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rassegna stampa dal 26 al 28 ottobre 2024

lentepubblica.it

Quanto costano i ritardi sul Tfr e Tfs dei dipendenti pubblici?

Uno dei principali problemi che, purtroppo, attanaglia i dipendenti pubblici riguarda l'erogazione del Trattamento di fine rapporto o di fine servizio, Tfr e Tfs: quanto costano i ritardi nei pagamenti?
Infatti, le somme spettanti a ciascun dipendente pubblico, alla cessazione del proprio rapporto di lavoro, vengono erogate con notevoli ritardi, sia a causa della normativa, sia di fattori come la carenza di personale e la non adeguata formazione dei dipendenti presenti.Prima di analizzare più dettagliatamente la questione, è opportuno innanzitutto chiarire la distinzione tra Tfs e Tfr.
Differenze tra Tfs e TfrEbbene, con l'espressione "trattamento di fine servizio (TFS)" si fa riferimento all'indennità che viene erogata ai lavoratori pubblici al termine del rapporto di lavoro, qualora essi siano stati assunti dalla Pubblica amministrazione in una data anteriore al 1° gennaio 2001. Da tale data in poi, infatti, ai nuovi lavoratori è stato riconosciuto il Tfr.La principale differenza risiede nelle modalità di calcolo. Il Tfs è calcolato in base all'ultima retribuzione annua del dipendente. In particolare, si prende in considerazione l'80% di un dodicesimo dell'ultima retribuzione annua moltiplicata, poi, per gli anni di servizio prestatiIl Tfr, trattamento di fine rapporto, invece viene calcolato considerando la somma delle retribuzioni lorde annue (comprensive di tredicesima ed eventuale quattordicesima). Il risultato va diviso per 13,5 e sottratto dal contributi INPS (0,5%). La somma ottenuta va, poi, rivalutata con gli indicatori ISTAT anno per anno.La questione dei ritardi nei pagamenti di Tfs e Tfr dei dipendenti pubbliciFatta questa premessa, torniamo alla questione centrale di questo articolo, ovvero i ritardi nell'erogazione del Tfs/Tfr ai dipendenti pubblici.
Normalmente, i tempi di erogazione del Tfs/Tfr dei dipendenti pubblici variano da 105 giorni a 24 mesi, a seconda delle cause effettive di cessazione del rapporto lavorativo.Più nel dettaglio, il pagamento avviene:entro 105 giorni, in caso di cessazione del rapporto per inabilità o per decesso;dopo 12 mesi dalla cessazione del rapporto di lavoro, quando questa avviene per raggiungimento del limite di età o a causa del termine del contratto a tempo determinato, oppure per risoluzione unilaterale del datore di lavoro a seguito del raggiungimento dei requisiti della pensione anticipata;dopo 24 mesi dalla cessazione in tutti gli altri casi.Con riferimento invece alle somme da erogare, esse vengono liquidate:in un'unica soluzione, qualora l'ammontare lordo sia inferiore o corrispondente a 50.000 euro;in 2 rate annuali, in caso di importo lordo compreso tra 50.000 e 100.000 euro;in 3 rate annuali, qualora la cifra lorda complessiva sia maggiore di 100.000 euro.



LENTEPUBBLICA

Le indicazioni della Corte dei Conti sugli "esperti del sindaco" in Sicilia.

I cosiddetti "esperti del Sindaco" in Sicilia: indicazioni della Corte dei Conti per il legittimo conferimento di tali peculiari incarichi consulenziali.
Con la deliberazione n. 109/2024/VSGO, seppur incidenter tantum, la Sezione regionale di Controllo per la Regione siciliana si è recentemente premurata di fornire importanti indicazioni ai Comuni siciliani in ordine alla peculiare disciplina contenuta nell'art. 14 della L.r. siciliana n. 7 del 1992, anche tenuto conto della rilevante pronuncia della Corte costituzionale resa con la sentenza n. 70 del 15 marzo 2022 dichiarante la parziale illegittimità costituzionale della disposizione di relativa modifica di cui all'art. 9 della L. r. siciliana n. 5 del 17 febbraio 2021.
Con detto innesto normativo il legislatore regionale era invero intervenuto su un duplice fronte: da un lato, consentendo il rinnovo dell'incarico de quo oltre il periodo del mandato del Sindaco che l'ha originariamente conferito; dall'altro, si ampliava il potere di conferimento dell'incarico di esperto, prevedendo, in particolare, che «[l]'oggetto e la finalità dell'incarico [...] possono anche riferirsi ad attività di supporto agli uffici in materie di particolare complessità, per le quali l'ente abbia documentabili carenze delle specifiche professionalità», in tal modo discostandosi dal modello configurato dalla disposizione originaria, che consentiva al Sindaco la nomina di esperti solo «per l'espletamento di attività connesse con le materie di sua competenza».
Indice dei contenuti
La verifica della costituzionalità delle figure denominate "esperti" del Sindaco in Sicilia
L'opinione dei giudici costituzionali sulla normativa siciliana e il suo impatto
Rapporto fiduciario
La peculiarità di questi incarichi
Il parere della Corte dei Conti siciliana
Oggetto dell'incarico
Procedura selettiva e qualificazione del personale
Trasparenza
Obblighi di pubblicazione ANAC degli incarichi di collaborazione e consulenza
La verifica della costituzionalità delle figure denominate "esperti" del Sindaco in Sicilia
La parziale illegittimità costituzionale dell'articolo 9 della l.r. 17.2.2021, n. 5 in materia di cc.dd. esperti del Sindaco, espressamente dichiarata per violazione dei limiti previsti dall'art. 14 dello Statuto Speciale della Regione siciliana, ha il pregio di soffermarsi a ricostruire le ragioni sottese alla attribuzione ai Sindaci siciliani di detto speciale potere di nomina di peculiari figure di "esperti". Rintracciandole ora nell'incremento delle attribuzioni sindacali nell'ambito dell'Ordinamento siciliano intervenuto in forza della legge regionale n. 7 del 1992 - sancente, in particolare, in capo al Sindaco il potere residuale di compiere tutti gli atti di amministrazione che dalla legge o dallo Statuto non siano specificamente attribuiti alla competenza «di altri organi del comune, degli organi di decentramento, del segretario e dei dirigenti» (art. 13 della legge reg. Sicilia n. 7 del 1992), viceversa spettante alla Giunta comunale secondo la previsione generale di cui all'art. 48, comma 2, del decreto legislativo 18 agosto 2000, n. 267, recante «Testo unico delle leggi sull'ordinamento degli enti locali» (Consiglio di giustizia amministrativa per la Regione Siciliana, sentenza 11 marzo 2013, n. 325) - ora, soprattutto, nella ratio di fondo che sorregge la legge regionale in argomento, come peraltro in passato già messo in rilievo anche dalla Corte dei conti (ex aliis, Corte dei conti, sezione giurisdizionale d'appello per la Regione Siciliana, sentenza 13 febbraio 2018, n. 38/A/2018).
L'opinione dei giudici costituzionali sulla normativa siciliana e il suo impatto
La Corte Costituzionale sottolinea invero come detta legge regionale, anticipando la disciplina nazionale, abbia ridisegnato il ruolo del Sindaco, configurandolo come organo eletto direttamente dai cittadini, sulla base del programma politico-amministrativo che si è impegnato a realizzare, senza che sussista più necessariamente un rapporto fiduciario con il Consiglio comunale, rilevando che in tale posizione di diretta responsabilità politica verso i cittadini, il Sindaco assume un «ruolo attivo e funzionalmente autonomo nell'ambito dell'ente locale, che si esplica anche mediante l'esercizio di funzioni generali d'indirizzo, d'impulso, di proposta, di direzione, di coordinamento e di controllo, al fine del miglior perseguimento delle finalità indicate nel programma elettorale e, più in generale, della tutela degli interessi pubblici dell'ente».
Rapporto fiduciario
Proprio da ciò discenderebbe - a dir del Giudice di legittimità costituzionale - l'attribuzione ai sindaci siciliani del potere di conferire gli incarichi a esperti estranei all'Amministrazione, scelti in virtù di un rapporto fiduciario e non a seguito di selezione comparativa (ex multis, Corte dei conti, sezione giurisdizionale d'appello per la Regione Siciliana, sentenza 11 febbraio 2021, n. 23/A/2021), con la finalità ultima di consentir loro di svolgere al meglio il relativo ruolo.
La Corte Costituzionale rileva altresì che secondo l'art. 14 della L.r. siciliana n. 7 del 1992 - nella versione precedente alla surrichiamata sostituzione - gli "esperti del Sindaco" potevano svolgere esclusivamente un'attività strettamente correlata all'esercizio delle funzioni di indirizzo politico-amministrativo spettanti all'organo apicale dell'ente (ex aliis, Corte dei conti, sezione giurisdizionale d'appello per la Regione Siciliana, sentenza 31 agosto 2021, n. 147/A/2021), «collocandosi in un ambito organizzativo riservato all'attività politica con compiti di supporto, con una compenetrazione e coesione che si spiegava alla stregua del ruolo attribuito al Sindaco nell'ordinamento siciliano e che giustificava appieno il rapporto fiduciario a fondamento dell'incarico. Tale intrinseca coerenza viene invece meno nel momento in cui l'incarico fiduciario può riguardare il sostegno agli uffici amministrativi».
La peculiarità di questi incarichi
La doverosa considerazione della peculiarietà dell'incarico, in conseguenza del necessario rapporto fiduciario con l'organo politico ha peraltro condotto la Consulta a giustificare deroghe da parte del legislatore regionale alla disciplina dettata dall'art. 7, comma 6, t.u. pubblico impiego, in linea con quanto già dedotto in diverse precedenti relative pronunce (sentenze n. 43 del 2019, n. 53 del 2012, n. 7 del 2011 e n. 252 del 2009), per tale via ritenendo di ammettere - nel caso di specie -  il rinnovo a opera del Sindaco nel corso del cui mandato l'incarico è stato originariamente conferito, per una durata che comunque non lo ecceda.
Il parere della Corte dei Conti siciliana
Sulla scorta della delineazione del legittimo perimetro applicativo della disposizione normativa in argomento operata dalla Corte Costituzionale, la Corte dei conti Sicilia ha avuto modo di evidenziare le complessità interpretative e applicative della stessa, fornendo chiarimenti cruciali al riguardo (sull'interazione tra l'articolo 14 della legge regionale n. 7/1992 e le altre rilevanti normative vigenti in materia).
In particolare, per tali tipologie di incarichi di consulenza, dalla Corte dei conti viene posta in rilievo in primis la possibilità di procedere al relativo conferimento «per l'espletamento di attività connesse con le materie di propria (del Sindaco) competenza».
Oggetto dell'incarico
Al riguardo si sottolinea che «l'oggetto, le finalità e le modalità di espletamento dell'incarico conferito all'esperto devono, quindi, essere congruamente predeterminati e riferiti a specifici obiettivi da conseguire da parte del Sindaco. I compiti assegnati all'esperto, infatti, non possono essere di tipo burocratico e/o di supporto all'effettuazione delle ordinarie attività gestionali, rientranti nelle competenze riservate agli uffici tecnici ed amministrativi dell'ente Locale, e neppure riguardare l'esercizio di funzioni attribuite ad altri organi».
In altre parole, l'incarico di esperto del Sindaco non può quindi essere assolutamente conferito per sopperire a lacune di tipo organizzativo o funzionale, di fatto esistenti nella struttura burocratica, o a carenze nell'organico del personale amministrativo o tecnico dell'ente locale (ex multis, Sez. appello Sicilia, sent. nn. 389/2014, 27/2016, 48/2017, 21/2019, 65/2019, 147/2021, 11/2020, 17/2022, 152/2022; Corte Cost., sent. n. 70 del 25/01-15/03/2022).
Procedura selettiva e qualificazione del personale
Nella prospettiva di garantire il necessario grado di fiduciarietà del personale di diretta collaborazione del Sindaco si giustifica peraltro la mancata applicazione della procedura di comparazione selettiva.
Nella stessa prospettiva si consente di ammettere il rinnovo dell'incarico a opera del Sindaco nel corso del cui mandato l'incarico è stato originariamente conferito, purché non si ecceda la durata del mandato stesso.
Sul fronte della qualificazione del personale de quo, si ritiene che la stessa sia adeguatamente assicurata dal requisito della laurea, ordinariamente prevista, e dalla documentata professionalità richiesta perché possa essere "ampiamente motivato" il conferimento dell'incarico al soggetto che ne sia eventualmente privo.
Viene altresì chiarito che non è necessario l'inserimento nel programma approvato dal Consiglio, ai sensi dell'art. 42, comma 2, del D.lgs. 18 agosto 2000, n. 267 (cfr. deliberazione Sez. regionale di controllo per la Sicilia n. 33/2014) e non è richiesta la valutazione del revisore o del collegio dei revisori dei conti, ai sensi e per gli effetti dell'art. 1, comma 42, della legge 311/2004.
Trasparenza
La Corte dei conti affronta infine l'aspetto critico della trasparenza, evidenziando gli obblighi del Comune nel divulgare le informazioni relative all'incarico in argomento nel rispetto dei principi di accesso del pubblico alle informazioni.
Sul punto, richiamandosi a quanto di recente affermato dalla giurisprudenza contabile (ex multis, deliberazione della Sezione regionale di controllo per la Lombardia n. 160/2020/REG), la Sezione di Controllo rammenta che l'art. 15 del d.lgs. 14 marzo 2013 n. 33 prevede che le pubbliche amministrazioni pubblicano e aggiornano le seguenti informazioni relative ai titolari di incarichi di collaborazione o consulenza: «a) gli estremi dell'atto di conferimento dell'incarico; b) il curriculum vitae; c) i dati relativi allo svolgimento di incarichi o la titolarità di cariche in enti di diritto privato regolati o finanziati dalla pubblica amministrazione o lo svolgimento di attività professionali; d) i compensi, comunque denominati, relativi al rapporto di consulenza o di collaborazione, con specifica evidenza delle eventuali componenti variabili o legate alla valutazione del risultato».
Rileva altresì la Corte che la pubblicazione (che, a norma del comma 4 del medesimo art. 15, deve essere effettuata entro tre mesi dal conferimento dell'incarico e deve permanere per i tre anni successivi alla cessazione dell'incarico) è condizione per l'acquisizione dell'efficacia dell'atto e per la liquidazione dei relativi compensi (art. 15 co. 2), e che inoltre, in caso di omessa pubblicazione, «il pagamento del corrispettivo determina la responsabilità del dirigente che l'ha disposto, accertata all'esito del procedimento disciplinare, e comporta il pagamento di una sanzione pari alla somma corrisposta» (art. 15, co. 3).
Obblighi di pubblicazione ANAC degli incarichi di collaborazione e consulenza
Sul tema degli obblighi di pubblicità e trasparenza relativi agli incarichi di collaborazione e consulenza di cui al menzionato art. 15, preme infine darsi conto del recente Atto del Presidente ANAC  del 11 settembre 2024 (fasc.3628.2024), a mezzo del quale, in merito alla corretta pubblicazione ai sensi dell'art. 15 del d.lgs. n. 33/2013 dei dati relativi agli incarichi di consulenza e collaborazione conferiti dal Comune, è stato affermato esser sufficiente, ai fini del corretto adempimento dell'obbligo di pubblicazione de quo, la pubblicazione del link alla banca dati Anagrafe delle prestazioni PerLaPa in cui i relativi dati risultano pubblicati, ferma restando la possibilità per l'Amministrazione di pubblicare anche sul proprio sito i predetti dati purché identici a quelli comunicati alla banca dati, con l'ulteriore precisazione che agli obblighi indicati all'art. 15 si aggiunge quello relativo all'attestazione dell'avvenuta verifica dell'insussistenza di situazioni di conflitto di interessi, anche potenziale, stabilito dall'art. 53, co. 14 del d.lgs. 165/2001



lasicilia.it

Lo scontro sulle province in Sicilia tra schizofrenia e difficoltà di decisione
La Consulta ha già censurato la legge Delrio per la sua contraddittorietà e la Regione Siciliana è legittimata ad agire in proprio optando per l'elezione diretta o di II livello

Sulle province in Sicilia si sta sollevando l'ennesimo scontro politico su argomenti di pretesa costituzionalità dell'attuale struttura e delle possibilità della Regione siciliana di modificarla. Poiché, su incarico del mio amico Filippo Drago, ex sindaco di Aci Castello, sono stato tra i soggetti che si sono spesi anche avanti la Corte costituzionale sulle province e continuano a farlo, sento il dovere di intervenire quantomeno a chiarire la storia della vicenda.Le province sono assieme ai comuni gli enti che costituiscono la cd amministrazione locale. Già la legge del 1865, all'indomani dell'unificazione del Regno d'Italia, prevedeva le province con a capo il prefetto ma anche con un consiglio provinciale eletto «da tutti gli elettori comunali» e con consiglieri che «rappresenta[va]no l'intiera provincia» e che eleggevano la cd deputazione provinciale, una sorta di giunta che affiancava il prefetto. Si ricordi che nel 1905 Luigi Sturzo fu consigliere provinciale a Catania e che l'allora arcivescovo della città etnea, Francica Nava, gli mise a disposizione un piccolo appartamento in episcopio per permettergli di svolgere le sue funzioni senza il problema di ritornare a Caltagirone la sera dopo aver finito il lavoro.Insomma, la provincia è stata il fulcro dell'organizzazione statale (prefetture, forze dell'ordine, vigili del fuoco, provveditorati, catasto, ecc., sono organizzati su base provinciale) ed espressione dell'autonomia locale, giacché è stato da sempre evidente che i comuni da soli non possono affrontare taluni problemi (a cominciare dalla rete infrastrutturale dei trasporti) e che alcuni servizi hanno bisogno di avere una regia unica. La Costituzione del 1948 ha separato la struttura statale da quella locale: le province sono state designate soprattutto come espressione dell'autonomia locale, le quali traggono la loro legittimazione per così dire dal basso, cioè dai cittadini insediati nel territorio. Già lo Statuto siciliano del 1946 aveva tracciato la linea: le province non sono solo articolazioni dell'organizzazione statale, ma sono unioni di comuni che decidono di stare assieme e da ciò quel termine di liberi consorzi che non aggiunge né toglie niente all'essenziale, cioè che l'ente intermedio o di area vasta è parte essenziale del sistema delle autonomie. È stato quindi coerente far eleggere il consiglio provinciale dai cittadini del territorio interessato; a loro volta il consiglio eleggeva il presidente e gli assessori, secondo il modello applicato al tempo nei comuni.Nel 1993 si è introdotta l'elezione diretta del sindaco e del presidente della provincia. Gi l'anno prima, nel 1992, la Sicilia aveva stabilito l'elezione diretta del sindaco.Attorno la provincia, del resto, si è formata parte della classe politica. Se si fanno i nomi di protagonisti della vita politica non solo regionale ci si ricorda subito che gli stessi si sono fatti conoscere ed apprezzare come presidenti di provincia. Appunto, perché l'ente di area vasta è scuola di democrazia e di amministrazione, cioè di gestione di problemi concreti (dalle strade agli edifici scolastici, ai servizi idrici e di igiene, alla programmazione sovracomunale).Di colpo, nel 2011, le province sono state accusate di essere costosi enti e se ne è proposta l'abolizione. Prima schizofrenia istituzionale: inutile sarebbe l'ente territoriale locale, ma non l'organizzazione statale che continua ad essere conformata sul livello provinciale. Seconda schizofrenia: le province sono sì inutili, ma non le si è abolite, solo si è prevista la scomparsa dell'elezione diretta di consigli e di presidenti da parte dei cittadini e la loro sostituzione con consigli e presidenti eletti tra e dai consiglieri comunali. È apparsa così sulla scena l'elezione di secondo grado. Terza schizofrenia che mina la buona organizzazione: i consiglieri comunali sono eletti nei rispettivi paesi in tempi diversi ed allora ciò rifluisce sugli organi provinciali, i quali ad ogni elezione comunale subiscono variazioni sostanziali, senza che si riesca a programmare nulla. Non è stata modificata affatto la distribuzione delle funzioni tra i diversi livelli di governo: chi si occupa di cosa (strade, scuole, inquinamento, ecc.). Ma tant'è: il vento dominante diceva che le province sono inutili ed allora andava abolita l'elezione diretta. Ed anche l'elezione del consiglio provinciale, che già la citata legge del 1865 aveva riconosciuto e sancito.Ci tentò il governo Monti con il decreto legge n. 201/2011: il consiglio provinciale sarebbe stato composto da non più di dieci componenti eletti dagli organi elettivi dei comuni ricadenti nel territorio della provincia; il presidente della provincia sarebbe stato eletto dal consiglio provinciale tra i suoi componenti. Quel decreto fu ritenuto illegittimo dalla Corte costituzionale con la sentenza 220 del 2013. Il decreto legge 188/2012 è decaduto per mancata conversione.Si è fatta allora la legge n. 56 del 2014, che porta il nome dell'allora ministro Delrio. La legge ha previsto che i consigli provinciali siano eletti dai sindaci e dai consiglieri comunali secondo appunto il modello dell'elezione di secondo grado. Il presidente della provincia tra uno dei sindaci sempre ad opera dei sindaci e dei consiglieri dei comuni. La legge Delrio ha anche previsto le città metropolitane. Infatti, la riforma costituzionale del 2001 ha introdotto in Costituzione, appunto, le città metropolitane, ma nessuno ha mai saputo cosa esse siano: l'idea è quella delle aree metropolitane, cioè che alcuni comuni (Palermo con Monreale e Villabate, ad esempio; o Catania con i paesi della fascia etnea, ma certo non con Palagonia o Calatabiano) presentano un territorio sostanzialmente omogeneo in cui i servizi pubblici vanno prestati in continuità. La legge Delrio ha operato il corto circuito istituzionale: le province con i comuni più grandi sono state battezzate città metropolitane, e così di colpo le province di Milano, Firenze, Bologna, Napoli, Roma, ecc., sono divenute città metropolitane. La legge Delrio è stata avallata dalla sentenza della Corte costituzionale n. 50/2015, la quale ha affermato che nessuna norma della Costituzione impedisce l'elezione indiretta degli organi provinciali. Così la legge è applicata in Italia.In Sicilia? Si deve specificare che la Regione ha in materia di enti locali competenza legislativa ed amministrativa di tipo esclusivo, tanto è vero che molte funzioni che in Italia sono svolte dal Ministero dell'interno in Sicilia sono esercitate dall'Assessorato regionale per le autonomie locali. Si è già notato che nel 1992 la Sicilia introdusse l'elezione diretta del sindaco, senza aspettare la riforma statale che sarebbe intervenuta solo l'anno dopo.La nostra Regione ha operato la solita trasformazione linguistica e le province sono divenute liberi consorzi, rimanendo però con le stesse competenze di prima. Le province di Palermo, Messina e Catania sono divenute città metropolitane. La Sicilia ha fatto tante leggi, ma dal 2012 le province sono commissariate prima con commissari nominati anche all'esterno dell'amministrazione regionale ed ora con funzionari regionali.La riforma costituzionale che va sotto il nome di Renzi-Boschi voleva eliminare le province dalla Costituzione. Dopo la bocciatura di quella proposta nel referendum del 4 dicembre 2016 la Sicilia tentò di reintrodurre l'elezione diretta dei consigli provinciali e del presidente e lo stesso per le città metropolitane. Lo Stato impugnò la disciplina regionale e la sentenza della Corte costituzionale 168/2018 si arroccò nella difesa della legge Delrio sino a definirla espressione di una riforma che deve essere applicata nell'intero territorio nazionale.La legge Delrio ha però un baco, cioè una contraddizione interna, della quale nessuno si era accorto: vale a dire che per le città metropolitane stabilisce che di diritto il sindaco del comune capoluogo sia il sindaco metropolitano, cioè i sindaci di Palermo, Messina e Catania sono ex lege anche presidenti delle rispettive province senza essere stati votati dai cittadini dei comuni diversi da quello capoluogo. Insomma, i cittadini di Cefalù si trovano governati da un presidente della provincia che non hanno contribuito ad eleggere e che non risponde davanti a loro. E così per gli abitanti di Scordia o di Adrano rispetto al sindaco di Catania o per quelli di Patti e Taormina rispetto al sindaco di Messina. Ed in questa parte la legge Delrio - meglio la disciplina siciliana che vi dà attuazione - è applicata anche nella nostra Regione. L'eguaglianza dei cittadini va a farsi benedire con buona pace di tutti coloro che parlano di democrazia.Il problema è stato posto ai giudici catanesi e questi ultimi lo hanno trasferito alla Corte costituzionale che con la sentenza n. 240/2021 ha dovuto prendere atto che il sistema della legge Delrio, copiato anche in Sicilia, viola il principio dell'eguaglianza tra i cittadini e quello della responsabilità politica di chi governa nei confronti degli amministrati. Quella sentenza ha chiesto al legislatore di intervenire al più presto a porre rimedio a questa ingiustizia. In quell'occasione si è fatto notare che l'assimilazione a tutto tondo tra alcune province e città metropolitane contrasta con la Costituzione, la quale invece presuppone che vi siano e funzionino entrambe.La sentenza n. 240/2021 è rimasta inattuata. Tante discussioni ma nessuna decisione concreta. In Italia è rimasta applicata la legge Delrio, in Sicilia sono rimasti ... i commissariamenti. Ecco perché, quando lo Stato ha impugnato uno dei tanti rinvii delle elezioni per gli organi di governo delle province, con sentenza n. 136/2023 la Corte costituzionale ha dovuto constatare che la Sicilia in tutti questi anni non ha fatto niente: non ha applicato a regime la Delrio, non ha dato attuazione all'avvertimento sul sindaco metropolitano contenuto nella sentenza del 2021, ma ha solo continuato con i commissariamenti. Ed allora, viene da commentare, meglio una cattiva legge come la Delrio che in qualche modo fa derivare dal corpo elettorale gli organi della provincia con l'elezione di secondo grado, che la vanificazione di ogni forma di democrazia. Per questo la Corte ha annullato uno dei tanti rinvii. Si aspetta anzi che dopo l'udienza del 15 ottobre scorso la Corte decida sul penultimo rinvio, quello disposto dalla legge siciliana n. 6/2023, nel frattempo sostituita dalla legge 24/2024, sulla cui base con decreto dell'1 ottobre scorso sono state fissate le elezioni di secondo grado per la giornata del 15 dicembre 2024.Il punto oggi è: può la Regione siciliana porre una disciplina diversa dalla Delrio e magari reintrodurre l'elezione diretta di consigli e presidenti delle province? senza aspettare la riforma della legge statale?Certamente la Regione può assimilare la posizione dei sindaci metropolitani a quella degli altri presidenti di provincia, escludere che essi siano di diritto i sindaci dei comuni capoluogo e prevedere che anch'essi siano eletti - anche pure in via indiretta - come gli altri presidenti. Questo lo ha detto la Corte costituzionale nella sentenza n. 136/2023: «il continuo rinvio dell'elezione dei Consigli metropolitani ha fatto sì che nessuno dei tre organi di governo delle città metropolitane abbia al momento carattere elettivo. Non il sindaco metropolitano, individuato ope legis nel sindaco del comune capoluogo: soluzione questa già censurata da questa Corte nella sentenza n. 240 del 2021, ma tuttora vigente, non essendosi ad oggi concretato l'intervento legislativo urgentemente sollecitato nella pronuncia appena richiamata, affinché il funzionamento dell'ente metropolitano si svolga in conformità ai canoni costituzionali dell'eguaglianza del voto e della responsabilità politica». In maniera esplicita il giudice costituzionale ha riconosciuto che la Sicilia può dare da subito attuazione al principio indicato nella sentenza del 2021 sui sindaci metropolitani, giacché altrimenti esso non avrebbe alcuna efficacia di principio.Può la Sicilia derogare del tutto alla Delrio, poiché la Regione ha competenza esclusiva in materia? o il modello statale va rispettato anche in regione fin quando non viene modificato?La mia opinione è che anche in materia di forma di governo locale esista un principio di omogeneità per il quale una regione non può disporre in maniera tanto diversa da quanto fa lo Stato. Epperò, ancora di recente ben quattro sentenze del Consiglio di giustizia amministrativa (1299 e 1320/2022, 538 e 562/2024) mi hanno dato torto ed hanno affermato testualmente sulla base dello Statuto speciale «che il legislatore regionale siciliano ha competenza esclusiva in materia di ordinamento degli enti locali, di talché la dedotta uniformità con il regime normativo scolpito» nella legge statale e, quindi, sui canoni di uguaglianza e ragionevolezza, «non trova adeguato supporto argomentativo»; che insomma il legislatore siciliano può fare quello che vuole, senza necessità di rispettare il modello statale.A mio modo di vedere il punto, però, è un altro ed è rappresentato dal fatto che, nelle sue tante contraddizioni, la legge Delrio non esclude del tutto l'elezione diretta del consiglio metropolitano e del sindaco metropolitano, perché anzi la stessa legge (comma 22) lo consente a determinate condizioni. Il che significa che, se la Sicilia reintroducesse l'elezione diretta di consigli e presidenti provinciali, non farebbe altro che applicare un istituto già presente nella legislazione statale di riferimento, appunto il modello.Si è trattato di un profilo esaminato nella sentenza n. 50/2025 per "salvare" la Delrio. L'argomento è stato utilizzato nel 2018 per difendere la legge siciliana che reintroduceva l'elezione diretta degli organi provinciali, ma in quell'occasione la sentenza n. 168/2018 stabilì in maniera ipocrita che l'elezione diretta degli organi della (sola) città metropolitana poteva farsi solo dopo, tra l'altro, la legge elettorale da definirsi ad opera dello Stato. Epperò, nel 2021 si è riusciti a far dire alla Corte che quell'argomento non è più convincente: «non appare più invocabile, a sostegno della non contrarietà a Costituzione del meccanismo di designazione di diritto del sindaco metropolitano, il fatto che gli statuti delle Città metropolitane possano optare per la via dell'elezione diretta di quest'ultimo. Anche a non voler considerare il complesso iter procedurale cui dovrebbe sottoporsi il Comune capoluogo, a rendere nella sostanza impraticabile tale eventualità, e quindi più gravosa la giustificabilità della mancata elettività del sindaco metropolitano, è la circostanza che, ad oggi, la legge statale contenente il relativo sistema elettorale non è intervenuta, né risultano incardinati, presso le Camere, disegni o proposte di legge in uno stadio avanzato di trattazione». Inoltre, la Corte ha riconosciuto che la mancata approvazione del disegno di riforma costituzionale cui la legge Delrio dichiaratamente si ricollegava, ha fatto venir meno il suo presupposto.Più chiaro di così?! La Sicilia, cui si riferiva la sentenza n. 240, può reintrodurre l'elezione diretta del consiglio e del sindaco metropolitano. Anche la sentenza n. 136 parla di principio elettivo. Ma a questo punto non vi è ragione di differenziare quelle di Palermo, Messina e Catania dalle altre province siciliane. La Regione può legiferare senza attendere la riforma della Delrio a livello statale, perché così anzi elimina le situazioni di incostituzionalità venutesi a creare. Può mantenere l'elezione di secondo grado e però la deve estendere per tutti gli organi di tutti gli enti, città metropolitane comprese. Può ritornare al modello antecedente al 1993 e prevedere l'elezione diretta dei consigli, i quali a loro volta eleggono i presidenti delle province. Può reintrodurre l'elezione contestuale e diretta dei consigli e dei presidenti provinciali. Quello che la Regione non può fare è continuare a rinviare ogni decisione ed a commissariare.


QDS
Manovra 2025, ecco come cambia lo stipendio da gennaio Le categorie coinvolte dalle ultime decisioni dell'esecutivo
Il testo della Legge di Bilancio 2025 approvato dal Consiglio dei Ministri si appresta ad affrontare l'iter parlaentare tra emendamenti e possibili modifiche, ma dovrà inevitabilmente entrare in vigore a partire dal 1° gennaio 2025. Per questa ragione sono in molti i cittadini che si chiedono quali potrebbero essere le variazioni nel loro stipendio tra il mese di dicembre e quello di gennaio in cui scatterà l'anno nuovo.
Ciò che è certo è che la nuova manovra contiene al suo interno degli elementi che inevitabilmente incideranno in modo negativo su diverse buste paga. Basta pensare all'addio a diverse detrazioni fiscali in vigore fino ad adesso. Persino la conferma del taglio del cuneo fiscale non è detto che garantirà lo stesso risultato rispetto a oggi. Bisogna però sottolineare che ci saranno anche coloro che riusciranno a trarre dei guadagni dalla nuova Legge di Bilancio.
Allo stato attuale sulla busta paga di coloro che guadagnano fino a 2.692 euro lordi, che in prospettiva sono 35.000 euro l'anno, si applica uno sgravio contributivo del 6% che riduce l'importo dei contributi a carico del lavoratore, solitamente pari al 9,19% della retribuzione lorda (8,80% nel pubblico impiego). Nel caso delle buste paga fino a 1.923 euro (25.000 euro l'anno), invece, lo sgravio è del 7%, riducendo così l'aliquota contributiva al 2,19% (1,80%).
Manovra 2025, cosa cambia in busta paga tra dicembre e gennaio
Per fare dei calcoli ben precisi per quanto riguarda la busta paga risulta necessario confrontare i valori del taglio del cuneo fiscale del 2024 con quello del 2025. Tale cifra ci permetterà di capire cosa cambia tra dicembre 2024 e gennaio 2025. In sostanza per i redditi fino a 22.500 euro, quindi per gli stipendi fino a 1.730 euro l'anno, non ci sono grandi differenze con i lavoratori che nonostante il passaggio alle nuove regole non dovrebbero notare una significativa variazione dello stipendio netto.
La stessa cosa non si può dire per coloro che guadagnano fino a 2.500 euro lordi, per i quali il nuovo taglio del cuneo fiscale sembra essere meno conveniente, con il rischio che sullo stipendio netto possano esserci dai 6 ai 13 euro in meno. Ma è a chi guadagna 35.000 euro che andrà peggio. Oggi grazie allo sgravio contributivo questi arrivano a guadagnare quasi 100 euro in più sullo stipendio netto.


AGRIGENTONOTIZIE
Il governo nazionale applica il modello Sicilia per gli appalti, Aricò: "Prova della nostra capacità innovativa"-

Il nuovo codice dei contratti è stato recepito con la legge 12 ottobre 2023, introducendo alcune specificità ora contenute anche nella normativa nazionale
"Il governo nazionale ha deciso di seguire l'esempio della Regione Siciliana nella modifica al Codice dei contratti e questo ci rende orgogliosi perché è la prova che abbiamo tracciato una strada importante e innovativa".
Lo dice l'assessore regionale delle Infrastrutture, Alessandro Aricò, commentando le variazioni al decreto legislativo 36 del 2023 approvate dal Consiglio dei ministri e relative ai requisiti di capacità tecnica e professionale. 
"Queste nuove previsioni - ha aggiunto Aricò - non solo faciliteranno l'accesso ai bandi per i servizi di architettura e ingegneria, ma garantiranno anche una maggiore trasparenza e competitività. Siamo fiduciosi che queste modifiche porteranno benefici concreti sia agli operatori di settore sia ai cittadini. Il governo Schifani ha dimostrato come innovazioni peculiari possano influenzare positivamente le politiche nazionali e siamo certi che questo non rimarrà un caso isolato".
La Regione Siciliana ha recepito il nuovo Codice dei contratti con la legge 12 ottobre 2023, introducendo alcune specificità ora contenute anche nella normativa nazionale.


ILSCILIA.IT
Economia in stallo, il Sud cresce il doppio del Nord: resta però il divario economico
Nel 2024 la stima è di una crescita del pil allo 0,8% (al ribasso rispetto al +0,9% stimato ad agosto); a livello territoriale, il Mezzogiorno crescerà più del doppio rispetto al Nord (nel 2024 +1,2% contro il +0,5%), ma i consumi al Sud mostrano una maggiore debolezza con un +0,4% per il 2024, a fronte dello 0,5% del Nord. Lo afferma Confcommercio in un'analisi sulle economie regionali.
L'ampio divario tra le due macro aree resta comunue confermato dai dati relativi al Pil pro capite, che registra uno scarto superiore ai 18.000 euro (21.714 euro al Sud contro i 39.786 euro al Nord), e dalla debole dinamica demografica che nel Mezzogiorno rappresenta un ulteriore elemento di criticità strutturale: la popolazione del Sud, infatti, ha subito una riduzione di circa 161.000 unità tra il 2022 e il 2024, a fronte di un incremento di 125.000 unità al Nord, contribuendo a limitare le potenzialità di sviluppo delle regioni meridionali.
I consumi, complessivamente, superano di circa 17 miliardi il livello pre-Covid, ma rispetto al 2023 non mostrano segnali di ripresa significativa (+0,5% contro l'1% del 2023) e risultano in rallentamento in tutte le Regioni ad eccezione di Liguria e Umbria, dove crescono rispettivamente di 7 e 4 decimi di punto, e del Molise dove sono stabili.
"L'economia italiana è in una fase complessa: il Sud cresce più del Nord, ma il divario resta ancora ampio. preoccupano, in generale, la crisi demografica e la debolezza dei consumi. C'è un problema di fiducia nonostante l'aumento dei redditi reali. Occorre più coraggio nella revisione della spesa pubblica per poter alleggerire il peso fiscale che penalizza famiglie e imprese", commenta il presidente di Confcommercio, Carlo Sangalli, commenta l'analisi dell'Ufficio Studi.


LIVESICILIA
Ex Province, Geraci (Lega): "Si alla reintroduzione elezione diretta"

La norma per i Liberi consorzi e le città metropolitane.
PALERMO - "Sosterremo la riforma che reintroduce l'elezione diretta nei liberi consorzi e nelle città metropolitane". Lo afferma Salvo Geraci, deputato regionale della Lega. "Non condividiamo i toni di certi esponenti dell'opposizione che pensano che il Parlamento regionale non possa determinarsi in tal senso", prosegue.
"Ci sono fatti nuovi rispetto al passato - sottolinea ancora Geraci -, non ultima una decisione della Corte costituzionale che invita il Parlamento nazionale a rivedere la legge Delrio. La prossima settimana andremo sino in fondo votando una legge che finalmente ridà la parola ai cittadini nella scelta dei vertici di queste amministrazioni territoriali".


TELEACRAS
Schifani: "Le priorità del mio governo sono economico - finanziarie"
Il presidente della Regione, Renato Schifani, è intervenuto in prospettiva nel merito dell'attività legislativa del governo. E ha sottolineato che le sue priorità sono di carattere esclusivamente contabile. E ha affermato: "Per quanto mi riguarda le priorità del mio governo sono il disegno di legge di variazioni del bilancio e la manovra finanziaria per il 2025. In riferimento agli altri disegni di legge in discussione all'Assemblea Regionale, tra cui enti locali, urbanistica e voto diretto per le ex Province, io rispetto le scelte del Parlamento regionale, quindi piena facoltà di decidere. Non entro nel merito, ribadisco che per il governo sono prioritari i documenti economico-finanziari, oltre al disegno di legge salva-casa che è stato deliberato dalla giunta e che recepisce le norme nazionali. Sulla elezione diretta dei presidenti delle Province non ho cambiato idea: io sostengo da sempre l'elezione diretta. Ho preso atto del precedente parere contrario dell'aula la quale comunque, nella sua sovranità, è libera di ripensarci".




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