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rassegna stampa del 30 ottobre 2024

livesicilia.it

Province, il centrodestra fa saltare il voto del 15 dicembre: rinvio al 2025Votato l'emendamento che "annulla" le elezioni di secondo grado

Il centrodestra all'Ars affossa le elezioni di secondo grado nei Liberi consorzi e nelle Città metropolitane, che erano già state fissate per il 15 dicembre. Spostata al 2025 la data di un voto che comunque potrebbe non svolgersi mai. L'aula ha votato con 28 sì e 22 no un emendamento dei capigruppo dei maggioranza alla riforma urbanistica (approvata a sua volta con 30 voti favorevoli e 22 contrari).La protesta dell'opposizioneLa norma modifica la leggina che, nel corso dell'estate, aveva fissato nel dicembre 2024 la finestra per il voto di secondo livello. Contraria l'apposizione, che ha contestato apertamente la scelta della maggioranza. Al momento della votazione i deputati dell'opposizione hanno esposto a Sala d'Ercole cartelli con la scritta "Vergogna".Annullate le elezioni del 15 dicembre.
Cancellate, con un tratto di penna, le elezioni del 15 dicembre indette con un decreto del presidente della Regione, Renato Schifani. Una frase in calce all'emendamento specifica che le consultazioni sono "annullate". Dead line spostata ad aprile, come era stato anticipato da un retroscena di LiveSicilia, per dare tempo al Parlamento di approvare il ddl che reintroduce l'elezione diretta negli enti.Il tutto con buona pace dei sindaci. Quello di Ragusa, Peppe Cassìin mattinata aveva espresso tutto il suo disappunto per l'ennesimo rinvio del voto d secondo livello.Il ddl per il voto diretto nelle ProvinceLe ex Province, formalmente, potranno andare al voto di secondo grado "in una domenica compresa tra il 6 e il 27 aprile". In realtà il centrodestra punta a reintrodurre il voto diretto dei cittadini per l'elezione dei presidenti e dei consiglieri. Il ddl della maggioranza, infatti, è stato già approvato dalla commissione Affari istituzionali, guidata da Ignazio Abbate. Domani, mercoledì 30 ottobre, il testo sarà all'esame della commissione Bilancio.L'opposizione: "Siamo alla farsa""Un'ennesima presa in giro per i cittadini e le istituzioni, le elezioni nelle ex Province sono diventate ormai la tela di Penelope del centrodestra: di giorno le indicono, di notte le rinviano". Questo il commento del capogruppo Pd, Michele Catanzaro. Gli fa eco il presidente dei deputati M5s Antonio De Luca: "Ennesima proroga dei commissari delle ex Province, ennesima farsa che va in scena all'Ars - dice -. Ancora una volta l'egoismo del centrodestra è più forte degli interessi dei siciliani e della decenza. Le spaccature all'interno della maggioranza hanno di nuovo la meglio su tutto e condizionano qualsiasi scelta di questo inconcludente governo".
https://livesicilia.it/province-sicilia-saltano-elezioni-dicembre/



gds.it

Via libera alla seconda vita delle Province, in Sicilia si tornerà al voto diretto in primavera
Annullate le elezioni di secondo grado fissate a dicembre, i commissari saranno prorogatidi 


Il voto di secondo livello nelle ex Province, previsto nell'Isola per il 15 dicembre, è annullato. Come anticipato dal Giornale di Sicilia, la maggioranza di centrodestra ieri sera (29 ottobre) è riuscita a votare un emendamento alla riforma Urbanistica che ha come unico effetto quello di prorogare i commissari e rinviare le elezioni di secondo grado nei Liberi consorzi comunali e nelle Città metropolitane: già indette, con decreto del primo ottobre dal presidente della Regione, Renato Schifani, dopo venti giorni vengono fatte slittare «in una domenica compresa tra il 6 e il 27 aprile», recita la norma di due soli commi. Dopo una capigruppo fiume e una seduta incandescente, il testo passa con voto palese con 28 voti favorevoli e 22 contrari.



LIVESICILIA

Elezioni provinciali, nuovo rinvio? Il sindaco di Ragusa non ci sta.


Cassì: in Sicilia anzichè procedere per votazioni si va avanti per nomine.
RAGUSA - Davanti all'ipotesi di un ennesimo rinvio delle elezioni provinciali in Sicilia il sindaco di Ragusa Peppe Cassì non ci sta. E affida a una lunga nota tutto il suo disappunto per una situazione che vede nell'Isola da anni il commissariamento delle ex Province senza procedere a elezioni democratiche. Ecco il testo del comunicato di Cassì.
"La legge dello Stato n. 56 del 2014 (nota come legge Delrio), non ha abrogato le Province come generalmente si pensa, ma ha sostituito l'elezione diretta dei consiglieri provinciali e dei presidenti da parte dei cittadini con una elezione di secondo livello: a votare e a poter essere eletti sono solo i sindaci ed i consiglieri comunali in carica nei vari comuni - esordisce il primo cittadino di Ragusa -. Può piacere o non piacere - a me non piace affatto, certamente meglio dare alla gente il diritto di scegliere con elezioni a suffragio universale, ma questa è la legge vigente, dichiarata peraltro conforme ai principi della Costituzione dalla Corte Costituzionale.
"La Regione Sicilia ha però disapplicato la Delrio: da oltre 10 anni i liberi consorzi, nome che in Sicilia è stato attribuito alle Province, sono governati da Commissari scelti dai governi regionali che si sono succeduti. In Sicilia, anziché procedere per votazioni si va avanti per nomine - continua la nota -. La Corte Costituzionale si è espressa duramente contro i reiterati rinvii delle elezioni di secondo livello in Sicilia, usando parole trancianti contro la pratica dei commissariamenti regionali. Con la sentenza n. 136 del 2023 la Corte ha censurato l'ennesimo rinvio che "consolida, prolunga e aggrava la situazione di sostanziale disconoscimento dagli obblighi contenuti dagli articoli 5 e 114 della Costituzione", concludendo che "a tale situazione deve porsi rimedio senza ulteriori ritardi, attraverso il tempestivo svolgimento delle elezioni dei presidenti dei liberi consorzi comunali affinché anche in Sicilia gli enti intermedi siano istituiti e dotati dell'autonomia loro costituzionalmente garantita e si ponga fine alla più volte prorogata gestione commissariale".
"In dispregio assoluto del superiore pronunciamento, sembra ora che la Regione si stia risolvendo per un ulteriore rinvio - afferma Cassì -. Se così fosse, la democrazia in Sicilia rimarrebbe ancora di fatto sospesa. Impedire il voto, impedire agli enti di area vasta di eleggere autonomamente i propri rappresentanti è un atto eversivo, perché mette di fatto in discussione ciò in cui si sostanzia ogni democrazia: garantire ad una comunità definita da precisi confini geografici di autodeterminarsi tramite lo svolgimento di libere elezioni".
"Secondo l'art. 114 della Costituzione 'La Repubblica è costituita dai Comuni, dalle Province, dalle Città metropolitane e dallo Stato'. Enti tutti governati da rappresentanti democraticamente eletti. Il prolungato ed ingiustificato commissariamento delle Province rappresenta dunque un'anomalia antidemocratica. Un esempio di politica arrogante e autoreferenziale, che ha perso completamente di vista le finalità a cui la politica dovrebbe tendere e cioè il perseguimento dell'interesse collettivo, soppiantato dall'istinto di autoprotezione. Dalla volontà di mantenere a qualsiasi costo il controllo del territorio. La paura di affrontare le elezioni e la scelta scellerata di impedirle sono elementi distintivi dei regimi illiberali. A questo ci vogliamo ridurre? Il cittadino che non osserva un provvedimento dell'Autorità commette un reato ed è punibile secondo il codice penale. La legge non vale per i governanti?".
https://livesicilia.it/elezioni-provinciali-nuovo-rinvio-il-sindaco-di-ragusa-non-ci-sta/


QDS


Ex Province, Catanzaro: "Ddl per voto diretto irrispettoso di istituzioni e cittadini".
 

Michele Catanzaro capogruppo del Partito democratico all'Ars commenta il disegno di legge per l'elezione diretta nelle ex province.
"L'ennesimo tentativo della maggioranza di portare in aula un disegno di legge per l'elezione diretta nelle ex province non solo è irrispettoso nei confronti delle istituzioni, ma soprattutto nei confronti di una comunità che attende risposte e una gestione efficace dei propri territori". È il commento di Michele Catanzaro capogruppo del Partito democratico all'Ars al disegno di legge per l'elezione diretta nelle ex province presentato dalla maggioranza che sostiene il governo Schifani.
"Fondamentale procedere con le elezioni di secondo livello"
"Le province, attualmente in stato di commissariamento da ben 12 anni, - continua - meritano di tornare a una governance stabile e rappresentativa ma è evidente che, finché la legge Delrio rimarrà nazionalmente in vigore, il voto diretto in Sicilia non sarà una possibilità realizzabile. È fondamentale quindi procedere con le elezioni di secondo livello già programmate per il prossimo 15 dicembre - conclude Catanzaro -, per restituire alle province la possibilità di un governo eletto e legittimato che consenta agli enti di programmare attività ed interventi sui territori".


GDS

L'Ars avvitata sui disegni di legge, da luglio solo tre approvazioni in Sala d'Ercole  

L'Ars nel secondo semestre ha inanellato una serie di avvitamenti su disegni di legge che vanno e vengono.
Battute d'arresto, o di rallentamento, per l'Assemblea regionale siciliana che nel secondo semestre ha inanellato una serie di avvitamenti su disegni di legge che vanno e vengono dalle commissioni all'aula e viceversa. Chiuso il primo semestre con la seduta lavori d'aula del 26 giugno, approvando il Ddl 739/ stralcio II/A, cioè le norme in materia di Ast, l'Azienda siciliana trasporti, il secondo semestre ha iniziato subito a mostrare difficoltà per il governo Schifani che si sono inevitabilmente ripercosse sul Parlamento presieduto da Gaetano Galvagno. Su un totale di ventuno sedute in Sala d'Ercole, l'Assemblea ha prodotto soltanto tre misure varate. Una di queste è il Defr 2025-2027. Se ci si limita ai disegni di legge, escludendo il predetto documento di economia e finanza regionale triennale e la manovra finanziaria Ddl 771/A con misure finanziarie urgenti - la manovra finanziaria ter del governo - rimane soltanto un risultato dall'inizio del secondo semestre ad oggi: il disegno di legge in materia di dipendenze patologiche, conosciuto come Ddl anti-crack, approvato all'unanimità dall'aula.
Un solo disegno di legge varato con applausi all'Ars
Il Ddl "Norme in materia di sistema integrato e diffuso di prevenzione, cura, riduzione del danno e inclusione sociale in materia di dipendenze" era stato tecnicamente approvato il 24 settembre con la votazione dell'articolato che aveva visto uno per uno gli articoli unanimemente votati in modo favorevole dai parlamentari siciliani. Ma il 24 settembre non era stata sottoposta all'aula la votazione finale per una sorta di "garbo istituzionale" - dirà in aula esponente della maggioranza - nei confronti del presidente della Regione che per l'attuazione del Ddl da rendere legge regionale aveva stanziato 11,2 milioni. Il garbo istituzionale forse era dovuto anche ad altra concessione cui il presidente teneva a presenziare: la concessione della maggioranza di votare favorevolmente un Ddl di iniziativa parlamentare presentato da deputati dell'opposizione. Dubbi sul "garbo" a parte, resta che la legge anti-crack ha visto la votazione finale un 25 settembre che non risulta tra le sedute d'aula dell'Ars (almeno per il sito istituzionale dell'Assemblea).
Le misure varate da luglio, pareggio sul 3-3 in attesa del Ddl urbanistica
Tre misure varate dal Parlamento siciliano in questi quattro mesi che volgono ormai al termine, su ventuno sedute. Ventidue, se si conta anche la votazione finale alla presenza di Renato Schifani il 25 settembre. La ventitreesima seduta è il ritorno in aula del Ddl in materia di urbanistica, che ieri sera è rientrato a Sala d'Ercole dopo una "revisione" con integrazione del "salva casa" nazionale recepito dalla Regione Siciliana. Seduta che ha visto una sospensione nel tardo pomeriggio per previsti pochi minuti e divenuta un ulteriore rinvio. Il risultato parziale è vede quindi un pareggio, in attesa della votazione finale sul Ddl in materia di urbanistica. Un 3-3 in casa.
Sono infatti tre le misure che hanno fatto avvitare il Parlamento e le sue Commissioni parlamentari su se stessi. Una è il disegno di legge sulla reintroduzione delle elezioni dirette dei presidenti e dei consigli della aree vaste, che amichevolmente viene definito "reintroduzione delle province". Il testo, già stralcio di altri disegno di legge è stato respinto dall'aula per un ritorno in commissione. Un'altra misura che ha avuto stesso destino è il disegno di legge sugli Enti locali, definito "riforma" ma anch'esso inaccettabile per Sala d'Ercole. Su questo Ddl le contrarietà non riguardavano chiaramente solo i gruppi di opposizione, tant'è che il ritorno in commissione è stato piuttosto spedito.
I disegni di legge che l'aula boccia
Il terzo disegno di legge che ha rischiato di fare lo stesso giro, e che ci si è molto avvicinato, è il Ddl contenente norme in materia di urbanistica discusso ieri dopo il rinvio per integrazione. In questo terzo caso, anche questo con stralcio da altro disegno di legge, il rinvio della discussione generale sull'articolato è stato concordato in conferenza di capigruppo, ufficialmente per una integrazione del testo con il recepimento della legge "salva casa" varata da Roma, detta anche "decreto Salvini", ma in pratica per un accordo tra i gruppi sugli emendamenti che sono poi stati ritirati. Il testo era stato stralciato da una "salva casa" regionale, controversa e ad evidente rischio di incostituzionalità, per un passaggio semplificato dall'aula in attesa della conversione in legge del disegno nazionale. Poi, tornato ieri in aula, il blocco su un articolo inaccettabile per le opposizioni e difficile da votare - con richiesta di voto palese dalla minoranza - anche per la maggioranza.
Anche al netto della componente sanatoria, il Ddl urbanistica ha trovato in Sala d'Ercole dura opposizione ad alcuni articoli del testo, e dopo un accordo di massima tra i capigruppo un nodo è rimasto e su un aspetto evidentemente critico. A distanza di circa quarantacinque giorni dalla sospensione lavori per le festività natalizie, l'Ars ha quindi prodotto tre misure da inizio secondo semestre ad oggi, delle quali due di natura finanziaria di iniziativa governativa ed una parlamentare su tema sociale emergenziale, e tre disegni di legge che non riescono a produrre risultati per la natura dei testi proposti ma anche - o soprattutto - per una compattezza che sembra venir meno tra le fila della maggioranza quando si parla di elezioni e norme sparse dal sapore squisitamente elettorale.


TELEACRAS

Annullate le Provinciali del 15 dicembre


La maggioranza di centrodestra ha approvato in Assemblea un emendamento che annulla il voto di secondo livello per le Provinciali il prossimo 15 dicembre. Dettagli e interventi.
Le elezioni Provinciali di secondo livello in calendario il 15 dicembre prossimo sono state annullate. La maggioranza di centrodestra ha preparato e approvato un apposito emendamento, firmato dai capigruppo e inserito nella legge di riforma urbanistica: 28 voti a favore, e 22 no. Quando i deputati in Assemblea Regionale hanno votato, i parlamentari dell'opposizione, contrari all'annullamento e al rinvio, hanno esposto a Sala d'Ercole dei cartelli con su scritto "Vergogna". Per eleggere il presidente e i consiglieri provinciali si attenderà la prossima primavera, ad aprile, in una domenica compresa tra il 6 e il 27 aprile. Nel frattempo sarà, o dovrebbe essere, approvato il disegno di legge che ripristina l'elezione diretta per le Province, ovvero si recano alle urne tutti i cittadini aventi diritto e non solo consiglieri comunali e sindaci, come sarebbe stato il prossimo 15 dicembre. Il relativo testo è stato già approvato dalla commissione Affari istituzionali, presieduta da Ignazio Abbate. E da oggi è all'esame della commissione Bilancio. Il capogruppo del Partito Democratico, l'agrigentino Michele Catanzaro, grida allo scandalo e denuncia: "E'un'ennesima presa in giro per i cittadini e le istituzioni. Le elezioni nelle ex Province sono diventate ormai la tela di Penelope del centrodestra: di giorno le indicono, di notte le rinviano". E il capogruppo del Movimento 5 Stelle, Antonio De Luca, rincara la dose: "Ennesima proroga dei commissari delle ex Province, ennesima farsa che va in scena all'Assemblea Regionale. Ancora una volta l'egoismo del centrodestra è più forte degli interessi dei siciliani e della decenza. Le spaccature all'interno della maggioranza hanno di nuovo la meglio su tutto e condizionano qualsiasi scelta di questo inconcludente governo". Il deputato ex Iena appena fuoriuscito da "Sud chiama Nord" di Cateno De Luca, Ismaele La Vardera, rivanga la narrazione secondo cui l'elezione indiretta è stata affossata perché i deputati della maggioranza temerebbero che i sindaci al voto potrebbero anche non obbedire agli ordini di scuderia. E La Vardera così è intervenuto al dibattito prima del voto: "E' evidente che questo Governo non è in grado di gestire i propri sindaci. Non riesce a dare indicazioni. Temete forse che le direttive date non siano rispettate?". E lo stesso Ignazio Abbate ha subito replicato in aula: "Devono essere i cittadini a decidere i propri rappresentanti nelle Province. E lo dice chi i numeri in provincia di Ragusa li può dimostrare. Penso che sia importante dare la chance di votare ai cittadini. Anche perchè questo è un punto importante del programma di governo del presidente Schifani".


ILSICILIA.IT

Riforma delle Province, rinviate le elezioni di secondo livello, passa emendamento al ddl urbanistica


La notizia era nell'aria. La maggioranza supera anche il secondo scoglio verso la riforma delle Province. L'Ars ha approvato un emendamento al ddl urbanistica con il quale, sostanzialmente, si annulla l'appuntamento del 15 dicembre fissato per le elezioni di secondo livello. Viene così prolungata l'azione dei commissari fino ad aprile. Momento nel quale dovrebbe essere fissata una nuova data. Ciò almeno che, a Sala d'Ercole, non si arrivi all'approvazione del nuovo ddl Province, oggi passato in commissione Affari Istituzionali e che nei prossimi giorni arriverà in commissione Bilancio. Un modo per ridare la parola direttamente agli elettori, superando così la mediazione dettata dal voto ponderato di sindaci e consiglieri comunali attualmente in carica.
"Finalmente si è imboccata la strada giusta per l'approvazione per le elezioni di primo livello per le Province - commenta ai microfoni de ilSicilia.it il deputato regionale della DC Ignazio Abbate, firmatario dell'emendamento -. Un atto dovuto per i cittadini. La democrazia passa anche da questi momenti. Lavoreremo da domani per inviare il disegno di legge in commissione Bilancio e metterlo all'ordine del giorno già dalla prossima settimana. Così potremmo inviare il testo in aula dopo i passaggi sul bilancio e metterlo fra le priorità dell'inizio del 2025".
Province, arriva l'emendamento per il rinvio delle elezioni
L'emendamento è stato presentato al penultimo articolo del ddl urbanistica, ovvero al diciassettesimo. A firmarlo i deputati Ignazio Abbate, Stefano Pellegrino, Giuseppe Lombardo e Marianna Caronia. All'arrivo del testo in aula, a Sala d'Ercole si è aperto un acceso dibattito durato oltre un'ora. Tanto gli interventi che si sono susseguiti. "Sono favorevole a votare con l'elezione diretta con una norma nazionale che oggi non c'è" ha dichiarato il capogruppo del PD Michele Catanzaro. Decisamente più duro l'affondo del deputato regionale del Gruppo Misto Ismaele La Vardera. L'ex alfiere di Sud Chiama Nord legge fra le righe del testo una sottotrama politica che riguarda il centrodestra. "È evidente che questo Governo non è in grado di gestire i propri sindaci. Non riesce a dare indicazioni. Temete forse che le direttive date non vengano rispettate? Così dimostrate di non avere i numeri nemmeno nei vostri comuni".
Parole a cui ha risposto in aula, a stretto giro di posta, il deputato regionale della DC Ignazio Abbate. "Devono essere i cittadini a decidere i propri rappresentanti nelle Province, E lo dice chi i numeri in provincia di Ragusa li può dimostrare. Penso che sia importante dare la chance di votare ai cittadini. Anche perchè questo è un punto importante del programma di Governo del presidente Schifani". Un intervento che ha provocato le ire dell'esponente Dem Nello Dipasquale, il quale ha dato appuntamento all'aula ad aprile per verificare se si procederà o meno all'elezione diretta delle Province.
Critiche dalle opposizioni
Più di qualcuno all'Ars è convinto che la parola non verrà restituita agli elettori. Chi sostiene per motivi politici, come Antonello Cracolici. Chi invece cita le sentenze della Corte Costituzionale che hanno inviato per tre volte la Sicilia ad adeguarsi al resto d'Italia, come Luigi Sunseri. Ad oggi infatti un'eventuale ddl per l'elezione diretta delle Province potrebbe dover superare le antinomie normative che potrebbero subentrare rispetto alla legge Delrio attualmente in vigore. Riforma che, abolendo le Province, le ha sostituite con gli organi di secondo livello (Città Metropolitane e Liberi Consorzi), che in quanto tali dovrebbe essere eletti dai sindaci e dai consiglieri dei territori coinvolti. Il condizionale nell'Isola è d'obbligo visto che, questo momento, non è mai arrivato. E, quantomeno perora, dovrà ancora attendere. Ventotto i favorevoli all'emendamento, solo ventidue i contrari. Un atto che ha seguito lo stesso destino della riforma in cui era inglobato, ovvero il ddl urbanistica, approvata subito dopo con trenta voti favorevoli. L'aula tornerà al lavoro nella giornata di giovedì.


LENTEPUBBLICA

Stati generali della salute e sicurezza sul lavoro: l'intervento di UPI


Lavoro sicuro, UPI: "Senza le Province c'è un vuoto nel coordinamento delle politiche del lavoro. Restituiamo certezza ai territori"."L'aver tolto alle Province le funzioni sulle politiche attive del lavoro e sulla sorveglianza del lavoro sicuro ha creato sui territori un vero e proprio vuoto istituzionale, che certo non aiuta la definizione e la realizzazione di programmi che necessariamente devono essere locali. Occorre restituire alle Province queste funzioni, in modo da ricostruire un presidio forte al servizio dei lavoratori e delle lavoratrici come delle imprese, anche nelle aree più deboli del Paese".
Lo ha detto il rappresentante dell'UPI, Gianni Lorenzetti, Presidente della Provincia di Massa-Carrara, intervenendo agli Stati generali della salute e sicurezza sul lavoro promossi dalla Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni di lavoro in Italia, sullo sfruttamento e sulla tutela della salute e della sicurezza nei luoghi di lavoro pubblici e privati.
"Le Province - ha proposto Lorenzetti alla Presidente della Commissione, Chiara Gribaudo - possono e devono diventare le istituzioni promotrici di intese con le forze economiche e sociali, per potenziare le azioni di contrasto e stringere a livello locale veri e propri patti di collaborazione tra gli attori del sistema: Istituzioni, Parti Sociali datoriali e Sindacali. Le Province poi, cui è affidata la gestione delle oltre 7100 scuole secondarie superiori, possono aprire canali diretti con gli oltre 2 milioni e mezzo di ragazzi e ragazze, e promuovere iniziative per costruire una nuova cultura della prevenzione, con l'inserimento della tutela della salute e sicurezza sui luoghi di lavoro come materia da trattare nei programmi scolastici, qualunque sia l'indirizzo di studio".
"Costruire politiche pubbliche del lavoro, della formazione e della tutela delle fragilità a livello provinciale - ha poi concluso il rappresentante dell'UPI - significa assicurare a tutti i territori, alle aree interne come alle comunità lontane dalle grandi città e alle zone montane, pari opportunità di accesso a servizi e diritti. E il diritto ad un lavoro sicuro è tra i principi fondanti del nostro Paese e della nostra Costituzione".


CANICATTIWEB

Antonio De Luca (M5S): "Sulle Province l'ennesima farsa, l'ennesima proroga dei commissari"


"Ennesima proroga dei commissari delle ex Province, ennesima farsa che va in scena all'Ars".
È il commento del capogruppo del M5S all'Ars Antonio De Luca, all'ennesimo rinvio delle elezioni dei vertici degli enti intermedi che mantiene ancora in sella i commissari.
"Ancora una volta - dice De Luca - l'egoismo del centro destra è più forte degli interessi dei siciliani e della decenza. Le spaccature all'interno della maggioranza hanno di nuovo la meglio su tutto e condizionano qualsiasi scelta di questo inconcludente governo che sta riuscendo a far rimpiangere perfino Musumeci e i suoi assessori"



LENTEPUBBLICA

Niente compensi per performance a dipendenti in distacco sindacale a tempo pieno.


La Corte di Cassazione, con la recente sentenza n. 26908/2024, ha chiarito che i dipendenti pubblici in distacco sindacale a tempo pieno non hanno diritto a ricevere i compensi legati alla performance.
La decisione ha confermato una precedente pronuncia della Corte d'Appello di Trento, sezione distaccata di Bolzano, che aveva rigettato la richiesta di un dipendente INPS di ricevere tali compensi durante il periodo di distacco sindacale.
Al centro della questione si trovava la richiesta di compensi aggiuntivi, presentata da un dipendente in distacco presso un'associazione sindacale dal 2015. La Corte d'Appello aveva basato la propria decisione su due criteri:
il primo, previsto dall'art. 7, comma 5, del D.Lgs. 165/2001, stabilisce che le pubbliche amministrazioni non possono elargire compensi accessori non legati a prestazioni effettivamente svolte.
invece il secondo punto si riferisce all'articolo 17 del Contratto Collettivo Quadro (CCNQ) del 1998, che permette di erogare tali compensi solo in proporzione al contributo effettivo del lavoratore.
La Corte ha ritenuto che questa limitazione dovesse essere applicata anche ai dipendenti sindacali a tempo pieno per garantire uniformità con altri lavoratori che operano con un impegno parziale.
La posizione della Cassazione: zero compensi per performance a dipendenti in distacco sindacale a tempo pieno
Il dipendente ha fatto ricorso alla Corte di Cassazione, sostenendo che l'interpretazione della Corte d'Appello violasse il suo diritto costituzionale alla retribuzione, e citando precedenti contrattuali e giudiziari che riconoscevano il diritto agli incentivi anche per chi si assentasse temporaneamente per altri motivi, come permessi per assistere familiari con disabilità o maternità.
La Cassazione ha respinto il ricorso, sostenendo che i compensi per la performance devono essere correlati al lavoro effettivo svolto. Ha confermato che, poiché i compensi incentivanti costituiscono una componente accessoria della retribuzione, il loro riconoscimento ai dipendenti in distacco sindacale a tempo pieno sarebbe contrario alla legge. La Corte ha inoltre precisato che l'art. 7 del D.Lgs. 165/2001 ha carattere imperativo, il che esclude qualsiasi possibilità di interpretazione derogatoria. La sentenza ha ribadito che solo ai lavoratori in distacco parziale può essere riconosciuto un incentivo proporzionale al contributo fornito agli obiettivi.
Pareri discordanti e possibili implicazioni
Il dibattito resta aperto, poiché il dipendente aveva richiamato anche interpretazioni favorevoli del Ministero delle Finanze e di precedenti giudiziari. Tuttavia, la Cassazione ha giudicato questi richiami non rilevanti, ritenendo preminente la normativa primaria. La sentenza segna una linea di rigore nell'applicazione del principio di correlazione tra compensi e prestazioni effettivamente svolte.
Un possibile impatto su altri lavoratori
Questa sentenza potrebbe avere ripercussioni su altri dipendenti pubblici in distacco sindacale a tempo pieno. La Cassazione ha sottolineato come, per garantire equità, le norme sugli incentivi non possano applicarsi diversamente per chi si trova in distacco sindacale rispetto agli altri lavoratori che contribuiscono concretamente agli obiettivi dell'ente di appartenenza. Il caso segna un precedente significativo nel bilanciare i diritti sindacali e le esigenze di efficienza delle pubbliche amministrazioni.


ILSOLE24ORE

L'Italia spaccata dell'Irpef: il 15% dei contribuenti paga i servizi per tutti gli altri


I nuovi numeri dell'Osservatorio Itinerari previdenziali sulle entrate fiscali: dal 2008 al 2022 gettito su del 25%, ma la spesa per il welfare è più che raddoppiata.Sono pochi, circa il 5% degli italiani che presentano la dichiarazione dei redditi. Da soli pagano il 42% dei 189,31 miliardi generati dall'Irpef. E non hanno ricevuto in questi anni nessuna forma di sconto fiscale. Sono i contribuenti che dichiarano al Fisco un reddito superiore a 55mila euro e che ora, se superano anche la soglia dei 75mila, riceveranno un ulteriore aumento di pressione fiscale sotto forma di tetto all'utilizzo delle detrazioni.
Cosa dice l'Osservatorio di Itinerari previdenziali
Circondati ordinariamente da un disinteresse generale, ricevono attenzione pubblica una volta all'anno con la presentazione dell'Osservatorio di Itinerari previdenziali sulle entrate fiscali. Il Centro di ricerche guidato da Alberto Brambilla ha illustrato oggi i nuovi numeri alla Camera in un evento organizzato con la Cida, la confederazione dei dirigenti e delle alte professionalità guidata da Stefano Cuzzilla. Le cifre dicono due cose: che la povera Irpef, trafitta dai regimi sostitutivi e dall'evasione, si è trasformata in modo ormai strutturale in un club per pochi che pagano per tutti gli altri. E che la forte crescita economica vissuta subito dopo il Covid, e fotografata dalle dichiarazioni 2023 sui redditi 2022 oggetto dell'ultima analisi, ha modificato solo marginalmente il quadro.
Il 45,16% degli italiani non ha redditi (o non li dichiara)
Il gettito è cresciuto in un anno del 6,3%, quindi un po' meno del Pil nominale che nel 2022 ha fatto registrare un +7,7%. E si è modificata un po' anche la forma tradizionalmente schiacciata dalla piramide dei redditi dichiarati: perché è salito sia i il numero di contribuenti con redditi compresi tra i 20 e i 29mila euro (9,5 milioni) sia quello dei redditi dai 29mila euro in su, mentre sono diminuite le dichiarazioni che indicano redditi fino a 20mila euro, in calo da 23,133 a 22,356 milioni. Ma questi piccoli smottamenti non cambiano la sostanza della questione: il 45,16% degli italiani non ha redditi (o non li dichiara), e di conseguenza vive a carico di qualcun altro. E quel qualcuno è rappresentato dal 15,26% dei contribuenti, che dichiarando redditi superiori a 35mila euro pagano il 63,39% dell'Irpef italiana. Una minoranza di "ricchi", e fedeli al Fisco, che paga sanità e welfare per tutti gli altri ed è stata fin qui esclusa da ogni forma di agevolazione.
Spesa per il welfare più che raddoppiata dal 2008 al 2022
Ora si discute di «ceto medio», e della possibilità di limare un po' l'aliquota delle fasce centrali di reddito se il concordato preventivo offrirà risorse un po' più generose rispetto alle previsioni che dominano la vigilia. Ma, se andrà bene, si tratterà comunque di un palliativo, in un Paese di "poveri ufficiali" che dal 2008 al 2022 ha visto crescere solo del 25% il gettito dell'Irpef mentre la spesa per il welfare è più che raddoppiata.



LENTEPUBBLICA

Autonomia differenziata: è possibile conferire tutte le materie?

Qualche riflessione in attesa delle pronunce della Corte costituzionale sull'autonomia differenziata riguardo alla possibilità di conferire tutte le materie: l'approfondimento è curato da Fabio Ascenzi.
Con un comunicato stampa diffuso le scorse settimane, la Corte costituzionale ha informato che nel mese di novembre comincerà la discussione sulle questioni di legittimità relative alla cosiddetta legge Calderoli, sollevate ai sensi dell'art. 127 Cost. dalle Regioni Puglia, Toscana, Sardegna e Campania.
A breve, pertanto, Il giudice delle leggi si troverà a entrare nel merito delle obiezioni avanzate dai ricorrenti, passando sotto la lente di ingrandimento gli undici articoli della legge n. 86/2024, recante "Disposizioni per l'attuazione dell'autonomia differenziata delle Regioni a statuto ordinario ai sensi dell'articolo 116, terzo comma, della Costituzione".
Tra i temi di assoluta delicatezza per la tenuta dell'impianto costituzionale ho sempre ritenuto che una particolare attenzione vada dedicata alle materie attribuibili, alle questioni LEP e alla valutazione del ruolo che (non) è stato attribuito al Parlamento.
Ovviamente non che siano gli unici, e un'attenta lettura dei ricorsi presentati ci offre di sicuro un quadro più completo. Ma credo che questi siano fondamentali rispetto alla valutazione che i giudici si apprestano a compiere sulla legge in oggetto.
Appronto delle considerazioni sulla prima questione, tornerò sulle altre con successivi articoli.
Il tema delle materie su cui può essere concessa l'autonomia differenziata
Già il vecchio art. 116 Cost. rappresentava un elemento di interruzione nell'omogeneità del nostro tipo di Stato regionale, con la previsione per ragioni storico-politiche di alcune Regioni a statuto speciale. Ma con la modifica del 2001 si è introdotto un diverso modello di differenziazione, dando la possibilità anche alle Regioni ordinarie di chiedere ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia nelle materie di potestà concorrente e in alcuni ambiti di competenza esclusiva dello Stato.
Ma il punto nodale è: quali e quante materie si possono attribuire?
La legge Calderoli accoglie un'interpretazione estensiva prevedendo che possono essere, potenzialmente, tutte quelle previste dall'art. 116 Cost., terzo comma.
Ritengo che una tale ipotesi sia una forzatura del dettato costituzionale poiché, come ribadito anche da autorevoli studiosi, nella ripartizione delle competenze Stato-Regioni l'art. 116 Cost., terzo comma deve essere inteso come norma speciale, un'eccezione rispetto alla regola, che rimane quella della norma generale dettata nell'art. 117 Cost. Esso, infatti, è una clausola evolutiva e non dissolutiva del sistema dell'autonomia ordinaria.
D'altronde, a prescindere dalle possibilità previste nella Riforma del 2001, pensata oltre vent'anni addietro, la realtà contemporanea ci ha palesato come alcune materie debbano necessariamente avere un controllo nazionale per far sì che sia assicurata una gestione economica ottimale, nonché quell'uguaglianza sostanziale che la nostra Costituzione pretende garantita per tutti i cittadini.
Si pensi solo a quanto accaduto con l'emergenza sanitaria Covid-19 o con le problematiche sull'approvvigionamento energetico a seguito del conflitto russo-ucraino; situazioni che dovrebbero averci insegnato quanto sia fondamentale mantenere sotto il controllo centrale, se non addirittura ricondurre alla competenza legislativa esclusiva dello Stato, quei settori che risultano strategici per il sistema Paese (si pensi solo agli effetti per ambiti quali ambiente, rifiuti, territorio, protezione civile, commercio estero, rapporti con l'UE, infrastrutture stradali e ferroviarie, porti e aeroporti, demanio, energia).
Le richieste dovrebbero essere motivate da oggettive specificità territoriali
Inoltre, nella legge n. 86/2024 le richieste non vengono vincolate ad alcuna necessità di motivazione da parte della Regione richiedente, quando invece il presupposto principale dei desiderata dovrebbe essere proprio la dimostrazione che determinate materie o funzioni possano essere gestite meglio a livello territoriale in ragione di determinate specificità, vocazioni, economie di scala.
E neppure si abbozza una benché minima discussione sulla loro natura, come se la gestione di alcune strettamente economiche (casse di risparmio, enti di credito, sostegno all'innovazione per i settori produttivi, ecc.) possano essere considerate sullo stesso piano di altre che riguardano la tutela dei diritti fondamentali (salute, lavoro, istruzione) su cui la nostra Costituzione detta l'uguaglianza sostanziale tra tutti i cittadini della Repubblica, a prescindere dal territorio dove nascano, vivano o risiedano.
Né, tantomeno, è richiesto uno studio che valuti l'impatto di un siffatto conferimento (anche economico) nei confronti delle altre Regioni e del bilancio dello Stato che dovrà comunque continuare a garantire i servizi per quei territori che non abbiano chiesto la differenziazione, ma non potendolo più fare con la stessa gestione unitaria ed economia di scala.
Premessa, e ribadita per l'ennesima volta, l'impossibilità di svolgere previsioni rispetto al giudizio della Corte, rimango convinto che una possibilità così ampia e immotivata sia palesemente esondante rispetto alla lettera dell'art. 116 Cost. terzo comma, che nel riconoscere alle Regioni la possibilità di vedersi attribuite ulteriori forme e condizioni particolari di autonomia sembra escludere da sé la pretesa di una cessione erga omnes delle 23 materie e conseguenti funzioni.
Un rischio concreto per l'unità nazionale
Un'ipotetica, ma possibile, richiesta su tutte le 23 materie (che si porterebbero dietro circa 500 funzioni!) da parte di tutte le Regioni (o di gran parte di esse) svuoterebbe di fatto la potestà legislativa concorrente statale, comportando una rottura dell'impianto costituzionale, con una vera e propria disarticolazione dello Stato unitario e della sua sovranità, e con la conseguente violazione dell'art. 5 Cost.
Come ben rappresentato nel ricorso presentato dalla Regione Puglia, la stessa Corte costituzionale ha costantemente ribadito che l'esercizio della potestà legislativa concorrente dello Stato sia connessa a indefettibili esigenze di uniformità di regolazione, coerenti con il perseguimento di obiettivi di interesse generale della comunità nazionale (tra le molte, sentenze nn. 106/2022, 240/2022, 77/2022).
E questo perché in tutte le materie di cui all'art. 117 Cost. terzo comma sussiste l'esigenza di dettare norme che, in ragione del loro contenuto e della funzione che hanno nel sistema giuridico, sono espressione di esigenze unitarie bisognose di «coerenza sistematica e di uniformità a livello nazionale» (sent. n. 166/2021).
Persino l'Unione Europea, nell'ultimo Country report 2024 pubblicato a giugno, ha sottolineato l'assenza nella legge di parametri oggettivi per l'individuazione delle materie devolvibili alle Regioni, considerato che non fornisce alcun quadro comune per valutare le richieste regionali di competenze aggiuntive.
Ma a fronte di tali rischi, l'unica contromisura prevista dalla legge Calderoli è che il Presidente del Consiglio possa limitare le materie oggetto dell'Intesa rispetto alle richieste avanzate.
Una risposta assolutamente inadeguata, poiché la tutela dell'interesse nazionale non può essere lasciata alla valutazione discrezionale del solo vertice esecutivo, senza parametri di riferimento univoci e (ancora una volta) con il Parlamento tagliato fuori da decisioni che impattano direttamente sulle proprie prerogative.



LENTEPUBBLICA

Quiz a risposta multipla nei concorsi pubblici: la scelta discrezionale della Pa.


L'analisi di una recente sentenza del TAR a cura del Dott. Marcello Lupoli: nella somministrazione di quiz a risposta multipla nei concorsi pubblici vige per la Pa la scelta discrezionale.
Ferma restando la previsione nel bando di concorso, è legittima la scelta della commissione di procedere con la somministrazione di "batterie" di quiz differenti per i vari turni di convocazione dei candidati, nonché attraverso la cosiddetta "randomizzazione" dei quesiti, trattandosi di quiz diversificati a risposta multipla con punteggi predeterminati e la cui valutazione costituisce un'operazione immediata ed automatica.
È questo, in sintesi, il principio affermato dalla sentenza 11 ottobre 2024, n. 1851, resa dalla III Sezione del T.A.R. Campania, sezione staccata di Salerno.
Il caso
Con il ricorso portato alla cognizione dei giudici amministrativi salernitani alcuni partecipanti ad una procedura concorsuale indetta da un'azienda sanitaria locale e finalizzata ad assumere, tra varie figure, un tecnico della riabilitazione psichiatrica, hanno impugnato il bando di concorso e i provvedimenti amministrativi recanti la calendarizzazione della prova pratica da sostenere, l'elenco degli ammessi alla stessa, nonché l'approvazione della graduatoria di merito, ritenendo che gli stessi fossero affetti da illegittimità per violazione dell'art. 1 del D.P.R. n. 487/1994, per  eccesso di potere per manifesta irragionevolezza e illogicità, per difetto di istruttoria, nonché per sviamento di potere e contraddittorietà dell'azione amministrativa.
In particolare, gli interessati hanno fondato le loro doglianze sulla considerazione che, a loro avviso, a causa delle ritenute generiche previsioni del bando di concorso, con riferimento alla scelta delle materie scientifiche oggetto della prova preselettiva, quest'ultima sarebbe illegittima, in quanto caratterizzata dalla somministrazione di quiz non pertinenti con i profili professionali messi a concorso, peraltro "eterogenei e differenti" per ogni candidato. Tale circostanza, secondo la prospettazione attorea, non avrebbe garantito un identico grado di difficoltà della prova per tutti i partecipanti.
Quiz a risposta multipla nei concorsi pubblici: la scelta discrezionale della Pa
Il ricorso interposto è ritenuto infondato dai giudici amministrativi campani aditi.
Ed invero, prima di soffermarsi sulla fattispecie concreta sub iudice, la sentenza effettua una ricognizione dei recenti orientamenti della giurisprudenza in subiecta materia, e segnatamente dei giudici di Palazzo Spada.
In primis, viene rammentato che "l'Amministrazione gode di ampia discrezionalità nell'individuazione delle modalità di svolgimento della procedura selettiva e nella valutazione delle relative prove, potendo effettuare le proprie scelte nel perimetro tracciato dalla normativa vigente e dalla lex specialis, che costituisce autovincolo per la P.A. (Consiglio di Stato, 20 febbraio 2024, n. 1687)", non essendo, comunque, preclusa "ovviamente la possibilità dei concorrenti di contestare l'agere seguito nel caso concreto, fermo restando 'l'onere della parte di fornire al giudice amministrativo elementi puntuali e circostanziati, seppure indiziari, adeguati al fine di far ragionevolmente ritenere che il concorrente interessato sia stato effettivamente leso dalla sussistenza di una evidente irragionevolezza, o di una grave ingiustizia o disparità di trattamento, o comunque di uno sviamento della specifica procedura selettiva in esame rispetto agli obiettivi di selezione che ne hanno motivato lo svolgimento' (Consiglio di Stato, 25 settembre 2024, n. 7782)".
Inoltre, "con precipuo riferimento alla possibilità di prevedere modalità alternative di svolgimento delle prove, è necessario che queste siano state previste espressamente dal bando di concorso e che risultino tali da rispettare i principi di imparzialità, anonimato e trasparenza" e, relativamente "ai criteri di valutazione, questi possono essere fissati direttamente dal bando oppure essere rimessi alla discrezionalità della Commissione esaminatrice. In tale ultimo caso, è necessario che gli stessi siano fissati prima dell'avvio delle operazioni valutative (cfr. Consiglio di Stato, 25 settembre 2024, n. 7763)".
Con particolare riguardo all'afferenza dei quesiti somministrati rispetto al profilo concorsuale oggetto di selezione, la sentenza ricorda che "la scelta delle domande rientri nello spazio d'azione riservato alla Commissione esaminatrice; di talché, il giudice amministrativo può sindacarne il contenuto soltanto sotto il profilo della legittimità, in caso di illogicità manifesta, contraddittorietà o irragionevolezza (cfr. Consiglio di Stato, 28 settembre 2024, n. 8566)".
Le motivazioni secondo il TAR
Delineato nei termini che precedono lo stato giurisprudenziale in ordine alle tematiche rilevanti nella fattispecie concreta portata all'attenzione dei giudici amministrativi salernitani, la sentenza de qua non ritiene degna di accoglimento la doglianza interposta circa la modalità di svolgimento della prova, caratterizzata dalla somministrazione di "batterie" randomizzate di quiz, osservando che "la Commissione può decidere di procedere con la somministrazione di 'batterie' di quiz, ferma restando la previsione di tale modalità nella lex specialis, differenti per i vari turni di convocazione dei candidati, nonché attraverso la cd. 'randomizzazione' degli stessi quesiti, come accaduto nel caso di specie. Simile scelta, infatti, è considerata pacificamente legittima, eliminando peraltro ogni apprezzamento discrezionale nella correzione poiché, trattandosi di quiz diversificati a risposta multipla con punteggi predeterminati, la valutazione delle prove costituisce operazione immediata ed automatica (cfr. T.A.R. Lazio, Sez. I quater, 5 giugno 2023, n. 9486)".
È ritenuta, del pari, infondata anche l'altra censura avanzata circa l'asserita non pertinenza delle domande poste ai candidati rispetto allo specifico profilo professionale previsto dal bando. Al riguardo la sentenza in disamina osserva "come la lamentata irragionevolezza dei quesiti, in ragione della prevalente 'connotazione piscologica' degli stessi, sia del tutto evanescente".
Le conclusioni dei giudici
In conclusione, il ricorso risulta respinto in quanto infondato, atteso che "l'indicazione delle materie oggetto delle prove d'esame appare correttamente determinata dalla lex specialis": si definisce dunque legittima la somministrazione di "batterie" di quiz eterogenei tra i vari candidati. Inoltre i quesiti sottoposti ai ricorrenti non risultano affatto estranei all'ambito disciplinare oggetto della procedura selettiva in argomento, di guisa che la somministrazione dei quiz come formulati non si ritiene manifestamente illogica.



































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