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Libero consorzio di Agrigento, inizia l'epoca Pendolino: si insediano presidenza a consiglieri
Il nuovo presidente e i 12 neo eletti consiglieri si insedieranno alla guida dell'ente di area vasta riportando la politica alla guida di quelle che furono le province.
Finirà ufficialmente mercoledì 7 la lunghissima fase commissariale del Libero consorzio di Agrigento. Il nuovo presidente Giuseppe Pendolino e i 12 neo eletti consiglieri provinciali infatti si insedieranno alla guida dell'ente di area vasta riportando la politica alla guida di quelle che furono le province. I consiglieri eletti sono: per Forza Azzurri i consiglieri sono Alessandro Grassadonio (consigliere comunale di Sciacca), Domenico Scicolone (presidente del consiglio comunale di Palma di Montechiaro) e Giovanni Cutrera (vice presidente del consiglio comunale di Montevago); per la Dc Vito Terrana (sindaco di Campobello di Licata), Rino Castronovo (consigliere comunale della Dc di Favara) e Anna Alongi (consigliere comunale di Menfi); per Uniti per Agrigento Anna Triglia (presidente del consiglio comunale di Licata), Giuliano Traina (consigliere comunale di Cammarata) e Antonino Amato (consigliere comunale di Agrigento); per Fratelli d'Italia Gioacchino Nicastro e Milko Cinà, rispettivamente sindaco di Casteltermini e Bivona; per Insieme per la provincia di Agrigento è stato eletto Giuseppe Ambrogio (consigliere comunale di Sciacca).
AGRIGENTOOGGI.IT
Libero Consorzio di Agrigento: inizia l'epoca di Giuseppe Pendolino.
Dopo la lunghissima fase commissariale, mercoledì 7 maggio, si insedierà il nuovo presidente del Libero consorzio di Agrigento, Giuseppe Pendolino e i 12 neo eletti consiglieri provinciali. I consiglieri eletti sono: per Forza Azzurri Alessandro Grassadonio (consigliere comunale di Sciacca), Domenico Scicolone (presidente del Consiglio comunale di Palma di Montechiaro) e Giovanni Cutrera (vice presidente del Consiglio comunale di Montevago).Per la Dc Vito Terrana (Sindaco di Campobello di Licata), Rino Castronovo (consigliere comunale di Favara) e Anna Alongi (consigliere comunale di Menfi); per Uniti per Agrigento Anna Triglia (presidente del Consiglio comunale di Licata), Giuliano Traina (consigliere comunale di Cammarata) e Antonino Amato (consigliere comunale di Agrigento); per Fratelli d'Italia Gioacchino Nicastro (Sindaco di Casteltermini) e Milko Cinà (Sindaco di Bivona); per Insieme per la provincia di Agrigento Giuseppe Ambrogio (consigliere comunale di Sciacca).
GIORNALE DI SICILIA
Siccità in Sicilia, in arrivo la proroga dello stato d'emergenza.
La valutazione di Roma dovrebbe arrivare in giornata. Palazzo d'Orleans ha inviato la documentazione tecnica, che ha già ricevuto il via libera dal ministro Musumeci.
La corsa contro il tempo è terminata ieri, data di scadenza dello stato di crisi idrica dichiarato per la Sicilia dal governo nazionale lo scorso anno con conseguente stanziamento di 40 milioni di euro. Ma la valutazione della proroga dovrebbe essere questione di ore, visto che la richiesta, inoltrata il mese scorso da Palazzo d'Orleans a Roma con allegata scheda tecnica sulle condizioni di siccità nell'Isola, è stata vidimata dal ministro Nello Musumeci e girata al Cdm, che si riunirà a breve per decidere.
Il via libera appare scontato, dato il quadro delle dighe regionali, ancora critico nel versante occidentale del territorio, mentre sul fronte agricoltura si aspetta l'altro rinnovo, quello relativo alla declaratoria di stato di calamità per le coltivazioni, scaduta lo scorso febbraio e da non confondere con l'emergenza idropotabile, di competenza della Protezione civile.
Un disco verde molto atteso dalle aziende, ma anche dall'assessore regionale competente in materia, Salvatore Barbagallo, che dal «TuttoFood» in corso a Milano, dove la Sicilia è presente con un suo stand vantando il titolo di Regione europea della Gastronomia 2025, sottolinea di aver già le idee chiare sul tema: le argomenterà oggi in giunta.
LIVESICILIA
Province, Schillaci: "Elezioni che hanno dilaniato il centrodestra"La nota della deputata M5s
PALERMO - "Le recenti elezioni provinciali hanno provocato pesanti ripercussioni nella maggioranza di Renato Schifani. Un voto che sembrava di tono minore si è trasformato in un detonatore che ha fatto esplodere il centrodestra siciliano. Già vediamo alcuni big che presentano il conto al governatore chiedendo più assessorati e c'è una vera e propria faida politica tra tutti gli alleati. Se questo è l'inizio, da qui al voto del 2027 ne vedremo delle belle". Lo afferma Roberta Schillaci, vice capogruppo del Movimento cinque stelle all'Assemblea regionale siciliana.
"Del resto l'unico obiettivo che hanno in comune è quello di occupare poltrone di sottogoverno con i trombati della politica, senza badare minimamente alle competenze ed alle capacità. In due anni non hanno saputo proporre riforme serie, ma solo norme per aumentare i compensi ai loro amici piazzati nelle società partecipate - aggiunge -. Mentre imprese e cittadini chiedono misure a sostegno dello sviluppo e per una sanità efficiente. E' giunto il momento che l'area progressista di centrosinistra approfitti di questa situazione lavori per costruire un'alternativa credibile da proporre ai siciliani per lasciarsi alle spalle questo governo e questa maggioranza che è solo l'ologramma di governi di centrodestra già visti in Sicilia e sperimentati per la loro inefficienza".
GRANDANGOLO
Libero Consorzio di Agrigento: inizia l'epoca di Giuseppe Pendolino.
Dopo la lunghissima fase commissariale, mercoledì 7 maggio, si insedierà il nuovo presidente del Libero consorzio di Agrigento, Giuseppe Pendolino e i 12 neo eletti consiglieri provinciali. I consiglieri eletti sono: per Forza Azzurri Alessandro Grassadonio (consigliere comunale di Sciacca), Domenico Scicolone (presidente del Consiglio comunale di Palma di Montechiaro) e Giovanni Cutrera (vice presidente del Consiglio comunale di Montevago).
Per la Dc Vito Terrana (Sindaco di Campobello di Licata), Rino Castronovo (consigliere comunale di Favara) e Anna Alongi (consigliere comunale di Menfi); per Uniti per Agrigento Anna Triglia (presidente del Consiglio comunale di Licata), Giuliano Traina (consigliere comunale di Cammarata) e Antonino Amato (consigliere comunale di Agrigento); per Fratelli d'Italia Gioacchino Nicastro (Sindaco di Casteltermini) e Milko Cinà (Sindaco di Bivona); per Insieme per la provincia di Agrigento Giuseppe Ambrogio (consigliere comunale di Sciacca).
LENTEPUBBLICA
De Pascale "Rivedremo la Legge regionale per restituire alle Province un ruolo certo"
Il presidente della Regione Emilia Romagna, Michele de Pascale, a un recente convegno annuncia che la revisione della "Legge regionale per restituire alle Province un ruolo certo". A margine dell'evento sono intervenuti anche il Presidente di UPI Pasquale Gandolfi e il Ministro per gli Affari europei, il PNRR e le Politiche di coesione Tommaso Foti.
De Pascale "Rivedremo la Legge regionale per restituire alle Province un ruolo certo"
"Bisogna restituire alle Province l'effettiva possibilità di incidere sulle politiche dei territori. Per questo occorre che facciano la propria parte sia lo Stato -Governo e Parlamento- che deve intervenire con un riordino o una revisione organica della normativa , sia le Regioni: noi, come Regione Emilia -Romagna insieme ad UPI e Anci regionali, stiamo lavorando alla revisione della legge regionale che regolamenta il rapporto tra Regione ed enti locali. Attraverso questo percorso intendiamo restituire funzioni e ruolo alle Province".
Lo ha detto il Presidente della Regione Emilia-Romagna, Michele de Pascale, intervenendo al convegno "Le Province per i territori - Benessere, equità e sostenibilità", organizzato dalla Provincia di Piacenza con UPI Nazionale e UPI Emilia-Romagna.
Gandolfi (UPI) alle Regioni "Apriamo tavoli regionali per rivedere funzioni da assegnare alle Province"
"Non possiamo che apprezzare le dichiarazioni del Ministro Foto e del Presidente della Regione ER Michele de Pascale, che hanno evidenziato l'urgenza di restituire alle Province un ruolo chiaro e funzioni mirate alla programmazione dei servizi sui territori. La revisione delle norme sulle Province che era partita con grande slancio in Parlamento a inizio legislatura è oggi sostanzialmente ferma.
Così come non fa passi in avanti la riforma del TUEL avviata da Governo. Nei fatti però sui territori le Province sono investite di nuove competenze e funzioni, perché le Regioni e i Comuni comprendono bene l'importanza delle Province per amministrare in maniera efficiente le comunità. Per questo oggi lanciamo alle Regioni una proposta: apriamo sui territori tavoli tra Regioni, UPI e ANCI e cominciamo a rivedere le leggi regionali che dieci anni fa hanno dovuto dare attuazione alla Legge 56/14. Ci sono funzioni che sono di livello provinciale perché solo a quel livello possono offrire servizi efficienti ottimizzando al meglio le risorse a disposizione".
Lo ha detto il Presidente di UPI Pasquale Gandolfi nel suo intervento al convegno "Le Province per i territori, equità e sostenibilità" organizzata dalla Provincia di Piacenza, UPI nazionale e Upi regionale.
"Il prossimo 15 maggio a Roma l'Assemblea Nazionale dei Presidenti di Provincia voterà una proposta di Legge Regionale che presenteremo a tutte le Regioni. E' poi chiaro quello che ha detto il Ministro Foti: - ha concluso il Presidente Gandolfi - per riformare le Province occorre assicurare risorse e personale. Sono questioni da cui non si può trascendere".
Foti " Restituire alle Province competenze e risorse"
"Le Province sono la storia dell'Italia. La riforma Delrio era nata in un momento in cui si pensava che dovessero essere cancellate, ma con le Province pienamente presenti nella Costituzione siamo di fronte ad una scelta di campo: occorre ripensare quella riforma per restituire alla Province competenze, personale e risorse per far fronte alle sfide del futuro".
Lo ha detto il Ministro per gli Affari europei, il PNRR e le Politiche di coesione Tommaso Foti, intervenendo all'inizativa "Le Province per i territori, equità e sostenibilità" organizzata dalla Provincia di Piacenza, UPI nazionale e Upi regionale.
LENTEPUBBLICA
Il TAR sull'annullamento dell'aggiudicazione e la validità dell'avvalimento.
Introduzione: l'importanza della qualificazione negli appalti pubblici
La recente sentenza n. 297/2025 del TAR Sicilia, Sezione Quarta, si pronuncia su un caso di particolare rilevanza nell'ambito del diritto degli appalti pubblici, affrontando due questioni centrali: la legittimità dell'annullamento di un'aggiudicazione e la validità del contratto di avvalimento ai fini della qualificazione SOA. Il provvedimento giudiziario si inserisce nel più ampio quadro della giurisprudenza amministrativa in materia di qualificazione degli operatori economici e di affidabilità dei requisiti dichiarati in gara.
Il ricorso principale, presentato da un operatore economico escluso dalla procedura, contestava la validità del contratto di avvalimento stipulato dall'aggiudicatario e l'operato della Stazione Appaltante nella fase di verifica dei requisiti. Parallelamente, l'aggiudicatario ha presentato ricorso incidentale, contestando la legittimità della partecipazione del ricorrente principale.
La sentenza del TAR offre spunti interpretativi fondamentali sulla necessità di una puntuale dimostrazione del possesso dei requisiti di qualificazione, sulla portata del principio di par condicio e sulla discrezionalità tecnica della Stazione Appaltante nella valutazione dell'idoneità del contratto di avvalimento.
La verifica dei requisiti e la legittimità dell'aggiudicazione
Uno dei temi centrali della decisione riguarda la verifica della qualificazione dell'aggiudicatario. La Stazione Appaltante aveva disposto l'aggiudicazione a favore di un'Associazione Temporanea di Imprese (ATI) in cui la capogruppo possedeva una qualificazione SOA di classifica inferiore rispetto alla quota di lavori dichiarata in gara. Per colmare tale deficit, la mandante dell'ATI aveva fatto ricorso all'avvalimento di impresa ausiliaria.
Secondo il ricorrente, il contratto di avvalimento stipulato risultava privo di una puntuale determinazione delle risorse messe a disposizione, limitandosi a un generico richiamo alla certificazione SOA. Tale impostazione, a suo dire, contrasterebbe con l'orientamento giurisprudenziale secondo cui l'avvalimento operativo deve garantire il trasferimento effettivo delle risorse necessarie all'esecuzione dell'appalto e non può risolversi in una mera cessione documentale del requisito.
Il TAR, tuttavia, ha rigettato questa doglianza, ritenendo che il contratto di avvalimento contenesse un sufficiente livello di specificità, includendo mezzi, personale e know-how tecnico, conformemente ai principi stabiliti dalla giurisprudenza del Consiglio di Stato. Inoltre, la pronuncia ha ribadito che la valutazione della congruità dell'avvalimento spetta alla discrezionalità tecnica della Stazione Appaltante, sindacabile solo in presenza di vizi macroscopici di irragionevolezza o illogicità.
L'incremento del quinto e i limiti all'applicazione nei raggruppamenti temporanei di imprese
Un altro elemento di discussione riguarda la possibilità, per la mandataria dell'ATI aggiudicataria, di beneficiare dell'incremento del quinto della qualificazione SOA ai sensi dell'art. 2, comma 2, dell'allegato II.12 al D.Lgs. 36/2023.
Il ricorrente sosteneva che tale beneficio non fosse applicabile alla capogruppo del raggruppamento, poiché la lex specialis non prevedeva esplicitamente questa facoltà. Il TAR, però, ha richiamato la giurisprudenza del Consiglio di Stato e l'interpretazione della Corte di Giustizia UE, secondo cui l'incremento del quinto deve ritenersi applicabile anche nei confronti delle mandataria di un RTI, salvo esplicito divieto normativo. La sentenza conferma quindi l'orientamento volto a favorire una maggiore flessibilità nella dimostrazione dei requisiti di qualificazione, evitando interpretazioni eccessivamente restrittive che possano limitare la concorrenza.
La verifica in corso d'opera e il ruolo del RUP
Il TAR ha infine affrontato un altro aspetto cruciale: la verifica della congruità del contratto di avvalimento in fase di esecuzione del contratto. In base all'art. 104, comma 9, del D.Lgs. 36/2023, il Responsabile Unico del Procedimento (RUP) ha l'obbligo di accertare in corso d'opera che le prestazioni oggetto del contratto siano svolte direttamente dalle risorse messe a disposizione dall'impresa ausiliaria.
La decisione ha sottolineato che l'eventuale carenza di effettiva disponibilità delle risorse non determina automaticamente la nullità del contratto di avvalimento, ma impone un controllo rafforzato in sede di esecuzione, con la possibilità di adottare misure correttive fino alla risoluzione del contratto per inadempimento.
Conclusioni: un equilibrio tra rigore formale e flessibilità operativa
La sentenza n. 297/2025 del TAR Sicilia offre un'interpretazione equilibrata della disciplina degli appalti pubblici, confermando alcuni principi chiave:
Il contratto di avvalimento è valido se garantisce un'effettiva messa a disposizione delle risorse, senza necessità di una quantificazione rigidamente analitica.
La discrezionalità della Stazione Appaltante nella verifica dei requisiti non può essere sindacata salvo macroscopici vizi di legittimità.
L'incremento del quinto è applicabile anche alla mandataria di un RTI, salvo espressa esclusione prevista dalla lex specialis.
La verifica in corso d'opera da parte del RUP è lo strumento principale per accertare l'effettiva operatività dell'avvalimento, evitando abusi e garantendo la corretta esecuzione dell'appalto.
Questa pronuncia si inserisce pertanto nel solco di un approccio giurisprudenziale volto a bilanciare rigore normativo e flessibilità operativa, offrendo certezza del diritto sia alle stazioni appaltanti che agli operatori economici. Sarà interessante dunque monitorare l'applicazione di questi principi nelle future decisioni giurisprudenziali, in un contesto in cui la qualificazione SOA e l'avvalimento rappresentano strumenti essenziali per garantire l'efficienza e la trasparenza del sistema degli appalti pubblici.
LENTEPUBBLICA
Ecco come cambierà la PA con il disegno di legge Zangrillo per il 2025.
Il disegno di legge promosso dal Ministro per la Pubblica Amministrazione, Paolo Zangrillo, a partire dal 2025 in corso ha intenzione di cambiare il volto del settore pubblico: scopriamo quali sono tutte le novità previste in questo approfondimento.
Obiettivi misurabili, soft skill, merito e trasparenza: la nuova PA punta sulla performance reale e sull'evoluzione professionale strutturata. Un provvedimento che promette di trasformare in modo radicale il modo in cui vengono valutati i dipendenti pubblici e si sviluppano le loro carriere. Il cuore della proposta risiede nell'introduzione di un sistema meritocratico in grado di premiare concretamente chi dimostra impegno, competenza e capacità, segnando un passaggio deciso da una cultura burocratica a una cultura del risultato.
Come cambia il volto della PA a partire dal 2025 con il disegno di legge Zangrillo?
La riforma interviene su due pilastri fondamentali:
da un lato, un rinnovato sistema di valutazione della performance individuale e collettiva;
dall'altro, nuove modalità di accesso e avanzamento nei ruoli dirigenziali.
L'obiettivo dichiarato è duplice:
migliorare l'efficienza delle amministrazioni pubbliche
e rendere più attrattivo l'impiego nella PA per le nuove generazioni di lavoratori qualificati.
Una svolta nel sistema di valutazione
Il primo e forse più importante cambiamento riguarda la modalità con cui verranno misurate le prestazioni dei dipendenti pubblici. Non si tratterà più solo di verificare se siano stati portati a termine determinati compiti, ma di valutare anche come questi obiettivi sono stati raggiunti. In altre parole, alla misurazione dei risultati professionali si affiancherà l'osservazione di qualità trasversali, come l'attitudine alla collaborazione, la capacità di guidare un gruppo, la propensione all'innovazione e la responsabilità individuale.
L'impianto della riforma stabilisce che gli obiettivi debbano essere assegnati entro il primo trimestre di ogni anno, in modo chiaro e con indicatori oggettivi. A cambiare è anche la struttura del processo valutativo, che non sarà più solo verticale - cioè affidato al superiore diretto - ma coinvolgerà una pluralità di soggetti, interni ed esterni all'ente. Si tratta di un passo avanti verso una valutazione più partecipativa e bilanciata, in linea con le buone pratiche internazionali.
Per evitare che tutti i dipendenti ottengano giudizi di eccellenza - come avviene attualmente in circa il 98% dei casi, secondo i dati forniti dallo stesso ministro - il nuovo sistema prevede che solo una quota limitata, non superiore al 30% del totale, possa accedere alla fascia di valutazione più alta. Questo vincolo dovrebbe stimolare una reale competizione basata sul merito e incentivare comportamenti virtuosi all'interno delle organizzazioni.
Una carriera costruita sulle competenze
Accanto alla riforma del sistema valutativo, il disegno di legge introduce anche un modello innovativo per la crescita professionale, in particolare per l'accesso alla dirigenza. L'idea è quella di valorizzare l'esperienza e le capacità dimostrate sul campo, integrando - e in parte superando - i meccanismi concorsuali tradizionali.
Per accedere alla dirigenza di seconda fascia, sarà possibile riservare fino al 30% dei posti disponibili a funzionari con almeno cinque anni di anzianità o a dipendenti con due anni nell'area dell'alta qualificazione. Si tratta di una via alternativa che punta a riconoscere i meriti maturati nel tempo, introducendo una procedura di selezione articolata in più fasi: una prima, comparativa, per individuare i candidati idonei a un incarico temporaneo, e una seconda, basata sull'osservazione e valutazione del lavoro svolto, per l'eventuale conferma definitiva nel ruolo.
Il percorso per la dirigenza di prima fascia seguirà un modello analogo, con l'assegnazione del 50% dei posti attraverso la nuova procedura, che coesisterà con gli altri due canali già esistenti: il corso-concorso organizzato dalla Scuola Nazionale dell'Amministrazione (SNA), che continuerà a coprire metà dei posti, e i concorsi ordinari banditi dalle singole amministrazioni, ai quali resterà il restante 20%.
Commissioni indipendenti e nuove garanzie
Per garantire imparzialità, trasparenza e pari opportunità, il disegno di legge prevede che le selezioni per l'assegnazione degli incarichi dirigenziali siano gestite da commissioni autonome, composte da sette membri. Quattro di essi saranno dirigenti generali della stessa amministrazione, mentre gli altri tre verranno scelti tra esperti esterni provenienti da altre PA o dal settore privato, uno dei quali svolgerà il ruolo di presidente. Non mancano le cautele per evitare conflitti di interesse: i commissari saranno estratti a sorte e non potranno far parte della commissione per due mandati consecutivi. Inoltre, non avranno diritto di voto né il dirigente sovraordinato al candidato né il componente dell'organismo indipendente di valutazione che parteciperanno ai lavori in qualità di osservatori.
Un Albo nazionale di esperti in valutazione del personale, istituito presso il Dipartimento della Funzione Pubblica, faciliterà l'individuazione dei professionisti da coinvolgere nelle commissioni.
Le prove di selezione
Il nuovo modello di selezione prevede due fasi iniziali. Nella prima, si analizzerà la performance pregressa del candidato e il suo comportamento organizzativo. Saranno determinanti sia un colloquio motivazionale-attitudinale sia una relazione dettagliata, firmata dal dirigente superiore, che illustri le capacità di leadership dimostrate.
Seguirà una seconda prova, di natura esperienziale, pensata per valutare la capacità di affrontare situazioni complesse e prendere decisioni efficaci. Solo chi supererà entrambe le fasi potrà accedere a un incarico dirigenziale a tempo determinato, con durata massima di tre anni, eventualmente rinnovabile una sola volta, e sempre subordinato a una nuova valutazione favorevole.
L'inserimento definitivo nella dirigenza avverrà solo dopo quattro anni di incarico e previa ulteriore verifica positiva della qualità del lavoro svolto. In questo modo, l'accesso alla leadership pubblica sarà il frutto di un percorso concreto di crescita e responsabilità.
Una PA più attrattiva e al passo con l'Europa
Secondo il ministro Zangrillo, la portata del disegno di legge è "storica". Il nuovo approccio alla gestione del personale rappresenta un salto di qualità nella cultura organizzativa del settore pubblico, che non solo migliorerà l'efficienza dei servizi offerti ai cittadini, ma contribuirà anche a rendere l'amministrazione più interessante per i giovani talenti.
Infatti, il legame sempre più stretto tra impegno, risultati e opportunità di crescita, accompagnato da valutazioni trasparenti e coerenti, dovrebbe rendere più competitivo il lavoro pubblico rispetto a quello privato. Un cambiamento che, se attuato pienamente, potrà contribuire anche a contrastare il cronico invecchiamento del personale nelle amministrazioni, favorendo un ricambio generazionale qualificato.
Verso una nuova cultura del lavoro pubblico
Il disegno di legge Zangrillo, articolato in 14 articoli, costituisce un tentativo organico di aggiornare e potenziare l'intero sistema delle risorse umane della Pubblica Amministrazione. Con la sua attenzione alle competenze trasversali, la volontà di premiare davvero il merito e la spinta verso una maggiore responsabilizzazione dei dirigenti, il provvedimento si propone di creare ambienti di lavoro più dinamici, motivanti e orientati al risultato.
In definitiva, si tratta di una riforma che mira a restituire centralità al valore delle persone all'interno delle strutture pubbliche. La sfida, ora, sarà quella della concreta attuazione: tradurre le buone intenzioni in pratiche quotidiane che rendano più efficace, giusta e moderna la macchina amministrativa italiana.
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Stipendi più ricchi per gli statali: a giugno 2025 arrivano gli arretrati e il taglio del cuneo fiscale
Buone notizie in arrivo per i dipendenti statali: a partire da giugno 2025, gli stipendi saranno più ricchi grazie al doppio effetto dell'atteso taglio del cuneo fiscale e dell'erogazione degli arretrati maturati da inizio anno.Con l'avvicinarsi dell'estate, quindi, il personale della Pubblica Amministrazione potrà finalmente beneficiare di un intervento economico concreto, atteso da mesi, che restituisce potere d'acquisto e contribuisce a rendere più trasparente e personalizzabile la gestione delle proprie entrate.Stipendi più ricchi per gli statali: a giugno 2025 arrivano gli arretrati e il taglio del cuneoL'importo medio che ciascun dipendente pubblico riceverà a giugno si aggira intorno ai 400 euro netti, corrispondente agli arretrati accumulati nei primi cinque mesi del 2025 per effetto del mancato riconoscimento immediato del taglio del cuneo fiscale. Si tratta di una somma che verrà erogata in un'unica tranche e che rappresenta, per molti lavoratori, una boccata d'ossigeno dopo mesi di attesa e incertezze.Questo ritardo nell'applicazione dello sgravio, pur derivando da problematiche tecniche, ha avuto un impatto tutt'altro che trascurabile sui redditi mensili. Il mancato aggiornamento dei software gestionali di NoiPA - la piattaforma del Ministero dell'Economia deputata alla gestione delle buste paga nella Pubblica Amministrazione - ha infatti comportato una perdita fino a 80 euro netti al mese per molti dipendenti. Una cifra che, in tempi di inflazione persistente e crescita contenuta dei salari, ha alimentato frustrazione e malcontento in diverse categorie del pubblico impiego.Il nuovo sistema informatico in arrivoIl blocco è stato dovuto all'inadeguatezza dei sistemi informatici nel recepire tempestivamente le nuove regole previste dall'ultima manovra finanziaria. Sogei, il partner tecnologico del Ministero, ha impiegato mesi per adattare la piattaforma, suscitando critiche non solo per la lentezza degli interventi, ma anche per l'assenza di comunicazioni chiare e tempestive ai lavoratori coinvolti. La vicenda ha sollevato interrogativi sull'efficienza della digitalizzazione della Pubblica Amministrazione, tema che ciclicamente torna al centro del dibattito politico e sindacale.Ora che gli aggiornamenti tecnici sono prossimi al completamento, l'operatività piena del nuovo sistema dovrebbe finalmente permettere di normalizzare la situazione, almeno dal punto di vista retributivo. Ma il ritardo ha evidenziato una fragilità strutturale nella gestione delle riforme fiscali, spesso approvate con tempi troppo stretti rispetto alla reale capacità amministrativa di metterle in atto.Accanto al recupero degli arretrati, si segnala l'introduzione di una funzione innovativa nella nuova interfaccia digitale di NoiPA: il cosiddetto "self service" del cuneo fiscale. Questo strumento consentirà ai dipendenti di scegliere se usufruire del beneficio direttamente in busta paga oppure rinunciarvi momentaneamente, nel caso temano di superare i 40 mila euro di reddito annuo - soglia oltre la quale scatta l'obbligo di restituzione dell'agevolazione in sede di dichiarazione dei redditi.Alcuni profili criticiLa novità, se da un lato rappresenta un passo avanti in termini di autonomia e personalizzazione, dall'altro sposta sul singolo lavoratore la responsabilità di valutazioni fiscali che richiederebbero una consulenza professionale. Non tutti hanno infatti le competenze o gli strumenti per prevedere con precisione il proprio reddito complessivo annuo, con il rischio che una scelta errata possa tradursi in conguagli inattesi o sgradite sorprese fiscali.Infine, si chiarisce che l'indennità di vacanza contrattuale - già erogata da alcuni mesi - non costituisce un incremento strutturale della retribuzione. Si tratta di un acconto provvisorio, destinato a essere scalato dagli importi complessivi previsti nei futuri contratti collettivi per il triennio 2024-2027. Una precisazione importante per evitare che l'illusione di un aumento immediato si trasformi, nei prossimi mesi, in delusione.Nel complesso, se da un lato l'avvio effettivo del taglio del cuneo fiscale rappresenta un sollievo per i lavoratori pubblici, dall'altro evidenzia ancora una volta le difficoltà croniche della macchina statale nel trasformare le promesse legislative in risultati concreti e tempestivi. La gestione frammentata degli aggiornamenti e la scarsa trasparenza nei tempi di attuazione hanno rischiato di minare la fiducia dei dipendenti pubblici in un momento già delicato per il potere d'acquisto delle famiglie italiane.