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FAVARAWEB

Crisi Aica: Il Sindaco di Favara lancia l'allarme sulla gestione idrica pubblica.

La società Aica si trova ad affrontare una delle fasi più critiche della sua esistenza. A denunciarlo è il sindaco di Favara, Antonio Palumbo, con un post su Facebook in cui mette in evidenza il grave rischio di collasso della consortile idrica pubblica. "Oggi l'Aica rischia concretamente di naufragare sotto il peso dei debiti mentre le nostre strade sprofondano a causa delle mancate manutenzioni e centinaia di litri d'acqua si disperdono, in spregio alle tante famiglie che ancora oggi sono costrette a vivere con risorse idriche razionate", scrive il primo cittadino. Il sindaco Palumbo invita tutti i suoi colleghi ad assumersi le proprie responsabilità, sottolineando come sia necessario superare le divisioni politiche per garantire la tenuta del sistema idrico pubblico. "Al netto delle difficoltà oggettive e degli errori gestionali di Aica, la consortile idrica pubblica è l'unica realtà che ci separa da un ritorno dei privati, che in tanti sembrano quasi auspicare". Uno dei problemi principali denunciati dal sindaco è il mancato pagamento da parte di diversi Comuni di importi significativi, tra cui le fatture per l'acqua utilizzata dalle strutture pubbliche e il prestito assegnato dalla Regione per la costituzione della società. Questo comportamento, definito "irresponsabile, miope e spesso anche doloso", sta compromettendo la sopravvivenza di Aica, che ormai non riesce più a far fronte ai pagamenti per le imprese che si occupano di manutenzione e riparazioni. La situazione si fa sempre più insostenibile, con gravi ripercussioni sui cittadini, che rischiano di subire ulteriori disagi nella gestione dell'acqua. "Non possiamo più permettercelo", afferma Palumbo, facendo appello ai sindaci affinché mettano da parte interessi politici e di parte per salvaguardare la gestione pubblica dell'acqua. "Se poi c'è chi spera che i grandi gruppi di potere economico tornino a mettere le mani sull'acqua, abbia almeno il coraggio di dirlo apertamente". La crisi di Aica solleva, dunque, interrogativi importanti sul futuro della gestione dell'acqua in provincia e sulla necessità di una maggiore collaborazione tra gli enti locali per evitare il fallimento della società e la conseguente privatizzazione del servizio.


LIVESICILIA
Pd, Iacono: "In Sicilia più sintonia con Roma. Agrigento? No fantapolitica"

Parla la deputata nazionale agrigentina che affronta i nodi del congresso e delle elezioni provinciali.

PALERMO - Sì al "dibattito costruttivo" ma "no allo scontro perenne" nel Partito democratico siciliano che si appresta al congresso regionale, il giudizio sull'attuale segretario Anthony Barbagallo che "può guidare la nuova fase e infine il caso Agrigento, dove i Dem starebbero dialogando con pezzi del centrodestra per le Provinciali: stop ad accordi "un po' avventurosi e da fantapolitica". Giovanna Iacono, deputata agrigentina vicina a Elly Schlein, guarda in questi termini al momento delicato in casa Dem Sicilia.
Lei è agrigentina, partiamo dall'attualità. Agrigento capitale della cultura sta facendo parlare più per le defaillance che per i risultati. Nei giorni scorsi si è dimesso anche Albergoni. Che sta succedendo?
"Agrigento ha ottenuto un riconoscimento straordinario con il titolo di Capitale Italiana della Cultura 2025, un'opportunità irripetibile per il rilancio turistico, economico e sociale della città e dell'intero territorio. Tuttavia, è innegabile che negli ultimi mesi si siano verificati errori gestionali e organizzativi che rischiano di compromettere il potenziale di questo evento. Le dimissioni di Albergoni, figura chiave per la pianificazione e la realizzazione del progetto, rappresentano l'ennesimo segnale di criticità che non possono essere ignorate. La sensazione è che stiamo buttando via una grande opportunità. Sta emergendo una impreparazione e probabilmente tutta l'inadeguatezza delle classi dirigenti agrigentine e siciliane. Ad oggi di Agrigento capitale della cultura si è parlato più per i grossolani errori che per l'offerta culturale. Come ho detto qualche giorno fa intervenendo alla Camera, su questa questione serviva e serve più amore e rispetto per Agrigento e non una continua lite per posti di potere e interessi specifici e di parte".
Agrigento Capitale, al di là delle dimissioni di Albergoni, può ancora salvarsi?
"Da agrigentina, sono profondamente convinta che la nostra città abbia tutte le carte in regola per sfruttare al meglio questa occasione. Tuttavia, serve uno sforzo collettivo da parte delle istituzioni, delle forze economiche e sociali e della cittadinanza per evitare che questa diventi un'occasione mancata. Il tempo per rimediare comincia a scarseggiare, ma io voglio ancora sperare. Il sindaco di Agrigento e il presidente Schifani guardino a quello che hanno davanti agli occhi e che hanno colpevolmente messo ai margini: realtà associative e istituti culturali, registi, scrittori, artisti, intellettuali, uomini e donne di cultura ad Agrigento e in provincia ce ne sono tanti. Scelgano tra questi".
Alla fine sembra che il 27 aprile si voterà per le ex Province. Il nostro giornale ha raccolto rumors di un possibile accordo trasversale sulla provincia di Agrigento. Come stanno le cose?
"Il ritorno al voto per le ex Province segna una tappa importante dopo anni di incertezze e commissariamenti da parte del centrodestra. In questi anni con Musumeci e Schifani si sono privati i territori di una governance stabile ed efficace. Tuttavia, il modello scelto, con elezioni di secondo livello riservate agli amministratori locali e non ai cittadini, continua a rappresentare un limite alla piena democraticità di questo processo. Ed è innegabile.
Fin qui le Province, ma le intese trasversali del Pd?
"Per quanto riguarda Agrigento, comprendo che possano circolare voci su possibili accordi trasversali tra diverse forze politiche. Tuttavia, è fondamentale che qualsiasi intesa politica abbia come unico obiettivo il benessere del territorio e non sia frutto di logiche di potere o di spartizione. Il Partito democratico ha sempre sostenuto un metodo di confronto chiaro e trasparente, basato su programmi e priorità per il rilancio della provincia. Stiamo provando a costruire un progetto di governo credibile e vincente. Altre opzioni, un po' avventurose, appartengono alla fantapolitica. Il Pd si muove nell'interesse di far rinascere una provincia che è ultima in tutto. Agrigento ha bisogno di un governo forte, capace di affrontare temi fondamentali come le infrastrutture, la viabilità, il contrasto allo spopolamento e il sostegno alle imprese e al turismo. Gli accordi dovranno partire da questo e non sul tatticismo e le convenienze di questo o di quel dirigente politico o gruppo di potere".
Il Pd siciliano appare litigioso e il congresso che sta per arrivare sembra vivere di forti scontri.
"Il Partito democratico è un partito grande, plurale, con una base ampia e sensibilità politiche diverse. È normale che nei momenti congressuali emergano confronti accesi, perché è proprio nei congressi che si definiscono le linee politiche e la leadership del partito. Tuttavia, è fondamentale che il dibattito sia costruttivo e non si trasformi in uno scontro perenne. La Sicilia ha bisogno di un Pd forte, unito e capace di essere riferimento per i cittadini, soprattutto in una fase in cui la destra al governo della Regione non sta dando risposte adeguate ai problemi della nostra terra".
Cosa ci si deve aspettare da questo congresso regionale?
"Il prossimo congresso deve essere un'occasione per rilanciare il partito, rafforzare il radicamento territoriale e costruire una proposta politica chiara per la Sicilia. Non può essere piegato solo alla scelta di un gruppo dirigente o, peggio, al mantenimento di una palude in cui risulta impossibile far visibilità ai temi prioritari del Pd. Abbiamo scelto di dare parola ai nostri iscritti ed alle nostre iscritte, di rifuggire dalle logiche degli accomodamenti e dalle decisioni prese sulla testa del corpo del partito in qualche riunione di dirigenti e deputati. Quando abbiamo fatto il congresso nazionale, il Pd era dato per prossimo alla fine, ma quel congresso e la vittoria di Elly Schlein, che ho sostenuto fin dalla prima ora, ci hanno rimesso in pista e consentito di recuperare il ruolo centrale nell'opposizione e nella costruzione dell'alternativa. Dobbiamo fare lo stesso sfruttando la grande occasione del congresso siciliano".
Lei ha citato Schlein, perché l'entusiasmo suscitato dall'attuale segreteria fatica ad emergere in Sicilia?
Elly Schlein ha portato una nuova energia nel Pd nazionale, puntando su temi fondamentali come il lavoro, i diritti sociali e civili, la lotta alla precarietà e la giustizia ambientale. Tuttavia, in Sicilia, questo entusiasmo fatica a tradursi in un consenso diffuso. Le ragioni sono molteplici. Da un lato, il Pd siciliano ha vissuto negli ultimi anni una fase di frammentazione interna che ha reso difficile il radicamento delle nuove leadership. Dall'altro, la nostra regione ha specificità che richiedono risposte concrete e immediate: la crisi economica, la disoccupazione giovanile, il precariato diffuso, la carenza di infrastrutture, la crisi del settore agricolo e il rischio di spopolamento".
Qual è la ricetta allora per il Pd siciliano?
"Se vogliamo che il vento di cambiamento portato da Elly Schlein arrivi anche in Sicilia, dobbiamo lavorare con più forza sul territorio parlando con le persone, ascoltando le loro esigenze e trasformando le idee in soluzioni reali. Il Pd deve dimostrare che è vicino ai cittadini, che comprende i loro problemi e che ha la credibilità per risolverli. Abbiamo soprattutto bisogno di rendere il Pd anche in Sicilia più coerente con la linea politica nazionale, di recuperare una distonia tra quanto stiamo facendo a Roma e quanto produciamo nell'assemblea regionale e nei nostri territori".
Che giudizio dà sul partito siciliano e sulla gestione Barbagallo?
"Sono stati anni difficili per il Pd siciliano, Barbagallo ha lavorato tra mille difficoltà ma è innegabile che abbia avviato un processo di rinnovamento del partito. Penso abbia lavorato bene e che possa, in un congresso che sia davvero di rigenerazione del Pd, guidare la nuova fase insieme con un gruppo dirigente largo e sintonizzato sulla linea nazionale e attento alle emergenze ed ai problemi della Sicilia".
Lei è componente della commissione parlamentare di inchiesta sulle Condizioni del lavoro. La Sicilia ha dati preoccupanti su sicurezza e incidenti e meno di 12 mesi fa a Casteldaccia 5 lavoratori hanno perso la vita in una delle più gravi tragedie sul lavoro nella storia della regione. Ci dobbiamo rassegnare?
"No, rassegnarsi non è un'opzione. Ogni volta che un lavoratore perde la vita sul posto di lavoro, si consuma una tragedia che non può essere accettata come inevitabile. La Sicilia, purtroppo, ha numeri allarmanti in termini di incidenti e morti sul lavoro, e la tragedia di Casteldaccia è stata una delle più drammatiche degli ultimi anni".
Cosa manca in Sicilia per ottenere maggiore sicurezza?
"Siamo impegnati nello scrivere la relazione parlamentare su Casteldaccia e altri eventi drammatici. Quello che emerge è che in Sicilia più che altrove ci troviamo davanti a carenti misure di sicurezza nei cantieri e nei luoghi di lavoro, controlli insufficienti e un numero inadeguato di ispettori del lavoro, alla formazione che spesso è inadeguata, e a un mercato del lavoro segnato da precarietà e irregolarità. Come componente della Commissione parlamentare d'inchiesta sulle condizioni del lavoro, sto lavorando per portare all'attenzione del governo e del Parlamento la necessità di rafforzare i controlli, aumentare i fondi per la formazione sulla sicurezza e garantire che chi non rispetta le norme paghi un prezzo alto. Dobbiamo anche affrontare il problema del lavoro nero e irregolare, che spesso espone i lavoratori a rischi maggiori perché operano senza tutele. Serve un impegno congiunto di istituzioni, sindacati e imprese per costruire una cultura della sicurezza che non sia solo un obbligo burocratico, ma una priorità reale. Se vogliamo evitare altre tragedie come quella di Casteldaccia, dobbiamo cambiare mentalità e passare dalle parole ai fatti. Le vite dei lavoratori valgono più di qualsiasi profitto o interesse economico".



GRANDANGOLO

Aeroporto di Agrigento, Lupi e Pisano: "È in dirittura di arrivo".

Così in una nota congiunta il presidente di "Noi Moderati" ed ex ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi e l'on. Calogero Pisano.
"Stiamo all'ultima fase, quella del completamento della consegna dei documenti necessari al Mit, che porterà finalmente all'apertura dell'aeroporto di Agrigento, un iter cominciato con l'inserimento dell'opera nel dl Sud grazie all'iniziativa politica di Noi Moderati. Un passo fondamentale per il territorio agrigentino, che colmerà il gap infrastrutturale finora esistente con le altre province siciliane e con il resto del Paese. Era quello che serviva, dopo decenni di immobilismo. Lavoreremo insieme nei prossimi mesi in Parlamento per raggiungere questo importante obiettivo ". Così in una nota congiunta il presidente di Noi Moderati ed ex ministro delle infrastrutture Maurizio Lupi e l'on. Calogero Pisano.



LENTEPUBBLICA

Licenziamento per molestie sul lavoro: ecco quando scatta secondo la Cassazione.

La Cassazione, in una recente sentenza, enuclea i casi in cui sussistono le motivazioni per il licenziamento legittimo per molestie sul posto di lavoro.
Nell'ambito dei rapporti professionali tra colleghi, non è affatto raro che si vengano a creare delle vere e proprie amicizie. Tuttavia, non sempre tali relazioni si sviluppano in un clima di rispetto reciproco. Purtroppo, infatti, spesso emergono episodi caratterizzati dall'impiego di un linguaggio inappropriato o, peggio, di comportamenti molesti ai danni di colleghi e colleghe, che non solo minano la serenità nell'ambiente lavorativo, ma mettono anche a repentaglio il rapporto di lavoro dei soggetti coinvolti.
In tal senso si è espressa la Suprema Corte di Cassazione, con l'ordinanza n. 6345/2025, emessa il 10 marzo. In particolare, gli Ermellini hanno considerato legittimo il licenziamento immediato di un dipendente accusato di aver molestato verbalmente una collega, ponendo l'accento sulla gravità di tali comportamenti sul luogo di lavoro.
Dettagli del caso e implicazioni giuridiche
Il caso esaminato dalla Cassazione trae origine dal licenziamento senza preavviso di un dipendente di un'azienda del settore trasporti. Più nel dettaglio, a carico del lavoratore era stato avviato un procedimento disciplinare, al cui termine è emerso che lo stesso aveva rivolto, dinanzi ad altri soggetti, frasi sconvenienti a una collega incinta, provocandole disagio e imbarazzo. La sua deplorevole condotta non solo ha minato la dignità della vittima, ma ha altresì compromesso la fiducia necessaria nei rapporti professionali tra dipendente e datore di lavoro.
Quest'ultimo, infatti, ha giustificato la propria decisione di licenziare in tronco il dipendente, sostenendo che il comportamento dello stesso avesse cagionato una lesione alla reputazione dell'azienda e alla qualità del servizio reso al pubblico.
Il lavoratore ha dunque impugnato il licenziamento. Tuttavia, in primo grado il Tribunale ha confermato la legittimità del provvedimento espulsivo, facendo riferimento alla disciplina della destituzione del servizio, contenuta nel CCNL del settore autoferrotranvieri.
In sede di appello però il lavoratore ha ottenuto un parziale riconoscimento della sua posizione: i giudici di secondo grado infatti hanno qualificato il licenziamento come sproporzionato, ritenendo che il rapporto di lavoro fosse cessato al momento del recesso unilaterale dell'impresa. Quest'ultima veniva dunque condannata ad un risarcimento economico nei confronti dell'ex dipendente.
Riflessioni della Corte di Cassazione sul licenziamento per molestie sul lavoro
La situazione si ribalta ulteriormente dinanzi ai giudici di legittimità, che, come detto, hanno confermato la legittimità del licenziamento. In particolare, la Cassazione ha tenuto conto di diversi fattori prima di giungere alla sua decisione. È stato sottolineato che il dipendente aveva già in passato posto in essere comportamenti inappropriati e che le molestie si erano verificate in un contesto di lavoro. Gli ermellini hanno richiamato il Regio decreto n. 148 del 1931, il quale prevede la sanzione della destituzione dal servizio per "chi, per azioni disonorevoli od immorali, ancorché non costituiscano reato o trattisi di cosa estranea al servizio si renda indegno della pubblica stima."
Il rispetto reciproco e la protezione della dignità dei lavoratori sono invero essenziali per garantire un ambiente lavorativo sano. È responsabilità di ogni dipendente contribuire a questo clima di rispetto, evitando comportamenti che possano risultare offensivi.
Normative di riferimento e responsabilità
L'ambiente di lavoro deve essere un luogo di rispetto reciproco, in cui ogni individuo possa operare senza subire comportamenti offensivi o discriminatori.
L'art. 26, co. 3-ter, del d.lgs. 198/2006 (Codice delle pari opportunità) sottolinea la necessità di preservare un ambiente professionale fondato su equità e correttezza, nel quale la dignità di ciascun individuo sia garantita. Questo implica che le imprese e i datori di lavoro, in virtù dell'art. 2087 c.c., debbano adottare misure efficaci per prevenire condotte lesive. Tuttavia, anche i dipendenti sono tenuti a rispettare tale principio, evitando atteggiamenti che possano minare l'integrità morale dei colleghi.
Secondo la giurisprudenza più recente, il datore di lavoro ha il dovere di intervenire non solo in presenza di molestie sessuali vere e proprie, ma anche quando un comportamento risulti offensivo, degradante o intimidatorio. La Corte di Cassazione, con la sentenza n. 23286/2023, ha chiarito che le aziende devono garantire un ambiente privo di minacce alla dignità individuale, sanzionando severamente eventuali trasgressioni.
Molestie verbali e discriminazione: le conseguenze sul piano giuridico
Le espressioni a sfondo sessuale rivolte a una collega, come nel caso in esame, costituiscono una forma di comportamento lesivo e discriminatorio, indipendentemente dall'intento dell'autore. La tutela giuridica contro tali condotte si fonda su alcuni principi chiave:
qualsiasi comportamento indesiderato basato sul sesso, se lesivo della dignità della vittima, configura una molestia, indipendentemente dalla volontà del responsabile;
la percezione soggettiva della vittima è rilevante: non è necessario che vi sia un'intenzione discriminatoria da parte dell'autore, ma è sufficiente che le parole siano percepite come umilianti o degradanti;
il concetto di molestia non è limitato ad atti fisici: anche dichiarazioni verbali inopportune rientrano nella definizione giuridica di comportamento discriminatorio (Cass., sent. n. 23295/2023).




LENTEPUBBLICA

Costruire il futuro della Nuova Pubblica Amministrazione.

La funzione cruciale della Pubblica Amministrazione
Vorrei aprire questo intervento sottolineando preliminarmente il ruolo cruciale che la Pubblica Amministrazione riveste per il buon funzionamento di uno Stato. La PA rappresenta infatti l'apparato organizzativo attraverso il quale lo Stato persegue i propri fini istituzionali ed eroga servizi ai cittadini. È il motore operativo che mette in atto le politiche e le decisioni del governo, garantendo il corretto funzionamento della macchina statale.
Senza una pubblica amministrazione efficiente, equa e realmente al servizio della collettività, uno Stato non può assolvere ai suoi compiti fondamentali:
fornire servizi essenziali - garantiti dalla costituzione - ai cittadini come istruzione, sanità, sicurezza;
applicare e far rispettare le leggi in modo imparziale;
investire strategicamente in infrastrutture e sviluppo economico;
tutelare i diritti civili e promuovere il benessere sociale;
governare il territorio coordinando gli enti locali.
Questa è la Pubblica Amministrazione.
La Pubblica Amministrazione rappresenta il volto dello Stato per i cittadini ed è garante del buon andamento e dell'imparzialità dell'azione amministrativa, come sancito dalla nostra Costituzione. Un'amministrazione pubblica solida, trasparente e meritocratica è quindi condizione imprescindibile per la tenuta dello Stato di diritto e la coesione sociale ed economica di un Paese. La sua funzione è assolutamente cruciale per tradurre gli ideali democratici in servizi concreti per la cittadinanza.
Sfide e pressioni che affliggono la PA
Oggi però la pubblica amministrazione si trova ad affrontare sfide e pressioni senza precedenti che rendono non solo opportuna, ma necessaria una sua profonda trasformazione che non sia solo una trasformazione normativa.
In primo luogo, la rivoluzione digitale sta cambiando radicalmente il modo in cui cittadini e imprese si aspettano di interagire con lo Stato. In un mondo sempre più connesso e abituato a servizi online efficienti, personalizzati e a portata di click, la PA non può più permettersi di operare con logiche analogiche e burocratiche del passato.
In secondo luogo, l'emergenza climatica e la necessità di uno sviluppo più sostenibile impongono un ripensamento delle modalità operative della PA, che deve farsi esempio di rispetto ambientale e uso oculato delle risorse in tutte le sue attività.
Infine, i cittadini sono sempre più esigenti e critici verso la qualità dei servizi pubblici, anche per effetto del confronto con quelli offerti dal settore privato. Pretendono un'amministrazione più trasparente, partecipativa, orientata al risultato e attenta ai bisogni individuali.
Per affrontare queste sfide e costruire la pubblica amministrazione del futuro, occorre abbracciare con decisione le tendenze e le innovazioni che stanno rivoluzionando ogni settore.
Ripensare la nuova Pubblica Amministrazione
Digitalizzazione e automazione dei processi sono imperativi per rendere l'azione amministrativa più snella, veloce ed economica. Sfruttare tecnologie come l'intelligenza artificiale consente di ottimizzare l'erogazione dei servizi e supportare processi decisionali complessi.
Aprire i dati della PA favorisce la trasparenza e il controllo civico, oltre a liberare valore per il riuso. Cooperare sinergicamente tra enti pubblici e con il settore privato permette di moltiplicare risorse e competenze. Integrare la sostenibilità ambientale in ogni attività riduce l'impronta ecologica dello Stato dando il buon esempio.
Ma la trasformazione digitale non basta. Per ripensare davvero la nuova Pubblica Amministrazione occorre mettere il cittadino al centro e l'innovazione nel DNA di ogni sua articolazione.
Servono servizi pubblici digitali disponibili 24 ore su 24, un massiccio uso di app mobili e portali web personalizzati, una comunicazione bidirezionale anche attraverso social media e chat.
È necessario un profondo riassetto normativo e una reingegnerizzazione dei processi per eliminare passaggi superflui, automatizzare il più possibile grazie alla tecnologia, semplificare il linguaggio burocratico.
Occorrono programmi mirati per attrarre e trattenere i migliori talenti nel settore pubblico, colmando il gap di competenze digitali e invertendo l'esodo di risorse qualificate. Servono percorsi di carriera e incentivi adeguati, ma soprattutto massicci investimenti nella formazione e nell'aggiornamento professionale continuo.
Va promossa a tutti i livelli una vera cultura dell'innovazione, che abbraccia il cambiamento e la sperimentazione, anche accettando l'errore come opportunità di apprendimento e miglioramento. Spazi di lavoro collaborativi e flessibili possono stimolare il pensiero creativo e lo scambio di idee.
Fondamentale è poi misurare scientificamente le performance, fissando metriche chiave e obiettivi sfidanti per ogni servizio. Introdurre logiche di qualità totale e miglioramento continuo dei processi, premiando le best practice e imparando dagli insuccessi.
La PA come una Startup
Non si tratta solo di cambiare tecnologie e processi, ma l'intera filosofia operativa delle amministrazioni pubbliche. Ripensare davvero la nuova Pubblica Amministrazione significa rimettere in discussione la sua ragion d'essere, la sua organizzazione, le sue modalità di lavoro e di interazione con i cittadini. Significa farne un'istituzione agile, aperta, tecnologicamente avanzata, capace di adattarsi continuamente alle esigenze di una società in rapida evoluzione.
Mi piace pensare ad una mentalità da startup: la PA deve abbandonare la logica burocratica e abbracciare il pensiero out-of-the-box, propensione al rischio, tolleranza all'errore, velocità di esecuzione, miglioramento continuo.
I dipendenti pubblici non devono più essere meri esecutori di procedure, ma creatori di soluzioni innovative per i problemi dei cittadini, proprio come i fondatori di startup. E' necessario promuovere una cultura dell'imprenditorialità all'interno della PA, incoraggiando i dipendenti a pensare come imprenditori: identificare opportunità, assumere rischi calcolati, prototipare rapidamente, cercare risorse.
E' impossibile? Di sicuro è difficile, ma non impossibile.
Spesso tendiamo a sottovalutare (anzi molte volte lo soffochiamo) il potenziale di innovazione e la spinta al cambiamento che esiste all'interno della pubblica amministrazione. Sottovalutiamo il capitale intellettuale. Ci sono molti dipendenti pubblici che hanno le competenze, la passione e la visione per diventare agenti di trasformazione, ma che sono frenati da un eccesso di burocrazia, da una cultura organizzativa rigida, da una mancanza di fiducia e di autonomia.
Conclusioni
È una sfida epocale, che richiederà visione, determinazione e risorse ingenti. Ma è una sfida improrogabile per mantenere la pubblica amministrazione al passo coi tempi e realmente al servizio della collettività. Solo abbracciando il cambiamento la PA potrà essere quel catalizzatore di sviluppo e progresso di cui il nostro Paese ha bisogno.
La pubblica amministrazione che vogliamo è un'amministrazione capace di leggere il presente e anticipare il futuro, per servire al meglio la collettività. Che progetta e innova, sperimenta e apprende, include e responsabilizza. Che lavora ogni giorno per migliorare la vita delle persone e creare valore pubblico.
È un percorso ambizioso ma necessario, che richiede il contributo di tutti. Perché una pubblica amministrazione efficace, innovativa e giusta non è solo un obiettivo di buon governo. È un presupposto fondamentale per la tenuta democratica, la competitività economica e il benessere sociale del nostro Paese.



TELEACRAS

Piano delle Performance, assoluzione per gli ex vertici della Provincia Regionale di Agrigento: la Corte dei Conti rigetta le accuse.

Si conclude con un pieno accoglimento delle tesi difensive il procedimento avviato dalla Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana nei confronti degli ex vertici politici e dirigenti della Provincia di Agrigento. La Corte dei Conti per la Regione Calabria ha infatti dichiarato la nullità della citazione a giudizio rilevando la violazione dell'art. 70 del codice di giustizia contabile la citazione e confermando così l'assenza di irregolarità nella gestione delle indennità di risultato per gli anni contestati.
La vicenda ha avuto inizio con un atto di citazione notificato nel settembre 2022 dalla Procura Regionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana.
L'accusa contestava agli ex vertici dell'Amministrazione provinciale, un presunto danno erariale di circa 400.000 euro, legato al pagamento delle indennità di risultato ai dirigenti per i cicli valutativi compresi tra il 2012 e il 2017. Secondo la Procura, tali somme sarebbero state erogate in violazione del Decreto Legislativo n. 150/2009, la cosiddetta "Legge Brunetta", configurandosi come una componente fissa del trattamento economico anziché come un riconoscimento legato alla performance.
In particolare, gli Avvocati Gaetano Caponnetto, Salvatore Palillo e Doriana Palillo - difensori di alcuni ex assessori provinciali, funzionari e componenti del nucleo di valutazione dell'Ente -, hanno immediatamente contestato la citazione, evidenziandone l'inammissibilità per violazione dell'art. 70 del Codice di Giustizia Contabile. Secondo la difesa, la Procura non aveva giustificato la riapertura del fascicolo istruttorio, precedentemente archiviato, con l'individuazione di nuovi elementi sopravvenuti, come invece previsto dalla normativa. Inoltre, gli avvocati avevano sottolineato l'intervenuta prescrizione delle voci di danno relative alle annualità 2012, 2013, 2014 e 2015.
La Corte dei Conti per la Regione Siciliana, in udienza il 12 luglio 2023, ha dichiarato la propria incompetenza territoriale, rimandando la causa alla Corte dei Conti per la Regione Calabria. Quest'ultima, dopo aver esaminato il caso, ha accolto integralmente le tesi difensive esposte fra l'altro dagli Avvocati Gaetano Caponnetto, Salvatore Palillo e Doriana Palillo, dichiarando la nullità della citazione per le annualità contestate. Inoltre, la stessa Corte dei Conti ha riconosciuto la regolarità del ciclo della performance, smentendo così le contestazioni avanzate dalla Procura.
I legali, infatti, hanno eccepito quanto sostenuto dalla Procura, rilevando che il ciclo della performance era tutt'altro che fittizio: gli obiettivi venivano assegnati all'inizio di ogni anno e risultavano caratterizzati dal grado di specificità richiesto dalla "Legge Brunetta".
A completare il verdetto favorevole per gli ex vertici della Provincia, la Corte dei Conti per la Regione Calabria ha disposto la liquidazione delle spese legali a favore delle parti prosciolte.
La sentenza rappresenta un'importante vittoria per i vertici politici e dirigenziali della ex Provincia Regionale di Agrigento, che vedono così riconosciuta la legittimità della loro gestione amministrativa.



TELEACRAS

"Danno erario 400.000 euro": prosciolto Eugenio D'Orsi e altri dirigenti e politici.

Con atto di citazione notificato in data 9.09.2022, la Procura Regionale presso la Sezione Giurisdizionale della Corte dei Conti per la Regione Siciliana ha contestato al Professore D'Orsi, in solido con altri soggetti (all'epoca dei fatti ai vertici dell'Amministrazione provinciale), un presunto danno erariale quantificato in misura pari a circa 400.000,00 e correlato al pagamento delle indennità di risultato in favore dei dirigenti dell'ex Provincia di Agrigento relativamente ai "cicli valutativi" 2012 - 2013 - 2014 -2015 - 2016 - 2017.
In particolar modo, la Pubblica Accusa ha asserito che, in violazione dei principi dettati in materia dal D.lgs n. 150/2009 (meglio conosciuto come legge Brunetta), "....Non vi era alcun ciclo della performance e la retribuzione di risultato era in realtà una componente fissa del trattamento economico....".
A sostegno di tali tesi accusatorie, la Procura ha asserito che gli obiettivi venivano definiti e assegnati ai dirigenti alla fine dell'anno stesso di valutazione e che, peraltro, gli obbiettivi in questione riproducevano il mansionario.
Il Prof. Eugenio D'Orsi, il Dott. Piero Marchetta, il Dott. Salvatore Tannorella, il Dott.re Benito Infurnari ed il Dott.re Giuseppe Marino, interessati a vario titolo dalla vicenda per il ruolo ricoperto all'epoca dei fatti, hanno dunque conferito mandato difensivo agli Avvocati Girolamo Rubino e Rosario De Marco Capizzi.
I predetti difensori hanno preliminarmente eccepito l'inammissibilità della citazione dell'Attore Pubblico per violazione delle condizioni prescritte dall'art. 70 del Codice di Giustizia Contabile ai fini della riapertura del fascicolo istruttorio precedentemente archiviato.
La norma processuale in questione, secondo quanto rilevato dagli Avvocati Rubino e De Marco Capizzi, prevede specificatamente, con riguardo a fatti oggetto di una istruttoria precedentemente archiviata, che la Procura debba adottare un provvedimento motivato evidenziando elementi nuovi sopravvenuti che giustifichino una nuova azione.
Gli stessi difensori hanno rilevato la prescrizione delle voci di danno erariale relative alle annualità 2012, 2013, 2014, 2015.
In ogni caso, i medesimi difensori hanno rilevato che, a differenza di quanto sostenuto dalla Procura Regionale, il ciclo della performance era tutt'altro che fittizio tanto è vero che gli obbiettivi venivano assegnati all'inizio di ogni anno e risultavano caratterizzati dal grado di specificità richiesto dalla "legge brunetta".
In esito all'udienza del 12.7.2023, la Corte dei Conti per la Regione Siciliana ha dichiarato la propria incompetenza territoriale in ragione della presenza tra le parti evocate in giudizio di un Giudice contabile assegnato alla Sezione di Controllo per la Regione Sicilia indicando, altresì, il Giudice competente innanzi al quale riassumere il giudizio, ovverosia la Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Calabria.
Riassunta la causa, la Corte dei Conti per la Regione Calabria, in totale accoglimento delle tesi difensive degli Avv.ti Girolamo Rubino e Rosario De Marco Capizzi, ha dichiarato la nullità della citazione a giudizio per le annualità 2012-2013-2014 rilevando la violazione dell'art. 70 del codice di giustizia contabile, la prescrizione del presunto danno riguardante l'annualità 2016 e, nel merito, ha rilevato l'assenza di qualsivoglia irregolarità in relazione ai cicli della performance che hanno investito le annualità 2016 - 2017.
La Corte dei Conti Sezione Giurisdizionale per la Regione Calabria, inoltre, ha liquidato le spese dovute alle parti prosciolte in misura pari ad euro 6.300,00.




ILSOLE24ORE

Comuni, la fuga dei dipendenti: +45% di dimissioni in sei anni.

I dati del Rapporto Ifel: 16mila uscite volontarie l''anno contro le 11mila del 2017. Pesano le distanze retributive: negli enti locali stipendi medi inferiori del 19,6% rispetto ai ministeri e del 23,2% sulle agenzie.Gli anni del turn over al lumicino sono lontani, la riforma delle assunzioni è operativa dal gennaio 2022, i decreti sul Pnrr hanno dato altre spinte ai contratti ma l'organico dei Comuni rimane esangue: oggi nei 7.896 municipi italiani lavorano 341.659 persone, il 27% in meno rispetto ai picchi del 2007, e la dinamica è rimasta piatta negli ultimi due anni nonostante le spinte al reclutamento.


LENTEPUBBLICA

PNRR, tra ritardi e polemiche: il Governo sotto pressione in Parlamento.

La Ragioneria Generale dello Stato e la Corte dei conti hanno segnalato ritardi nell'attuazione del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza (PNRR), con diciannove progetti a rischio di mancata realizzazione nei tempi previsti.
Di fronte a questa situazione, il ministro dell'Economia, Giancarlo Giorgetti, ha richiesto una proroga fino al 2027 per completare alcune misure. L'opposizione incalza l'esecutivo, chiedendo chiarimenti in Parlamento per scongiurare il fallimento del piano e la perdita di fondi europei.
Diciannove progetti a rischio e negoziati con l'UE
L'Italia fatica a impiegare in modo efficace e tempestivo i fondi europei del PNRR. Durante la Cabina di regia a Palazzo Chigi, il ministro per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il PNRR, Tommaso Foti, ha presentato la sesta relazione al Parlamento sullo stato di avanzamento del piano. Al 31 dicembre 2024 risultano spesi 63,9 miliardi di euro, poco più del 52% delle risorse ricevute, una quota insufficiente per rispettare le scadenze del 2026.
Le criticità riguardano sia ritardi strutturali che difficoltà operative, legate alla carenza di personale e a una governance frammentata. La Missione 6, dedicata alla sanità, è tra le più esposte al rischio di rinvii e ridimensionamenti. Per accelerare l'attuazione del piano, si punta su semplificazione amministrativa, rafforzamento dell'assistenza tecnica e maggiore coordinamento tra enti locali e governo centrale.
Il quadro finanziario e gli slittamenti delle spese
La Corte dei conti segnala che, sebbene gli obiettivi qualitativi e quantitativi siano in gran parte rispettati, persistono criticità da monitorare. I dati della piattaforma ReGiS evidenziano uno slittamento delle spese previste per il biennio 2023-2024 per 2,4 miliardi di euro, con una redistribuzione di 1,2 miliardi nel 2025 e 680 milioni nel 2026.
Un problema chiave è la mancanza di personale negli uffici di rendicontazione e controllo, che ha rallentato la verifica delle spese. Inoltre, l'aggiornamento irregolare dei dati sulla piattaforma ReGiS ha creato disallineamenti, complicando ulteriormente la gestione delle risorse.
Le reazioni politiche: opposizione all'attacco, governo sulla difensiva
Le opposizioni - Partito Democratico, Movimento 5 Stelle, Alleanza Verdi e Sinistra, Italia Viva e Azione - criticano il governo per la gestione del piano e contestano la richiesta di proroga. La segretaria del PD, Elly Schlein, ha sollecitato la premier Giorgia Meloni a riferire in Aula per spiegare come intenda recuperare il ritardo accumulato.
Meloni difende l'operato dell'esecutivo, sottolineando che l'Italia è tra i Paesi europei con il più alto livello di avanzamento del PNRR e ribadendo l'impegno a raggiungere tutti gli obiettivi previsti.
Le prospettive future tra progressi e criticità
Nonostante i ritardi, alcuni settori del PNRR mostrano segnali positivi. Le Missioni 1 (digitalizzazione), 2 (transizione ecologica) e 3 (infrastrutture e mobilità) hanno registrato livelli di spesa tra il 37% e il 40% delle risorse stanziate, al netto dei crediti d'imposta. Tuttavia, l'attuazione delle Missioni 4 (istruzione), 5 (inclusione e coesione) e 6 (salute) procede più lentamente, con un utilizzo dei fondi rispettivamente del 25%, 14% e 27%.
La Corte dei conti mette in guardia sulla sostenibilità della spesa corrente, in particolare per gli enti locali, che dovranno garantire la continuità delle opere avviate anche oltre il 2026. Il rischio di un'incompleta realizzazione delle riforme resta concreto, rendendo necessario un ulteriore sforzo per evitare che il PNRR si trasformi in un'occasione mancata per il rilancio economico del Paese.



LENTEPUBBLICA

Le nuove regole su Cittadinanza Italiana e immigrazione irregolare per il 2025.

Il Consiglio dei Ministri ha approvato un pacchetto normativo che introduce significative modifiche in materia di cittadinanza italiana e immigrazione irregolare che entreranno in vigore durante il 2025.
Il governo punta così a rivedere profondamente il sistema di acquisizione della cittadinanza, introducendo criteri più restrittivi e incentivando il ritorno dei discendenti italiani. Parallelamente, la riforma dei servizi per gli italiani all'estero e il rafforzamento delle misure contro l'immigrazione irregolare segnano un cambiamento significativo nella politica migratoria e consolare del Paese.
Restrizioni dal 2025 sulla trasmissione automatica della Cittadinanza Italiana
Un decreto-legge approvato dal governo stabilisce nuovi criteri per il riconoscimento della cittadinanza iure sanguinis. Sebbene il principio della trasmissione per discendenza rimanga in vigore, viene introdotto un limite generazionale: la cittadinanza automatica sarà garantita solo ai figli e ai nipoti di italiani. Per ottenere il riconoscimento, sarà necessario dimostrare un effettivo legame con il Paese, che si concretizza attraverso la residenza in Italia per almeno due anni da parte di uno dei genitori prima della nascita del figlio.
Queste nuove restrizioni si applicano esclusivamente a chi possiede un'altra cittadinanza, evitando situazioni di apolidia. Sono inoltre garantiti i diritti acquisiti per coloro che hanno già ottenuto il riconoscimento della cittadinanza e per chi ha presentato domanda entro il 27 marzo 2025.
Parallelamente, vengono introdotte nuove norme per la gestione delle controversie sulla cittadinanza e sull'apolidia. Il richiedente dovrà dimostrare con prove documentali la sua idoneità a ottenere la cittadinanza, senza possibilità di ricorso a testimonianze o giuramenti.
Riforma del processo di acquisizione e perdita della Cittadinanza
Oltre al decreto-legge, il governo ha approvato un disegno di legge che amplia le disposizioni sulla cittadinanza, introducendo il principio del "legame effettivo" come condizione essenziale per l'acquisizione e il mantenimento dello status di cittadino italiano.
Tra le novità principali, si prevede che i discendenti di italiani nati all'estero dovranno registrare il proprio atto di nascita in Italia entro i 25 anni di età. In caso contrario, sarà presunta la mancanza di un vincolo con il Paese, rendendo impossibile la richiesta di cittadinanza.
Viene inoltre introdotta la possibilità di perdita della cittadinanza per "desuetudine". Gli italiani nati all'estero che non risiedono in Italia e che per almeno 25 anni non esercitano alcun diritto o dovere connesso alla cittadinanza potranno perderla automaticamente, salvo prova contraria.
Per favorire il ritorno dei discendenti di italiani, sono previste agevolazioni per l'acquisizione della cittadinanza da parte di chi risiede in Italia per un periodo minimo di due anni. Inoltre, i coniugi di cittadini italiani potranno ottenere la cittadinanza solo se residenti in Italia.
Vengono infine fissati in 48 mesi i tempi massimi per il riconoscimento della cittadinanza, introducendo criteri più chiari per la trasmissione della cittadinanza per via materna ai nati dopo il 1° gennaio 1927.
Riorganizzazione dei servizi consolari
Un ulteriore disegno di legge mira a riformare l'erogazione dei servizi per gli italiani all'estero. In particolare, le richieste di cittadinanza non saranno più gestite dai consolati, ma da un ufficio centralizzato presso il Ministero degli Affari Esteri. Per agevolare la transizione, è previsto un periodo di adeguamento di un anno, durante il quale i consolati continueranno a trattare un numero limitato di richieste.
Questa riorganizzazione è finalizzata a rendere più efficienti le procedure, consentendo alle rappresentanze consolari di concentrarsi su altri servizi essenziali per i cittadini, come il rilascio di passaporti e carte d'identità. Sono inoltre previste misure per migliorare l'assistenza alle imprese italiane operanti all'estero.
Nuove misure per il contrasto all'immigrazione irregolare
Oltre alle riforme sulla cittadinanza, il governo ha approvato un decreto-legge volto a rafforzare i controlli sull'immigrazione irregolare. Le nuove norme prevedono il potenziamento delle strutture in Albania, frutto dell'accordo bilaterale siglato nel novembre 2023. Questi centri saranno utilizzati non solo per accogliere migranti soccorsi in mare, ma anche per trasferire individui trattenuti nei Centri di Permanenza per il Rimpatrio (CPR) in Italia.
Le autorità italiane avranno il potere di assegnare i migranti ai CPR più vicini e, in caso di necessità, disporne il trasferimento in strutture analoghe, comprese quelle albanesi. L'obiettivo è velocizzare le procedure di espulsione e garantire una gestione più efficiente dei flussi migratori irregolari.
Il commento del Ministro Foti
"Il decreto legge approvato dal governo Meloni, che rafforza l'accordo con l'Albania sull'immigrazione ampliando l'uso del Centro per rimpatri (CPR) di Gjader, rappresenta un significativo passo avanti nel contrasto all'immigrazione irregolare. La misura consente l'utilizzo della struttura già esistente in Albania non solo per il trasferimento di migranti a seguito di operazioni di soccorso in mare, come previsto inizialmente, ma anche per chi è destinatario in Italia di un provvedimento di espulsione e trattenimento. Un segnale chiaro da parte del governo Meloni: tolleranza zero verso l'immigrazione clandestina. Questo provvedimento - che rappresenta un modello preso da esempio in Europa - segna un cambio di passo netto rispetto alle fallimentari politiche del passato e rafforza il ruolo sempre più centrale dell'Italia nel contesto europeo". Così in una nota il ministro per gli Affari europei, le Politiche di coesione e il PNRR, Tommaso Foti.
Le reazioni da parte delle opposizioni
Dure le reazioni da parte delle opposizioni.
"Ora verranno a raccontarci che serviranno comunque per mandarci persone che sono già in Italia ma colpite da provvedimento di rimpatrio. La normativa europea vigente non consente di delocalizzare un centro di rimpatri in un Paese terzo. Inoltre il protocollo prevede che solo una piccola parte dei centri albanesi possa essere utilizzato come CPR, quindi per convertirli bisognerebbe comunque rivedere il protocollo con l'Albania e la legge. Dire che questa conversione non avrebbe costi maggiori è ridicolo. In ogni caso uno dei due centri, a Shengjin, non è attrezzato per alloggi e quindi sarebbe già da buttare." Così la segretaria del Pd Elly Schlein.
"Attualmente il governo non può portare in Albania persone già ospitate dai Cpr presenti in Italia. Per farlo deve riscrivere il Protocollo con l'Albania e farlo approvare dai parlamenti dei due Paesi. Inoltre, non potrebbe mai rimpatriarli direttamente da lì. Basta con questo accanimento su un progetto fallimentare che già ha sprecato un miliardo di euro degli italiani e che se riconvertito comporterebbe altri sprechi oltre a essere del tutto inutile per la gestione del dossier immigrazione". Lo afferma il deputato M5S Alfonso Colucci, capogruppo in commissione Affari Costituzionali.























































































































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