TELEACRAS
Dal Libero consorzio di Agrigento raccolta di alimenti per i Volontari di strada.
Come ogni anno, il personale dell'Ufficio tecnico della Provincia di Agrigento, diretto da Michelangelo Di Carlo, ha donato all'Associazione Volontari di strada il frutto di una raccolta di alimenti. La presidente dell'Associazione a sostegno dei meno abbienti, Anna Marino, ringrazia e aggiunge: "E' un gesto di amore e di solidarietà nei confronti delle tante famiglie agrigentine che vivono situazioni di difficoltà. L'iniziativa promossa dall'ingegnere capo Di Carlo, rappresenta una dimostrazione di vicinanza, che sono certa proseguirà in futuro, e che ci aiuta a lenire la grave crisi alimentare che purtroppo continua a peggiorare".
LENTEPUBBLICA
Il pantouflage vale anche per non dirigenti e partecipate.
In un recente video il Dottor Simone Chiarelli analizza un recente parere dell'Anac che indica chiaramente come il pantouflage valga anche per non dirigenti e partecipate [VIDEO].
Il divieto di pantouflage, noto anche come "clausola di pantouflage", rappresenta un'importante misura di prevenzione della corruzione, applicabile sia ai dirigenti che ai dipendenti non dirigenti delle pubbliche amministrazioni. Recentemente, questo divieto è stato ulteriormente definito e affinato dalle Linee Guida emanate dall'Autorità Nazionale Anticorruzione (ANAC) con delibera n. 493 del 25 settembre 2024.
Il divieto di pantouflage si attua nella fase successiva alla cessazione del rapporto di lavoro o consulenza con una pubblica amministrazione. Si configura come un'ipotesi di incompatibilità successiva, che si aggiunge ai meccanismi di "inconferibilità" e "incompatibilità" previsti dal decreto legislativo 8 aprile 2013, n. 39. Questo significa che i dipendenti non possono accettare incarichi o ruoli in enti privati o pubblici che possano generare conflitti di interesse con le funzioni precedentemente svolte.
Categorie di Dipendenti Sottoposte al Divieto
Il divieto di pantouflage si applica a diverse categorie di dipendenti, tra cui:
Dipendenti in regime di part-time (pari o inferiore al 50%).
Dipendenti in formazione specialistica.
Medici e altri professionisti convenzionati.
Soggetti che ricoprono ruoli strategici (come il Direttore Generale, amministrativo e sanitario).
Personale assunto con contratto di somministrazione.
Componenti di associazioni di volontariato (in conformità con gli accordi sottoscritti).
Norme e Linee Guida di ANAC
Le Linee Guida di ANAC sono state elaborate per supportare le amministrazioni nell'applicazione del divieto di pantouflage. Queste linee forniscono indicazioni pratiche per l'individuazione di misure di prevenzione, integrando quanto stabilito nel Piano Nazionale Anticorruzione 2022.
Potere Regolatorio e Sanzionatorio di ANAC
ANAC ha ricevuto competenze specifiche in materia di pantouflage, che includono l'emissione di pareri e l'esercizio di poteri regolatori e sanzionatori. La giurisprudenza ha riconosciuto ad ANAC la vigilanza e il potere sanzionatorio in materia, come evidenziato nel Piano Nazionale Anticorruzione 2022.
Conclusioni
Il divieto di pantouflage è un meccanismo cruciale per la prevenzione della corruzione nelle pubbliche amministrazioni, applicabile a diverse categorie di dipendenti. Le Linee Guida di ANAC hanno affinato le indicazioni per le amministrazioni, orientandole nella prevenzione del pantouflage. Questo divieto è parte integrante delle misure di prevenzione della corruzione, come disciplinato dalla legge 190/2012 e dalle successive norme di settore.
Il pantouflage vale anche per non dirigenti e partecipate [VIDEO]
Per fornire una panoramica sull'argomento sul proprio canale Youtube Simone Chiarelli, dirigente di Pubblica Amministrazione Locale ed esperto in questioni giuridiche di diritto amministrativo nei settori degli appalti, SUAP, e disciplina generale degli Enti locali, ha messo a disposizione un nuovo video.
SICILIAREPORT
Manovra, niente accordo su tempi approvazione: opposizione attacca governo.
(Adnkronos) - Nessun accordo sui tempi di esame e approvazione della Manovra 2025 tra maggioranza e opposizioni. Questo è quanto emerge dalla fine della riunione dei capigruppo alla Camera. La legge di bilancio dovrebbe però arrivare alla discussione dell'aula mercoledì 18 dalle 14, con votazioni non prima delle 17, quando sarà eventualmente posta la questione di fiducia. A spiegare il motivo per cui non c'è stato l'accordo il ministro per i Rapporti con il Parlamento, Luca Ciriani. "La capigruppo serviva per stabilire un cronoprogramma teorico, non c'è perché non c'è l'unanimità. Il presidente Fontana ne aveva proposto uno che chiudeva su venerdì andando in aula con la fiducia mercoledì, ma su questo non c'è l'accordo", ha detto al termine della riunione.
Protestano, però, le opposizioni, in particolare la capogruppo del Partito democratico, Chiara Braga, e da Avs, con Marco Grimaldi. "La capigruppo ha reso evidente che non ci sono margini per un accordo, le questioni che le opposizioni pongono da giorni al governo e ai relatori non trovano accoglimenti, oltre al fatto che abbiamo visto una gestione parlamentare molto irrispettosa e anche la presentazione di temi del tutto estranei alla manovra, che l'hanno stravolta. Credo dal governo e dalla maggioranza ci sia una modalità inaccettabile di discutere di questi temi mentre il Paese attende risposte su altre questioni, come sanità, lavoro. C'è un interesse spasmodico per questioni poco centrali per lo sviluppo e la tenuta sociale. Non c'è nessun accordo", dice l'esponente dem.
Più duro il rossoverde. "Siamo d'accordo sul fatto che non siamo d'accordo", afferma dopo la conclusione della capigruppo. "La discussione generale non sarà prima di mercoledì pomeriggio, ma non c'è l'accordo neanche sul mandato al relatore di domani mattina e neanche sugli orari di chiusura. Questa finanziaria aveva tutti i tempi per essere discussa nel merito - aggiunge Grimaldi -, oggi non li ha più. Non credo sia difficile comprendere che alcune richieste delle opposizioni erano fatte per togliere dal campo alcune inutile forzature. Adesso vedremo. C'è stata l'ennesima promessa di vedere tutte le riformulazioni entro le 21, ma è un di più. Vogliono affrontare alla garibaldina questa manovra, ma noi possiamo esserlo più di loro".
LENTEPUBBLICA
Chiarimenti su passaggio e uso pubblico di una strada privata.
L'Avvocato Maurizio Lucca analizza una recente sentenza del TAR che ha come focus passaggio e uso pubblico di una strada privata.
Sovente il cammino o il passaggio di persone e mezzi avviene su strade di collegamento non necessariamente pubbliche ma private [1], ossia di proprietà di terzi e non dell'Amministrazione, sicché con il tempo si consolida, o si può consolidare, un uso promiscuo, nel senso che l'originaria tolleranza (l'abbandono, c.d. dicatio ad patriam) [2] si trasforma in un peso sul bene (sedime stradale) tale da perdere l'originaria destinazione, assumendo un'utilità pubblica, ovvero imprimendo al terreno l'uso pubblico: una servitù a favore della popolazione, incidendo sul principio di inviolabilità della proprietà privata, di cui all'art. 42 della Costituzione.
I caratteri dell'uso pubblico
La sez. IV Catania, del TAR Sicilia, con la sentenza 13 dicembre 2024, n. 4088, interviene per delineare questa destinazione ad uso pubblico di una strada in assenza di qualsiasi procedura espropriativa (dichiarazione di pubblica utilità e pagamento dell'indennizzo), ma semplicemente dal costante comportamento di coloro che, senza alcun ostacolo, transitano (hanno transitato) in una proprietà privata, segnando - in fatto - l'interesse pubblico.
Invero, il Tribunale accoglie il ricorso del privato affermando, per consolidata giurisprudenza, che per la costituzione di una servitù pubblica (usucapione, quale modalità d'acquisto a carattere originario della proprietà) di passaggio su una strada privata è necessario che concorrano contemporaneamente (simultaneamente) le seguenti condizioni (tutte da dimostrare con allegazioni probatorie, specie l'interversio possessionis, atta a mutare la mera detenzione, priva di titolo giuridico, in possesso utile ai fini del decorso del periodo utile ad usucapire il bene):
l'uso generalizzato del passaggio da parte di una collettività indeterminata di individui, considerati uti cives in quanto portatori di un interesse generale, non essendo sufficiente un'utilizzazione uti singuli, cioè finalizzata a soddisfare un personale esclusivo interesse per il più agevole accesso ad un determinato immobile di proprietà privata;
l'oggettiva idoneità del bene a soddisfare il fine di pubblico interesse perseguito tramite l'esercizio della servitù;
il protrarsi dell'uso per il tempo necessario all'usucapione [3].
In termini più esplicativi, ai fini della sua configurabilità dell'uso pubblico occorre rinvenire un atto (convenzione o provvedimento ablatorio), oppure un fatto (usucapione, usurpazione espropriativa) che ne abbia trasferito il dominio all'Amministrazione Pubblica, non essendo peraltro sufficiente che la strada stessa sia eventualmente destinata all'uso pubblico, rilevando, tuttavia, che il titolo non deve essere necessariamente costituito da un atto formale ma può essere identificato nell'uso pubblico da tempo immemorabile o almeno ultraventennale [4].
L'uso pubblico di una strada
L'uso pubblico imposto ad una strada consiste in un peso a carico di un bene privato per consentire un'attività a beneficio di una collettività di persone (uti cives), volta a soddisfare un'esigenza di carattere generale e diretta a realizzare un fine di pubblico interesse (passaggio o altro).
A tale peso corrisponde, quindi, un diritto di uso pubblico, il cui contenuto non è predeterminato, dovendo unicamente essere idoneo a soddisfare un interesse pubblico attraverso il suo esercizio da parte di una collettività indistinta di persone [5].
Si comprende che il diritto di "passaggio" non incide sulla titolarità del diritto di proprietà, che rimane in capo al privato, comunque limitandone le facoltà in vista della realizzazione dell'interesse generale consistente nel parziale utilizzo da parte della collettività di riferimento: la proprietà privata viene, dunque, per tale via funzionalizzata al pubblico interesse mediante l'istituzione su di essa di un diritto parziario, qualificato ex lege come demaniale [6].
Assenza dell'uso pubblico
Di contro, non vi è, invece, uso pubblico qualora il passaggio venga esercitato unicamente dai proprietari dei fondi in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi, ovvero da coloro che abbiano occasione di accedervi per esigenze connesse ad una privata utilizzazione [7], oppure, infine, rispetto a strade destinate al servizio di un determinato edificio o complesso di edifici [8].
In breve, dunque, affinché una strada privata possa essere assoggettata ad uso pubblico essa deve essere idonea a soddisfare esigenze di interesse generale e non dei singoli per far fronte a propri bisogni:
l'assoggettamento di una via privata alla pubblica utilità richiede un'adeguata motivazione in ordine alla concreta idoneità della strada a soddisfare dette esigenze collettive, nonché un titolo valido a sorreggere l'affermazione del diritto di uso pubblico come, ad esempio, la protrazione dell'uso stesso da tempo immemorabile (aspetto da rendicontare):
la prova della servitù di uso pubblico di una strada richiede, quindi, oltre all'uso pubblico, un atto pubblico o privato, ovvero l'intervenuta usucapione ventennale, fermo restando l'accertamento dell'idoneità della strada a soddisfare esigenze di carattere pubblico [9].
In questo senso, si può ritenere (rafforzando il giudizio) che l'Amministrazione anche qualora vantasse un uso pubblico di passaggio su un'area di proprietà privata, avendo una servitù di uso pubblico, non potrebbe mai affievolire e limitare il diritto di godimento uti civis mediante atti concessori in favore di privati, ossia di singoli soggetti, che siano in contrasto con l'uso generale da parte della collettività [10]: l'Amministrazione, quale mero titolare diritto reale di godimento di natura pubblicistica, non può, pertanto, disporre uti dominus del bene, attribuendone il godimento esclusivo (uso speciale) in favore di un singolo, riconfermando l'assenza di un uso pubblico quando l'utilizzo è limitato [11].
Per dimostrare l'uso pubblico bisogna dare prova dell'uso esercitato "iuris servitutis publicae" da parte di una collettività di persone, non potendo neppure arguire tale uso dalla presenza di un passaggio autorizzato dei mezzi pubblici o di soccorso (passaggio limitato a categorie autorizzate per lo svolgimento di servizi di pubblico interesse), oppure da qualche intervento dell'Amministrazione sul bene dovendo semmai intervenire con l'intento palese di mettere il bene a beneficio della comunità [12].
Questa ultima considerazione conduce ad affermare che deve escludersi l'uso pubblico quando il passaggio venga esercitato unicamente dai proprietari di determinati fondi (agricoli) in dipendenza della particolare ubicazione degli stessi, o da coloro che abbiano occasione di accedere ad essi per esigenze connesse alla loro privata utilizzazione (abitazione), oppure, infine, rispetto a strade destinate al servizio di un determinato edificio o complesso di edifici [13]: l'ubicazione della strada utilizzata dai soli comproprietari frontisti non legittima la costituzione di una servitù di uso pubblico o addirittura a rendere pubblica la strada stessa (diritto di passaggio di una collettività indeterminata di cittadini portatori di un interesse generale) [14].
Neppure può inverarsi la c.d. dicatio ad patriam che richiede un comportamento del proprietario del bene che deponga in modo univoco, nel senso della spontanea messa a disposizione del bene medesimo a favore di una collettività indeterminata di cittadini, quando sia evidente che il titolare del bene intenda opporsi all'uso generale (la manifestazione di mettere il bene per l'utilità pubblica).
Quanto alle previsioni contenute negli strumenti urbanistici, si annota come le stesse non possano da sole costituire diritti reali in favore dell'Amministrazione pubblica, con la conseguenza che un'area/strada privata rimane tale anche se lo strumento urbanistico la classifichi come area pubblica o come area destinata ad uso pubblico [15].
Mancanza dei presupposti
In mancanza dei succitati presupposti e di una valida procedura espropriativa, l'occupazione sine titulo di un bene, quale che sia la sua forma di manifestazione (vie di fatto, occupazione usurpativa, occupazione acquisitiva), in assenza di un acquisto alla proprietà pubblica, mediante l'emanazione di un provvedimento a tal fine indirizzato e in buona e debita forma [16], configura di per sé un illecito permanente [17].
La conseguenza inevitabile comporta l'annullamento degli atti emanati che insistono sul bene, atteso che il decorso del tempo non può spiegare alcun esito abdicativo, tenuto conto che gli effetti lesivi si rinnovano di giorno in giorno finché perdura la situazione di illiceità, con la conseguenza che medio tempore non può decorrere alcuna prescrizione - relativamente ai diritti scaturenti in favore dei proprietari - e, tantomeno, in mancanza dell'estrinsecazione di un fatto esterno atto a valere quale effettiva interversio possessionis, un periodo utile ad usucapionem.
Condotta doverosa
L'Amministrazione potrà (dovrà nell'esercizio del suo potere discrezionale) [18] risolvere l'illecito venutasi a creare, restituendo il terreno, previo ripristino dello stato dei luoghi, ovvero adottando, in via subordinata, il decreto di acquisizione, con conseguente versamento del relativo indennizzo per il pregiudizio patrimoniale e non [19], da calcolarsi secondo i parametri ivi indicati dal legislatore, con comunicazione alla Corte dei conti (per eventuali responsabilità).
Interventi pubblici su strada privata
Va aggiunto che anche in una strada vicinale o privata (senza uso pubblico) non è precluso all'Amministrazione intervenire per ragioni di sicurezza pubblica, quando vi è comunque un uso, anche sporadico da parte della collettività.
Infatti, l'impegno di risorse pubbliche può giustificarsi non solo per interventi su strade pubbliche o ad uso pubblico, «perché devono ritenersi sempre ammessi interventi degli enti pubblici volti a tutelare la sicurezza e l'incolumità pubblica prescindendo dagli eventuali benefici indirettamente ritraibili da privati», soprattutto ove si dimostri l'esigenza di prevenire il rischio idrogeologico o la caduta massi o altre ragioni di tutela generale: un'esigenza pubblica che sovrasta l'interesse del privato [20].
GIORNALE DI SICILIA
Agricoltura, politiche e soluzioni per contrastare crisi e siccità: incontro a Palermo.
Dal Piano Mattei alla salubrità del cibo che arriva sulle nostre tavole, dai problemi strutturali atavici che affliggono l'agricoltura siciliana alle scelte europee lontane dal Mediterraneo sino ad arrivare alle criticità connesse al cambiamento climatico. È stato tutto questo l'incontro dal titolo Agricoltura, cibo e salute - La Sicilia fra siccità e Piano Mattei organizzato dall'Associazione ambientalista Ecò a Palermo presso il Grand Hotel Wagner.
Un incontro molto partecipato dagli addetti ai lavori del settore: «È un primo passo attraverso il quale desideriamo porre al centro dell'attenzione i problemi dell'agricoltura siciliana che è sempre stata un po' la Cenerentola delle attività economiche della nostra regione - ha spiegato Massimo Fundarò, presidente dell'associazione -. Siamo in un momento di profonda crisi in cui sebbene ci siano aziende che rappresentano un'eccellenza, vanno bene e riescono ad affrontare il mercato, contemporaneamente c'è tutto un sistema cooperativo, cantine sociali, piccoli e medi produttori, che sono sull'orlo del baratro. La prossima tappa sarà con una delegazione a Bruxelles».
L'incontro si è aperto con l'intervento in video collegamento del sindaco di Vittoria, Francesco Aiello, che ha puntato l'accento sulla mancanza in politica di una voce di tutela nei confronti del mondo agricolo siciliano. A fargli da eco, elencando alcuni dati riguardanti non solo l'agricoltura siciliana ma anche il settore degli allevamenti, Carmelo Galati, vice presidente dell'Unione Allevatori Sicilia: «La nostra Regione si è dimostrata impreparata nell'affrontare la siccità. Ogni allevatore è stato costretto a portare al macello ben il 30% dei suoi capi, ogni giorno venivano macellati 700 animali. Il fieno, che sarebbe dovuto arrivare a maggio, è arrivato a novembre».
Tra i relatori Roberta Urso, delegata regionale dell'associazione Donne del Vino, che ha fornito dati sull'abuso di alcol in Italia: «Ben 8 milioni di persone sono a rischio per patologie alcol correlate e 800mila di questi sono minorenni. Nel 2002 hanno fatto ingresso nel mercato italiano le cosiddette bevande alcolpop o premix che oggi vengono consumate da tanti giovanissimi perché costano pochissimo e sono molto accattivanti col loro packaging colorato. Si presentano come bevande innocue, in realtà iniziano al consumo di alcol».
A Luigi Maria Montalbano, direttore di Endoscopia Digestiva a Villa Sofia, il compito invece di illustrare i danni derivanti da un'agricoltura chimica, sfatando al contempo molti luoghi comuni, dalle reali differenze tra grani antichi e moderni alla cosiddetta concia dei semi. A conferma della validità di un'agricoltura biologica che fa bene non solo alla salute ma che è efficace anche nel contrastare i cambiamenti climatici l'esperienza di Piero Ganduscio, imprenditore agrumicolo bio: «Attraverso metodiche di coltivazione bio, come quella dell'inerbimento, la mia produzione, malgrado la siccità, non ha subito cali».
Le conclusioni dell'incontro sono state affidate all'europarlamentare del gruppo dei Verdi Leoluca Orlando: «Più attenzione dell'Europa per il Mediterraneo e più Mediterraneo in Europa. Nel Mediterraneo l'agricoltura è centrale per lo sviluppo economico, è centrale per la giustizia sociale, essenziale per una questione ambientale. Parlare di agricoltura è parlare al tempo stesso della vita della gente, è parlare anche del cibo, è parlare anche dell'agroalimentare, parlare di tutta la vastissima serie di specialità e specializzazioni che spesso vengono ignorate che hanno una dimensione mediterranea che viene trascurata. Credo che ora sia il tempo di evitare che le scelte dell'Europa sull'agricoltura siano condizionate, determinate da prodotti, da produzioni e da procedure che sono della Mitteleuropa ma non del Mediterraneo. Questo costituisce una sfida e questo incontro vuole essere un ascolto ma anche al tempo stesso per progettare insieme una presenza diversa, più forte, più autorevole di chi opera nel mondo dell'agricoltura dentro l'istituzione europea».