pensione, ha delle regole particolari perché bisogna tenere conto che i lavoratori hanno solo una finestra d'uscita annua per accedere alla pensione, il 1° settembre. Per chi compie i 67 anni tra il 1° settembre e il 31 dicembre è possibile accedere alla pensione il 1° settembre dello stesso anno, quindi, prima di compiere i 67 anni.
L'assegno ordinario di invalidità
Un'ultima casistica da prendere in esame che permette di smettere di lavorare prima dei 67 anni, è l'assegno ordinario di invalidità. Non si tratta, propriamente di una tipologia di pensione di vecchiaia, ma va detto che potrebbe permettere di smettere di lavorare in attesa del trattamento di vecchiaia.
L'assegno ordinario di invalidità, a prescindere dall'età, è riconosciuto al lavoratore che ha perso almeno due terzi della capacità lavorativa (67% di invalidità). Si tratta di una prestazione previdenziale il cui importo è calcolato sui contributi versati dal beneficiario al momento di liquidazione dell'assegno.
Chi lo percepisce, quindi, potrebbe anche decidere di smettere di lavorare in attesa della pensione di vecchiaia: i due trattamenti, in questo caso, avrebbero un importo simile poichè calcolati sugli stessi contributi (a variare il calcolo sarebbe soltanto l'applicazione del coefficiente di trasformazione che, sicuramente, a 67 anni è più alto).
LENTEPUBBLICA
Fascicolo Virtuale dell'Operatore Economico: le novità per le stazioni appaltanti
A illustrare le novità è stata l'ANAC, che in una recente nota ha descritto come le modifiche introdotte al Fascicolo Virtuale dell'Operatore Economico impatteranno sulle stazioni appaltanti.
L'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) ha recentemente apportato importanti novità nel processo di verifica della regolarità contributiva per le stazioni appaltanti, grazie alla collaborazione con l'INPS e il Dipartimento per la Trasformazione Digitale della Presidenza del Consiglio.
Che cosa si intende per regolarità contributiva?
La regolarità contributiva si riferisce al rispetto degli obblighi fiscali e previdenziali da parte di un'impresa o di un lavoratore autonomo. In altre parole, indica che un'azienda ha adempiuto correttamente ai suoi obblighi in materia di contributi previdenziali e assistenziali, come i versamenti alle casse previdenziali e le contribuzioni per la sicurezza sociale.
In Italia, il Documento Unico di Regolarità Contributiva (Durc) è il certificato che attesta la regolarità contributiva di un'impresa o di un lavoratore autonomo. Il Durc viene rilasciato dall'INPS (Istituto Nazionale della Previdenza Sociale) e, talvolta, da altre istituzioni previdenziali, e serve a garantire che l'azienda non abbia debiti o inadempienze nei confronti degli enti previdenziali.
La regolarità contributiva è spesso richiesta in contesti ufficiali, come nella partecipazione a gare d'appalto pubbliche, per assicurarsi che le imprese rispettino gli obblighi legali e non abbiano pendenze che potrebbero influire sulla loro capacità di adempiere ai contratti.
Che cosa rappresenta il FVOE?
Il Fascicolo Virtuale dell'Operatore Economico (FVOE) è uno strumento digitale introdotto per facilitare e semplificare la gestione delle informazioni relative agli operatori economici nel contesto degli appalti pubblici. Ecco una panoramica delle sue principali caratteristiche e funzioni:
centralizzazione delle informazioni: il FVOE raccoglie e conserva in formato elettronico tutte le informazioni rilevanti riguardanti un operatore economico, come documenti amministrativi, certificazioni, e attestazioni di regolarità. Questo centralizza i dati e riduce la necessità di fornire documenti cartacei;
accesso e consultazione: le stazioni appaltanti possono accedere al FVOE per verificare la documentazione necessaria per partecipare a gare d'appalto e per controllare la conformità normativa e la regolarità dell'operatore. Questo semplifica il processo di verifica e riduce i tempi necessari per valutare le offerte;
integrazione con altri sistemi: il FVOE è progettato per integrarsi con altre piattaforme digitali, come la Piattaforma Digitale Nazionale Dati, e per essere interoperabile con documenti come il Durc (Documento Unico di Regolarità Contributiva). Questo consente una verifica più efficiente e completa della regolarità contributiva e di altri requisiti;
aggiornamento automatico: i dati nel FVOE possono essere aggiornati automaticamente quando l'operatore economico fornisce nuove informazioni o documenti, assicurando che le stazioni appaltanti abbiano accesso alle informazioni più recenti e accurate.
Fascicolo Virtuale dell'Operatore Economico: le novità per le stazioni appaltanti
Il Documento Unico di Regolarità Contributiva (Durc) è ora integrato nel Fascicolo Virtuale dell'Operatore Economico (FVOE) 2.0 tramite la Piattaforma Digitale Nazionale Dati.
Questa integrazione consente alle stazioni appaltanti di accedere direttamente al Durc in corso di validità attraverso il FVOE 2.0, semplificando il processo di verifica dell'assenza di violazioni contributive, come previsto dal nuovo Codice degli Appalti (art. 94 comma 6 del D.Lgs. 36/2023). Il Durc viene automaticamente inserito nel fascicolo virtuale non appena l'impresa concede l'autorizzazione alla stazione appaltante per accedere al proprio fascicolo.
Data la natura dinamica della regolarità contributiva, è fondamentale che le stazioni appaltanti verifichino la presenza del Durc in corso di validità solo quando necessario. Attualmente, non è possibile richiedere l'emissione del Durc per operatori economici privi di tale documento.
ANAC ha concluso auspicand di raggiungere presto un accordo con gli enti previdenziali per estendere ulteriormente le verifiche disponibili. Inoltre, nelle prossime settimane, sono previste nuove aggiunte al sistema, incluse le verifiche dei carichi fiscali non definitivamente accertati tramite l'Agenzia delle Entrate, la comunicazione al Ministero del Lavoro del prospetto informativo sui disabili e la relazione sulla parità di genere.
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PNRR e rebus sugli anticipi: il FOI non viene considerato.
Un approfondimento curato dal Dott. Luca Leccisotti analizza il rebus degli anticipi in materia di PNRR, in modo particolare in applicazione al FOI (Fondo Opere Indifferibili).
La recente evoluzione normativa in materia di anticipazioni finanziarie relative al Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR) introduce elementi di particolare rilevanza che meritano un'analisi approfondita sotto il profilo tecnico e giuridico. In particolare, il Decreto-Legge n. 19 del 2024, all'articolo 11, ha previsto un aumento significativo della percentuale di anticipazione erogabile in favore dei soggetti attuatori, innalzandola dal 10% al 30% del contributo assegnato. Questa misura risponde all'esigenza di accelerare l'attuazione degli interventi previsti dal PNRR e di garantire il conseguimento degli obiettivi nei termini temporali stabiliti dall'Unione Europea.
Tale aumento, tuttavia, non è esente da problematiche applicative. La circolare RGS n. 21 del 2024 chiarisce che l'erogazione del 20% aggiuntivo rispetto alla quota originaria del 10% non avviene in modo automatico, bensì richiede una specifica istanza da parte dei soggetti attuatori. Questi ultimi devono dimostrare, mediante apposita attestazione, la necessità effettiva di liquidità per garantire il raggiungimento degli obiettivi progettuali. L'amministrazione titolare della misura è chiamata a valutare tali richieste, basandosi sullo stato di avanzamento finanziario dei progetti, rilevato tramite il sistema informativo Regis.
Il processo di valutazione introdotto dalla normativa si configura come un complesso iter amministrativo, che implica la verifica puntuale e l'eventuale aggiornamento dei dati finanziari dei progetti da parte dei soggetti attuatori. In presenza di incongruenze o di informazioni non aggiornate, l'erogazione delle risorse è subordinata alla correzione dei dati stessi, il che può determinare ritardi significativi nell'attuazione degli interventi. Questa procedura, sebbene finalizzata a garantire un controllo rigoroso sull'utilizzo delle risorse pubbliche, solleva interrogativi sulla sua efficacia in termini di tempestività e di snellimento burocratico, elementi essenziali per il successo del PNRR.
PNRR e rebus sugli anticipi: il FOI non viene considerato
Un ulteriore elemento di criticità è rappresentato dall'esclusione del Fondo opere indifferibili (FOI) dal calcolo delle anticipazioni finanziarie. Nonostante il FOI sia stato istituito per adeguare i quadri economici dei progetti ai rincari determinati da eventi straordinari, quali la crisi energetica e l'inflazione conseguente al conflitto in Ucraina, la sua esclusione dall'importo di base per il calcolo delle anticipazioni appare come un'anomalia. Infatti, il FOI è integrato nel circuito finanziario del PNRR e, in quanto tale, dovrebbe seguire le stesse regole di rendicontazione applicabili alle altre risorse del piano.
L'impatto di tale esclusione è rilevante, soprattutto per le stazioni appaltanti, che si trovano nella posizione di dover anticipare integralmente la quota parte del FOI, con il rischio di compromettere la propria capacità finanziaria e di rallentare ulteriormente i tempi di attuazione dei progetti. Questo meccanismo penalizzante evidenzia una discrepanza tra le finalità dichiarate del PNRR, volte a favorire una rapida ripresa economica, e le effettive modalità operative che, in alcuni casi, sembrano ostacolare il conseguimento degli obiettivi.
Serve un intervento correttivo
L'analisi giuridica di queste disposizioni normative solleva la necessità di un intervento correttivo che possa ridurre la complessità amministrativa e garantire un'erogazione più tempestiva e coerente delle risorse. In particolare, si rende opportuno un ripensamento del ruolo del FOI nel contesto delle anticipazioni finanziarie, riconoscendo la sua piena integrazione nel sistema di finanziamento del PNRR e, conseguentemente, includendolo nel calcolo delle somme da anticipare ai soggetti attuatori.
In conclusione, la recente normativa rappresenta un passo avanti nella gestione dei fondi PNRR, ma evidenzia anche alcune criticità che necessitano di essere affrontate con urgenza. Solo attraverso un'azione coordinata e un ulteriore affinamento delle disposizioni esistenti sarà possibile assicurare l'effettiva realizzazione degli obiettivi del PNRR, garantendo al contempo la sostenibilità finanziaria dei soggetti coinvolti e la trasparenza nell'utilizzo delle risorse pubbliche. L'equilibrio tra controllo amministrativo e rapidità di esecuzione si conferma dunque una delle principali sfide giuridiche e operative per l'attuazione del PNRR nel contesto attuale.