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L'elezione diretta nelle Province, i tecnici dell'Ars: è a rischio illegittimità costituzionale
Il servizio studi ricorda che 7 anni fa una norma simile fu impugnata in quanto contrastante con i principi recati dalla cosiddetta Delrio Per il Servizio studi dell'Ars le norme del disegno di legge per la reintroduzione del voto diretto nelle ex Province «presenta profili di illegittimità costituzionale in quanto riproduce sostanzialmente quella già a suo tempo approvata con la legge regionale 11 agosto 2017, n. 17, impugnata dal governo statale e poi dichiarata costituzionalmente illegittima dalla sentenza della Corte costituzionale n. 168 del 2018 in quanto contrastante con i principi recati dalla legge cosiddetta Delrio.Il testo di legge è stato approvato ieri in commissione Affari istituzionali dell'Ars, dopo il passaggio in commissione Bilancio sarà pronto per l'aula.La legge Delrio, osservano i tecnici dell'Ars, «impedisce al legislatore regionale di disciplinare la materia degli enti di area vasta in senso difforme dai principi recati dalla legge in questione, fatta salva la possibilità di intervenire per rimuovere la disparità tra città metropolitane e liberi consorzi riscontrata dalla Consulta e fatta oggetto di specifico monito nelle predette sentenze della Corte». «Anche in tal caso, però, il legislatore regionale potrebbe muoversi entro i limiti dei principi tracciati dalla legge n. 56 del 2014 - aggiungono i tecnici dell'Ars - ossia prevedendo anche per i sindaci metropolitani l'elezione di secondo grado, in luogo della coincidenza automatica tra sindaco del comune capoluogo e sindaco metropolitano, al pari di quanto già previsto per i presidenti dei liberi consorzi dalla legge Delrio e dalle corrispondenti norme della legge regionale n. 15 del 2015».
agrigentonotizie.it
Liberi consorzi, l'Ars decide di non decidere: elezioni rinviate all'aprile del 2025Il Partito democratico attacca frontalmente: "Un ignominoso bluff istituzionale".
Tutto rinviato. E non è nemmeno una sorpresa per la politica che, con fatalismo, guardava alle elezioni provinciali sapendo già che nulla sarebbe stato fatto.Dopo la decisione dell'Ars di slittare tutto ad aprile del 2025, con lo scopo nemmeno tanto velato di scongiurare il voto di secondo livello, adesso la Regione è al lavoro per riorganizzare il sistema, dopo anni di letargo imposto agli enti di area vasta.L'assessore regionale alle autonomie locali e alla funzione pubblica, Andrea Messina ha oggi chiarito che ad oggi il decreto ha spostato le consultazioni in una fascia temporale tra il 6 e il 27 aprile."Il differimento delle elezioni - spiega Messina - fa venir meno il decreto del presidente della Regione con il quale erano state indette le elezioni per il prossimo mese di dicembre. Non appena la norma verrà pubblicata sulla Gazzetta ufficiale della Regione Siciliana ed entrerà in vigore, il dipartimento delle autonomie locali provvederà al formale annullamento del procedimento elettorale in corso, ponendo in essere tutti gli atti consequenziali".
L'obiettivo della politica è però quello di evitare che a decidere possano essere i sindaci, perché di fatto sfuggirebbero al controllo centrale di Palermo a causa di equilibri locali. Questo renderebbe ingestibili i risultati finali ed è così che il "pensiero stupendo" a Sala d'Ercole è quello di una modifica alla normativa sul voto per tornare alle elezioni dirette.Ad attaccare a testa bassa la decisione palermitana sono le opposizioni, come il Pd che, con il segretario provinciale Simone di Paola parla di uno "scandalo, tutto in salsa siciliana"."Una vicenda ignominiosa sul piano istituzionale, che offende il prestigio dell'istituzione regionale, cambiando idea ad ogni soffio di vento, alla disperata ricerca degli equilibri migliori per conservare una gestione militante del potere - aggiunge -. Una decisione, quella del governo regionale e della sua maggioranza parlamentare, che ignora del tutto l'opinione e il punto di vista degli amministratori siciliani, lasciati completamente fuori dalla discussione, come se non li riguardasse per niente, che se ne infischia altamente del fatto che in Italia esiste una legge che impone le elezioni di secondo grado. Noi non resteremo in silenzio, continueremo ancora più forte a denunciare queste vergogne, convinti come siamo che i siciliani così come gli italiani stanno aprendo gli occhi sulla inadeguatezza e sulla mancanza di senso dello stato di forze politiche che non meritano di governare questa regione e questo grande paese".
livesicilia.it
Province, le elezioni dirette costano oltre 15 milioni di euro alla RegioneLa stima contenuta in una relazione del dipartimento Autonomie locali
Quindici milioni di euro. A tanto ammonterebbe la spesa per le elezioni dirette nei Liberi consorzi e nelle Città metropolitane. La stima è stata fatta dall'Ufficio elettorale del dipartimento Autonomie locali della Regione, che ha passato ai raggi x il disegno di legge presentato dal centrodestra all'Ars.
Le spese per le elezioni nelle Province
Una tabella allegata alla relazione stima i costi dell'operazione 'voto diretto' in cinque milioni e 150mila euro. Soldi che verrebbero spesi per diverse voci: dalla stampa e trasporto delle schede elettorali (732mila euro per 5,5 milioni di schede) alla realizzazione delle 15 buste elettorali necessarie per le operazioni di voto nei seggi (390.400 euro per seimila buste). Altri 366mila euro andrebbero alla stampa delle tabelle di scrutinio e stesso costo anche per i verbali. I 18mila manifesti dei candidati da affiggere nei seggi costerebbero oltre 146mila euro, così come l'inchiostro e i tamponi per i timbri metallici.E ancora: i 12mila verbali del primo turno e dell'eventuale ballottaggio peserebbero per altri 366mila euro. Le matite copiative, obbligatorie per l'espressione del voto, porterebbero a un esborso di 146.400 euro: ne servirebbero 24mila.
A tutto questo si aggiungono altri 500mila euro per l'eventuale aumento dei prezzi e per le spese impreviste.
Elezioni delle Province, chi paga?
Ma c'è di più, perché se il ddl 815 firmato dai capigruppo di maggioranza non subirà modifiche, la Regione dovrà sborsare altri dieci milioni di euro. Il nodo, secondo gli uffici del dipartimento Autonomie locali, sta tutto in un comma: il numero 5 dell'articolo 6. La norma prevede che "gli oneri per lo svolgimento delle elezioni trovano copertura sul bilancio della Regione".Non soltanto, quindi, le risorse da mettere sul piatto per il materiale necessario alla celebrazione delle votazioni. Il bilancio regionale dovrebbe farsi carico anche di ulteriori spese. Sono quelle per il pagamento dei componenti dei seggi elettorali, delle commissioni e delle sottocommissioni elettorali: in tutto una stangata di ulteriori dieci milioni di euro.La relazione del dipartimento Autonomie localiSul punto, però, gli uffici evidenziano una "discrasia testuale" nel ddl avanzato dal centrodestra. Per quanto riguarda le coperture, viene richiamata la legge regionale 14 del 1969, nella quale si distinguono le spese a carico della Regione da quelle che devono essere supportate dalle "amministrazioni interessate" (le ex Province, appunto).Davanti a questo nodo, gli uffici del dipartimento consigliano "l'opportunità" di superare l'incongruenza. Il tutto per evitare che la Regione "debba farsi carico" anche delle voci di spesa di competenza di Liberi Consorzi e Città metropolitane, enti che dopo il rinvio delle consultazioni di secondo grado continueranno ad essere retti da commissari di governo. https://livesicilia.it/costo-elezioni-dirette-province/