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rassegna stampa dal 28 al 30 settembre 2024

lentepubblica.it

I dirigenti pubblici non hanno il diritto "automatico" alla conservazione degli incarichi


La recente ordinanza della Corte di Cassazione, Sezione Lavoro, n. 25517 del 24 settembre 2024, ha ribadito un principio già consolidato nella giurisprudenza italiana: i dirigenti pubblici non hanno alcun diritto alla conservazione di uno specifico incarico.In altre parole, l'attribuzione di una qualifica dirigenziale conferisce al funzionario un diritto all'incarico, ma non a una posizione particolare.La questione analizzata dalla Corte coinvolgeva un dirigente medico della ASL, alla quale si affidava l'incarico di Direttore Generale dell'Agenzia di Sanità Pubblica (ASP) del Lazio. Il mandato è terminato con l'entrata in vigore della legge regionale Lazio n. 4 del 2013, che ha comportato la soppressione dell'ASP e il trasferimento delle sue competenze alla Giunta regionale e al dipartimento di epidemiologia della ASL. La dirigente ha contestato la cessazione dell'incarico, sostenendo che non fosse stata fornita alcuna giustificazione valida per il mancato rinnovo del ruolo.
La cessazione dell'incarico e la riorganizzazione delle strutture pubbliche
Secondo la difesa della ricorrente, la cessazione del rapporto di lavoro si sarebbe verificata senza adeguate prove che giustificassero l'impossibilità di assegnarle un nuovo incarico. Tuttavia, la Corte ha ritenuto inammissibili le motivazioni del ricorso, sostenendo che non fossero state presentate critiche sufficienti alla decisione della Corte d'Appello. Quest'ultima aveva già accertato che la ricorrente, una volta cessato l'incarico presso l'ASP, era tornata in servizio presso la ASL senza subire alcuna discriminazione, né tantomeno licenziamento.
La Corte ha inoltre sottolineato che la soppressione dell'ASP non è stata un provvedimento mirato a revocare singoli incarichi, ma faceva parte di una più ampia riorganizzazione del sistema sanitario regionale, mirata alla riduzione della spesa pubblica e al miglioramento dell'efficienza amministrativa. Il posto della dirigente risulta pertanto eliminato come parte di questa riorganizzazione, non per ragioni specifiche legate alla sua persona.
Una riforma legislativa per razionalizzare le risorse pubbliche
La legge regionale n. 4 del 2013 ha introdotto una serie di modifiche sostanziali all'organizzazione delle strutture sanitarie pubbliche del Lazio. Tra le principali misure, si prevede il trasferimento delle funzioni dell'ASP alla Giunta regionale e al dipartimento di epidemiologia della ASL, con l'obiettivo di evitare duplicazioni di competenze e ottimizzare l'uso delle risorse. Questo cambiamento ha comportato anche la cessazione di tutti gli organi dell'ASP, tra cui la posizione di Direttore Generale, conservando temporaneamente in carica solo il Collegio dei Revisori.In questo contesto, la Corte di Cassazione ha confermato che non esiste alcun diritto per i dirigenti pubblici a mantenere un incarico specifico, in linea con i principi generali del diritto del lavoro pubblico. In caso di riorganizzazioni o soppressioni di enti, i dirigenti non possono rivendicare la permanenza nel posto precedentemente ricoperto, poiché la loro qualifica dirigenziale li rende idonei a coprire vari incarichi senza vincoli legati a un determinato ruolo.I dirigenti pubblici non hanno il diritto "automatico" alla conservazione degli incarichi: le implicazioni della Sentenza
Con questa decisione, la Cassazione ha chiarito che la risoluzione dei rapporti di lavoro dirigenziale avviene in base ai principi generali di diritto civile, tra cui quello dell'impossibilità sopravvenuta della prestazione. Quando l'incarico diventa impraticabile a causa di cambiamenti normativi o riorganizzazioni strutturali, il contratto di lavoro può essere legittimamente risolto. Questo non configura una revoca dell'incarico, ma piuttosto una conseguenza naturale del venir meno della struttura amministrativa a cui era legato. In conclusione, la decisione della Corte riafferma l'orientamento già consolidato secondo cui i dirigenti pubblici non hanno diritto a conservare incarichi specifici, ma solo alla possibilità di ricoprire ruoli dirigenziali nell'ambito della pubblica amministrazione.


GIORNALE DI SICILIA 
Rubinetti a secco, ad Agrigento scatta la protesta.
Ripartono i sit in organizzati dalle associazione dei consumatori e dai comitati civici: primo appuntamento giovedì 3 ottobre alle 18,30Le associazioni tornano in piazza contro la gestione della crisi idrica ad Agrigento. Il Codacons, insieme alle associazioni Mani Libere, Sud Chiama Nord, Mareamico, Legambiente Circolo Rabat, Italia Viva, Ethikos continua a battersi per contrastare la gravissima crisi idrica che dura ormai da parecchi mesi.
Per questo motivo, le associazioni ritorneranno in piazza a manifestare riprendendo il sit in iniziato il 3 settembre e sospeso il 12 dopo la notizia sulla costruzione dei dissalatori e sulla installazione immediata di dissalatori mobili.
«Nonostante le promesse e gli annunci relativi all'installazione dei dissalatori da parte del governo, la situazione è ulteriormente peggiorata, con turni di approvvigionamento dell'acqua che raggiungono i 32 giorni per i cittadini - spiegano le associazioni -. Non servono più promesse e dissalatori mobili, serve efficienza e urgenza. Abbiamo sospeso il nostro sit-in in segno di buona volontà, ma ora lo riprendiamo e chiediamo risposte concrete».
Durante il sit-in si terranno degli incontri tematici sulla questione idrica proprio per informare i cittadini. Il primo si terrà giovedì 3 ottobre alle 18,30 e avrà come tema la «Rete idrica Agrigentina da 20 anni finanziata e perdita del finanziamento di 49 milioni di euro, ecco la verità».



GIORNALE DI SICILIA

 
Rifiuti, più poteri a Schifani per i termovalorizzatori a Palermo e Catania: dal Senato arriva il via libera.

I Cinquestelle sul piede di guerra: «La Regione e il suo presidente si preparano a un blitz senza precedenti sulla gestione della spazzatura».
Via libera delle commissioni Bilancio e Finanze del Senato all'emendamento dei relatori al decreto omnibus che allinea i poteri del commissario straordinario per i rifiuti della Sicilia a quelli del commissario per i rifiuti di Roma. L'obiettivo è di assicurare celerità agli interventi necessari al completamento della rete impiantistica integrata dei rifiuti e in considerazione degli ulteriori interventi per affrontare l'emergenza idrica.
L'emendamento prevede la possibilità di superare il ricorso alle gare per la realizzazione di impianti pubblici per la gestione dei rifiuti, compresi gli impianti per il recupero energetico: ma non incide sulla normativa europea che non consente di evitare le gare per appalti di alto valore che superano una certa soglia.
Ma i Cinquestelle sono sul piede di guerra. «La Regione Sicilia e il suo presidente Renato Schifani si preparano a un blitz senza precedenti sulla gestione dei rifiuti», afferma in una nota la senatrice M5s in commissione Bilancio del Senato Ketty Damante.
L'emendamento presentato al Dl Omnibus - aggiunge Damante - votato oggi in Commissione prevede infatti che al presidente Schifani vengano dati gli stessi poteri del sindaco di Roma Gualtieri. Peccato che Schifani abbia già ampi poteri sulla gestione dei rifiuti in Sicilia. Con questo emendamento il suo incarico verrà ulteriormente ampliato consentendogli di gestire le gare per la realizzazione di due grandi termovalorizzatori sull'isola». Lavori, prosegue, «introdotti arbitrariamente nel Piano Rifiuti 2024 contravvenendo all'art. 22 del Codice dei contratti derivante dalla Convenzione di Aarhus e quindi senza alcun dibattito pubblico per la costruzione degli impianti. Ma la vera incognita sono le gare d'appalto considerato l'alto impegno finanziario che supera gli 800 milioni di euro e che, secondo la legge, non prevede deroghe alla messa a gara». Secondo Diamante, «i pieni poteri da delegare a Schifani ricordano molto da vicino quelli chiesti da Salvini al Papeete. Sappiamo tutti come andò a finire. Siamo sicuri che sia questa la strada giusta per la Sicilia e i siciliani?».


LENTEPUBBLICA
Elezioni provinciali 2024: il 29 settembre election day.

Si vota per eleggere 7 Presidenti di Provincia e 41 Consigli provinciali: come si vota alle elezioni provinciali 2024 del 29 settembre, numeri delle elezioni, candidati, elettori, Comuni coinvolti e cittadini rappresentanti.
Un election day che porterà all' elezione di 7 Presidenti di Provincia e 486 consiglieri provinciali, che saranno votati con il sistema elettorale di secondo livello da 39.917 Sindaci e Consiglieri comunali di 3.172 Comuni, in rappresentanza di oltre 17 milioni e 840 mila cittadine e cittadini.
Il 29 settembre election day per le elezioni provinciali 2024
Domenica 29 dicembre si voterà, dunque in un unico turno presso i seggi aperti nelle sedi stabilite dagli uffici elettorali provinciali, dalle 8,00 alle 20,00.
Si tratta di elezioni di secondo grado: secondo quanto stabilito dalla legge 56/14, elettori ed eletti sono infatti i Sindaci e i Consiglieri comunali, cui è affidata la responsabilità di votare per conto delle comunità e dei cittadini amministrati.
Dove si vota?
Le Province in cui si voterà anche per l'elezione del Presidente sono: Alessandria, Cremona, Ferrara, Lucca, Matera, Parma, Siena. Sono eleggibili a presidente della Provincia i sindaci dei Comuni della Provincia e il Presidente dura in carica 4 anni.
Le elezioni dei Consigli Provinciali invece riguarderanno 41 Province su 76 (Alessandria, Ancona, Arezzo, Ascoli Piceno, Bergamo, Biella, Brescia, Como, Cremona, Cuneo, Fermo, Ferrara, Forli'-Cesena, Lecco, Livorno, Lodi, Lucca, Macerata, Mantova, Modena, Novara, Parma, Pavia, Perugia, Pesaro-Urbino, Piacenza, Pisa, Prato, Ravenna, Reggio-Emilia, Rieti, Rimini, Rovigo, Savona, Siena, Sondrio, Terni, Treviso, Varese, Verbano Cusio Ossola, Vicenza). Sono eleggibili a consigliere provinciale i sindaci e i consiglieri comunali in carica e il Consiglio dura in carica due anni.


QDS
Ex Province, arriva la liquidazione dalla Regione Sicilia: 800mila euro alle tre città metropolitane.
Arrivate già le prime erogazioni
Arrivano i fondi per le ex Province in Sicilia. Si tratta di altri 1,2 milioni di euro che serviranno per la copertura delle spese correnti per il 2024, a saldo di quanto già erogato nella primavera scorsa. Il grosso della cifra va alle 3 città metropolitane: la somma più ingente va a Palermo, che da sola riceverà 325 mila euro. Quindi, Catania, con 236 mila euro, e Messina, a 218 mila euro.
I restanti Liberi consorzi comunali riceveranno cifre che vanno dai 150 mila euro di Agrigento ai 95 mila di Enna, passando per Trapani e Ragusa. Nulla, invece, per i Liberi consorzi comunali di Caltanissetta e Siracusa, in quanto è stata messa in campo l'operazione di recupero dei crediti vantati dalla Regione nei confronti di questi enti, come previsto dal decreto del dirigente generale numero 107 del 24 aprile scorso, che ha provveduto ad autorizzare l'erogazione delle somme assegnate per l'intero anno. 
Ex Province, liquidazione dalla Regione Sicilia: i primi stanziamenti in primavera
La prima distribuzione, della scorsa primavera, ha visto l'erogazione di 288 milioni di euro, e ha coinvolto anche i Comuni isolani. Il decreto, a firma congiunta dell'assessorato alle Autonomie locali e di quello all'Economia ha definito gli importi assegnati a ciascuna amministrazione sulla base dei criteri di ripartizione previsti dalla normativa e che fanno riferimento alla popolazione residente e all'assegnazione relativa al 2019, con un riequilibrio che verrà effettuato in sede di riparto definitivo.
La distribuzione dei fondi in via provvisoria ha visto poco più del 25% del totale attribuiti ai Comuni al di sotto dei 3 mila abitanti, circa 76 mila euro in tutto. Altri 50 milioni di euro sono andati ai Comuni tra i 5 e i 10 mila abitanti. Altri 34 milioni sono andati alle 4 città principali della Sicilia, dai 3 milioni di Siracusa agli oltre 15 di Palermo. Ancora, 44 milioni di euro ai Comuni tra i 20 e i 60 mila abitanti, mentre 31 milioni sono andati ai paesi tra i 10 e i 20 mila euro. 
Ex Province, liquidazione dalla Regione Sicilia: i criteri
Le assegnazioni sono state fatte seguendo due criteri principali: la popolazione, che ha avuto un peso che va dal 7,5% al 14,5%, mentre l'assegnazione ricevuta nel 2019 vale sul totale dall'85,5% al 92,5%. La scelta è ricaduta su tale anno perché è l'ultimo prima della pandemia, quando il sistema di erogazioni statali e regionali è stato stravolto per l'emergenza sanitaria e le eccezionali condizioni dell'intera economia. In tutto sono state individuate 8 fasce demografiche.
In una seconda fase sono state assegnate delle quote complementari riferite ai contratti di lavoro del personale già assunto a tempo determinato presso gli enti locali; inoltre, sono state adeguate le assegnazioni dei Comuni delle Isole minori, in modo da non scendere al di sotto di quanto ricevuto nel 2015. 
Ex Province, liquidazione dalla Regione Sicilia: le categorie particolari per le premialità  
Premialità sono previste per alcune categorie, come, ad esempio, i Comuni che hanno conseguito la "Bandiera blu" e la "Bandiera verde e lilla", o quelli che hanno superato la quota del 75% della raccolta differenziata, alle Unioni di Comuni, alle cittadine che hanno conseguito il riconoscimento di "Borgo più bello d'Italia" o quello di "Borgo dei borghi". Tali somme sono pensate per dare stabilità e certezze economiche agli enti territoriali, nell'interesse dei cittadini che usufruiscono dei servizi e del governo locale. Tale liquidità, infatti, permette ai Comuni di avere soldi certi, scongiurando il ricorso al mercato del credito, generando quindi risparmi a cascata per la pubblica amministrazione. 
Comunicazione di pubblicazione del D.D.G. n. 289 del 26 luglio 2024 di autorizzazione ad erogare ulteriori somme agli Enti di Area Vasta a titolo di contributo regionale alle funzioni anno 2024
VISTO il D.A. n. 99 del 23 aprile 2024 con il quale è stata determinata nell'l,50 per cento dell'ammontare delle attribuzioni disposte con il citato D.A. n. 53/2024 la riduzione massima dei trasferimenti regionali da assegnare agli Enti di Area vasta per il corrente anno finalizzata a consentire il recupero, con le modalità del richiamato comma 24 dell'art. 7 della legge regionale 17 marzo 2016, n. 3 e s.m.i., dei crediti vantati dalla Regione nei confronti dei Liberi Consorzi comunali e delle Città Metropolitane;
PUBBLICITÀ
RITENUTO di potere autorizzare l'erogazione ai Liberi Consorzi Comunali e delle Città Metropolitane dell'Isola delle somme  indicate nella colonne "e" della seguente tabella (già impegnate e liquidate con il
D.D.G. n. 107 del 24 aprile 2024) determinate al netto dei crediti vantati dalla Regione e da recuperare con le modalità del comma 24 dell'art. 7 della L.r. n. 3/2016 e s.m.i.


LENTEPUBBLICA 
Le novità per i dipendenti pubblici sulla richiesta di accertamento sanitario-
L'Inps ha comunicato diverse novità per la richiesta di accertamento sanitario, per i dipendenti pubblici: ecco quali sono.
Col messaggio n°3138 del 24 settembre 2024, l'Inps ha annunciato alcune novità e aggiornamenti, per quanto riguarda la procedura per la gestione delle richieste di accertamento sanitario, per i dipendenti pubblici.
Le novità sono pensate per semplificare e velocizzare la presentazione delle domande e per migliorare l'efficienza degli enti.
Vediamo allora in cosa consistono le novità.
Cos'è l'accertamento sanitario?
L'accertamento sanitario è una procedura utile a verificare lo stato di salute dei dipendenti pubblici, in caso di infortuni, malattie e condizioni di salute, che possono compromettere la loro capacità lavorativa.
La procedura serve a determinare l'idoneità al lavoro, l'eventuale concessione dei benefici previdenziali (come le pensioni d'invalidità) e la definizione delle responsabilità dell'ente datore di lavoro.
L'accertamento si rifà a diverse normative che disciplinano i casi in cui i dipendenti possono richiedere una verifica del loro stato di salute.
Alcuni esempi sono le situazioni di inabilità permanente o temporanea o la necessità di accertare se una malattia o un infortunio siano dovuti all'attività lavorativa.
La procedura può essere avviata dal datore di lavoro o dal dipendente e coinvolge le Commissioni Mediche di Verifica, che hanno il compito di valutare la documentazione e di effettuare eventuali visite mediche.
Richiesta di accertamento sanitario: le novità per i dipendenti pubblici
Vediamo allora quali sono le novità apportate dall'Inps, con l'ultimo messaggio:
Istanza di aggravamento: ci sarà la possibilità di presentare domande di aggravamento per causa di servizio. Saranno incluse le pensioni di guerra dirette, gli assegni per decorazioni al valore militare, la reversibilità per familiari di deportati e altre misure di reversibilità legate a benemerenze o persecuzioni politiche e razziali;
Istanza di interdipendenza: sarà inclusa una nuova opzione per richiedere l'interdipendenza per cause di servizio e pensioni di guerra dirette;
Rivedibilità: con questa nuova funzione, sarà possibile consentire al sistema di ricordare l'eventuale "data prevista di revisione", se già fissata di redazione del verbale di prima istanza;
Facoltatività della compilazione del periodo di comporto: nelle istanze relative alla causa di servizio (prima istanza, interdipendenza, aggravamento), la sezione "Periodo di comporto definito dal Ccnl" sarà facoltativa;
Contatti della CMV: nella sezione "Dettaglio domanda", è stata aggiunta una sottosezione che riporta i contatti delle commissioni mediche di verifica.
Come si presenta la domanda
Per poter accedere alle nuove funzioni, i dipendenti pubblici e le amministrazioni dovranno utilizzare la procedura telematica, disponibile sul sito dell'Inps.
Per potervi accedere, occorrerà essere in possesso dello Spid (di livello 2 o superiore), della CIE o della CNS.
Sarà disponibile anche un manuale aggiornato, da poter scaricare sempre sul sito dell'Inps.




LENTEPUBBLICA

Pericolo indebitamento causa PNRR: l'allarme dai piccoli comuni.


Nel tanto parlare di PNRR, molti non si accorgono delle reali difficoltà e dei pericoli e delle insidie nascoste dietro l'avere a disposizione fondi così importanti, soprattutto per comuni più piccoli.
Queste realtà con spesso personale non sufficiente e non sempre preparato adeguatamente, meno abituato alle grandi opere, alla progettazione e alla gestione di cantieri complessi sono oggi in grande difficoltà e necessitano di porre in atto un grande dispendio economico oltre che di risorse umane che siano in grado di governarne la complessità.
Già lo scorso anno (2023) oltre mille progetti erano "scomparsi" dalla programmazione Pnrr tra luglio e settembre, progetti ai quali i comuni hanno rinunciato. La denuncia era arrivata in questa occasione da Ance, l'associazione dei costruttori che richiamava l'attenzione sulla necessità di garantire certezze sulle risorse ai piccoli Comuni, sempre più in difficoltà da quando il governo ha deciso di de-finanziare le misure che li riguardano, individuando come a rischio 42 mila interventi.
Pericolo indebitamento causa PNRR: l'allarme dai piccoli comuni
In questi giorni, invece, il grido di allarme e di aiuto è stato lanciato dal presidente Uncem (Unione nazionale comuni e comunità montane) Marco Bussone che ha reso noto come molti piccoli comuni siano a rischio dissesto finanziario, a seguito di opere PNRR intraprese ma che non sanno se riusciranno o meno a portare a termine.
Intanto, progettazione e prime fasi di avvio hanno prosciugato tantissime risorse economiche degli enti locali, ed ora mettono a rischio oltre le realtà territoriali anche i cantieri stessi andranno a generare degrado invece che ripresa, poiché per coprirne tutte le spese, dovranno essere liquidati in toto.
I numeri presentati fanno preoccupare: delle circa 270 Municipalità con mendo di 15mila residenti, uno su due rischia il dissesto o di non riuscire a portare a termine le opere entro il 2026, perdendo in questo modo i fondi.  Molto simile la voce che a inizio anno si era sollevate per chiedere al Governo un importante intervento viste le difficoltà da più parti definite insormontabili per gli enti più piccoli.
"Dover anticipare è assurdo: nessuno ha avanzi di amministrazione tali da consentirgli di andare avanti così", aveva dichiarato Franca Biglio, presidente dell'Associazione nazionale piccoli Comuni italiani che accentuava la situazione delle municipalità sotto i 5mila abitanti. "Siamo costretti a ricorrere alle anticipazioni di cassa attraverso le banche, pagando gli interessi passivi. Ma anche quei finanziamenti hanno un limite ben preciso: non possono superare i cinque dodicesimi delle entrate comunali proprie".
Le criticità attuali nel dettaglio
In realtà non vi è nulla di nuovo visto né di insolito nella prassi dei progetti europee ed anche, da anni ormai, nei progetti nazionali e regionali ed è prassi nota ad imprese ma anche ad associazioni che seppur vincitrici di bandi e progetti sono spesso costrette a rinunciare a quei fondi perché non in grado di anticiparli nella loro interessa, senza una certezza poi del saldo.
I fondi messi in campo sono sostanziosi, ma vengono erogati solo a rendicontazione conclusa secondo quanto stabilito dal nuovo codice degli appalti. I comuni devono quindi anticipare sia i fondi per la progettazione che tutti i fondi necessari al completamento dell'opera progettata. A questo si aggiunge la nota dolente dei tempi molto lunghi per i rimborsi, lunghi mesi che determina una situazione preoccupante di indebitamento e di sofferenza finanziaria per gli Enti locali, soprattutto i più piccoli con meno risorse strutturali e meno accesso al credito.
Le proposte dell'Uncem
L'Uncem ha messo sul piatto diverse idee e possibilità, chiedendo al Governo un sostegno e delle risposte. Tra queste vi è la richiesta della possibilità, per le piccole municipalità, di ricevere un anticipo del 50% del costo dell'opera e poi di poter ricevere alcune tranche seguenti con un protocollo stabilito di avanzamento lavori. Altra possibilità paventata è quella di utilizzare cassa depositi che istituisca un fondo rotativo per prestiti a supporto dell'indebitamento degli enti locali più deboli, quelli sotto i quindicimila abitanti.



ILSOLE24ORE 

Dagli incentivi all'assegno unico, ecco il piano del governo per il lavoro.


Nel piano strutturale di bilancio si parla anche di politiche attive per gli autonomi, e di rafforzamento di congedi parentali e asili nido.Dagli incentivi per spingere l'occupazione «di donne, giovani e soggetti maggiormente vulnerabili» al potenziamento di assegno unico e congedi parentali; dagli asili nido alle politiche attive «anche per il mondo del lavoro autonomo». Nel piano strutturale di bilancio di medio termine, trasmesso alle Camere e pubblicato dal Mef, 217 pagine complessive, è previsto un articolato (ma per ora solo poco più che tratteggiato) programma per sostenere l'occupazione, a cominciare da una migliore conciliazione vita-lavoro. Ecco, in sintesi, i principali interventi previsti dal governo Meloni.
Assegno unico
Si parte dal rafforzamento dell'assegno unico, su cui è in piedi anche una controversia con l'Europa. Negli ultimi anni, hanno beneficiato di questa misura circa 9,6 milioni di bambini, e nel 2023 sono stati erogati circa 18,2 miliardi, che risultano in aumento per il 2024. Grazie all'incremento di risorse, secondo quanto rilevato dall'Inps, l'importo medio della mensilità è aumentato tra il 2022 e i primi mesi del 2024, passando da 147 euro a 175 per figlio beneficiario. Il tasso di adesione della misura, connotato da una crescita lenta ma costante, ha raggiunto la soglia dell'89 per cento degli aventi diritto e l'importo medio per bambino varia da circa 54 a 214 euro. Si starebbe ragionando sul non conteggiare alcune voci nell'Isee (per non far perdere altre misure di welfare) e di un possibile allargamento a una prima, ridotta, platea di lavoratori stranieri.
Si punta poi molto sui servizi di prima infanzia. Tra il 2025 e il 2026, è scritto infatti nel documento del governo, saranno rafforzate le azioni finalizzate ad assicurare la realizzazione del piano asili nido previsto nel Pnrr. Con un investimento di 3,24 miliardi, esso prevede la messa in disponibilità di 150.480 nuovi posti (per bambini tra 0 e 2 anni e tra 3e 6 anni). Tale misura permetterà di aumentare il tasso di copertura medio nazionale dei servizi di prima infanzia (fascia 0-2 anni) che, a dicembre 2021 era pari al 26 per cento, migliorando anche la situazione del Mezzogiorno. Per colmare tale fabbisogno, il Governo ha già disposto nuove risorse, per un ammontare complessivo di circa 735 milioni, al fine di superare i divari territoriali e infrastrutturali nei servizi per l'infanzia. Le risorse sono destinate in via prioritaria a quei comuni che non garantirebbero il raggiungimento dell'obiettivo del 33 per cento di copertura del servizio per asili nido, andando, dunque, a finanziare l'attivazione di oltre 31.600 nuovi posti negli asili nido per la fascia 0-2 anni, in 845 comuni. Ciò consentirà all'Italia di raggiungere l'obiettivo del 33 per cento di copertura del servizio su tutto il territorio, come previsto dalla normativa nazionale, ma anche di contribuire al raggiungimento dell'obiettivo europeo del 45 per cento al 2030, per quanto permangano alcune criticità in alcuni territori specifici.
Tra le misure in via di conferma nei prossimi anni, il Governo intende intervenire sui congedi parentali; tale azione potrebbe contribuire «a un riequilibrio dei carichi di cura all'interno della famiglia e facilitare la permanenza delle lavoratrici madri nel mercato del lavoro». La normativa attuale prevede che, nei primi dodici anni di vita del bambino, ciascun lavoratore ha diritto di astenersi dal lavoro per un periodo complessivamente non eccedente i dieci mesi, elevabili a undici nel caso sia il padre a esercitare il diritto di astenersi dal lavoro per un periodo continuativo o frazionato non inferiore a tre mesi. La legge di bilancio 2024 ha ampliato l'importo dell'indennità dei congedi parentali fruibili da madri e padri entro il sesto anno di vita del bambino, ovvero entro il sesto anno dall'ingresso del minore nel nucleo familiare in caso di adozione o affidamento. In particolare, per il 2024, l'indennità è stata innalzata all'80 per cento della retribuzione imponibile per i primi due mesi e, a partire dal 2025, all'80 per cento per il primo mese e al 60 per cento per il secondo. Per i mesi restanti, l'indennità rimane pari al 30 per cento della retribuzione imponibile.
Nel piano di bilancio è scritto poi che il governo «intende rafforzare ulteriormente» la strategia avviata negli ultimi anni sul fronte dell'occupazione femminile. Si agirà su tre fronti: 1) potenziando gli strumenti di empowerment femminile per una maggiore partecipazione delle donne a percorsi di formazione e di carriera professionale; 2) prevedendo, nell'orizzonte del piano, incentivi per favorire una maggiore occupazione delle donne; 3) supportando le donne madri e con incarichi di cura familiare. Dovrebbe essere confermato lo sgravio totale dei contributi per le mamme lavoratrici con più figli.
Il governo si impegna poi (già con la legge di bilancio per il 2025) a «confermare e rendere strutturali gli effetti del cuneo fiscale sui redditi da lavoro dipendente fino a 35 mila euro e l'accorpamento delle aliquote IRPEF su tre scaglioni già in vigore quest'anno». Gli effetti del cuneo fiscale, è scritto nel documento, «assumeranno una nuova fisionomia al fine di raggiungere il medesimo obiettivo senza ulteriori tensioni sul piano della spesa pluriennale». Del resto, «l'eccessiva ampiezza del cuneo fiscale costituisce uno dei nodi strutturali del Paese evidenziati con maggiore enfasi dalle istituzioni internazionali e una sua riduzione strutturale rappresenta un obiettivo chiave nel programma del governo».
Politiche attive anche per gli autonomi
Nei prossimi anni si dovrà migliorare molto su Gol, il nuovo programma di politica attiva. E al fine di ridurre le disparità tra lavoratori dipendenti e autonomi, il governo intende, inoltre, «introdurre politiche attive per i lavoratori autonomi».
Incentivi alle assunzioni
Un'altra leva è il rafforzamento degli incentivi assunzionali. Il tasso di occupazione, sebbene per le persone tra i 20 e i 64 anni rimanga ancora inferiore alla media europea (75,3 per cento), ha raggiunto il 66,3 per cento, superando il livello precedente alla pandemia (63,5 per cento per cento nel 2019). Questo risultato è positivo, anche se il raggiungimento degli obiettivi per il 2030 risulta ancora distante. Nonostante l'Italia si caratterizzi per una percentuale di contratti a tempo determinato superiore alla media europea (15,7 per cento dei lavoratori tra i 20 e i 64 anni nel 2023 contro una media del 12,3 per cento in Ue), la crescita occupazionale registrata nel 2023 ha riguardato principalmente l'occupazione a tempo indeterminato. In linea con l'attuale andamento e per dare ulteriore slancio alla crescita dell'occupazione, è scritto nel piano, «il governo intende avviare una strategia composita che miri a facilitare l'occupazione di donne, giovani e soggetti maggiormente vulnerabili». Che sono le categorie, specie al Sud, ancora in affanno.
Formazione dipendenti pubblici
Nel piano strutturale di bilancio degno di nota è anche un altro passaggio, legato alle competenze e più in generale alla formazione dei dipendenti pubblici. Per il miglioramento delle competenze e delle capacità amministrativa, il Pnrr ha già destinato investimenti per circa 490 milioni, al fine di finanziare corsi di istruzione e formazione, nonché lo sviluppo delle capacità in pianificazione, organizzazione e formazione strategica della forza lavoro. Per offrire ai dipendenti pubblici una formazione personalizzata a partire da una rilevazione strutturata e omogenea dei fabbisogni formativi, è stata prevista anche l'estensione e la diversificazione dell'offerta della piattaforma di E-learning Syllabus. Le iniziative avviate negli ultimi anni hanno permesso un miglioramento, ma la strada è ancora lunga. Nel 2023, in Italia, secondo i dati contenuti nel documento del governo, il tasso di partecipazione alla formazione dei dipendenti pubblici era perlopiù in linea con la media europea (17,0 per cento per l'Italia contro il 17,9 per cento del totale nella media in Ue) e quasi doppio rispetto al dato del 2019 (9,7 per cento). Servono però sforzi ulteriori. A partire dal 2027 si punta a rafforzare la formazione dei dipendenti pubblici, «con particolare riferimento alle competenze trasversali per la transizione digitale, ecologica e amministrativa e le soft skill e all'utilizzo dei Fondi Ue»; a potenziare la formazione in auto apprendimento; a ridurre i divari in termini di capacità tecnica delle diverse amministrazioni, «mediante specifici interventi innovativi di capacity building e formazione, principalmente basati sul confronto tra pari e su percorsi di mentoring che coinvolgono le Pubbliche Amministrazioni, volti a sviluppare competenze tecnico-specialistiche e professionalizzanti e promuovere il trasferimento di best practices»; a implementare un sistema di accreditamento della formazione rivolta alle Pa e meccanismi di finanziamento della formazione continua e specialistica outcome-based in favore dei dipendenti pubblici.



agrigentooggi.it
Trasferimento temporaneo di sei classi al Liceo Scientifico Leonardo: tutti i dettagli
Sei nuove classi del Liceo Scientifico Leonardo, per il numero elevato di nuove iscrizioni, saranno trasferite nell'edificio in via Cimarra, utilizzato dal Liceo scientifico Politi.Da lunedì prossimo, 30 settembre 2024, sono a disposizione del Liceo scientifico " Leonardo" di Agrigento i locali, in affitto, già reperiti nell'edificio in via Cimarra che ospita, attualmente, una succursale del Liceo scientifico Politi. Tali locali sono stati individuati dal Libero Consorzio Comunale di Agrigento per contenere ulteriori sei classi, richieste dalla Dirigente del Liceo Scientifico Leonardo, in ragione di un numero elevato di iscrizioni.Il Dirigente dell'Ufficio Tecnico del Libero Consorzio, Michelangelo Di Carlo, ha compiuto, questa mattina, un sopralluogo in altri locali in corso di ristrutturazione, constatando la conclusione dei lavori per avviare, immediatamente, il trasferimento delle classi IV° e V° del Liceo scientifico Leonardo, come deciso dalla Dirigente scolastica.
Il Dirigente del Libero Consorzio, Michelangelo Di Carlo, ha incontrato, ieri, una delegazione di studenti interessati al trasferimento che hanno rappresentato le notevoli difficoltà a seguire le lezioni in orario pomeridiano, essendo in gran parte pendolari.
Il Libero Consorzio comunale ritiene, opportuno, precisare che tale soluzione non ha un carattere definitivo ma temporaneo per l'anno scolastico 2024-2025, sottolineando che, l'Ente Provincia, intende, proseguire il percorso di dismissione delle strutture scolastiche in affitto, percorso già avviato.
Il Dirigente Michelangelo Di Carlo invita, dunque, tutti i dirigenti scolastici ad accogliere le nuove iscrizioni di studenti tenendo conto del numero di aule disponibili per ciascuno dei propri Istituti.



agrigentonotizie.it
Boom di iscrizioni al liceo scientifico Leonardo, 6 classi trasferite in altra sede
Da lunedì 30 settembre saranno a disposizione degli appositi locali in via Cimarra che ospitano attualmente una succursale del "Politi"

Da lunedì 30 settembre 6 nuove classi del liceo scientifico Leonardo saranno trasferite nei locali di via Matteo Cimarra in quanto la sede principale del viale della Vittoria non è in grado di contenere tutti gli studenti a causa di un vero e proprio boom di iscrizioni che si è registrato quest'anno.I locali supplementari, in affitto, ospitano attualmente una succursale del liceo scientifico Politi e sono stati individuati dal Libero consorzio comunale di Agrigento. Il dirigente dell'ufficio tecnico, Michelangelo Di Carlo, ha effettuato un sopralluogo in altri locali in corso di ristrutturazione constatando la conclusione dei lavori. Tutto questo per avviare immediatamente il trasferimento delle classi quarte e quinte del liceo Leonardo come deciso dal dirigente scolastico.Di Carlo ha anche incontrato una delegazione di studenti interessati al trasferimento che hanno esposto notevoli difficoltà a seguire le lezioni in orario pomeridiano essendo in gran parte pendolari.Il Libero consorzio comunale ha precisato che tale soluzione non ha un carattere definitivo ma temporaneo per l'anno scolastico 2024/2025 e ha fatto sapere che intende proseguire il percorso, già avviato, di dismissione delle strutture scolastiche in affitto. Il dirigente Di Carlo ha dunque invitato tutti i dirigenti scolastici ad accogliere le nuove iscrizioni di studenti tenendo conto del numero di aule disponibili per ciascuno dei propri istituti.



grandangoloagrigento.it
Crisi idrica ad Agrigento, le associazioni ritornano a manifestare in piazzaLa nota delle associazioni che riprendono il sit-in interrotto il 12 settembre
"Non servono più promesse e dissalatori mobili, serve efficienza e urgenza. Abbiamo sospeso il nostro sit-in in segno di buona volontà, ma ora lo riprendiamo e chiediamo risposte concrete." Così Il Codacons, che insieme alle associazioni Mani Libere, Sud Chiama Nord, Mareamico, Legambiente Circolo Rabat, Italia Viva, Ethikos tornano a farsi sentire sulla gravissima crisi idrica che continua a colpire la città di Agrigento. Nonostante le promesse e gli annunci relativi all'installazione dei dissalatori da parte del Governo, la situazione è ulteriormente peggiorata, con turni di approvvigionamento dell'acqua che raggiungono i 32 giorni per i cittadini."Il sindaco di Agrigento, in qualità di responsabile della Protezione Civile, deve chiarire ai cittadini le ragioni del persistere di questa crisi, nonostante gli interventi del Governo nazionale e della Regione Sicilia, che hanno già stanziato i fondi necessari per accelerare i lavori sui dissalatori. A seguito dell'esposto presentato dal Codacons il 25 settembre 2024 alla Procura della Repubblica di Agrigento, che denuncia la gestione inadeguata delle risorse idriche da parte del Sindaco Francesco Miccichè, emergono gravi omissioni nella messa a disposizione delle fonti idriche "Acqua Amara" e "Porta Panitteri," che avrebbero potuto alleviare la crisi idrica cittadina. L'amministrazione comunale, insieme alla deputazione regionale e nazionale, non può continuare a vendere illusioni e promesse di future vittorie senza agire concretamente e in maniera urgente", continuano le associazioni che per questo motivo, ritorneranno in piazza a manifestare; inoltre si terranno degli incontri tematici sulla questione idrica proprio per informare i cittadini. Il primo di questi incontri si terrà giovedì 3 ottobre alle ore 18:30 e avrà come argomento "Rete idrica Agrigentina da 20 anni finanziata e perdita del finanziamento di 49 milioni di €, ecco la verità." Sarà un'occasione per fare luce sulle problematiche e sugli sprechi che hanno portato a questa situazione di emergenza, attraverso un confronto trasparente aperto anche alla partecipazione di associazioni e cittadini dell'intera Provincia di Agrigento.Le associazioni ribadiscono la loro richiesta: "basta con le promesse vuote. È ora di agire concretamente per garantire il diritto all'acqua e porre fine a una crisi che si protrae da troppo tempo. La pazienza è finita, il tempo delle parole è scaduto. Ora servono fatti."
























































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