teleacras.it
Ex Province, verso la proroga dei Commissari per sei mesi
Predisposto il disegno di legge per reintrodurre l'elezione diretta alle Provinciali annullando il voto di secondo livello del 15 dicembre. Verso la proroga dei Commissari.
Il prossimo 15 dicembre i consiglieri comunali e i sindaci di ciascuna provincia siciliana dovranno, o avrebbero dovuto, eleggere, con elezione di secondo livello, i consiglieri provinciali e il presidente della Provincia, tranne che nelle tre province di Palermo, Catania e Messina dove il presidente della Provincia sarà il sindaco del capoluogo in carica. Tuttavia ciò adesso è sotto riserva. Infatti, la maggioranza di centrodestra alla Regione ha predisposto un disegno di legge per reintrodurre l'elezione diretta dei consiglieri provinciali e del Presidente, ovvero votano i cittadini. La prima conseguenza di ciò sarebbe l'annullamento del voto di secondo livello nelle ex Province e la proroga fino al 27 aprile del 2025 degli attuali commissari delle Province, ovvero Giovanni Bologna (Agrigento), Vitalba Vaccaro (Caltanissetta), Carmen Madonia (Enna), Patrizia Valenti (Ragusa), Mario La Rocca (Siracusa) e Maria Concetta Antinoro (Trapani). Tale disegno di legge di ripristino dell'elezione diretta dovrà essere approvato in tempi rapidi, già tra martedì e mercoledì prossimi in commissione Affari istituzionali dell'Assemblea Regionale, dove il calendario è già fitto di impegni di rilievo. Infatti, per evitare l'esercizio provvisorio l'Assemblea dovrà approvare la Finanziaria 2025 entro il 23 dicembre. Dal 7 novembre inizierà quindi la sessione di bilancio. Il nuovo testo sulle elezioni Provinciali dovrebbe essere approvato da Sala d'Ercole entro il 6 novembre.
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Ex Province, si va verso la proroga dei commissari fino ad aprile 2025Il centrodestra punta all'elezione diretta, ma è corsa contro il tempo per il sì in commissione Affari istituzionali
In Sicilia si va verso la proroga dei commissari delle ex Province fino ad aprile (c'è chi si sbilancia e parla del 27 di quel mese) e il blocco delle elezioni di secondo livello già indette dal presidente Schifani per il 15 dicembre. Di giorno si cuce e di notte si scuce, verrebbe da dire, perché quella dei vecchi carrozzoni è una tela di Penelope, pure ingarbugliata. Una sola cosa sembra scontata: il centrodestra vuole portare i cittadini a scegliere i propri rappresentanti: sarà quindi una corsa contro il tempo per approvare tra martedì e mercoledì prossimi, in commissione Affari istituzionali, il disegno di legge che ripristina il voto diretto, sconosciuto ai più fino a qualche giorno fa. Solo così si scongiurerebbe il rischio di andare alle urne a dicembre.
Il problema non è politico ma di tempi troppo stretti. L'altro ieri sera, infatti, la conferenza dei capigruppo ha stabilito il calendario: per evitare l'esercizio provvisorio l'Ars dovrà approvare la legge di Stabilità entro il 23 dicembre. Dal 7 novembre inizierà quindi la sessione di bilancio, in cui si possono discutere solo le norme di natura finanziaria. Ecco perché il testo sulle Province dovrebbe avere il disco verde in Aula entro il 6.
siciliaonpress.it
Il 15 dicembre si vota per le province e i commissari vanno a casa? Ma quando mai...
L'illusione di uscire dal commissariamento. E' tutto pronto per il rinnovo degli organi delle ex province siciliane: si voterà domenica 15 dicembre. Lo hanno riportato, ormai, tutti gli organi di stampa. E se ne è parlato in tutti gli ambienti politici. Sono persino partite le trattative per le candidature. Tutti a dire che, dopo 11 anni consecutivi di commissariamento (il primo commissario dell'ex provincia regionale è stato nominato il 18 giugno 2013 e da allora si è sempre proceduto a proroghe e/o nuove nomine senza mai tornare al voto), si cambia registro.Tutti a precisare che, nella tornata elettorale già fissata, non sarà il corpo elettorale a recarsi alle urne, ma saranno i sindaci e i consiglieri comunali del comprensorio territoriale interessato.Tutti a precisare ulteriormente e più dettagliatamente che, per le sei province (Agrigento, Caltanissetta, Enna, Ragusa, Siracusa e Trapani) si eleggeranno i presidenti (uno dei sindaci dei Comuni facenti parte della provincia) e i consiglieri dei Liberi Consorzi; mentre, per le tre Città metropolitane (Palermo, Catania e Messina), si eleggeranno soltanto i consiglieri metropolitani, mentre la presidenza spetterà di diritto al sindaco della Città metropolitana.Non si voterà il 15 dicembreCi avevamo creduto anche noi e, con largo anticipo rispetto alle altre testate giornalistiche, avevamo annunciato le elezioni provinciali con un servizio del 4 ottobre scorso.
Invece, non se ne farà nulla.Suonava strano, d'altronde, che non fosse stata ancora pubblicata la delibera giuntale del governo regionale di fissazione della data di votazione né il decreto di indizione delle elezioni.Adesso è finalmente trapelato che la maggioranza all'ARS si è accordata (pare col principale partito d'opposizione consenziente) per presentare un disegno di legge da approvare in corsia preferenziale per tornare all'elezione diretta del presidente della provincia e dei consiglieri provinciali.In questo modo, una norma transitoria bloccherebbe l'elezione di secondo grado e confermerebbe i commissari straordinari nominati sino alla data dell'elezione diretta che dovrebbe essere fissata al 15 giugno 2025.Ci vuole faccia tostaCi vuole faccia tosta a riproporre l'elezione diretta per le province siciliane, dopo che (col contributo di parte della maggioranza) l'ARS l'aveva bocciato il 7 febbraio ultimo scorso.Ma ci vuole faccia ancor più tosta se si tiene in considerazione che analoga legge era già stata varata durante il governo di Nello Musumeci (la legge regionale n. 17 del 11 08 2017, recante "Disposizioni in materia di elezione diretta del Presidente del libero Consorzio comunale e del Consiglio del libero Consorzio comunale nonché del Sindaco metropolitano e del Consiglio metropolitano", pubblicata nella Gazzetta Ufficiale della Regione Siciliana del primo settembre 201Allora -come è noto- questa legge sull'elezione diretta degli organi delle province è stata dichiarata incostituzionale con sentenza della Consulta in data 4 luglio 2018 . E da allora nulla è cambiato, poiché la cosiddetta legge Del Rio era vigente allora ed è vigente oggi. La Costituzione della Repubblica Italiana quella era allora e quella è ora.I legittimi interrogativi. Perché dunque la Corte Costituzionale non dovrebbe, ancora una volta, dichiarare illegittima un'ennesima legge regionale di re-introduzione dell'elezione diretta nelle province?Nel resto d'Italia (grazie alla Del Rio) ci sono elezioni di secondo grado per eleggere gli organi delle province. Perché solo in Sicilia ci dovrebbe essere l'elezione diretta?
GIORNALE DI SICILIA
Ex Province, si va verso la proroga dei commissari fino ad aprile 2025.
Il centrodestra punta all'elezione diretta, ma è corsa contro il tempo per il sì in commissione Affari istituzionali.In Sicilia si va verso la proroga dei commissari delle ex Province fino ad aprile (c'è chi si sbilancia e parla del 27 di quel mese) e il blocco delle elezioni di secondo livello già indette dal presidente Schifani per il 15 dicembre. Di giorno si cuce e di notte si scuce, verrebbe da dire, perché quella dei vecchi carrozzoni è una tela di Penelope, pure ingarbugliata. Una sola cosa sembra scontata: il centrodestra vuole portare i cittadini a scegliere i propri rappresentanti: sarà quindi una corsa contro il tempo per approvare tra martedì e mercoledì prossimi, in commissione Affari istituzionali, il disegno di legge che ripristina il voto diretto, sconosciuto ai più fino a qualche giorno fa. Solo così si scongiurerebbe il rischio di andare alle urne a dicembre.
Il problema non è politico ma di tempi troppo stretti. L'altro ieri sera, infatti, la conferenza dei capigruppo ha stabilito il calendario: per evitare l'esercizio provvisorio l'Ars dovrà approvare la legge di Stabilità entro il 23 dicembre. Dal 7 novembre inizierà quindi la sessione di bilancio, in cui si possono discutere solo le norme di natura finanziaria. Ecco perché il testo sulle Province dovrebbe avere il disco verde in Aula entro il 6.
LENTEPUBBLICA
Enti locali, serve autorizzazione per l'incarico di revisione economico-finanziaria.
Occorre l'autorizzazione ex art. 53 d.lgs. n. 165/2001 per espletare l'incarico di revisione economico-finanziaria presso un ente locale: l'analisi del Dott. Marcello Lupoli.
L'autorizzazione al dipendente pubblico da parte del datore di lavoro di cui all'articolo 53 del d.lgs. 165/2001 deve essere resa per l'incarico triennale di revisione economico-finanziario e relativa allo specifico ente locale, fatte salve successive determinazioni della P.A. datrice di lavoro per gli anni successivi al primo.
È questa la sintesi del parere del 3 ottobre 2024 reso dal Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'Interno.
Il caso esaminato
Il destro per la formulazione del predetto parere è offerto dalla richiesta di una prefettura relativamente alla nomina quale revisore di un ente locale di un dipendente pubblico, e segnatamente di un insegnante.
In particolare, il consiglio dell'ente interessato, a seguito di sorteggio, ha proceduto alla nomina del revisore subordinandola, tuttavia, alla formale autorizzazione ex articolo 53 del d. lgs. n. 165/2001 da parte del datore di lavoro per lo svolgimento dell'incarico di revisore per un triennio. A seguito di tanto il revisore individuato ha presentato un'autorizzazione rilasciata dal dirigente scolastico per l'esercizio della libera professione in parola per un dato anno scolastico e, a seguito di richiesta istruttoria da parte del comune, ne è seguita un'altra per l'anno scolastico successivo. Nel parere si dà conto, altresì, che l'interessato, in sede di presentazione della domanda di iscrizione all'elenco dei revisori degli enti locali, aveva dichiarato di essere dipendente pubblico.
Enti locali, serve autorizzazione per l'incarico di revisione economico-finanziaria
Tanto premesso, il parere de quo rammenta la previsione legislativa recata dal predetto art. 53 del citato d.lgs. n. 165/2001, e precisamente le puntuali disposizioni di cui al settimo e all'ottavo comma, precisando che la "disposizione in questione trova applicazione anche per il personale della scuola, non rientrando questo tra le ipotesi di esclusione previste dall'ordinamento" e che allo "stesso personale, ai sensi dell'articolo 508 del d.lgs. 16 aprile 1994, n.297, contenente il T.U. delle disposizioni legislative in materia di istruzione, è consentito, previa autorizzazione del direttore didattico o del preside, l'esercizio di libere professioni che non siano di pregiudizio all'assolvimento di tutte le attività inerenti alla funzione docente e siano compatibili con l'orario di insegnamento e di servizio".
Delineato come sopra il perimetro normativo delle disposizioni applicabili alla fattispecie concreta, il predetto Dipartimento, nell'evidenziare come rilevanti entrambe le menzionate disposizioni normative, osserva che per "le professioni che perdurano nel tempo, la richiesta di autorizzazione deve essere effettuata all'inizio di ogni anno scolastico in relazione alla necessità di rivalutare la compatibilità tra attività libero professionale e attività docente".
Ne consegue che, declinando quanto sopra nella fattispecie concreta, "l'autorizzazione richiesta dal comune è specifica per lo svolgimento dell'incarico di revisione economico-finanziario di quel Comune e l'autorizzazione generica allo svolgimento della libera professione non può ritenersi assorbente di tutti gli incarichi specifichi in quanto, volta per volta, il datore di lavoro è tenuto a valutare in specifico le eventuali cause di conflitto di interessi".
Nell'osservare che l'incarico di revisore è unitariamente conferito con carattere pluriennale e che l'autorizzazione non può legittimamente risultare riferita ad una sola annualità, il Dipartimento per gli affari interni e territoriali del Ministero dell'Interno fa presente, comunque, che, con riguardo ai docenti, "la reiterazione dell'istanza è finalizzata a consentire il rinnovo della valutazione in rapporto ad eventuali intervenuti mutamenti della situazione all'origine dell'assenso reso fermo restando, si intende, l'ottenimento dell'assenso con riferimento all'incarico originario unitariamente inteso e, quindi, per tutte le annualità di espletamento dello stesso".
In conclusione, il Viminale ritiene che "l'autorizzazione del docente debba essere specifica per l'incarico triennale di revisione economico-finanziario di quel comune, salvo successive determinazioni del datore di lavoro per gli anni successivi al primo".
ILSICILIA.IT
Riforma delle Province, il tempo stringe: la rappresentanza di genere al centro del dibattito.
Riforma delle Province e ddl enti locali. Tante analogie. Destini diversi? E' questa la domanda che riecheggia in queste ore all'Assemblea Regionale Siciliana. Come è noto, è stato depositato il testo che mira a stoppare le elezioni di secondo livello di liberi consorzi e Città Metropolitane, al momento fissate per il 15 dicembre, concedendo agli elettori la possibilità di tornare alle urne nella primavera del 2025.
Riforma delle Province, percorso ad ostacoli
Una decisione venuta fuori dall'ultimo vertice di maggioranza e che ha visto tutti i capigruppo del centrodestra sottoscrivere il nuovo atto. Dopo il flop estivo, la coalizione di Renato Schifani ci riprova cercando di garantire la massima rappresentatività popolare. Chiamata ai seggi che dovrebbe essere nella primavera del 2025, fra aprile e giugno. Un po' come auspicato dal presidente della DC Totò Cuffaro all'ultimo comitato regionale del partito che si è svolto a Modica. L'impresa, però, non è delle più semplici.
I tempi per evitare il voto di dicembre sono davvero stretti e i passaggi burocratici da fare sono inevitabili. Bisognerà quantomeno far transitare il testo dalla commissione Affari Istituzionali e dalla commissione Bilancio, in modo da garantire l'inserimento della copertura finanziaria necessaria nella prossima legge di stabilità. In mezzo ci sono però almeno due ddl. Uno relativo alla terza variazione di bilancio, la quale dovrà essere obbligatoriamente approvata entro il 5 novembre. L'altro relativo al ddl urbanistica, il quale recepisce al suo interno il decreto ministeriale salva-casa. Dopo mesi di impasse all'Assemblea Regionale Siciliana sul ddl enti locali, adesso paradossalmente il tempo stringe maledettamente per il centrodestra.
Le analogie con il ddl enti locali: la rappresentanza di genere
Il ddl enti locali. Quel testo rinviato per la terza volta in commissione presenta diverse analogie importanti con la riforma delle Province. Prima fra tutte l'incompatibilità di carica fra il consigliere e l'assessore provinciale. Una norma praticamente uguale a quella prospettata per i 391 comuni siciliani. L'altra grande analogia riguarda le norme relative alla parità di genere. Ciò con una grande distinzione.
Secondo quanto previsto dal testo infatti, per le Giunte dei Liberi Consorzi (Enna, Caltanissetta, Agrigento, Trapani, Ragusa e Siracusa) è previsto che "nessuno dei due sessi può essere rappresentato in misura inferiore al 40%, con arrotondamento aritmetico". Per fare un esempio pratico, se in un esecutivo provinciale da 10 assessori ci sarà una maggioranza di esponenti maschi, almeno 4 assessori dovranno essere necessariamente donne o viceversa. Non sarà così invece per le tre Città Metropolitane (Palermo, Catania e Messina), dove è prevista la semplice "presenza di genere". Ovvero, ci dovrà essere almeno un o una rappresentante del sesso minoritario. Ma visto che la politica siciliana è a profonda trazione maschile, per le donne questo potrebbe rappresentare un problema.
Poche donne in politica, i dati
Una criticità sottolineata già in sede di ddl enti locali, attraverso una manifestazione che si è tenuta sotto l'Assemblea Regionale Siciliana. "Le donne nelle istituzioni siciliane sono ancora molto sottorappresentate - evidenzia la consigliere dell'esecutivo nazionale di Democratiche Cleo Li Calzi -. In nessun capoluogo di provincia c'è un sindaco donna. La quota di presenza di donne in Giunta non supera il 20% in tutti e nove i capoluoghi di Provincia. La Sicilia resta quindi una delle ultime regioni dove non è ancora prevista la doppia preferenza di genere nelle elezioni regionali. È il tradimento del principio costituzionale che punta all'equilibrio nella rappresentanza negli organismi di governo. I ddl approdati all'Ars tradiscono la democrazia paritaria e sottraggono alle politiche di sviluppo quel necessario sguardo di genere che in altri paesi ha determinato il cambiamento di passo".
I numeri, infatti, parlano chiaro. Su 391 sindaci siciliani, solo 23 sono donne. Di queste, solo 6 rappresentano città fra le prime 50 in Sicilia per popolazione. Il resto presiede piccoli comuni. Con riguardo ai grandi comuni, la situazione si fa ancora più complessa. Nelle Giunte dei nove capoluoghi di provincia ci sono soltanto 14 assessori su 95 totali. E in nessuna città si supera mai il 20% di rappresentanza di genere. Ovvero, la metà esatta di quanto previsto a livello nazionale.
"Sono certa che il gruppo del PD all'Ars, insieme a tutto il centrosinistra, presenterà emendamenti per estendere al 40% la soglia delle presenze di genere anche per le Città Metropolitane - si augura Milena Gentile, Responsabile del Dipartimento regionale Politiche di Genere del PD Sicilia -. Lo abbiamo già concordato in sede di discussione del ddl enti locali, tanto che sono stati presentati emendamenti con proposte anche superiori alle percentuali previste dalla legge nazionale".
"Il PD in questo è stato capofila perché per il nostro partito la promozione di una maggiore presenza delle donne nelle istituzioni è una questione identitaria, alla quale nessuno può sottrarsi - aggiunge -. L'auspicio è che anche le donne del centrodestra, che hanno manifestato con noi davanti all'Ars e che credono nell' importanza degli strumenti di riequilibrio dei generi, condividano questa battaglia con i loro colleghi uomini, non solo per il ddl Province, ma soprattutto per l'approvazione della doppia preferenza di genere nella legge elettorale regionale, rispetto alla quale la Sicilia è ancora fanalino di coda dell' intero Paese. Ne va della credibilità di tutta la politica siciliana".
ILSICILIA
Province, Cuffaro: "La Sicilia ha potestà legislativa, i partiti dicano se vogliono andare al voto".
"Leggo il variegato coro dei partiti delle opposizioni, e non solo, sulla contrarietà al disegno di legge presentato dai capigruppo di maggioranza adducendo motivi tecnici regolamentari d'aula o rischi di incostituzionalità della norma. Ricordo a me stesso che in materia di ordinamento degli enti locali la Regione Siciliana ha potestà legislativa esclusiva". Lo dichiara Totò Cuffaro, segretario nazionale della Democrazia Cristiana.
"Vero è che nel suo esercizio devono essere rispettati i principi delle leggi di grande riforma economica e sociale quale è la legge Delrio. Ma - continua Cuffaro - è altrettanto vero che in tempi relativamente recenti (2021) è stata la stessa Corte Costituzionale a metterne in luce significative incongruenze sul piano della sua costituzionalità, le quali, pur senza sfociare in una dichiarazione di illegittimità costituzionale, hanno indotto la Corte stessa ad invitare il legislatore a rivedere l'impianto di una legge concepita sulla base di una preannunciata riforma costituzionale che in realtà non ebbe più seguito. Inoltre, vorrei citare il significativo precedente della legge sull'elezione diretta del sindaco che, a suo tempo, per prima la Sicilia introdusse in Italia, proprio nell'esercizio della già ricordata potestà esclusiva".
"Nessuna lesione dei principi di leggi di grande riforma economico sociale ci fu all'epoca contestata pur in presenza di un diverso sistema di elezione (non diretta) del sindaco. Ma oggi, al di là delle dispute regolamentari e senza nascondersi, i partiti dicano se vogliono rilanciare in termini consapevoli sul valore dell'autonomia regionale e sulla reintroduzione della Province, ridando la parola ai cittadini elettori. Se come tutti affermiamo sono un attento presidio del territorio ed una utile presenza di monitoraggio ambientale di viabilità e delle scuole allora torniamo a dare alle Province un'anima e - conclude il segretario - non sterilizziamole con sistemi elettorali di secondo livello distanti dal garantire l'espressione delle reali esigenze dei cittadini".
GRANDANGOLO
Ex Province, Cuffaro: "Sicilia ha potestà legislativa su Enti locali".
Lo dice Totò Cuffaro, segretario nazionale della Democrazia Cristiana
"Leggo il variegato coro dei partiti delle opposizioni, e non solo, sulla contrarietà al disegno di legge presentato dai capigruppo di maggioranza adducendo motivi tecnici regolamentari d'aula o rischi di incostituzionalità della norma. Ricordo a me stesso che in materia di ordinamento degli enti locali la Regione siciliana ha potestà legislativa esclusiva". Lo dice Totò Cuffaro, segretario nazionale della Democrazia Cristiana.
"Vero è che nel suo esercizio devono essere rispettati i principi delle leggi di grande riforma economica e sociale quale è la legge Delrio. Ma è altrettanto vero - continua Cuffaro - che in tempi relativamente recenti (2021) è stata la stessa Corte Costituzionale a metterne in luce significative incongruenze sul piano della sua costituzionalità, le quali, pur senza sfociare in una dichiarazione di illegittimità costituzionale, hanno indotto la Corte stessa ad invitare il legislatore a rivedere l'impianto di una legge concepita sulla base di una preannunciata riforma costituzionale che in realtà non ebbe più seguito. Inoltre, vorrei citare il significativo precedente della legge sull'elezione diretta del sindaco che, a suo tempo, per prima la Sicilia introdusse in Italia, proprio nell'esercizio della già ricordata potestà esclusiva".
"Nessuna lesione dei principi di leggi di grande riforma economico sociale ci fu all'epoca contestata pur in presenza di un diverso sistema di elezione (non diretta) del sindaco - prosegue Cuffaro - Ma oggi, al di là delle dispute regolamentari e senza nascondersi, i partiti dicano se vogliono rilanciare in termini consapevoli sul valore dell'autonomia regionale e sulla reintroduzione della Province, ridando la parola ai cittadini elettori. Se come tutti affermiamo sono un attento presidio del territorio ed una utile presenza di monitoraggio ambientale di viabilità e delle scuole allora torniamo a dare alle Province un'anima e non sterilizziamole con sistemi elettorali di secondo livello distanti dal garantire l'espressione delle reali esigenze dei cittadini".
QDS
Il ritorno delle Province in Sicilia, Corsaro: "Riforme non si fanno per calcolo politico".
Il sindaco di Misterbianco Marco Corsaro interviene sull'ipotesi di reintroduzione dell'elezione diretta nelle ex Province siciliane.
"Il dibattito su ex Province ed enti locali in Sicilia sta generando fin troppe lacerazioni e un certo disorientamento, non solo fra noi amministratori locali, ma anche fra i cittadini. Da sindaco, guardo con perplessità a un iter legislativo che non sembra seguire una virtuosa logica di riforma e rafforzamento del governo locale, ma solo la convenienza elettorale o partitica. I cittadini, invece, chiedono alla politica più autorevolezza e coraggio. Le riforme si fanno con una visione in testa, non per il calcolo politico del momento". Così il sindaco di Misterbianco Marco Corsaro, componente del direttivo Anci Sicilia, intervenendo sull'ipotesi di reintroduzione dell'elezione diretta nelle ex Province siciliane.
Stop a incertezza normativa
"Le elezioni provinciali - prosegue - devono servire a rimettere in piedi gli Enti di Area vasta, non ad altro. Ecco perché siamo convinti che il tempo è già ampiamente scaduto: si voti al più presto, anche con elezioni di secondo livello, purché si voti. Anche la Corte Costituzionale lo ha ribadito più volte, all'indirizzo del parlamento siciliano. Lo chiede da tempo anche l'Anci, dando voce agli amministratori locali su cui, alla fine, ricadono enormi responsabilità.
Se le strade provinciali o le scuole sono abbandonate, i cittadini chiedono spiegazioni a noi sindaci. Non di certo agli uffici provinciali, da anni purtroppo senza governance politica, e neppure alla Regione. Certo, le elezioni a suffragio universale, abolite in maniera scellerata, sarebbero la via migliore per ridare vita alle Province. Ma fino a quando non verrà abolita la legge Delrio a Roma, ogni diverso tentativo fatto a Palermo sarà un rischio. Le esigenze della Sicilia e dei cittadini non possono più permettersi altri anni di incertezza normativa, leggi incostituzionali e commissariamenti".
QDS
Manovra 2025, il testo arriva alla Camera: ecco tutte le misure dalle detrazioni fiscali al bonus bebè
Sono in tutto 144 gli articoli del ddl Bilancio approdato a Montecitorio, in attesa di iniziare l'iter parlamentare che dovrebbe portare al disco verde del Parlamento prima di Natale.
Il testo della Manovra 2025 arriva alla Camera. Dalle detrazioni fiscali alle pensioni, dai bonus bebè a quello per il nido e per le mamme lavoratrici, passando per la sanità e le aziende strategiche come l'ex Ilva di Taranto.
Sono in tutto 144 gli articoli del ddl Bilancio approdato a Montecitorio, in attesa di iniziare l'iter parlamentare che dovrebbe portare - nei piani del governo - al disco verde del Parlamento prima di Natale.
Testo Manovra 2025, le detrazioni fiscali
Tra i capitoli più attesi del testo della Manovra 2025, quello sul riordino delle detrazioni fiscali, con un primo assaggio di quoziente familiare per i nuclei con reddito sopra i 75mila euro. Secondo il testo, oltre quella soglia di reddito i figli diventano un fattore determinante con cui calcolare gli oneri e le spese ammessi in detrazione.
L'ammontare infatti viene calcolato moltiplicando l'importo base, determinato in corrispondenza del numero di figli. L'importo base è pari a 14.000 euro, se il reddito complessivo del contribuente è superiore a 75 mila euro, e a 8mila euro se superiore a 100mila euro.
In base al ddl, il coefficiente da utilizzare nelle detrazioni delle famiglie è pari a 0,50 in assenza di figli, 0,70 se nel nucleo familiare è presente un figlio, 0,85 con due figli e 1 se nel nucleo familiare sono presenti più di due figli. Ad esempio, nel caso di un reddito pare a 78mila euro e nessun figlio, l'ammontare delle detrazioni sarà fino a 7mila euro, mentre sarà pari al totale di 14mila nel caso di tre (o più) figli.
Pensioni minime, 3 euro al mese in più nel 2025
Aumentano le pensioni minime che, con la rivalutazione all'inflazione, salgono a 617,89 euro (contro gli attuali 614,77 euro) per un totale di circa 3 euro in più al mese o - secondo i calcoli della Uil Pensionati - 10 centesimi al giorno. In base al testo della finanziaria, la perequazione sarà del 2,2% per il 2025 rispetto al trattamento minimo prima della maggiorazione (598,61 euro) e dell'1% dell'inflazione del 2024. L'aumento sarà di 1,3 punti percentuali per l'anno 2026, con un conseguente aumento pari a 1,27 euro al mese e 4 centesimi al giorno.
Mamme, nido e bebè. I bonus famiglia
Ventaglio di bonus per la famiglia, dai bebè al nido fino a quello per le mamme lavoratrici nel testo della Manovra 2025. Per i prossimi due anni ai neogenitori, come incentivo alla natalità, per ogni figlio nato o adottato dal primo gennaio 2025 è riconosciuto un importo una tantum pari a 1.000 euro. Questo viene erogato nel mese successivo al mese di nascita o adozione per le famiglie con Isee non superiore a 40.000 euro annui. Rafforzato poi il bonus asili nido, con un incremento della spesa di 5 milioni di euro annui a decorrere dal 2025 e l'esclusione del computo dell'Assegno unico per la richiesta del sussidio. Inoltre, le misure di supporto al pagamento di rette relative alla frequenza di asili nido vengono estese alle famiglie con un solo figlio.
A questo si aggiunge poi un'estensione fino a tre mesi di congedo parentale retribuito all'80%. Ancora, il bonus mamme lavoratrici con almeno due figli viene allargato anche alle autonome, con il riconoscimento a partire dal 2025 - nel limite di spesa di 300 milioni di euro annui - di un parziale esonero contributivo della quota dei contributi previdenziali per le lavoratrici dipendenti e autonome con un reddito fino a 40mila euro annui. L'esonero spetta fino ai dieci anni del figlio più piccolo; fino a 18 anni, a decorrere dal 2027, per le madri di tre o più figli.
Sanità e Pubblica Amministrazione
Iniezione da 1,3 miliardi per il 2025 nelle casse della sanità, che diventano 5 miliardi nel 2026, continuando a salire fino agli 8 miliardi previsti nel 2030. Una quota delle risorse incrementali, pari a 883 milioni di euro per il 2028, a 1,94 miliardi nel 2029 e a 3,1 miliardi nel 2030 è accantonata in vista dei rinnovi contrattuali 2028-30. Inoltre, in "riconoscimento delle particolari condizioni di lavoro svolto dal personale della dirigenza medica e dal personale del comparto sanità" del Ssn si prevede un aumento dell'indennità dal 1 gennaio 2025, pari a 50 milioni di euro complessivi (di cui 15 milioni per la dirigenza medica e 35 milioni per il personale del comparto sanità), seguita da un secondo aumento di ulteriori 50 milioni nel 2026.
Cresce anche l'indennità di specificità medico-veterinaria, per complessivi di 50 milioni nel 2025 e 327 milioni dal 2026 e quelle per gli infermieri per un importo di 35 milioni nel 2025 e di 285 milioni nel 2026. Per il rinnovo dei contratti del pubblico impiego, infine, la manovra stanzia 10,85 miliardi in tre anni.
Testo Manovra 2025, Welfare
Novità sul fronte welfare nel testo della Manovra 2025, con gli affitti e le utenze dei dipendenti che entrano nei fringe benefit esentasse. Le somme erogate o rimborsate dai datori di lavoro - entro un limite di 5mila euro annui - per il pagamento di affitto e spese di manutenzione delle case dove abitano gli assunti a tempo indeterminato, per i primi due anni dalla data di assunzione non concorreranno a formare il reddito ai fini fiscali. La misura riguarda i lavoratori con reddito non superiore a 35.000 euro nell'anno precedente l'assunzione e che abbiano trasferito la residenza oltre un raggio di 100 chilometri dalla precedente residenza.
Allo stesso modo non concorrono a formare il reddito, entro un limite di 1.000 euro, il valore dei beni ceduti e dei servizi prestati, le somme erogate o rimborsate ai lavoratori dipendenti dal datore per il pagamento delle utenze domestiche del servizio idrico integrato, dell'energia elettrica e del gas naturale, delle spese per l'affitto dell'abitazione principale ovvero per gli interessi sul mutuo relativo all'abitazione principale. Il limite sale a 2.000 euro per i lavoratori dipendenti con figli.
Arriva anche il Fondo destinato al finanziamento degli interventi di ricostruzione post calamità naturali con una dotazione di 1,5 miliardi di euro per l'anno 2027 e di 1,3 miliardi di euro annui a decorrere dall'anno 2028.
Cigs per imprese strategiche, torna norma ex-Ilva
Cassa integrazione straordinaria prorogata per tutto il 2025 per le imprese strategiche nazionali con più di mille lavoratori e che abbiano in corso piani di riorganizzazione aziendale non ancora completati. Una norma che sembra cucita su misura per l'ex Ilva e che ricalca quella contenuta anche nella finanziaria dello scorso anno, che prorogava la cassa per tutto il 2024.
La dieta dei ministeri e i sacrifici delle banche
A dieta i ministeri: la spending review nel triennio 2025-27 prevede una sforbiciata alla spesa pari a 300 milioni per il 2025, 500 milioni nel 2026 e 700 mln nel 2027 (in termini di indebitamento netto). Per le banche invece il 'sacrificio' annunciato dal ministro Giorgetti si concretizza nel rinvio delle deduzioni delle quote delle svalutazioni e perdite dei crediti e dell'avviamento correlate alle Dta, le imposte differite attive. Secondo quanto stabilito nel testo della Manovra 2025, la deduzione della quota dell'11% dell'ammontare dei componenti negativi prevista ai fini dell'imposta sull'Ires e Irap è differita in quote costanti, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2026 e ai tre successivi.
La deduzione della quota del 4,70% è differita, in quote costanti, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2027 e ai due successivi. La deduzione della quota del 13% dell'ammontare dei componenti negativi è differita, in quote costanti, rispettivamente, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2026 e ai tre successivi nonché al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2027 e ai due successivi. Infine, la deduzione della quota del 10% dell'ammontare dei componenti negativi prevista è differita, in quote costanti, rispettivamente, al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2026 e ai tre successivi nonché al periodo d'imposta in corso al 31 dicembre 2027 e ai due successivi.
LIVESICILIA
Ex Province, Barbagallo: "Faremo le barricate, centrodestra gattopardesco".Parla il segretario del Partito democratico.
PALERMO - Dalla critica durissima al centrodestra siciliano "litigiosissimo e gattopardesco" sul nuovo ddl Province, "che rappresenta un'inaccettabile provocazione", all'auspicio per la costruzione di una coalizione "ampia e inclusiva" in chiave Regionali 2027. Prima, però, ci sarà il congresso regionale del suo Pd dove Anthony Barbagallo, non esclude di potere essere ancora protagonista con la ricandidatura: "Faremo una valutazione con il partito", dice l'attuale segretario dei dem siciliani.
Sulle Province un nuovo ddl del centrodestra riporta sul tavolo l'elezione diretta.
"Guardi, faccio politica da quando sono ragazzino e le assicuro che ne ho viste tante ma stavolta sono incredulo di fronte all'ennesima giravolta del centrodestra siciliano. Dopo 12 anni di commissariamenti, con il decreto di indizione delle elezioni già pubblicato, i capigruppo di maggioranza presentano un testo che riporta le lancette a 20 anni fa, non solo reintroducendo l'elezione diretta ma ripristinando le indennità e triplicando i componenti rispetto alla legislazione vigente. Il tutto come se in questi 20 anni non fosse accaduto nulla: dal dibattito sui costi della politica e sulla rappresentanza provinciale, fino alle sentenze della Corte costituzionale (chiarissime e perentorie) che hanno polverizzato la legge voluta dal governo Musumeci e dalla sua maggioranza che nel 2018 introdusse l'elezione diretta. Da allora, dal punto di vista normativo non è cambiato nulla".
Il centrodestra ha un'altra visione del quadro.
"Sarebbe un'inaccettabile e irricevibile provocazione che configurerebbe, come già ha rilevato il Pd in aula, delle gravi violazioni dello Statuto che possono portare allo scioglimento dell'Assemblea regionale. Parliamoci chiaro, quel testo è una scusa per non votare. Il litigiosissimo centrodestra non trova la quadra, teme di perdere le elezioni e quindi getta la palla in tribuna. Non solo, ma c'è un grande fantasma che si aggira in Sala d'Ercole".
Quale fantasma?
"Quello di consiglieri provinciali bravi e preparati che potrebbero soffiare il posto ai deputati regionali; questa è la ragione per cui il centrodestra preferisce votare una legge palesemente incostituzionale per dar vita ad un nuovo contenzioso e rinviare ancora una volta le elezioni".
Il Pd che farà?
"Farà le barricate dentro e fuori il palazzo. Se il centrodestra vuole votare veramente modifichi la legge Delrio; basta approvare, alla Camera e al Senato, una modifica di un rigo che consenta la deroga per la Sicilia. Ma non lo faranno, il loro vero obiettivo è quello di non votare. Il solito atteggiamento gattopardesco del centrodestra siciliano. La peggiore classe dirigente che il centrodestra ha in Italia; sempre i soliti noti che da decenni promettono di cambiare le cose per non cambiare nulla. Vale oggi per le Province, ma vale anche per i termovalorizzatori che promettono di realizzare dal 2001 ma invece lasciano tutto in mano ai padroni delle discariche. O come per la siccità dove fanno annunci roboanti mentre sottobanco assicurano l'acqua per gli yatch e scaricano le responsabilità sui sindaci".
Alla Direzione ha parlato di campo 'il più largo possibile' in caso di elezioni di secondo livello. Ci sono già delle interlocuzioni con altre forze politiche?
"La vera competizione elettorale sarà nei sei Liberi consorzi, dove si vota per eleggere il presidente della Provincia e la sua maggioranza. Per noi gli interlocutori sono tutti quelli che non sono rappresentati in giunta nel governo Schifani. Inoltre, ci sono tanti amministratori delusi dalle politiche faziose e discriminatorie del governo che continua ad elargire prebende ai sindaci amici, tradendo quelli di altri colori politici. Ecco, il Pd è chiamato ad interpretare il dissenso verso il governo tra questi amministratori. Il centrodestra ha paura del voto, per questo scappa e vuole rinviarlo".
Il tema del campo largo si riproporrà anche per le Regionali. Cateno De Luca guarda a destra ma nel frattempo continua a mandarvi ultimatum, segno che la porta è ancora aperta a quella coalizione che all'Ars ha marciato compatta?
"All'Ars i gruppi di opposizione, pur decimati dalla solita e spregiudicata compravendita di parlamentari da parte della maggioranza, ha fatto e continua a fare un buon lavoro. Spero che con il contributo di tutti si costruisca una coalizione ampia e inclusiva, ma soprattutto con una visione chiara sul modello di sviluppo della nostra terra a partire dai temi del lavoro, dell'ambiente, e di una valorizzazione e fruizione dei beni culturali degni della Regione con più siti Unesco al mondo".
Alla Direzione regionale si è assistito allo sfogo del giovane Marco Greco. Che opinione si è fatto di quelle critiche e qual è la ricetta per cambiare l'opinione che alcuni vostri giovani hanno del Pd?
"In direzione sabato c'è stato un dibattito proficuo e propositivo. Un grande partito non può prescindere da un'organizzazione giovanile incisiva e presente. La nostra segretaria ha da sempre mostrato grande attenzione per i ragazzi e, soprattutto, per le loro idee. In Sicilia, siamo tra le poche regioni in cui il Pd ha eletto, sia deputati regionali che consiglieri comunali delle grandi città, giovanissimi. Il congresso a tutti i livelli offrirà opportunità di ascolto, di confronto, di rilancio e soprattutto di apertura. Serve un modello di partito che sappia sempre di più accogliere, includere, ed interpretare i bisogni delle giovani generazioni così come della società civile".
Al congresso ci sarà la ricandidatura di Anthony Barbagallo?
"Sono impegnato a lavorare e a gestire questa fase delicata di avvio della fase congressuale nel modo più attento possibile, sono a disposizione del partito. Quando arriverà il tempo della presentazione delle candidature faremo una valutazione insieme con il partito".
CANICATTIWEB
Ex Province, Catanzaro: "Un bluff per far saltare il voto"
"Un ennesimo bluff, una melina che non mira tanto all'elezione diretta quanto piuttosto a far slittare il voto di secondo grado nelle ex Province previsto a dicembre, forse perché qualche deputato ha paura di avere un 'consigliere provinciale' come concorrente alle prossime regionali". Lo dice Michele Catanzaro, capogruppo del Pd all'Ars a proposito del disegno di legge sull'elezione diretta nelle ex Province presentato dalla maggioranza che sostiene il governo Schifani. "L'elezione degli organismi di Liberi consorzi e Città metropolitane in Sicilia sta diventando una barzelletta - aggiunge Catanzaro - La maggioranza del governo Schifani non si mette d'accordo sulle poltrone e ogni volta a ridosso del voto trovano un modo per rinviare, senza il minimo rispetto per le istituzioni, per gli amministratori e soprattutto per i cittadini".
ILSOLE24ORE
Dalla sanità alle pensioni, dalla scuola al Fisco: i delusi della manovra.
La riduzione da 90 a 70 euro del canone Rai anche per il 2025 era stata confermata nella conferenza stampa all'indomani del varo del provvedimento. Ma nei 144 articoli non ve n'è traccia.La lunga maratona sulla manovra, arrivata alla Camera, partirà ufficialmente martedì in commissione Bilancio, e i partiti letto il testo cominciano a studiare le proposte di modifica, tanto l'opposizione quanto la maggioranza. La premessa nei ragionamenti del centrodestra è sempre la stessa. La manovra è «seria» e «responsabile». Ma c'è anche delusione per le pensioni minime ritoccate di soli 3 euro e per aver accantonato l'idea di estendere la flat tax. Non solo. Non c'è nel testo della legge di Bilancio 2025 la conferma del taglio del canone Rai da 90 a 70 euro, previsto dalla manovra dello scorso anno su spinta della Lega, per la quale l'abolizione del canone è un cavallo di battaglia, i mancati introiti erano stati compensati con un contributo da 430 milioni. La conferma dello "sconto" era stata annunciata nella conferenza stampa del 16 ottobre, all'indomani del varo della manovra in Consiglio dei ministri. Il taglio, previsto nella legge di Bilancio 2024, valeva solo per quest'anno, se non rifinanziato. E potrebbe essere una delle modifiche nell'iter parlamentare. Il lavoro sulla manovra alla Camera si incrocerà con quello a Palazzo Madama Senato, dove è arrivato invece il decreto fiscale collegato che anticipa alcune coperture, e l'esito a fine mese del concordato biennale, visto che le eventuali maggiori entrate derivanti dal ravvedimento speciale sono destinate alla riduzione dell'Irpef.
Sanità, si verso lo sciopero
È sulla sanità che si consuma lo scontro più aspro. La manovra stanzia 1,3 miliardi per il 2025 e risorse per i contratti. Promettendo assunzioni dal 2026. Per i sindacati dei medici e degli infermieri non basta: si «conferma la riduzione del finanziamento rispetto a quanto annunciato», denunciano Anaao, Cimo e Nursing Up, che il 20 novembre incroceranno le braccia e scenderanno in piazza. Di qui l'appello lanciato al ministro della Salute dal presidente della Federazione degli ordini dei medici (Fnomceo), Filippo Anelli, che invita Schillaci ad intervenire per sciogliere in tempo utile i nodi critici della legge di Bilancio evitando l'iniziativa di protesta programmata.
Un articolo nel testo della manovra depositata alla Camera mette in crisi le aziende del farmaco. Si tratta dell'articolo 57 sulla «Rideterminazione delle quote di spettanza delle aziende farmaceutiche e dei grossisti e sostegno ai distributori farmaceutici», in pratica si riducono le entrate per le aziende produttrici di farmaci e questo, in una situazione già complessa per l'aumento dei costi delle materie prime, determina il rischio concreto che si possa andare incontro a serie carenze per vari tipi di farmaci. Le industrie, avverte l'associazione Egualia che rappresenta le aziende produttrici di equivalenti, biosimilari e Value Added Medicines, non riuscirebbero più a fare fronte ai costi di produzione ed a pagarne le conseguenze sarebbero in primis i cittadini.
Pensioni, contestato l'aumento delle minime
Nel provvedimento licenziato dal Governo trova posto la proroga di Quota 103, Ape sociale e Opzione donna. Ma sul fronte previdenziale a essere motivo di tensioni è soprattutto l'aumento delle pensioni minime, che dal 2025 salgono del 2,2% a 617,9 euro: tre euro in più dai 614,77 attuali (senza un intervento sarebbero tuttavia calate, a 604 euro). La Uil pensionati fa i calcoli: i pensionati si dovranno «accontentare di 10 centesimi al giorno per il 2025 e probabilmente circa 4 centesimi per il 2026».
«Una manovra finanziata con i tagli a tutti i settori della conoscenza. Nessuna risorsa aggiuntiva sul contratto, a fronte di un'inflazione al 18% che nell'ultimo triennio ha eroso il potere d'acquisto dei salari, ma solo tagli lineari. Uno del 5% che riduce il turn over per l'Università e la Ricerca e un taglio secco per la scuola di ben 5660 docenti e 2174 Ata. Tagli che vanno ad aggiungersi alle emergenze della scuola, tra cui il precariato: un lavoratore su quattro fra Ata e docenti non ha un contratto stabile con grosso danno per la didattica oltre che alle vite di lavoratrici e lavoratori», afferma la Flc Cgil. Per tutte queste ragioni è stato proclamato dalla sigla lo sciopero dell'intera giornata per giovedì 31 ottobre con manifestazioni, presìdi e flash mob in 40 città italiane. A Roma la manifestazione si terrà davanti al ministero dell'Istruzione.
Per il caro materiali preoccupati i costruttori
I costruttori dell'Ance sono preoccupati della mancanza della proroga delle norme sul caro materiali: senza, sostengono, si rischia lo stop di «moltissimi cantieri, compresi quelli del Pnrr». Un timore anche questo condiviso da Forza Italia, che si prepara ad intervenire («sarà mia cura - annuncia la deputata azzurra Erika Mazzetti - presentare un emendamento»).
Giustizia, Ocf: via lo stop a processi senza contributo unificato
L'Organismo congressuale forense esprime «notevole preoccupazione» per «l'intenzione del Governo di sanzionare il mancato pagamento del contributo unificato nel processo civile con la estinzione dell'intero processo o con la improcedibilità della domanda soggetta al tributo non pagato». Con la legge di Bilancio che ha iniziato il suo iter, «si vorrebbe introdurre nel codice di procedura civile un articolo con una norma di questo tenore, con la quale si attribuiscono di fatto al giudice poteri di amministrazione finanziaria», afferma in una nota, ricordando che «ogni tentativo di subordinare il baluardo costituzionale della tutela dei diritti ad imposizioni o a prestazioni patrimoniali è stato, nel tempo, bocciato dalla Corte costituzionale». L'Ocf annuncia che intende adottare «ogni iniziativa volta ad evitare la approvazione della norma» e di qualsiasi altro provvedimento «che pieghi l'operato del giudice a ragioni fiscali».
Fieg: stupore e amarezza per epilogo web tax
Gli editori della Fieg esprimono «stupore e amarezza per la norma del disegno di legge di Bilancio che estende l'imposta sui servizi digitali a tutte le imprese che realizzano ricavi derivanti da servizi digitali rimuovendo le attuali soglie che escludono dall'imposta le imprese con meno di 750 milioni di fatturato globale e con ricavi derivanti da servizi digitali in Italia inferiori a 5,5 milioni». In questo modo «si colpiscono tutte le imprese digitali italiane», avverte la Federazione che auspica «un intervento correttivo del Parlamento».
Fisco, dal concordato spazi di manovra?
Come detto ad alimentare gli appetiti dei partiti potrebbe essere anche l'esito del concordato biennale per gli autonomi. Le risorse sono prioritariamente destinate all'ulteriore taglio dell'Irpef per i ceti medi, intervento su cui insiste Forza Italia, che vorrebbe ridurre di due punti l'aliquota del 35% e allargare lo scaglione fino ai 60mila euro di reddito. Ma se andasse «particolarmente bene», come ha anticipato Giorgetti, si potrebbe anche intervenire sulla flat tax. Una bandierina della Lega, che punta ad alzare ulteriormente la soglia oltre gli 85mila euro.