/ Rassegna stampa » 2025 » Marzo » 18 » rassegna stampa del 18 marzo 2025
 


LENTEPUBBLICA

Applicazione clausole sociali negli appalti: la sentenza del Consiglio di Stato 26/2025.

La sentenza del Consiglio di Stato 26/2025 affronta una questione di rilevanza strategica per il settore degli appalti pubblici, ossia l'applicazione delle clausole sociali negli affidamenti pubblici e le conseguenze della mancata produzione delle dichiarazioni di impegno previste dal bando di gara.
Il caso in esame riguarda l'appalto per lavori di manutenzione straordinaria in Provincia di Lecce, nel quale l'impresa Dell'Orco S.r.l. è stata esclusa per la mancata presentazione della dichiarazione relativa agli obblighi derivanti dall'articolo 102, comma 1, del D.Lgs. 36/2023.
La decisione del Consiglio di Stato assume un'importanza particolare perché chiarisce i limiti entro cui una stazione appaltante può escludere un concorrente per inadempienze documentali e la corretta applicazione del soccorso istruttorio ai sensi dell'articolo 101 del Codice dei Contratti Pubblici. Il presente commento analizza la pronuncia alla luce della normativa vigente e delle sue implicazioni per le stazioni appaltanti e gli operatori economici.
Il Quadro Normativo di Riferimento
Le Clausole Sociali nel D.Lgs. 36/2023
L'articolo 102, comma 1, del Codice dei Contratti Pubblici stabilisce che gli operatori economici devono assumere specifici impegni volti a garantire:
La stabilità occupazionale del personale impiegato;
L'applicazione dei contratti collettivi nazionali e territoriali di settore;
Le pari opportunità generazionali, di genere e di inclusione lavorativa per persone con disabilità o svantaggiate.
Questi obblighi rappresentano strumenti di tutela per i lavoratori impiegati negli appalti pubblici e costituiscono un requisito essenziale per la partecipazione alle gare. Tuttavia, la loro corretta applicazione da parte delle stazioni appaltanti solleva numerosi interrogativi, specie in relazione al bilanciamento tra il rispetto formale degli obblighi dichiarativi e il principio di proporzionalità nell'esclusione dei concorrenti.
Il Soccorso Istruttorio nell'Articolo 101 del Codice
Il soccorso istruttorio è lo strumento previsto dall'articolo 101 del D.Lgs. 36/2023 per consentire agli operatori economici di integrare documenti mancanti o chiarire dichiarazioni incomplete. L'attivazione del soccorso istruttorio è ammessa per tutti gli elementi della documentazione amministrativa, salvo che riguardino l'offerta tecnica ed economica. L'articolo 101, comma 3, prevede che le stazioni appaltanti possano richiedere chiarimenti sugli atti di gara, a condizione che ciò avvenga nel rispetto dei principi di trasparenza e parità di trattamento.
Il Caso in Esame e la Posizione delle Parti
La Decisione della Stazione Appaltante
La Provincia di Lecce ha escluso l'impresa Dell'Orco S.r.l. dalla procedura di gara per la mancata produzione della dichiarazione richiesta ai sensi dell'articolo 102, comma 1, del Codice. La lex specialis di gara prevedeva espressamente che l'omessa allegazione della dichiarazione comportasse l'esclusione automatica, senza possibilità di attivazione del soccorso istruttorio.
La Difesa della Società Esclusa
L'impresa appellante ha sostenuto che:
La dichiarazione richiesta era superflua, poiché l'appalto non comportava il riassorbimento di lavoratori;
La mancata produzione della dichiarazione avrebbe dovuto essere sanata mediante soccorso istruttorio;
La stazione appaltante ha violato il principio di proporzionalità escludendo l'operatore per un mero vizio formale.
La Sentenza del TAR e il Ricorso in Appello
Il TAR Puglia aveva confermato l'esclusione, ritenendo legittima la previsione del bando che subordinava la partecipazione alla gara alla produzione della dichiarazione di impegno. L'impresa ha quindi proposto appello al Consiglio di Stato, contestando l'interpretazione restrittiva del TAR e richiedendo l'annullamento dell'esclusione.
Le Motivazioni della Sentenza del Consiglio di Stato
Il Ruolo del Soccorso Istruttorio
Il Consiglio di Stato ha ritenuto che la stazione appaltante avrebbe dovuto attivare il soccorso istruttorio prima di procedere con l'esclusione. La Corte ha evidenziato che:
Il principio di proporzionalità impone che le sanzioni per inadempienze formali siano commisurate alla gravità della violazione;
L'assenza della dichiarazione non riguardava un elemento essenziale dell'offerta tecnica ed economica;
Il bando di gara non poteva prevedere l'esclusione automatica senza possibilità di sanatoria, in contrasto con i principi del Codice degli Appalti.
L'Erronea Applicazione della Clausola Sociale
Un altro punto cruciale della sentenza riguarda l'erronea interpretazione della clausola sociale da parte della stazione appaltante. Il Consiglio di Stato ha chiarito che:
La clausola sociale non impone un obbligo incondizionato di riassorbimento dei lavoratori;
L'impegno richiesto all'operatore economico deve essere compatibile con l'oggetto specifico dell'appalto;
Non si può imporre un obbligo dichiarativo privo di effettivo contenuto operativo.
L'Accoglimento dell'Appello
Sulla base di queste considerazioni, il Consiglio di Stato ha accolto l'appello, annullando l'esclusione dell'impresa e dichiarando inefficace il contratto già stipulato con l'aggiudicatario. La decisione impone alla stazione appaltante di riaprire la procedura di gara e di riconsiderare le offerte nel rispetto delle indicazioni fornite dalla sentenza.
Implicazioni per le Stazioni Appaltanti e gli Operatori Economici
L'Obbligo di Attivazione del Soccorso Istruttorio
Le stazioni appaltanti devono garantire l'attivazione del soccorso istruttorio nei casi in cui l'operatore economico abbia omesso una dichiarazione non essenziale ai fini dell'offerta. La previsione di esclusioni automatiche è contraria ai principi di proporzionalità e buon andamento della pubblica amministrazione.
Chiarimenti sull'Applicazione delle Clausole Sociali
Gli operatori economici devono fornire dichiarazioni coerenti con l'oggetto dell'appalto e con le effettive esigenze di tutela dei lavoratori. La giurisprudenza ha chiarito che l'obbligo di riassorbimento non è assoluto e che le clausole sociali devono essere applicate con equilibrio.
Conclusioni
La sentenza n. 26/2025 del Consiglio di Stato fornisce un'interpretazione rigorosa ma equilibrata delle clausole sociali e del soccorso istruttorio. Le stazioni appaltanti sono chiamate a un'applicazione più flessibile delle regole, evitando esclusioni pretestuose e garantendo il rispetto dei principi fondamentali della contrattualistica pubblica.




LENTEPUBBLICA

Il "Rapporto semestrale sulle Retribuzioni dei Pubblici Dipendenti" dell'ARAN.

Il recente "Rapporto Semestrale sulle Retribuzioni dei Pubblici Dipendenti" dell'ARAN offre un'analisi approfondita delle prospettive contrattuali nel pubblico impiego, con uno sguardo esteso fino al 2030. Il documento si inserisce in un contesto di rinnovamento delle regole di bilancio europee e presenta importanti novità sul fronte degli stanziamenti e delle politiche retributive.
Rinnovi contrattuali: vecchi problemi e nuove soluzioni
Come evidenziato dal rapporto, i rinnovi contrattuali per il triennio 2022-2024 avverranno ancora una volta oltre la loro scadenza naturale, con la sola eccezione del CCNL per le Funzioni Centrali, sottoscritto definitivamente il 27 gennaio 2025. Questa criticità ormai strutturale non è stata superata neanche con l'anticipato stanziamento delle risorse nella legge di bilancio.
La vera novità, tuttavia, risiede nell'introduzione di uno stanziamento pluriennale che copre i prossimi sei anni, fino al 2030, includendo le tornate contrattuali 2025-2027 e 2028-2030. Questa programmazione a lungo termine, stabilita dalla recente Legge di Bilancio e dal DPB, rappresenta un cambiamento significativo nelle modalità di finanziamento dei contratti pubblici.
Le cifre in gioco e la programmazione finanziaria
Gli stanziamenti previsti ammontano a circa 10 miliardi di euro per il triennio 2025-2027 e a 11 miliardi per il successivo triennio 2028-2030. I criteri utilizzati per la quantificazione si basano sulla consistenza del personale e sulla retribuzione media risultante dal Conto Annuale RGS 2021, con adeguamenti monetari calcolati utilizzando il deflatore dei consumi privati, in coerenza con il Piano Strutturale di Bilancio (PSB).
Per il 2025, è prevista l'erogazione della nuova Indennità di Vacanza Contrattuale (IVC) per il triennio 2025-2027, inizialmente fissata allo 0,6% e successivamente elevata all'1% a partire da giugno.
Il nuovo quadro di regole europee
La programmazione finanziaria si inserisce nel rinnovato contesto delle regole di bilancio europee, caratterizzato dalla reintroduzione dei limiti all'evoluzione dei saldi del Patto di Stabilità e dall'approvazione della riforma della governance economica.
Un elemento cardine del nuovo sistema è il concetto di "spesa primaria netta", la cui crescita annua rappresenta il parametro fondamentale per il raggiungimento degli obiettivi di finanza pubblica. Questa deve risultare coerente con la riduzione del rapporto debito/PIL e il mantenimento del disavanzo sotto il 3% del PIL nel medio termine.
Le tre vie di finanziamento della contrattazione pubblica
Il rapporto semestrale sulle retribuzioni dei pubblici dipendenti identifica tre distinti canali di finanziamento per il pubblico impiego:
Risorse standard, destinate al rinnovo dei CCNL;
Risorse aggiuntive, per il salario accessorio e le progressioni di carriera;
Risorse specifiche, derivanti da disposizioni di legge mirate a riconoscere particolari prestazioni lavorative o condizioni professionali.
Particolarmente significative sono state le risorse aggiuntive, che hanno consentito "l'aggiustamento relativo delle retribuzioni stesse", ossia interventi volti a indirizzare risorse specifiche verso determinate figure professionali o comparti. Tuttavia, il rapporto evidenzia come il mantenimento di questi stanziamenti aggiuntivi potrebbe risultare più difficile in futuro a causa dei vincoli sulla spesa primaria netta.
Disparità tra comparti: il caso degli enti locali
L'analisi delle risorse aggiuntive per specifici comparti nei tre trienni dal 2019-2021 al 2025-2027 rivela differenze significative nel trattamento dei diversi settori pubblici:
Funzioni centrali: incremento della dinamica retributiva dal 16,33% al 20,43%.
Servizio Sanitario Nazionale: incremento dal 16,6% al 21% circa.
Istruzione e Ricerca: interventi normativi specifici hanno inciso per lo 0,98%, con un incremento complessivo del 16,57%. In questo comparto è necessario distinguere tra i vari settori che lo compongono: Università, Ricerca e AFAM hanno beneficiato di importanti risorse aggiuntive, ma il loro peso, rispetto al numero complessivo di unità del comparto, incide marginalmente sulla percentuale di incremento.
Funzioni Locali: nessun intervento normativo rilevante al di fuori dei canali ordinari di contrattazione, con un incremento del 16,68%.
Il comparto degli enti locali continua a essere svantaggiato, non avendo mai beneficiato di risorse aggiuntive, con un livello retributivo inferiore rispetto agli altri settori.
Pubblico vs Privato: un divario persistente
Il confronto tra le dinamiche retributive del settore pubblico e privato evidenzia tendenze divergenti. Nel decennio 2014-2024:
Il settore privato ha registrato un incremento cumulato del 16,3%;
La pubblica amministrazione si è fermata a un +12,2%;
L'intera economia ha visto un aumento del 15,1%.
Durante il 2024, le retribuzioni nel settore privato hanno mostrato una crescita continua e costante, spesso superiore ai valori dell'intera economia. Nel settore pubblico, invece, le variazioni sono più discontinue, influenzate dai mancati rinnovi contrattuali e dall'erogazione dell'IVC.
Un elemento di rilievo è stata l'anticipazione dell'IVC maggiorata disposta dal DL 145/2023, che ha determinato un'impennata retributiva a dicembre 2023, seguita da una riduzione nel mese successivo. Se i CCNL fossero stati firmati nel 2024, la dinamica retributiva del settore pubblico avrebbe superato quella del settore privato.
Rapporto semestrale sulle Retribuzioni dei Pubblici Dipendenti: prospettive future
Il quadro delineato dal rapporto suggerisce che, nonostante la novità della programmazione pluriennale, permangono criticità strutturali nel sistema di rinnovo dei contratti pubblici. La sfida per il futuro sarà quella di conciliare l'esigenza di adeguamenti retributivi nel pubblico impiego con i vincoli di bilancio imposti dal nuovo quadro di regole europee.
Sarà necessario un intervento per riequilibrare i comparti che hanno meno beneficiato di risorse aggiuntive, come quello degli enti locali. Ciò potrà avvenire progressivamente nei due prossimi trienni contrattuali, agendo sul superamento dei tetti per il trattamento accessorio.

 

LENTEPUBBLICA

Mancata esclusione di un'impresa per omissione dei costi della manodopera.

La mancata esclusione di un'impresa per omissione dei costi della manodopera: profili di responsabilità erariale e implicazioni applicative del principio di eterointegrazione della lex specialis.
Introduzione: il principio di tassatività delle cause di esclusione e l'obbligo di indicazione dei costi della manodopera
Il principio di tassatività delle cause di esclusione, sancito dall'art. 10 del D.Lgs. n. 36/2023, impone alle stazioni appaltanti di escludere un operatore economico solo nei casi espressamente previsti dalla legge o dalla documentazione di gara. L'obbligo di indicazione separata dei costi della manodopera nell'offerta economica, previsto dall'art. 108, comma 9, del Codice dei contratti pubblici, rientra tra le previsioni inderogabili che impongono l'automatica esclusione del concorrente inadempiente. Tale disposizione recepisce il contenuto del previgente art. 95, comma 10, del D.Lgs. n. 50/2016 e costituisce un presidio essenziale per garantire il rispetto dei minimi salariali e la trasparenza delle offerte economiche.
La sentenza n. 6/2025 della Sezione giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Sardegna si inserisce in questo quadro normativo, chiarendo che la mancata esclusione di un'impresa che omette l'indicazione dei costi della manodopera non solo configura un'illegittimità dell'aggiudicazione, ma può dar luogo a responsabilità erariale in capo ai membri della commissione giudicatrice e al Responsabile Unico del Procedimento (RUP). Il provvedimento si segnala per il suo rigoroso approccio alla tutela della legalità nelle gare pubbliche e per l'enfasi posta sull'immodificabilità dell'offerta economica, principio cardine degli appalti pubblici.
Il caso concreto: dalla gara alla condanna per danno erariale
La vicenda trae origine da una procedura ristretta, da aggiudicarsi secondo il criterio dell'offerta economicamente più vantaggiosa, bandita da un ente pubblico per l'affidamento di un servizio. Al termine della selezione, la commissione aggiudicatrice proponeva l'assegnazione del contratto all'operatore economico uscente, nonostante quest'ultimo non avesse indicato nell'offerta economica i costi della manodopera.
Durante la seduta pubblica per l'apertura delle offerte economiche, il secondo classificato aveva formalmente eccepito l'assenza dell'indicazione dei costi del personale nell'offerta dell'aggiudicatario. Tuttavia, la commissione, su richiesta del RUP, ha avviato una procedura di integrazione documentale, acquisendo ulteriori giustificazioni dall'operatore economico e riconoscendo la correttezza dell'offerta in base a elementi ricavabili dall'offerta tecnica.
A seguito dell'aggiudicazione, l'impresa seconda classificata ha presentato ricorso al TAR, contestando la mancata esclusione dell'aggiudicatario per violazione dell'art. 108, comma 9, del Codice dei contratti pubblici. Il TAR ha accolto il ricorso, affermando che:
L'indicazione separata dei costi della manodopera è un requisito essenziale dell'offerta economica e la sua omissione impone l'esclusione automatica dell'operatore economico.
L'interpretazione ex post dell'offerta economica da parte della commissione di gara e del RUP è illegittima, in quanto comporta una modifica sostanziale dell'offerta in violazione del principio di parità di trattamento.
Il soccorso istruttorio non è ammesso per colmare omissioni relative a elementi essenziali dell'offerta, come i costi della manodopera, poiché ciò altererebbe il contenuto dell'impegno contrattuale assunto dal concorrente.
La pronuncia è stata confermata in appello dal Consiglio di Stato, che ha ribadito la necessità di un'applicazione rigorosa del principio di immodificabilità dell'offerta.
La responsabilità erariale dei funzionari coinvolti
Dopo la pubblicazione della sentenza amministrativa, la Procura regionale della Corte dei Conti ha aperto un procedimento per accertare l'eventuale danno erariale subito dalla stazione appaltante. Il danno patrimoniale contestato ai membri della commissione giudicatrice e al RUP era costituito:
dai compensi corrisposti all'operatore economico aggiudicatario per l'esecuzione (poi annullata) del contratto;
dalle spese legali sostenute dall'ente per il patrocinio legale dinanzi al TAR e al Consiglio di Stato;
dalle somme versate a titolo di risarcimento danni al secondo classificato.
La Corte dei Conti ha ritenuto che i funzionari coinvolti abbiano agito con colpa grave, in quanto:
Hanno posto in essere una palese violazione di legge, omettendo l'esclusione obbligatoria del concorrente privo di un requisito essenziale.
Hanno modificato in modo arbitrario l'offerta economica, violando il principio di immodificabilità dell'offerta.
Erano tutti funzionari di elevata professionalità ed esperienza nel settore degli appalti, circostanza che escludeva la possibilità di errore scusabile.
La sentenza della Corte dei Conti si pone in linea con precedenti pronunce in materia di responsabilità erariale per errata gestione delle procedure di gara (Corte dei Conti, Sez. Giur. Toscana, n. 45/2023; Corte dei Conti, Sez. Giur. Lazio, n. 88/2024), confermando che il mancato rispetto delle regole fondamentali degli appalti pubblici può tradursi in un danno erariale risarcibile.
L'obbligo di esclusione automatica e il divieto di interpretazione ex post dell'offerta economica
Il principio sancito dal TAR e dalla Corte dei Conti conferma che l'obbligo di esclusione di un'impresa che omette l'indicazione dei costi della manodopera non è soggetto a margini di discrezionalità da parte della stazione appaltante. Il RUP e la commissione giudicatrice non possono:
Interpretare le dichiarazioni di un concorrente in modo da integrare lacune sostanziali dell'offerta;
Ricostruire ex post i costi della manodopera sulla base di elementi presenti in altri documenti di gara;
Utilizzare il soccorso istruttorio per sanare omissioni che attengono a elementi essenziali dell'offerta.
L'art. 108, comma 9, del D.Lgs. n. 36/2023 ha carattere imperativo e integra automaticamente la lex specialis di gara, imponendo l'esclusione dell'operatore economico inadempiente.
Conclusioni: l'importanza di un approccio rigoroso nelle gare pubbliche
La sentenza della Corte dei Conti per la Sardegna costituisce un significativo precedente in materia di responsabilità erariale per errata gestione delle procedure di gara. Il caso dimostra che il mancato rispetto delle norme sugli appalti pubblici non solo può comportare l'annullamento dell'aggiudicazione, ma può dar luogo anche a responsabilità contabile diretta in capo ai funzionari coinvolti.
Per le stazioni appaltanti, questa pronuncia rappresenta un monito sulla necessità di applicare in maniera rigorosa le disposizioni del Codice dei contratti pubblici, evitando interpretazioni discrezionali che possano compromettere la legittimità della procedura e causare danni patrimoniali. L'uniformità e la certezza del diritto negli appalti pubblici sono essenziali per garantire il rispetto dei principi di trasparenza, imparzialità e buon andamento della pubblica amministrazione.


ILSOLE24ORE

Retribuzioni dipendenti pubblici: ecco chi rimane indietro.

Rapporto Aran sulle retribuzioni dei dipendenti pubblici. Si allarga la forbice fra centro e periferia. Secondo lo studio, tra 2016 e 2027 quasi recuperata l'inflazione.
Nel 2022/24, cioè il triennio ora al centro delle complicate trattative con i sindacati, i rinnovi contrattuali del pubblico impiego viaggiano molto sotto all'inflazione del periodo, e questo è noto. Nel medio periodo, con la visibilità aperta dalla manovra che per la prima volta ha fissato gli stanziamenti dei prossimi rinnovi, l'aggancio al carovita è raggiunto. Non per tutti, però: perché la scuola e soprattutto gli enti locali continueranno a essere i rami cadetti della Pubblica amministrazione italiana, e vedranno crescere quel divario retributivo rispetto agli altri comparti che già oggi sta alimentando una sorta di fuga da Comuni e Province verso il centro.
Le cifre
I numeri messi in fila dall'Aran nel «Rapporto semestrale sulle retribuzioni nella Pa» allargano molto lo sguardo rispetto all'orizzonte indicato dal titolo, e vanno oltre contingenza stretta per mostrare i fenomeni strutturali alla base del presente e del futuro prossimo delle buste paga pubbliche. A partire dal paradosso che vede le trattative bloccate dal massimo livello di tensione degli ultimi anni proprio mentre sono altrettanto ai massimi le somme da destinare ai nuovi contratti. Ad accidentare il terreno è ovviamente l'inflazione gonfiata dall'energia nel 2022/23, che ha alimentato anche la risposta di Cgil e Uil sulla «falsa narrazione» del Governo e le «risorse insufficienti». Il blocco però, è lo stesso Rapporto Aran a mostrarlo, determina anche il fatto che il parziale recupero della botta subita con i prezzi è stato avviato nel settore privato, con un aumento medio del 3,9% messo a segno l'anno scorso dalle retribuzioni contrattuali del personale non dirigente, mentre è assente nel pubblico (+0,1%). A questo si aggiunge il congelamento delle novità normative che, sottolinea il presidente dell'Aran Antonio Naddeo, «nel settore pubblico hanno un rilievo anche più significativo rispetto al privato», perché «elementi come l'orario di lavoro, i permessi, il lavoro agile, il buono pasto e la settimana corta sono fondamentali per definire un sistema di garanzie e diritti».
La corsa con i prezzi
Sono i numeri, però, a dominare la scena. Quelli del 2022/24 parlano di 10,8 miliardi di euro, che producono aumenti medi fra il 6% e il 7,3% nei diversi settori a fronte di un +15,4% fatto segnare dall'indice dei prezzi armonizzato (Ipca al netto degli energetici importati). Nel 2019/21 era però successo il contrario, con aumenti fra il 5,2% e l'8,1% mentre l'Ipca si era fermato al 2,2%. Nel 2016/18 il quadro è più complesso, perché gli incrementi (3,5%) sono quasi doppi rispetto all'Ipca (1,8%) ma i rinnovi erano stati congelati dal 2010 mentre l'inflazione cumulava un altro 9,2%. Per il 2025/27 gli indici di contratti e prezzi si allineano. Risultato finale: dal 2016 al 2027 la spinta dei contratti quasi aggancia quella complessiva dell'inflazione in ministeri, agenzie fiscali, enti pubblici non economici, con aumenti complessivi medi da 562 euro nel periodo, e in sanità (530 euro). Restano indietro, i comparti cadetti, perché istruzione (400 euro) ed enti territoriali (390 euro) vedono aumenti del 20,1-2% contro un Ipca del 25,4%.
Comuni e Province in coda
Ad allargare la forbice sono due fattori. Gli incrementi percentuali uguali per tutti penalizzano ovviamente chi parte da un livello retributivo più basso. Ma il divario cresce perché soprattutto ministeri e sanità hanno potuto contare anche su risorse extracontrattuali, come i 190 milioni per il fondo accessorio messi a disposizione dall'ultimo decreto Pa. Soprattutto gli enti locali, quindi, sono condannati alla posizione di ultimo vagone del treno: vagone che rischia di svuotarsi.





























Valuta questo sito: RISPONDI AL QUESTIONARIO