AGRIGENTOOGGI.IT
Arrivano oltre due milioni di euro per il completamento di una scuola agrigentina
Il Libero Consorzio Comunale di Agrigento ha aggiudicato l'appalto relativo ai lavori di costruzione della palestra e al completamento di parte dei laboratori dell'Istituto Tecnico per il Commercio di Campobello di Licata. La gara, alla quale hanno partecipato 212 imprese, è stata effettuata con procedura integralmente telematica ed inversione procedimentale, ed è stata aggiudicata all'impresa "Great Works Srl" con sede a Gela (Cl) che ha offerto il maggior ribasso del 31,77%, per un importo contrattuale complessivo di 2.251.953 euro più Iva (compresi 130.000 euro per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso). I lavori sono stati interamente finanziati con fondi statali, destinati ai Liberi Consorzi e alle città metropolitane per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole.
AGRIGENTO2025
Osservatorio Permanente: Nuovo Punto di Riferimento per Agrigento Capitale della Cultura 2025.
In un clima di crescente partecipazione e richiesta di trasparenza, nasce ad Agrigento l'Osservatorio Permanente dedicato alla manifestazione "Agrigento Capitale della Cultura 2025". L'iniziativa, annunciata in seguito a un incontro al Circolo Culturale Pasolini, vede la partecipazione di numerose associazioni, circoli culturali, club service, fondazioni ed enti che si sentono esclusi dal percorso ufficiale. Il progetto intende mettere in luce criticità e proporre iniziative parallele, offrendo uno spazio di confronto e monitoraggio che, in un'ottica di rigenerazione culturale, coinvolge attivamente la società civile.
Un incontro per il cambiamento
L'Osservatorio ha preso forma durante un evento che ha riunito rappresentanti delle realtà locali, già in passato protagonisti di importanti incontri culturali. L'idea nasce dal bisogno di dare voce a chi finora è stato marginalizzato dalle decisioni istituzionali, e di creare un laboratorio di idee in cui si possono condividere proposte per valorizzare ogni aspetto del progetto culturale in programma per il 2025. Questa iniziativa rappresenta un'azione di cittadinanza attiva, finalizzata a garantire che il percorso di Agrigento Capitale della Cultura affinchè non sia solo un mero slogan istituzionale, ma un progetto realmente di partecipazione e condiviso.Obiettivi e critica: Verso una cultura inclusa
L'Osservatorio Permanente si prefigge di analizzare il percorso istituzionale del progetto, evidenziando le criticità e le aree in cui è necessario intervenire per migliorare l'accoglienza e l'efficacia delle iniziative. Tra le priorità, spicca la richiesta di realizzare infrastrutture adeguate per accogliere visitatori e turisti, elemento essenziale per il successo dell'evento. Le organizzazioni coinvolte puntano a garantire che ogni risorsa e talento presente nel tessuto culturale agrigentino possa essere valorizzato, trasformando le debolezze in punti di forza per una programmazione parallela e complementare a quella ufficiale.Il Ruolo della Partecipazione Civile Il percorso intrapreso dall'Osservatorio si distingue per il suo approccio partecipativo. Le associazioni e gli operatori culturali hanno scelto di non attendere passivamente le decisioni delle istituzioni, ma di confrontarsi direttamente con i vertici della gestione del progetto. L'obiettivo è creare un canale di dialogo costante, che permette di correggere eventuali errori e di integrare il contributo della società civile. Questo sforzo di inclusione è fondamentale in un contesto in cui il patrimonio storico e culturale di Agrigento rappresenta una risorsa inestimabile per il futuro economico e sociale della città.
Considerazioni Personali: Un Passo Verso la Rigenerazione Urbana
L'istituzione dell'Osservatorio Permanente appare come un segnale di speranza e determinazione. In un'epoca in cui le decisioni politiche spesso sembrano distaccate dal tessuto sociale, questa iniziativa dimostra che il coinvolgimento diretto dei cittadini e degli operatori culturali può costituire un valido contrappeso alle scelte istituzionali. Agrigento, con la sua storia millenaria e il suo patrimonio artistico, ha l'opportunità di trasformarsi in un modello di gestione partecipata e inclusiva, capace di coniugare tradizione e innovazione.
Prospettive future e Conclusioni Il successo dell'Osservatorio Permanente dipenderà dalla capacità di instaurare un dialogo costruttivo tra le varie componenti del mondo culturale e le istituzioni. La sfida è quella di dare continuità a un percorso che non solo evidenzia le criticità, ma che sa anche proporre soluzioni innovative per rendere Agrigento Capitale della Cultura 2025 un evento davvero significativo per la città e per la regione.
L'esperienza dell'Osservatorio potrà, infatti, rappresentare un modello da replicare in altri contesti, dimostrando come la partecipazione attiva e il confronto aperto potranno trasformare la gestione della cultura in un potente strumento di rigenerazione urbana.
QDS
Terme, scatta la riduzione dei canoni. Schifani: "La Sicilia pronta a imporsi nel turismo termale"
Il provvedimento approvato con il Ddl Stralcio rappresenterà un passo in avanti in un settore "per troppi anni trascurato" in Sicilia.
"La modifica dei canoni per la concessione di acque termali inserita nel ddl stralcio della legge di Stabilità rappresenta un ulteriore passo avanti verso il rilancio del settore in Sicilia. Questa riforma, fortemente voluta dal mio governo, consente di allinearci alle migliori prassi adottate nelle altre regioni, rendendo finalmente gli investimenti nel settore economicamente vantaggiosi. La normativa precedente, con una tassazione del 5% sul fatturato e quindi al lordo dei costi, infatti, non permetteva un'adeguata attrattività per gli operatori, limitando le possibilità di sviluppo. Con questo intervento, la Sicilia si prepara a riconquistare un ruolo di primo piano nel turismo termale, favorendo crescita economica, occupazione e benessere per il territorio".
Lo dichiara soddisfatto il presidente della Regione Siciliana, Renato Schifani, commentando la pubblicazione sulla Gazzetta ufficiale della norma che riduce i canoni allo 0,5% per le terme.
Turismo e terme, ridotti i canoni in Sicilia
"Il mio governo - continua il presidente -, con un investimento di 90 milioni di euro provenienti dal Fondo di sviluppo e coesione e con la pubblicazione degli avvisi per un partenariato pubblico-privato per la valorizzazione e il rilancio delle terme di Acireale e Sciacca, ha voluto imprimere un forte cambio di marcia per assicurare a questi due storici complessi l'antico prestigio e la massima funzionalità, riportando in auge in Sicilia il turismo termale di qualità, per troppi anni trascurato".
L'avviso, come fare domanda
Gli operatori economici interessati all'avviso esplorativo hanno tempo fino al 30 maggio prossimo per presentare (attraverso la piattaforma https://appalti.regionesiciliana.lavoripubblici.sicilia.it) la propria proposta per ottenere l'affidamento in concessione della gestione dei due complessi termali di Sciacca, nell'Agrigentino, e di Acireale nel Catanese, incluse le attività di progettazione ed esecuzione dei lavori.La Regione ha già stanziato 90 milioni di euro all'interno dell'Accordo di coesione firmato a maggio scorso con il governo nazionale. I privati dovranno cofinanziare l'operazione con 94 milioni di euro. In particolare, le proposte dovranno essere corredate da un progetto di fattibilità, da una bozza di convenzione, dal piano economico-finanziario asseverato, dalla specificazione delle caratteristiche del servizio e della modalità di gestione. Tra i documenti da produrre è necessaria anche un'analisi qualitativa e quantitativa degli impatti diretti e indiretti sul territorio.
L'intervento di riqualificazione e rifunzionalizzazione del complesso termale di Acireale, costituito dalle Terme Santa Venera e dalle Terme Santa Caterina, riguarderà edifici destinati alle attività termali, strutture ricettive e un'area destinata a parco. Anche il complesso delle terme di Sciacca comprende numerosi immobili e un'area verde: i tre siti principali sono la zona delle Nuove terme, le Antiche terme Selinuntine e le Piscine Molinelli.
AGRIGENTOOGGI
Arrivano oltre due milioni di euro per il completamento di una scuola agrigentina
Il Libero Consorzio Comunale di Agrigento ha aggiudicato l'appalto relativo ai lavori di costruzione della palestra e al completamento di parte dei laboratori dell'Istituto Tecnico per il Commercio di Campobello di Licata. La gara, alla quale hanno partecipato 212 imprese, è stata effettuata con procedura integralmente telematica ed inversione procedimentale, ed è stata aggiudicata all'impresa "Great Works Srl" con sede a Gela (Cl) che ha offerto il maggior ribasso del 31,77%, per un importo contrattuale complessivo di 2.251.953 euro più Iva (compresi 130.000 euro per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso). I lavori sono stati interamente finanziati con fondi statali, destinati ai Liberi Consorzi e alle città metropolitane per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole.
ILSICILIA
L'avviso rivolto agli enti pubblici.
Turismo esperienziale, la Regione finanzia progetti per attività sostenibili. Amata: "Puntiamo a diversificare l'offerta"
Ridurre il sovraffollamento nelle aree con maggiori flussi di presenze e limitare l'impatto antropico e ambientale. Con questi obiettivi, la Regione Siciliana seleziona e finanzia progetti per favorire una tipologia di turismo esperienziale, accessibile e responsabile. L'avviso è rivolto agli enti pubblici, anche in forma associata e in partenariato con enti privati non profit, e a istituti e organismi di diritto pubblico senza scopo di lucro. Il budget, a valere sulle risorse del Fesr Sicilia 2021-2027, ammonta inizialmente a due milioni di euro, ma è prevista, successivamente, l'aggiunta di un altro milione. I finanziamenti potranno coprire fino al 90% dei costi delle proposte.
"Portiamo avanti un'attività fortemente orientata - dice l'assessore regionale al Turismo, Elvira Amata - a rafforzare un segmento strategico dell'offerta, come quello del turismo esperienziale e sostenibile. Gli obiettivi sono quelli ormai consolidati della programmazione regionale come la diversificazione e la destagionalizzazione dell'offerta con particolare riguardo ai fenomeni di spopolamento e depauperamento dei territori interni e dei borghi ai margini dei flussi principali. Un approccio ormai consolidato che guarda costantemente a rafforzare il nostro territorio sul mercato turistico privilegiando politiche e azioni sostenibili coerenti con le scelte e le esigenze del turista".
I progetti da sottoporre potranno riguardare percorsi naturalistici e culturali, dotazioni infrastrutturali leggere e servizi per migliorare l'accesso e la fruizione di itinerari turistici (come cammini, piste ciclabili, ippovie), prendendo in considerazione anche particolari tipologie di turisti (ad esempio pet friendly, famiglie e bikers) e soggetti svantaggiati.
Le proposte potranno anche riguardare un'offerta incentrata su marchi di qualità ed ecologici (come bandiere blu o verdi) per proporre servizi ecosostenibili, responsabili e accessibili rivolti a turisti e residenti. Le iniziative potranno coinvolgere aree con ridotta vocazione turistica, anche attraverso la riqualificazione di zone periferiche urbane e la realizzazione di iniziative esperienziali di inclusione sociale, e puntare su sistemi sostenibili di trasporto turistico.
L'avviso con tutti i dettagli sulle modalità di partecipazione e la modulistica è disponibile sul sito istituzionale della Regione Siciliana a questo indirizzo.
GIORNALE DI SICILIA
Superburocrati alla Regione, si apre il giro di valzer.
Verso nuovi incarichi Cartabellotta, Madonia, Beringheli e Frittitta. Schifani lascerà Cocina alla Protezione civile per tenere la rotta ferma sulle emergenze.
Cambieranno incarico almeno quattro dei dirigenti più importanti della Regione, che negli ultimi cinque anni hanno tenuto in mano dipartimenti chiave per l'azione amministrativa. È una delle prime decisioni maturate a Palazzo d'Orleans e che verranno formalizzate la prossima settimana, quando sul tavolo della giunta arriverà la mappa generale degli incarichi in scadenza incrociata con le auto-candidature già arrivate (il termine scadeva ieri) per ottenere queste poltrone.
Le prime note del valzer che riguarda in questa fase 17 dipartimenti (la metà del totale) coinvolgono i dirigenti che hanno superato i 5 anni di permanenza nella stessa struttura, limite massimo secondo una direttiva anti-corruzione dell'Anac.
E sulla base di questa il presidente Schifani ha deciso che Dario Cartabellotta (Agricoltura), Carmen Madonia (Personale), Carmelo Frittitta (Attività Produttive) e Calogero Beringheli (Urbanistica) cambieranno incarico.
LENTEPUBBLICA
Il mito del "posto fisso" e la crisi attuale del pubblico impiego.
Come mai siamo passati dal cosiddetto mito del "posto fisso" all'attuale crisi del pubblico impiego, con un costante abbandono della corsa ai concorsi pubblici dei decenni passati?
"Il posto fisso è sacro!", diceva l'arrabbiatissimo senatore Binetto (alias Lino Banfi) nel film Quo vado. Ed effettivamente, in Italia da sempre vige il mito del "posto fisso", frutto di condizioni indubbiamente vantaggiose per i dipendenti pubblici rispetto a quelli privati.
Tuttavia, negli ultimi anni il settore pubblico italiano è stato caratterizzato da una progressiva erosione della propria attrattività, determinata da un insieme di fattori strutturali ed economici.
La crisi del pubblico impiego si manifesta con un numero crescente di dimissioni volontarie, concorsi deserti e una difficoltà crescente nell'attrarre nuove risorse da inserire nell'enorme macchina della Pubblica Amministrazione italiana.
Un dato emblematico emerge ad esempio dall'area metropolitana di Milano, dove tra il gennaio 2023 e il giugno 2024 oltre 6.000 dipendenti pubblici hanno lasciato il posto di lavoro. A questi numeri, sicuramente allarmanti, si aggiunge il mancato turnover a seguito dei pensionamenti. Complessivamente, nel periodo 2022-2023 il pubblico impiego ha registrato una riduzione del 15% del personale, con un effetto diretto sulla qualità dei servizi essenziali, dalla sanità all'istruzione.
Cause della crisi del pubblico impiego
Le cause principali di questa crisi sono riconducibili a diversi fattori.
Stipendi pubblici sempre meno competitivi
In primo luogo, il fattore sicuramente più incisivo è la retribuzione: gli stipendi dei dipendenti pubblici, specie nelle aree metropolitane del Nord, risultano sempre meno competitivi rispetto al settore privato e purtroppo insufficienti a consentire di affrontare un costo della vita che, giorno per giorno, diventa sempre più elevato.
Per capirci meglio, a Milano un impiegato pubblico guadagna mediamente 125 euro al giorno, una cifra quasi identica a quella percepita dai colleghi di altre regioni, ma nettamente inferiore rispetto agli stipendi medi del settore privato locale, che si attestano sui 133 euro al giorno. Questo divario retributivo, unito all'esplosione dei prezzi delle abitazioni, rende economicamente insostenibile per molti lavoratori pubblici trasferirsi nelle grandi città, spingendoli a rinunciare al posto ottenuto tramite concorso o a dimettersi dopo pochi anni.
Rigidità del sistema e complessità delle assunzioni
Un altro elemento critico è la rigidità del sistema pubblico, caratterizzato da progressioni di carriera lente, vincoli di bilancio che limitano le assunzioni e strutture spesso obsolete.
Alcuni giorni fa, in un precedente articolo abbiamo trattato del grave problema relativo agli enormi ritardi nell'erogazione del Tfr/Tfs dei dipendenti pubblici e, in particolare, del blocco degli anticipi delle indennità. Una situazione particolarmente critica, alla quale il legislatore, nonostante l'autorevole intervento della Corte Costituzionale, sembra non voler porre rimedio e che non fa che incrementare il divario - a dire il vero, già abbastanza ampio - tra i trattamenti riconosciuti ai dipendenti del settore privato e quelli del settore pubblico, rendendo così quest'ultimo di gran lunga meno attrattivo.
Complessità delle procedure concorsuali
A ciò si aggiunge la complessità delle procedure concorsuali, spesso lunghe e inefficienti, che non garantiscono un ricambio immediato del personale. Non sorprende, quindi, che solo il 70% dei posti messi a concorso venga effettivamente coperto e che in alcuni settori, come la sanità, si registrino tassi di dimissioni allarmanti: negli ultimi quattro anni, 23.000 infermieri hanno lasciato le strutture pubbliche, con un picco del 50% di dimissioni a Bologna.
Un altro dato riguarda le rinunce post-assunzione. Nella maggior parte dei casi infatti, i candidati, al momento della presentazione della domanda per partecipare al concorso, non conoscono con certezza quale sarà la propria sede di destinazione, la quale dunque potrebbe anche trovarsi in una regione diversa dalla propria.
Ebbene, spesso si assiste a situazioni in cui i vincitori, assegnati a sedi lontane dalla propria regione di appartenenza, sono costretti a rinunciare al posto di lavoro. In alcuni casi, effettuando un bilanciamento tra la retribuzione ottenuta e le spese da sostenere per vivere in un'altra regione, ci si accorge che la spesa non vale l'impresa.
L'impatto dell'innovazione tecnologica
Nel contesto attuale, anche l'impatto dell'innovazione tecnologica rappresenta una variabile cruciale: secondo una ricerca del Forum PA, il 57% dei dipendenti pubblici sarà fortemente esposto all'integrazione dell'intelligenza artificiale nei processi lavorativi. Sebbene per l'80% di questi lavoratori l'IA rappresenti un'opportunità di miglioramento, circa 200.000 dipendenti potrebbero essere sostituiti a causa dell'automazione di mansioni ripetitive, con un impatto significativo nelle amministrazioni centrali e negli enti fiscali.
Il ministro della Pubblica Amministrazione Zangrillo ha confermato che nei prossimi anni sono previste 170.000 assunzioni all'anno, ma ha anche riconosciuto che queste basteranno solo a sostituire chi andrà in pensione, senza risolvere il problema strutturale della carenza di organico. La digitalizzazione e la valorizzazione del merito saranno elementi chiave per rendere il settore pubblico nuovamente attrattivo, evitando il rischio di una "decrescita infelice" che, senza un'inversione di tendenza, potrebbe portare a un vero e proprio tracollo del sistema pubblico nei prossimi anni.
L'allerta per le istituzioni
La crescente fuga dal pubblico impiego rappresenta un segnale d'allarme che le istituzioni non possono più ignorare. Il divario tra settore pubblico e privato si amplia, non solo in termini retributivi, ma anche per quanto riguarda opportunità di crescita, riconoscimento professionale e qualità delle condizioni di lavoro. Se da un lato il privato offre maggiore dinamismo e incentivi economici competitivi, dall'altro il pubblico impiego appare sempre più appesantito da rigidità burocratiche e scarsi riconoscimenti retributivi.
La questione centrale, però, è il ruolo dello Stato come datore di lavoro, che sembra non rendersi conto della direzione che sta prendendo la macchina amministrativa. La mancata valorizzazione del capitale umano pubblico non è solo un problema per i singoli lavoratori, ma una minaccia per l'efficienza stessa della Pubblica Amministrazione e, di conseguenza, per la qualità dei servizi offerti ai cittadini.
La fuga dal posto fisso è sintomo di una crisi più profonda che chiama in causa la volontà politica di tutelare chi serve lo Stato. È davvero sostenibile, nel lungo periodo, un'amministrazione pubblica che non investe nei propri dipendenti? E soprattutto, quanto ancora si potrà ignorare un problema che mina la stessa tenuta del sistema?
LENTEPUBBLICA
Conflitto di interessi nei concorsi pubblici: il parere del TAR Sicilia.
In un suo recente approfondimento video il Dottor Simone Chiarelli affronta il tema del conflitto di interessi nei concorsi pubblici mediante l'analisi di una sentenza del TAR Sicilia [VIDEO].
Il tema del conflitto di interessi continua a essere un punto di discussione importante nelle amministrazioni pubbliche, specialmente quando riguarda la nomina delle commissioni di concorso. Una recente sentenza emessa dal Tribunale Amministrativo Regionale (TAR) per la Sicilia ha gettato luce su come questi conflitti vengano trattati nel contesto concorsuale, offrendo nuovi spunti di riflessione per la giustizia amministrativa.
La decisione, datata 10 dicembre 2024 e identificata con il numero 3412, ha affrontato un caso in cui il figlio di un dirigente, responsabile della designazione del presidente di una commissione di concorso, ha partecipato al bando stesso. La domanda che sorgeva era: la semplice esistenza di un conflitto di interesse compromette l'intera procedura concorsuale?
Le motivazioni della sentenza
Il TAR ha chiarito che, sebbene il conflitto di interesse fosse evidente, la sua sola presenza non era sufficiente per invalidare gli atti della commissione. In particolare, i giudici hanno considerato che la mancata astensione del dirigente, responsabile della nomina, non avesse avuto ripercussioni negative sul corretto svolgimento della procedura concorsuale. La gestione del concorso era stata tale da evitare qualsiasi tipo di influenza esterna sulle decisioni della commissione.
La sentenza ha messo in evidenza l'importanza del contesto operativo: le domande del concorso erano state predisposte da un soggetto terzo, estratte a sorte e corrette tramite sistemi automatizzati, strumenti che hanno garantito imparzialità e trasparenza durante tutto l'esame. Secondo il TAR, tali modalità hanno escluso la possibilità di influenze indebite, legittimando così l'operato dell'organo di valutazione.
Implicazioni legali e giuridiche
Questa sentenza offre un'importante riflessione sulla natura del conflitto di interesse e sulle sue reali implicazioni. I giudici hanno sottolineato che la semplice esistenza di un conflitto non è di per sé sufficiente a invalidare un'intera procedura concorsuale. È fondamentale, infatti, esaminare l'effettivo impatto di tale conflitto sull'imparzialità e sulla regolarità dell'intero processo. Solo in presenza di circostanze concrete che dimostrano un'influenza indebita, si giustificherebbe l'annullamento degli atti.
Questo approccio mira a tutelare la validità delle procedure concorsuali, evitando che vengano annullate ingiustamente in assenza di prove concrete di irregolarità.
Un passo verso maggiore chiarezza e trasparenza?
In sintesi, la giustizia amministrativa ha stabilito che il conflitto di interesse non comporta automaticamente l'invalidità degli atti compiuti dalla commissione di concorso, a meno che non vi siano prove tangibili di un'influenza sul processo. Questa linea guida è fondamentale per garantire che le decisioni siano basate su fatti concreti, piuttosto che su sospetti o ipotesi infondate.
Per i dipendenti pubblici e i concorsisti, questa sentenza rappresenta un punto di riferimento importante. Essa rafforza l'importanza di una gestione scrupolosa delle procedure concorsuali e la necessità di valutare con attenzione qualsiasi conflitto di interesse, evitando invalidazioni automatiche che potrebbero compromettere il corretto svolgimento dei concorsi. La trasparenza e l'integrità delle procedure amministrative sono valori che devono essere sempre garantiti.
LENTEPUBBLICA
Si possono intitolare strade o piazze comunali a personaggi deceduti da meno di 10 anni?
Oggi risponderemo a un quesito, mediante l'approfondimento del Dott. Nicola Schiralli, in materia di toponomastica: si possono intitolare strade o piazze comunali a personaggi deceduti da meno di 10 anni?
Prima di esaminare il caso di specie, è opportuno analizzare brevemente le principali fonti normative che regolano la toponomastica comunale.
L'ordinamento toponomastico
In primis è importante annoverare, anche solo per ragioni di ordine cronologico, la legge n. 1188/1927 del 23 giugno 1927, che ai primi due articoli cita rispettivamente "Nessuna denominazione può essere attribuita a nuove strade e piazze pubbliche senza l'autorizzazione del prefetto o del sottoprefetto, udito il parere della Regia deputazione di storia patria, o, dove questa manchi, della Società storica del luogo o della regione" e "Nessuna strada o piazza pubblica può essere denominata a persone che non siano decedute da almeno dieci anni" (sulla deroga prevista all'art. 4 della medesima legge ci si soffermerà poco più avanti).
Successivamente un ruolo centrale all'interno della normativa toponomastica è rivestito dalla legge n. 1228/1954, il cui articolo 10 statuisce "Il Comune provvede alla indicazione dell'onomastica stradale e della numerazione civica [...]". Da questa disposizione discende il ruolo centrale che svolgono in materia gli enti locali e i rispettivi regolamenti toponomastici comunali: sono questi a stabilire, difatti, le modalità concrete di presentazione delle istanze di intitolazione di vie o piazze comunali, ed eventualmente i soggetti legittimati a farlo (enti, associazioni, partiti o anche un gruppo di semplici cittadini firmatari: solitamente sono richieste almeno 20-50 firme).
La competenza "decentrata" della toponomastica, affidata agli enti locali, è confermata con il D.P.R. 223/1989, che all'art. 41 ("Adempimenti ecografici") dispone al comma 3 che "L'attribuzione dei nomi deve essere effettuata secondo le norme di cui al regio decreto-legge 10 maggio 1923, n. 1158, convertito dalla legge 17 aprile 1925, n. 473, e alla legge 23 giugno 1927, n. 1188, in quanto applicabili".
Si ricorda infine che la circolare MI.A.C.E.L. n. 10 del Ministero dell'Interno in data 8 marzo 1991 ha ribadito che la toponomastica sia da attribuire alla competenza esclusiva della Giunta comunale, in quanto le competenze del Consiglio si ritengono da annoverare tassativamente fra quelle elencate al secondo comma dell'art. 32 legge 142/1990. Ogni variazione toponomastica dovrà quindi essere approvata con deliberazione di Giunta e si deve pertanto ritenere che eventuali commissioni comunali per la toponomastica, nate da una prassi consolidata, non trovino fondamento all'interno delle disposizioni legislative che regolamentano le commissioni consiliari. [1]
La deroga al limite temporale dei 10 anni dalla morte prevista all'art. 4 della legge n. 1188/1927 e la delega ai Prefetti di cui al Decreto Ministeriale 25 settembre 1992
Se l'art. 2 della legge del 1927 prevede espressamente e tassativamente che nessuna strada o piazza pubblica possa essere intitolata a un personaggio deceduto da meno di 10 anni, fissando un chiaro e restrittivo limite temporale, l'art. 4 della medesima norma dispone un'importante deroga alla statuizione legislativa. Questo recita infatti al secondo comma "È inoltre in facoltà del Ministro per l'interno di consentire la deroga alle suindicate disposizioni in casi eccezionali, quando si tratti di persone che abbiano benemeritato della nazione".
In sintesi, la disposizione al secondo articolo della legge n. 1188 prevede un'eccezione: si può intitolare una via o una piazza a un personaggio deceduto da meno di 10 anni, ma esclusivamente se questi abbia acquisito benemerenze particolari o la cui morte sia connessa ad eventi straordinari, conferendo particolare lustro alla Nazione. Questo però può essere possibile esclusivamente a seguito di esame operato dal Ministro dell'Interno, che dovrà esprimersi positivamente a riguardo.
Il Decreto Ministeriale 25 settembre 1992 ha innovato la competenza prevista all'art. 4 comma 2, delegando ai Prefetti ciò che prima spettava al Ministero dell'Interno. La ratio della novità è principalmente quella di snellire l'attività amministrativa connessa ("ai fini di un più celere iter burocratico") nonché di migliorare la valutazione di merito, in quanto legata principalmente a questioni di ordine pubblico di carattere locale [2]. Per questo motivo il Prefetto, quale responsabile provinciale dell'ordine e della sicurezza pubblica, è stato considerato maggiormente idoneo all'effettuazione dell'esame di cui sopra.
Le modalità di intitolazione: la circolare DAIT 82/2023
Un importantissimo chiarimento, soprattutto in beneficio degli enti locali che, come si ricorda nuovamente, restano titolari in via esclusiva delle determinazioni amministrative in materia di toponomastica, è fornito dalla circolare DAIT n. 82 del 23 giugno 2023.
Dopo un breve excursus normativo in materia di toponomastica e disposizioni relative alla deroga prevista all'art. 4 della legge n. 1188/1927, l'atto esaminato procede nel definire talune importantissime questioni interpretative circa le modalità di intitolazione di strade a personaggi benemeriti deceduti da meno di dieci anni.
In sintesi:
Il Comune resta l'esclusivo titolare e responsabile della funzione amministrativa di toponomastica;
Il nullaosta prefettizio e il parere della Deputazione di storia patria, pur essendo necessari a completare la fattispecie, non possono esprimere una valutazione sulla opportunità o congruità di una determinata denominazione;
Il parere della Deputazione di storia patria è obbligatorio, ma non vincolante. Il Prefetto può, per questo motivo, concedere comunque il nullaosta anche in presenza di parere storico negativo;
L'eventuale diniego dell'autorizzazione prefettizia deve basarsi necessariamente su motivi di ordine e sicurezza pubblica (es. soggetto privo di benemerenza) o problematiche anagrafiche (ad. es. strade con identica denominazione o simili che non permettano la distinzione prescritta dalla legge). I motivi della decisione negativa per questo motivo non dovranno in ogni caso incidere in maniera sostanziale sull'autonomia decisionale in materia da parte dell'ente locale;
Le deputazioni di storia patria: cosa sono?
Le deputazioni di storia patria, investite del compito di esprimere parere obbligatorio in caso di intitolazioni di vie o piazze a soggetti benemeriti deceduti da meno di dieci anni, sono enti di cultura rivolti specialmente alla ricerca e alla pubblicazione delle fonti sorti a partire dai primi decenni dell'800.
La prima deputazione di storia patria risale al regno di Sardegna, fondata dal re Carlo Alberto, con regio brevetto del 20 aprile 1833, con il compito di sovrintendere alla "pubblicazione di una collezione di opere inedite o rare appartenenti alla nostra istoria e di un codice diplomatico dei nostri stati".
Ai giorni nostri possiamo annoverare in Italia undici deputazioni di storia patria, finanziate in tutto o in parte dallo Stato, regolate ciascuna da uno statuto e formate da membri designati col sistema di autoelezione. Tutte le deputazioni inoltre curano edizioni di fonti e pubblicano studî nei loro Archivi storici, Bollettini o Atti e Memorie. [3]