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Sicilia, a dicembre si torna al voto per le ex Province: ecco la data delle elezioniRedazione
Le ex Province siciliane voteranno. Rinnovamento in vista all'interno di Città Metropolitane e Liberi Consorzi.
Domenica 15 dicembre 2024 le ex Province siciliane voteranno. Il presidente della Regione, Renato Schifani, e l'assessore alle Autonomie locali, Andrea Messina, hanno firmato il decreto relativo alle elezioni. Rinnovamento in vista all'interno di Città Metropolitane e Liberi Consorzi con le elezioni di secondo livello.
Le modalità
I cittadini non dovranno tornare alle urne ma solo sindaci e consiglieri comunali. Voteranno 6 province (Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani) per eleggere presidenti e consiglieri dei liberi consorzi. Invece nelle 3 Città metropolitane (Catania, Messina e Palermo) la votazione riguarda esclusivamente i Consigli metropolitani. Il vertice dell'ente, infatti, verrà affidato al sindaco della Città metropolitana.
Spopolata, disoccupata, senza giovani: la Sicilia dei record negativi fotografata dai reportHermes Carbone
I rapporti Istat, ma non solo, offrono i numeri di una Sicilia sempre più alle prese con lo spopolamento e un mondo del lavoro instabile e precario. Ecco i dati di Palermo, Messina e Catania. Disoccupazione e costante crollo demografico: si tratta di due facce della stessa medaglia, che in Sicilia si alimentano in modo reciproco rendendo ancora più incerto il futuro delle principali città dell'Isola. Palermo, Catania e Messina sono le tre aree metropolitane cui fa riferimento il rapporto Istat che valuta lo stato di occupazione per le province prese in esame. A emergere, neanche a dirlo, dati estremamente negativi rispetto alle medie nazionali soprattutto per Palermo e Messina.
Disoccupazione e crollo demografico in Sicilia, record negativo a Messina
In base ai report Istat, la città dello Stretto è quella con il numero di disoccupati più elevato tra le tredici città analizzate. Il tasso di disoccupazione nella fascia d'età compresa tra i 15 e i 64 anni, prendendo in considerazione il periodo 2015-2023, segnala come a Messina risulti disoccupato addirittura il 35,9% della popolazione inserita in questo range anagrafico. Non è un caso che proprio Messina - secondo uno studio elaborato dalla società Landgeist sulle variazioni demografiche in Europa - risulti essere la città europea che si sta spopolando più velocemente al pari solo di alcune aree della Romania. Parma (+21%) la città italiana cresciuta di più in termini demografici tra il 2015 e il 2020, Messina (-4,9%) quella crollata maggiormente. Secondo l'ultimo rilevamento Istat disponibile (giugno 2024), basti pensare che nella città dello Stretto sono rimasti circa 217mila abitanti. Un dato davvero impressionate se si considera che il censimento generale del 1981 permetteva alla città di superare quota 260mila abitanti: 43mila messinesi "scomparsi" e mai rimpiazzati. A trent'anni di distanza da quella rilevazione, nel 2011, gli abitanti di Messina erano già scesi di 17mila unità (243mila). In tredici anni si è consumata una catastrofe economica e sociale che ha visto ridurre il numero di addirittura ulteriori 26mila abitanti.
Un binomio inscindibile
Dove non c'è lavoro - o quello che c'è risulta precario e mal pagato, crolla il numero di abitanti e la popolazione invecchia senza un ricambio generale in grado di garantire in futuro il benessere vissuto a quelle latitudini in un glorioso passato. Un passato che si dissolve sempre più anno dopo anno. La disoccupazione resta ben al di sopra della media nazionale, con una forte incidenza nei settori tradizionalmente legati al commercio e al turismo, duramente colpiti dalla pandemia. Dal rilevamento pre-Covid a quelli successivi, gli occupati a Messina sono infatti passati da 66mila a 55mila: undicimila in meno. Più o meno lo stesso numero (54 mila) di inattivi, ovvero coloro che non cercano lavoro. E se Sparta piange, Atene non ride. Perché a Palermo le cose non vanno molto meglio.
Palermo: un giovane su due senza un lavoro stabile
È di oltre 44mila il numero di popolazione inattiva registrata a Palermo dall'Istat: si tratta del dato più negativo d'Italia, superiore anche a Napoli (41mila). Il tasso di disoccupazione supera il 20%, con picchi preoccupanti tra i giovani, dove quasi uno su due non riesce a trovare un lavoro stabile. Il numero totale di occupati è di oltre 180mila lavoratori: di fatto, il doppio di Catania e oltre il triplo di Messina. Le poche opportunità lavorative sono però spesso precarie, sottopagate o legate a settori poco innovativi. In un contesto di stallo economico, l'incapacità di attrarre investimenti e creare lavoro qualificato scoraggia la permanenza dei più giovani, che vedono nella migrazione verso il Nord Italia o l'estero l'unica via di uscita.
Palermo (626mila) ha perso negli ultimi dieci anni circa 50.000 abitanti. Una decrescita costante se si pensa che 2mila abitanti hanno lasciato la città solo negli ultimi sei mesi. Le cause principali risiedono nella mancanza di lavoro e servizi adeguati, che spinge i giovani a cercare fortuna altrove. La bassa natalità rappresenta un ulteriore ostacolo alla crescita demografica, con un numero di nascite inferiore al tasso di sostituzione.
Catania: la città che resiste al crollo demografico
Anche a Catania l'economia resta bloccata - per quanto più dinamica delle altre realtà siciliane - con un tasso di disoccupazione giovanile simile a quello di Palermo. La città etnea è però quella che presenta dati meno critici rispetto alle altre due aree metropolitane prese in considerazione. La disoccupazione, nella fascia 15-64 anni e sempre nel periodo tra il 2015 e il 2023, risulta essere del 22,4%, in miglioramento di ben il 7,5% rispetto al periodo più critico del 2017.
Catania, anch'essa vittima di un'emorragia demografica, ha visto un calo costante della popolazione, con oltre 30.000 residenti in meno rispetto a dieci anni fa. Qui, il tasso di disoccupazione e l'assenza di una politica economica incisiva si riflettono in una fuga di giovani e famiglie, alla ricerca di migliori condizioni di vita e di lavoro altrove.
Crollo demografico in Sicilia, le cause: disoccupazione e non solo
Le ragioni di questa situazione sono molteplici. Da un lato, c'è una crisi strutturale del mercato del lavoro, incapace di adattarsi alle sfide dell'economia globale e dell'innovazione tecnologica per l'Isola che potrebbe diventare una naturale polo di attrazione logistico per il Mediterraneo. Ma gli investimenti, anche per motivi burocratici e di tassazioni più accomodanti, si indirizzano verso Malta: un paradosso al largo proprio delle coste dell'Isola.
Tra le altre ragioni, il sistema produttivo siciliano, fortemente dipendente da settori tradizionali come l'agricoltura e il turismo, entrambi messi in ginocchio nel corso dell'ultima estate con una siccità da record e invasi a secco o gestiti non a dovere, non ha saputo diversificarsi e creare un tessuto industriale capace di assorbire la forza lavoro qualificata che esce dalle università. Il crollo demografico non solo impoverisce ulteriormente queste città, ma contribuisce a un circolo vizioso in cui meno abitanti significano meno consumi, meno produttività e una sempre minore attrattività per gli investitori.
Dall'altro lato, vi è una gestione pubblica che, nonostante i fondi europei e nazionali, non riesce a creare infrastrutture moderne e servizi efficienti che potrebbero attrarre investimenti e nuove opportunità economiche. Un ruolo chiave potrebbero giocarlo gli attuali investimenti da complessivi oltre 40 miliardi di euro per ferrovie e autostrade della Sicilia.
Determinante anche il tema del ponte sullo Stretto, la cui valutazione è ancora ferma alla Commissione VIA - VAS del Mase. Le politiche di sviluppo, poi, sembrano ancora troppo lente e frammentarie per incidere in un territorio arido, e non solo per colpa delle scarse piogge.
L'emigrazione dei giovani rappresenta anche un'emorragia di capitale umano insostituibile. L'esodo verso il Nord Italia e verso l'estero priva la Sicilia delle menti migliori, indebolendo ulteriormente la capacità di innovazione e crescita economica.
La Sicilia necessita di una politica industriale e occupazionale capace di attirare investimenti in settori innovativi come la tecnologia, le energie rinnovabili e il turismo sostenibile, settori dal potenziale ancora inespresso a queste latitudini. Sarà necessario anche investire in formazione e aggiornamento professionale, così da adattare la forza lavoro futura alle nuove sfide del mercato. Il futuro della Sicilia passa dalla capacità di trattenere i propri giovani e di creare un contesto dove il lavoro non sia un'utopia, ma una realtà accessibile a tutti.
ITALIA OGGI
APPALTI PUBBLICI
Appalti, sempre meno gare - Dal 2014 al 2024 affidamenti in calo dal 27,7% al 6,9%
E' emerso nel convegno Ance di Vico Equense. Aumentano le procedure negoziate e i costiDal 2014 al 2024 gli affidamenti con gara di contratti pubblici si sono ridotti dal 27,7% al 6,9% del totale delle procedure, segno evidente di una sostanziale assenza di mercato. Parallelamente i costi sono aumentati in virtù dei minori ribassi registrati e dell'utilizzo delle procedure negoziate e degli affidamenti diretti.
Sono questi alcuni dei punti emersi nel corso del convegno organizzato dall'Ance e dal titolo "Opere pubbliche oltre il 2026: dalla legge Merloni al Pnrr, quali regole, quale mercato" svoltosi la scorsa settimana a Vico Equense, durante la presentazione dello studio "Il sistema degli appalti e il monitoraggio del Pnrr" da parte di Sauro Mocetti economista a capo della divisione Economia e Diritto della Banca d'Italia.
Guardando a cosa è successo negli ultimi anni, è stato messo in particolare evidenza l'effetto determinato dagli interventi normativi volti ad innalzare le soglie per affidamenti diretti e procedure negoziate, anche riducendo il numero minimo di imprese da invitare nelle procedure negoziate. Questo ha portato all'aumento nel corso del tempo della quota degli affidamenti diretti e alla riduzione delle gare competitive; nel 2014 erano il 27,7% del totale delle procedure mentre nel 2024 (primi tre trimestri) questa quota si è ridotta al 6,9%.
Lo studio illustrato alla platea dell'Ance si interroga anche sulle conseguenze di queste scelte: riduzione del 30% dei tempi di affidamento (circa 20 giorni dalla procedura negoziata all'affidamento diretto; circa 30 giorni dalla procedura aperta a quella negoziata); calo del numero delle offerte ammesse alla gara e conseguente diminuzione dei ribassi, rispetto agli importi a base di gara, stimata tra 2 e 4 punti percentuali.
Per quanto riguarda la durata dei tempi di affidamento - si legge nella relazione - a parità di importo e modalità di affidamento, varia significativamente (in funzione delle caratteristiche delle stazioni appaltanti).
Bisognerà invece attendere per capire quali siano gli effetti della qualificazione delle stazioni appaltanti sulla complessiva efficienza del sistema. Intanto però lo studio fa capire che sui tempi di affidamento "una quota significativa della variabilità della durata è attribuibile ai Rup", inoltre "l'esperienza e il possesso di un titolo di studio superiore in materie tecniche (ingegneria e architettura)" favorisce la riduzione dei tempi di affidamento, mentre la durate dei tempi è maggiore in caso di gestione contemporanea di numerosi appalti".
In prospettiva, per migliorare l'efficienza, il dato di partenza è che "le fasi più critiche rimangono tuttavia quelle di progettazione ed esecuzione" e, se si parte dall'anagrafe delle opere incompiute si può dedurre che le criticità attengono a: "mancanza di fondi, cause tecniche (es. varianti in corso d'opera), problematiche relative all'impresa che sono indicativi di criticità sia nella fase di programmazione e progettazione delle opere sia in quella di selezione dei contraenti".
In particolare "alla qualità delle imprese è attribuibile circa un quinto della variabilità osservata dei tempi di esecuzione". In conclusione lo studio fa presente che "Il buon funzionamento del sistema degli appalti necessita di "regole ben disegnate e stabili, stazioni appaltanti qualificate (in senso ampio), condizioni di contesto favorevoli; disponibilità dei dati, per il monitoraggio e per la valutazione, sia delle opere sia delle norme introdotte". Occorre infine "andare oltre l'effetto di spesa di breve termine e porre più attenzione sugli effetti di medio-lungo periodo (i fini ultimi per i quali sono realizzate le opere)". Un serio monito per il prossimo decreto correttivo del codice appalti.
BLOGSICILIA
La Sicilia e lo svantaggio insulare dimenticato, Schifani "Finora solo briciole, serve una svolta nel bilancio dello Stato"
di Redazione
L'insularità, il principale svantaggio della Regione siciliana (come anche della Sardegna) è ormai un concetto inserito in Costituzione ed è forte anche nella normativa Europea, ma la compensazione di questo svantaggio patito dai siciliani sembra essere stata dimenticata. Lo ha sottolineato il presidente della Regione Renato Schifani durante una audizione in Commissione bicamerale. Lo ha fatto con i suoi tradizionali toni pacati e misurati ma comunque decisi e precisi concludendo con la richiesta chiara di una compensazione adeguata in termini di opportunità
Serve una svolta
"Nella prossima manovra di bilancio serve un svolta in termini di concretezza e congruità". Non poteva essere più chiaro il presidente della Regione siciliana, Renato Schifani, sentito in audizione dalla Commissione bicamerale per il contrasto agli svantaggi derivanti dall'insularità, presieduta dal deputato Tommaso Calderone.
Il governatore ha sottolineato l'esiguità dei fondi assegnati dallo Stato. La legge di bilancio per il 2023 ha istituito un Fondo nazionale per il contrasto agli svantaggi derivanti dall'insularità, con una dotazione di 2 milioni per ciascuno degli anni 2023, 2024 e 2025, finalizzato ad assicurare la piena attuazione al principio di insularità.
Le parole di Schifani
Il presidente Schifani ha aggiunto: "Dall'insularità derivano accanto ad alcune obiettive opportunità, gravosi svantaggi e marginalità che la modifica costituzionale ha voluto scolpire nella Carta fondamentale e che non può avere applicazione episodica".
"Il nuovo sesto comma dell'art. 119 Costituzione è chiaro in tal senso. Ma - ha proseguito il governatore della Sicilia - occorre che la traduzione dell'impegno a promuovere misure utili a rimuovere questi svantaggi si traduca in un profondo ed articolato radicamento nell'ordinamento, nella pianificazione e programmazione, nei servizi resi alle comunità territoriali, nelle opportunità offerte ai territori, ed in particolare ai giovani, per contrastare la desertificazione generazionale, ed ai settori sociali più svantaggiati".
E "occorre, tuttavia, che adesso, in fase applicativa questi principi trovino puntuale attuazione il che impone l'azione di puntuali misure di contrasto agli svantaggi derivanti dall'insularità, per la determinazione dei lep, per la quantificazione dei costi degli svantaggi derivanti dall'insularità, sulla perequazione infrastrutturale, sulla perequazione fiscale e le forme di fiscalità di sviluppo".
Serve una stima
Continua Schifani: "Le quantificazioni possono variare, i parametri essere integrati e ponderati, ma ciò che occorre definire, e la mia Regione offre ogni supporto che possa esser ritenuto utile, è una tempestiva e puntuale stima dei costi degli svantaggi derivanti dall'insularità, concordata con il Governo centrale, che consenta di intervenire sulle diverse funzioni. E ciò ancor più in una fase rilevante come si prospetta quella attuativa del regionalismo differenziato".
La Zes unica
Anche in occasione dell'istituzione della Zona Economica Speciale unica per il Mezzogiorno, ha ricordato Schifani, "è stato precisato che una sezione specifica del piano strategico della predetta ZES deve essere dedicata «agli investimenti e agli interventi prioritari, necessari a rimuovere gli svantaggi dell'insularità». Ma devono seguire urgenti misure concrete a sostegno delle aree di attrazione imprenditoriale delle Isole, nelle quali le imprese contano oneri ulteriori ed aggravati rispetto a quelle dell'Italia continentale".
I maggiori costi energetici
"I costi energetici nelle Isole, come noto, sono più elevati che nell'Italia continentale e ciò aggrava ulteriormente, rispetto agli elementi di penalizzazione che scaturiscono dall'insularità, il divario e lo svantaggio competitivo per imprese e professionisti - ha detto Schifani -. Il paradosso è poi rappresentato dalla circostanza che lo sforzo che viene richiesto alle due Isole maggiori in termini di contributo energetico rinnovabile è maggiore in proporzione alle altre Regioni italiane, con conseguente maggior consumo di suolo ed incidenza sull'agricoltura ed il paesaggio".
I collegamenti aerei e per mare
Schifani in commissione ha anche parlato dei collegamenti per terra e per mare, ritenendo inadeguato ad esempio risorse assegnate al fondo per i collegamenti aerei, aggiuntivi rispetto a quelli della continuità territoriale per i quali la Regione concorre con ingenti stanziamenti.
L'impegno finanziario che scaturisce dalla legge è stato specificato poi dal decreto interministeriale Infrastrutture e trasporti ed Economia e finanze del 26 settembre 2023 che, a regime, ha assegnato circa 10 milioni di euro alla Sicilia. A fronte di un fabbisogno che ammonta ad oltre 25 milioni di euro, ha detto Schifani, "lo Stato si fa carico di poco meno del 40% della spesa (10 milioni su 25) mentre di oltre il 60% si fa carico la finanza regionale. Senza parlare del gravoso impegno regionale in materia di trasporto marittimo che grava quasi integralmente sulle finanze regionali".
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Ex Province, si torna al voto: è ufficiale la data delle elezioni
A dicembre si conclude l'era dei commissari, chiamati in causa i sindaci
PALERMO - Le ex Province siciliane andranno al voto domenica 15 dicembre. La data era già stata individuata nel corso del vertice di maggioranza del centrodestra alla Regione e ora c'è l'ufficialità. Il presidente della Regione, Renato Schifani, e l'assessore alle Autonomie locali, Andrea Messina, hanno firmato il decreto di indizione delle elezioni.
Liberi consorzi, addio commissari
I Liberi Consorzi comunali, al momento guidati da dirigenti della Regione nelle vesti di commissari, vedranno finalmente rinnovati i propri vertici con le elezioni di secondo livello. La gestione commissariale che, di fatto, va avanti da dieci anni. Confermate, quindi, le decisioni adottate nel corso della riunione dei partiti di maggioranza che sostengono il governo Schifani.
La riforma delle Province voluta da Crocetta
La legge che aveva mandato in soffitta le vecchie Province, voluta dall'allora governatore Rosario Crocetta, verrà quindi attuata fino in fondo per la prima volta. Non sono poche, tuttavia, le spinte nel centrodestra affinché si torni all'elezione diretta dei presidenti delle Province e dei consiglieri provinciali. Il nodo centrale, tuttavia, sarà la dotazione finanziaria di enti che nell'ultimo decennio sono stati lasciati a secco.
Elezioni di secondo livello
In questa tornata elettorale, ad ogni modo, non saranno i cittadini a recarsi alle urne per rinnovare i vertici degli enti, ma soltanto sindaci e consiglieri comunali. Andranno al voto sei province (Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani) per eleggere presidenti e consiglieri dei liberi consorzi. nelle tre Città metropolitane (Palermo, Catania e Messina) si voterà soltanto per i Consigli metropolitani, dal momento che il vertice dell'ente sarà affidato al sindaco della Città metropolitana.
San Francesco, la Sicilia al centro delle celebrazioni per il patrono d'Italia
La presenza delle istituzioni dell'Isola in Umbria
ASSISI
di Redazione
PALERMO - La Sicilia e San Francesco: all'apertura delle celebrazioni in onore del patrono d'Italia è presente una delegazione delle istituzioni siciliane, con il presidente della Regione Renato Schifani e il sindaco di Palermo Roberto Lagalla. Quest'anno è proprio la Sicilia la regione scelta per offrire l'olio che alimenta la lampada votiva che arde giorno e notte sulla tomba di San Francesco.
Alle celebrazioni sono presenti duecento sindaci e cinquemila pellegrini provenienti dalla Sicilia, ma anche dall'Umbria e da tutte le altre regioni italiane. Nel pomeriggio di giovedì 3 ottobre monsignor Corrado Lorefice, arcivescovo di Palermo e vicepresidente della Conferenza episcopale siciliana, ha celebrato i Primi vespri.
"La Sicilia che portiamo ad Assisi"
All'apertura delle celebrazioni, il presidente della Regione Schifani ha voluto rivolgere un saluto a istituzioni e pellegrini: "Una Sicilia festante - ha detto Schifani - oggi e domani, è chiamata a invadere Assisi in tutte la sue bellezze e in tutta la sua sacralità. Porteremo qui l'olio santo per alimentare la fiamma di san Francesco".
"Una Sicilia fatta da gente per bene - ha continuato Schifani - che ama il lavoro e che vuole uscire dai temi della disoccupazione, della siccità per la quale ci stiamo battendo alacremente sotto il profilo istituzionale. Una Sicilia che accoglie, una Sicilia che aiuta chi sta male, che si occupa dei deboli; questa è la Sicilia che portiamo ad Assisi e della quale siamo orgogliosi".
Sempre nel pomeriggio di giovedì, dopo i saluti delle istituzioni al centro congressi Domus Pacis accanto alla Basilica di Santa Maria degli Angeli in Porziuncola, si è svolto il corteo fino all'ingresso della chiesa. Qui si è svolta la messa dei Primi Vespri.
Durante la celebrazione, a cui erano presenti anche gli assessori regionali della Famiglia Nuccia Albano e dell'Agricoltura Salvatore Barbagallo, il presidente Schifani, al momento dell'offertorio, ha donato alla Cappella del Transito di San Francesco una riproduzione bronzea della Madonna "Mater Siciliae" del maestro Salvo Salvato, realizzata dal Laboratorio Federiciano per i giardini di Palazzo d'Orléans.
Nella Basilica di Santa Maria degli Angeli la Presidenza della Regione Siciliana, per l'occasione, ha promosso il restauro di un dipinto a olio su tela raffigurante "La Madonna sui luoghi della Passione", del XVII secolo, attribuito a Piergirolamo Crispolti.
L'omelia
Nel corso della sua omelia per i Primi Vespri, monsignor Lorefice ha detto: "La memoria del transito di Francesco, ci ridesta al nostro essere creature mortali, figli e fratelli/sorelle dell'unico Padre che ci affida la Terra come 'Casa comune' fraterna fragrante d'amore e di pace".
"Su quanti oggi ha continuato Lorefice - hanno dimenticato di essere creature mortali e seminano nella Casa comune guerre, divisione, odio, parole aggressive, distruzione e morte violenta, soprattutto dei piccoli e degli inermi, la memoria del luminoso Transito di Francesco, Fratello universale, verace testimone di Cristo e di un cammino di piena e autentica umanità, sia audace segno profetico di conversione di mentalità e di cambiamento di rotta per il bene dell'umanità, per il bene della Casa-Terra".
"San Francesco - ha concluso Lorefice - ha fatto la sua parte, Cristo ci indichi quale dev'essere la nostra come umili servitori della Chiesa, del mondo e della nostra Italia. Cristo Signore, Amore crocifisso, ci trovi, mossi dallo Spirito, docili, generosi, creativi e audaci".
L'offerta dell'olio e gli eventi di venerdì 4
L'evento dell'offerta dell'olio sulla tomba del patrono d'Italia, si legge in un comunicato della Regione, si ripete ogni anno con la partecipazione di una diversa regione, in occasione della festa di San Francesco, e quest'anno coinvolge l'intera popolazione siciliana con le sue istituzioni civili e religiose, a ventuno anni di distanza dall'ultima partecipazione nel 2003.
Il 4 ottobre, festa di San Francesco, il programma prevede un incontro tra le autorità al Palazzo municipale di Assisi in mattinata. Seguirà un corteo civile fino alla Basilica di San Francesco, chiesa superiore, preceduto da circa mille studenti delle scuole di Assisi, dove sfilerà il gruppo folcloristico Val d'Akragas.
Nella Basilica il presidente della Conferenza episcopale siciliana, monsignor Antonino Raspanti, alle 10, presiederà la solenne celebrazione eucaristica, alla presenza di tutte le autorità e dei pellegrini.
Il sindaco di Palermo Roberto Lagalla accenderà la lampada votiva dei Comuni d'Italia. La Presidenza della Regione Siciliana ha finanziato il restauro del dipinto a olio su tela, con cornice lignea policroma, raffigurante "L'apparizione di San Giuseppe a San Bonaventura", del XVIII secolo, custodita nella Basilica di San Francesco.
Alle 11:30, dalla Loggia del Sacro convento, nella piazza inferiore, previsti il saluto del ministro generale dell'ordine dei Frati minori conventuali, fra' Carlos Alberto Trovarelli, il messaggio del presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, e quelli di un rappresentante del governo italiano e di altre autorità.
TELEACRAS
Ex Province, al voto il 15 dicembre
Angelo Ruoppolo
Adesso è ufficiale: il governo regionale ha firmato il decreto di indizione delle elezioni di secondo livello per il ripristino delle nove Province siciliane. I dettagli.
Domenica 15 dicembre non i cittadini ma i consiglieri comunali e i sindaci di ciascuna provincia si recheranno al voto per eleggere il presidente e i consiglieri delle ex Province. Il presidente della Regione, Renato Schifani, e l'assessore agli Enti Locali, Andrea Messina, hanno firmato il decreto di indizione delle elezioni di secondo livello. Tra le nove province siciliane, le tre di Palermo, Catania e Messina, ovvero le tre città metropolitane, eleggeranno solo il consiglio provinciale, perchè presidente sarà il sindaco del capoluogo, quindi i sindaci di Palermo, Catania e Messina. Le Province in Sicilia sono state abolite nel corso della legislatura del presidente Crocetta, ma la riforma non si è mai concretizzata, determinando una condizione di stallo che perdura ormai da quasi 12 anni. Nelle more, al timone delle Province si sono susseguiti i commissari, tuttora in carica. Dopo la bocciatura con il voto segreto lo scorso 7 febbraio in Assemblea Regionale del disegno di legge di riforma delle Province con il ripristino dell'elezione diretta, quindi di primo livello, di presidente e consiglieri provinciali, e dopo la verifica di governo rinviata a dopo le elezioni Europee, l'ipotesi di rimedio a cui si è lavorato è stata l'elezione indiretta adesso sfociata nelle urne. Nel frattempo la bocciatura della riforma a Sala d'Ercole ha determinato inevitabilmente una ulteriore proroga, l'ennesima, fino al 31 dicembre, degli attuali commissari in carica: Giovanni Bologna (Agrigento), Vitalba Vaccaro (Caltanissetta), Carmen Madonia (Enna), Patrizia Valenti (Ragusa), Mario La Rocca (Siracusa) e Maria Concetta Antinoro (Trapani). Nelle tre Province metropolitane, quindi Palermo, Catania e Messina, i rispettivi sindaci sono contestualmente anche commissari delle Province. Si dovrebbe votare solo domenica 15 dicembre, dalle ore 8 alle 22. Lo scrutinio lunedì dalle ore 8 in poi. Nelle Province di Palermo, Catania e Messina il Consiglio provinciale è composto, oltre che dal sindaco presidente, da 14 consiglieri se la popolazione residente è fino a 800mila abitanti, o da 18 consiglieri se superiore. Nelle altre sei Province saranno eletti il presidente e il Consiglio: 10 consiglieri con residenti fino 300mila abitanti, 12 se fino a 700mila, o 16 se oltre i 700mila. I consiglieri durano in carica 5 anni, ma se un sindaco o un consigliere cessa dalla carica avviene la decadenza immediata da qualsiasi carica ricoperta nelle ex Province. Sono eleggibili a presidente della Provincia i sindaci dei Comuni, e sono eleggibili a consiglieri provinciali i sindaci e i consiglieri comunali. Sono candidabili: a presidente i soli sindaci, a consiglieri i sindaci e i consiglieri comunali.
LENTEPUBBLICA
Possibile il cumulo tra permessi orari e lavoro straordinario nello stesso giorno?di lentepubblica.it
L'Aran ha fornito chiarimenti sulla possibilità di cumulo, nello stesso giorno, permessi orari retribuiti per motivi personali o familiari e il lavoro straordinario per i dipendenti pubblici.
In un contesto in cui il bilanciamento tra vita privata e lavoro è sempre più centrale, questo intervento dell'Aran rappresenta una rispota in materia di tutela dei diritti dei lavoratori all'interno del perimetro di garanzia per il rispetto delle necessità operative delle amministrazioni pubbliche.
Con il parere n. CIRRS41/2024, l'agenzia ha presentato pertanto un importante orientamento che fa luce su una questione che spesso ha suscitato dubbi tra lavoratori e amministrazioni.
La questione posta all'Aran
Il quesito affrontato dall'Aran riguardava un caso concreto: se un dipendente usufruisce di un permesso orario retribuito per motivi familiari, può successivamente vedersi riconosciuto il lavoro prestato oltre il normale orario giornaliero come straordinario?
A tale proposito, l'agenzia ha richiamato la norma che regola i permessi orari retribuiti, la quale specifica che durante l'utilizzo di tali permessi, al dipendente spetta l'intera retribuzione, fatta eccezione per i compensi relativi al lavoro straordinario o per le indennità legate alla prestazione effettiva del servizio. Tuttavia, la normativa non esclude la possibilità che il dipendente, una volta terminato il permesso, possa essere chiamato a svolgere attività lavorativa oltre l'orario standard, qualora vi siano necessità organizzative.
Possibile il cumulo tra permessi orari e lavoro straordinario nello stesso giorno?
L'Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni ha confermato la possibilità di cumulare, nello stesso giorno, permessi orari retribuiti per motivi personali o familiari e il lavoro straordinario per i dipendenti pubblici. Il parere fornisce maggiore certezza giuridica sia ai lavoratori sia alle amministrazioni, facilitando una gestione più chiara e trasparente delle richieste di permessi e delle esigenze organizzative.
Riconoscimento del lavoro straordinario
Il chiarimento dell'Aran, basato anche sulle disposizioni del d.lgs. n. 66/2003, conferma che il lavoro prestato oltre l'orario normale, inclusivo delle ore di permesso usufruite, può essere considerato straordinario. Questo, però, solo a condizione che vi sia una previa autorizzazione da parte del datore di lavoro. Dunque, la chiave sta nel rispetto delle procedure interne, che prevedono una valutazione da parte dell'ente circa l'effettiva necessità di ricorrere al lavoro straordinario.
La concessione del permesso
Un aspetto rilevante riguarda il processo di autorizzazione dei permessi per motivi personali o familiari. Tali permessi sono riconosciuti come un diritto legittimo del lavoratore, ma la loro concessione è soggetta alla valutazione da parte dell'ente datore di lavoro, che deve tenere conto delle esigenze di servizio. L'assenza del dipendente, infatti, potrebbe incidere negativamente sull'organizzazione del lavoro, motivo per cui la richiesta di permesso può essere negata. Tuttavia, il rifiuto deve essere giustificato da ragioni oggettive, legate alla necessità di garantire il corretto funzionamento del servizio, e rispettare i principi di correttezza e buona fede, come stabilito dall'art. 41, comma 1, del CCNL del 16 novembre 2022 per le Funzioni Locali.
Importante sottolineare che il datore di lavoro non è tenuto a entrare nel merito delle ragioni personali che portano il dipendente a richiedere il permesso, garantendo così il rispetto della privacy del lavoratore.
IL LOCALE NEWS
Tornano le Province: sindaci e consiglieri alle urne il 15 dicembre
Si voterà con elezioni di secondo grado
Redazione
Il 15 dicembre 2024 si terranno in Sicilia le elezioni per i Liberi Consorzi e le Città Metropolitane, un evento significativo poiché segna il ritorno delle elezioni dopo oltre un decennio. Tuttavia, queste elezioni saranno di secondo livello, il che significa che non voteranno i cittadini, ma i sindaci e i consiglieri comunali dei territori interessati.
Nei Liberi Consorzi, si eleggeranno sia il presidente che i membri del consiglio provinciale. I presidenti saranno scelti tra i sindaci i cui mandati non scadano entro i 18 mesi successivi alla data delle elezioni, e resteranno in carica per quattro anni. Il numero di consiglieri varierà in base alla popolazione della provincia: 10 membri per le province con meno di 300.000 abitanti, 12 per quelle tra 300.000 e 700.000, e 16 per le aree con più di 700.000 abitanti.
Nelle Città Metropolitane di Palermo, Catania e Messina, sarà invece eletto solo il consiglio metropolitano, poiché i sindaci delle città capoluogo saranno automaticamente i presidenti di diritto. Queste elezioni rispondono alla necessità di sostituire i commissari straordinari, attualmente alla guida di queste istituzioni, in attesa di una normativa più stabile per eventuali elezioni dirette in futuro.