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rassegna stampa del 29 gennaio 2025

lentepubblica.it

Legge 104, per Cassazione lo Smart Working è diritto incontestabile

Una sentenza che rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori con disabilità: la Cassazione conferma che per i dipendenti che fruiscono della Legge 104 esiste un diritto incontestabile alla modalità di organizzazione tramite Smart Working.La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 605 del 10 gennaio 2025, ha infatti stabilito che il lavoro agile può costituire un "ragionevole accomodamento" per i lavoratori con disabilità, confermando il diritto di questi ultimi a vedersi garantite condizioni lavorative che evitino discriminazioni.La vicenda trae origine dal ricorso di un dipendente con gravi deficit visivi, impiegato presso un'azienda del settore customer care. Dopo un primo rigetto da parte del Tribunale di Nola, la Corte d'Appello di Napoli ha accolto la richiesta del lavoratore, ordinando all'azienda di consentirgli di svolgere la propria mansione in modalità agile o presso una sede più vicina alla sua residenza.La decisione si è basata sul principio di parità di trattamento, sancito dal decreto legislativo n. 216/2003, che impone al datore di lavoro di adottare misure adeguate per garantire l'inclusione dei dipendenti con disabilità.Legge 104, per Cassazione lo Smart Working è diritto incontestabileSecondo la Cassazione, l'obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli implica una valutazione concreta della fattibilità del lavoro da remoto, tenendo conto dei costi per l'azienda, come l'acquisto di strumenti idonei e la formazione del personale. Tuttavia, tali oneri non devono risultare sproporzionati rispetto ai benefici per il lavoratore.Nel caso specifico, l'esperienza maturata durante l'emergenza sanitaria ha dimostrato che la prestazione lavorativa poteva essere efficacemente svolta in smart working, rendendo tale soluzione praticabile e conforme alla normativa vigente.  La Corte ha sottolineato che l'adozione di strumenti tecnologici, come software di lettura vocale e adattamenti ergonomici della postazione di lavoro, non comportano costi eccessivi per l'azienda rispetto al beneficio di garantire l'autonomia del dipendente.Ha anche evidenziato che la continuità operativa dell'azienda non risulterebbe compromessa, poiché il lavoratore ha già dimostrato di poter adempiere ai propri compiti in modalità agile con successo.L'azienda ha impugnato la sentenza, sostenendo che l'assegnazione alla sede più vicina alla residenza del dipendente fosse una decisione arbitraria, che le impediva di definire autonomamente le modalità di lavoro agile.Inoltre, ha contestato l'assenza di un accordo individuale per l'attivazione dello smart working, come previsto dalla legge n. 81/2017, e la mancata possibilità di esercitare il diritto di recesso.Le conclusioni dei giudiciLa Cassazione ha respinto tali argomentazioni, ribadendo che la normativa europea e internazionale, tra cui la direttiva 2000/78/CE e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, impone l'adozione di soluzioni che favoriscano l'autonomia e l'integrazione lavorativa dei soggetti disabili.La Corte ha chiarito che, in materia di discriminazione, l'onere della prova si configura in maniera specifica: il lavoratore deve dimostrare la disparità di trattamento, mentre spetta al datore di lavoro provare l'impossibilità di adottare misure alternative. Ha inoltre sottolineato che la previsione di un accordo individuale non può essere utilizzata come strumento per negare un accomodamento ragionevole, qualora le condizioni operative e organizzative consentano l'attivazione dello smart working senza pregiudizio per l'attività produttiva.Questa sentenza rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori con disabilità, affermando il principio che le esigenze aziendali devono bilanciarsi con il diritto all'inclusione e alla parità di opportunità nel contesto lavorativo. Tale pronunciamento consolida un orientamento volto a garantire una maggiore equità nel mondo del lavoro, promuovendo l'accesso a soluzioni flessibili e inclusive.



GIORNALE DI SICILIA 

L'ex prefetto di Palermo Cucinotta nel cda della Fondazione Agrigento.

L'ex prefetto di Palermo, Maria Teresa Cucinotta, è la nuova componente del consiglio di amministrazione della fondazione Agrigento 2025 e dovrebbe essere il nuovo presidente dell'ente che dovrà gestire Capitale italiana della cultura. Il funzionario ha accettato l'incarico propostole dal presidente Giovanni Perino dell'Empedocle consorzio universitario, che è a capo di uno dei soci fondatori.
Sarà il Cda a votare a maggioranza per individuare Cucinotta come sostituta del presidente Giacomo Minio, che si è dimesso nei giorni scorsi su richiesta del sindaco di Agrigento Franco Micciché.


CANICATTIWEB

Province, Faraone: "Inutile proposta Ars su elezione presidenti"

"Leggo comunicati di esponenti siciliani leghisti (ossimoro) che festeggiano per l'avvenuta presentazione di un emendamento che a loro dire consentirà all'Assemblea regionale siciliana di reintrodurre l'elezione diretta del presidente della provincia. Si tratta di un emendamento presentato in sede di conversione del d.l. 208/2024 che fra le altre cose corre in soccorso del governo regionale incapace di assicurare la distribuzione dell'acqua ai siciliani". Lo dice Davide Faraone, capogruppo di Italia Viva alla Camera.
"Sono facile profeta nel dire che la proposta, seppure dovesse passare, è destinata alla stessa fine del ddl Calderoli. Infatti come la legge Calderoli è stata polverizzata dalla Corte costituzionale, lo stesso destino attende la formidabile iniziativa dei leghisti del sud. Per prima cosa non c'è alcun rapporto tra la materia del decreto legge (misure di contrasto alla scarsità idrica) e l'emendamento che mira a combattere la siccità attraverso l'elezione diretta del presidente della provincia. È noto infatti che con l'elezione diretta del presidente della provincia il cambiamento climatico si arresterà, i dissalatori riprenderanno a funzionare e le falle delle condotte idriche miracolosamente spariranno. Inoltre, l'emendamento proposto si pone in manifesta violazione dell'articolo. 117 comma 2 lett. P e pensa di introdurre una deroga alla costituzione. Per Calderoli &co. la costituzione può essere derogata dalla legge ordinaria senza alcun problema. La Sicilia sarebbe l'unico territorio che si sottrae alle disposizioni generali dell'ordinamento degli enti locali, così da realizzare una legge ad hoc palesemente irragionevole. Per non parlare dell'ulteriore mortificazione dell'autonomia speciale. Lo statuto - legge costituzionale si trasforma in statuto-legge ordinaria. Grazie alla lega sparisce l'autonomia speciale della Sicilia", conclude. 


SICILIANEWS24

Investimenti Anas in Sicilia, Schifani "Attenzione senza precedenti per la nostra Isola"

Soddisfazione viene espressa dal presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, per i risultati straordinari ottenuti da Anas in Sicilia negli ultimi anni. E' quanto si legge in una nota.
«Il forte incremento degli interventi, sia per la manutenzione programmata sia per le nuove opere - dice Schifani -, rappresenta una notizia di grande rilevanza per il nostro territorio. Con oltre 427 milioni di euro già investiti complessivamente nel 2024, e una previsione di spesa di 484 milioni per quest'anno, possiamo finalmente imprimere una svolta decisiva alla sicurezza e alla qualità della nostra rete stradale e autostradale. I dati evidenziano un'attenzione senza precedenti per la nostra Isola: un aumento del 413% negli investimenti per nuove opere dal 2021 è un segnale chiaro della volontà di potenziare le infrastrutture, migliorare la mobilità e rilanciare lo sviluppo economico».
«Un esempio concreto - prosegue il presidente della Regione - è il lavoro avviato sulla A19 Palermo-Catania, arteria fondamentale per la Sicilia, per cui ho l'onore di ricoprire il ruolo di commissario straordinario per il Piano di manutenzione. Questo incarico mi consente di seguire direttamente le attività, accelerando i processi e garantendo il massimo coordinamento tra Regione e Anas. La riqualificazione di questa autostrada, insieme ai tanti altri interventi previsti, è una priorità strategica per collegare meglio il nostro territorio e migliorare la qualità della vita dei siciliani».
«Voglio ringraziare Anas e in particolare l'amministratore delegato Aldo Isi - conclude Schifani - per il grande impegno, ma anche tutti i lavoratori che quotidianamente contribuiscono alla realizzazione di opere essenziali per il nostro futuro. La Sicilia merita infrastrutture moderne ed efficienti, e insieme continueremo a lavorare per raggiungere questo obiettivo, senza mai tralasciare il rispetto del cronoprogramma sull'esecuzione degli interventi che ci siamo dati».



LENTEPUBBLICA

Arriva la firma definitiva sul CCNL Funzioni Centrali 2022-2024.

Concluse le procedure di controllo, l'Aran e le parti sindacali hanno messo la firma in via definitiva sul testo del CCNL del Comparto Funzioni Centrali, per il periodo 2022/2024.
A seguito della sottoscrizione il contratto è entrato definitivamente in vigore e attiva tutti i suoi effetti nei confronti di tutti i dipendenti rientranti nel comparto delle Funzioni Centrali.
Anche in questo caso le organizzazioni sindacali non hanno espresso unanimità sull'accordo: mancano infatti le firme sull'accordo di FP CGIL, CGIL, UIL PA, UIL, USB PI e USB.
Questi sindacati hanno infatti espresso critiche su tutta la contrattazione collettiva e, in particolare, negli ultimi giorni hanno annunciato battaglia nella trattativa del rinnovo del CCNL degli Enti locali.
Ciò detto, analizziamo in sintesi quali sono le principali novità del testo definitivo destinato al personale di ministeri, agenzie fiscali ed enti pubblici economici che, nelle settimane scorse, ci era stato già anticipato direttamente dal presidente dell'Aran Antonio Naddeo.
Le novità del testo finale
In primo luogo, in materia di trattamento economico, l'accordo riconosce ai dipendenti un incremento stipendiale medio di circa 165 euro per 13 mensilità.
Il nuovo accordo prevede interventi volti a agevolare l'attuazione del nuovo sistema di classificazione del personale. Sul punto si segnala, ad esempio, il rafforzamento del sistema di incarichi di posizione organizzativa e professionale, volto a valorizzare le competenze professionali dei lavoratori ed allo stesso tempo prevede un riconoscimento stabile a coloro cui per almeno 8 anni sia stato affidato un incarico di posizione organizzativa;
Sono inoltre presenti miglioramenti nella regolamentazione del lavoro a distanza anche mediante un possibile ampliamento delle giornate svolte in tale modalità per i lavoratori che abbiano particolari esigenze di salute o necessità di assistere familiari disabili.
La firma definitiva apre la possibilità di erogazione del buono pasto anche nelle giornate di lavoro svolte in modalità agile.
C'è anche un ulteriore sviluppo degli istituti di partecipazione sindacale, quale segnale della volontà delle parti di mantenere un dialogo costruttivo e collaborativo tra Amministrazioni e Organizzazioni sindacali;
Per la prima volta vige la possibilità, in via sperimentale e garantendo comunque qualità e livello dei servizi resi all'utenza, di poter articolare l'orario di lavoro di 36 ore settimanali su quattro giorni, previa adesione volontaria da parte dei lavoratori (anche qui argomento anticipato sulla nostra testata dal presidente Naddeo).
Si trova nel contratto la rivisitazione di alcuni istituti normo-economici previsti dal precedente CCNL, che ha portato all'ampliamento delle ore di permesso per espletamento di visite, terapie o prestazioni diagnostiche, ai dipendenti con più di 60 anni di età.
Infine c'è la previsione, in linea con gli indirizzi normativi europei e nazionali, di una nuova clausola sull'"Age management", con l'introduzione di strumenti organizzativi atti a valorizzare i punti di forza delle diverse generazioni presenti nelle amministrazioni, affrontare l'invecchiamento della forza lavoro, gestire il prolungamento della vita lavorativa e promuovere le pari opportunità fra lavoratori di diverse fasce di età.



LENTEPUBBLICA

Le ultime dal TAR su monetizzazione ferie non godute dei dipendenti pubblici.

Con la sentenza n. 19/2025, il TAR Friuli-Venezia Giulia affronta il tema, sempre attuale e delicato, della monetizzazione delle ferie non godute da parte dei dipendenti pubblici, con particolare riferimento al caso di un militare in congedo della Guardia di Finanza.
Il giudizio nasce dall'impugnazione, da parte del ricorrente, di un provvedimento con cui il Ministero dell'Economia e delle Finanze (MEF) aveva parzialmente respinto la sua richiesta di riconoscimento dell'indennità sostitutiva per ferie non fruite.
La controversia ruota attorno alla mancata fruizione, da parte del ricorrente, di 48 giorni di licenza ordinaria maturata tra il 2020 e il 2021, precedentemente al suo collocamento in aspettativa per infermità. Secondo l'Amministrazione, tale mancata fruizione sarebbe stata attribuibile alla volontà del lavoratore, che non aveva presentato un'istanza per usufruire dei giorni maturati prima del collocamento in aspettativa.
In altre parole, il finanziere, prima di mettersi in aspettativa, avrebbe dovuto godere di tutte le ferie rimanenti, pena la decadenza da tale diritto.
Per questa ragione, in base alla normativa vigente, ossia l'art. 905, co. 2, del d.lgs. n. 66/2010 ("prima del collocamento in aspettativa per infermità sono concessi i periodi di licenza non ancora fruiti") e l'art. 5, co. 8, del d.l. n. 95/2012 ("le ferie, i riposi ed i permessi spettanti al personale, [...], sono obbligatoriamente fruiti secondo quanto previsto dai rispettivi ordinamenti e non danno luogo in nessun caso alla corresponsione di trattamenti economici sostitutivi"), secondo il MEF i giorni non utilizzati non potevano essere monetizzati.
Indice dei contenuti
Il TAR del Friuli sulla monetizzazione delle ferie non godute da parte dei dipendenti pubblici
Onere probatorio
Il divieto di monetizzazione non è automatico
Il testo della sentenza
Il TAR del Friuli sulla monetizzazione delle ferie non godute da parte dei dipendenti pubblici
Il TAR, tuttavia, adotta una prospettiva differente, accogliendo il ricorso e ribaltando la posizione del MEF. Il punto centrale della sentenza risiede nell'affermazione del diritto del lavoratore a ricevere un'informazione completa, chiara e trasparente da parte del datore di lavoro circa le conseguenze derivanti dalla mancata fruizione delle ferie. In particolare, il TAR richiama la pronuncia della Corte di Giustizia UE nella causa C-218/22, che stabilisce che il diritto alle ferie annuali retribuite non può estinguersi laddove il lavoratore non abbia potuto beneficiare di tale diritto per mancanza di una specifica informazione da parte del datore di lavoro.
La Corte di Giustizia ha chiarito, infatti, che il datore di lavoro è tenuto a garantire che il lavoratore sia posto nelle condizioni di esercitare il proprio diritto a godere delle ferie annuali retribuite, informandolo tempestivamente e accuratamente delle conseguenze della mancata fruizione. Tale obbligo si estende anche alla necessità di sollecitare formalmente il lavoratore a godere dei giorni maturati.
Onere probatorio
L'onere probatorio grava in capo al datore di lavoro, il quale deve dimostrare di aver esercitato "tutta la diligenza necessaria affinché il lavoratore fosse effettivamente in condizione di fruire delle ferie annuali retribuite". Diversamente, continua il TAR, "l'estinzione del diritto a tali ferie alla fine del periodo di riferimento o del periodo di riporto autorizzato e, in caso di cessazione del rapporto di lavoro, il correlato mancato versamento di un'indennità finanziaria per le ferie annuali non godute violino, rispettivamente, l'articolo 7, paragrafo 1, e l'articolo 7, paragrafo 2, della direttiva 2003/88 nonché l'articolo 31, paragrafo 2, della Carta".
Ebbene, nel caso in esame, il TAR evidenzia come l'Amministrazione non abbia assolto all'onere della prova, non avendo dimostrato di aver fornito al ricorrente una comunicazione adeguata e completa sulle conseguenze della mancata richiesta di fruizione delle ferie. Questa carenza informativa, osserva il Collegio, rende illegittima l'estinzione del diritto alle ferie non godute e, conseguentemente, il mancato riconoscimento dell'indennità sostitutiva.
Il divieto di monetizzazione non è automatico
La sentenza ribadisce inoltre che il divieto di monetizzazione delle ferie non godute non può operare automaticamente in tutti i casi, ma è limitato alle situazioni in cui il datore di lavoro dimostri di aver adempiuto all'obbligo di informazione e di sollecito verso il dipendente. In assenza di tali comportamenti, come nel caso di specie, la mancata fruizione delle ferie non può essere considerata imputabile esclusivamente alla volontà del lavoratore.
In conclusione, il TAR accoglie il ricorso, annulla il provvedimento impugnato e riconosce il diritto del ricorrente a ricevere l'indennità sostitutiva per i giorni di ferie non goduti. La decisione rappresenta un'ulteriore conferma dell'importanza di un comportamento diligente e trasparente da parte delle amministrazioni pubbliche, nel rispetto dei principi di diritto dell'Unione Europea e a tutela dei diritti dei lavoratori.


LENTEPUBBLICA

Legge 104, per Cassazione lo Smart Working è diritto incontestabile.

Una sentenza che rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori con disabilità: la Cassazione conferma che per i dipendenti che fruiscono della Legge 104 esiste un diritto incontestabile alla modalità di organizzazione tramite Smart Working.
La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 605 del 10 gennaio 2025, ha infatti stabilito che il lavoro agile può costituire un "ragionevole accomodamento" per i lavoratori con disabilità, confermando il diritto di questi ultimi a vedersi garantite condizioni lavorative che evitino discriminazioni.
La vicenda trae origine dal ricorso di un dipendente con gravi deficit visivi, impiegato presso un'azienda del settore customer care. Dopo un primo rigetto da parte del Tribunale di Nola, la Corte d'Appello di Napoli ha accolto la richiesta del lavoratore, ordinando all'azienda di consentirgli di svolgere la propria mansione in modalità agile o presso una sede più vicina alla sua residenza.
La decisione si è basata sul principio di parità di trattamento, sancito dal decreto legislativo n. 216/2003, che impone al datore di lavoro di adottare misure adeguate per garantire l'inclusione dei dipendenti con disabilità.
Legge 104, per Cassazione lo Smart Working è diritto incontestabile
Secondo la Cassazione, l'obbligo di adottare accomodamenti ragionevoli implica una valutazione concreta della fattibilità del lavoro da remoto, tenendo conto dei costi per l'azienda, come l'acquisto di strumenti idonei e la formazione del personale. Tuttavia, tali oneri non devono risultare sproporzionati rispetto ai benefici per il lavoratore.
Nel caso specifico, l'esperienza maturata durante l'emergenza sanitaria ha dimostrato che la prestazione lavorativa poteva essere efficacemente svolta in smart working, rendendo tale soluzione praticabile e conforme alla normativa vigente.  La Corte ha sottolineato che l'adozione di strumenti tecnologici, come software di lettura vocale e adattamenti ergonomici della postazione di lavoro, non comportano costi eccessivi per l'azienda rispetto al beneficio di garantire l'autonomia del dipendente.
Ha anche evidenziato che la continuità operativa dell'azienda non risulterebbe compromessa, poiché il lavoratore ha già dimostrato di poter adempiere ai propri compiti in modalità agile con successo.
L'azienda ha impugnato la sentenza, sostenendo che l'assegnazione alla sede più vicina alla residenza del dipendente fosse una decisione arbitraria, che le impediva di definire autonomamente le modalità di lavoro agile.
Inoltre, ha contestato l'assenza di un accordo individuale per l'attivazione dello smart working, come previsto dalla legge n. 81/2017, e la mancata possibilità di esercitare il diritto di recesso.
Le conclusioni dei giudici
La Cassazione ha respinto tali argomentazioni, ribadendo che la normativa europea e internazionale, tra cui la direttiva 2000/78/CE e la Convenzione ONU sui diritti delle persone con disabilità, impone l'adozione di soluzioni che favoriscano l'autonomia e l'integrazione lavorativa dei soggetti disabili.
La Corte ha chiarito che, in materia di discriminazione, l'onere della prova si configura in maniera specifica: il lavoratore deve dimostrare la disparità di trattamento, mentre spetta al datore di lavoro provare l'impossibilità di adottare misure alternative. Ha inoltre sottolineato che la previsione di un accordo individuale non può essere utilizzata come strumento per negare un accomodamento ragionevole, qualora le condizioni operative e organizzative consentano l'attivazione dello smart working senza pregiudizio per l'attività produttiva.
Questa sentenza rappresenta un importante passo avanti nella tutela dei diritti dei lavoratori con disabilità, affermando il principio che le esigenze aziendali devono bilanciarsi con il diritto all'inclusione e alla parità di opportunità nel contesto lavorativo. Tale pronunciamento consolida un orientamento volto a garantire una maggiore equità nel mondo del lavoro, promuovendo l'accesso a soluzioni flessibili e inclusive.





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