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SPID clonato, stipendio sparito: incubo su NoiPA, può colpire ogni dipendente pubblico.
SPID clonato e sicurezza digitale: un recente caso avvenuto su NoiPA rivela una falla sistemica che espone milioni di dipendenti pubblici a truffe informatiche.Un caso di furto d'identità ai danni di un docente ha svelato un allarmante punto debole del sistema NoiPA. Al centro della vicenda, la possibilità di attivare più profili SPID legati a un solo codice fiscale, senza che l'interessato riceva alcuna notifica. Una falla che espone milioni di lavoratori pubblici a rischi gravi, tra cui la sottrazione di stipendi, la manipolazione di dati personali e l'accesso illecito a portali istituzionali.Nel cuore del sistema digitale italiano che gestisce la pubblica amministrazione si annida un rischio troppo spesso sottovalutato: la vulnerabilità del Sistema Pubblico di Identità Digitale (SPID). Il caso di un insegnante delle scuole superiori, che ha scoperto mesi dopo il furto d'identità di essere stato privato del proprio stipendio, rappresenta solo la punta dell'iceberg di un problema ben più ampio.
SPID clonato, stipendio sparito: incubo su NoiPA, può colpire ogni dipendente pubblicoIl docente, vittima inconsapevole di una sofisticata truffa informatica, si è accorto troppo tardi che le sue mensilità venivano versate su conti correnti intestati a prestanome. A permettere l'inganno, un clone dello SPID ottenuto da un cybercriminale attraverso tecniche di phishing particolarmente insidiose. L'attacco non si è limitato alla piattaforma NoiPA, ma si è esteso a una costellazione di servizi pubblici digitali: dall'INPS all'Agenzia delle Entrate, passando per i sistemi del Ministero dell'Istruzione.Il punto debole che ha reso possibile tutto ciò? La possibilità di attivare più SPID legati allo stesso codice fiscale, senza che venga inviata una comunicazione all'utente originario. Questo vuoto informativo mina alla radice la sicurezza dell'intero ecosistema digitale della pubblica amministrazione. Il problema, quindi, non è circoscritto al singolo episodio, ma riguarda potenzialmente l'intera platea di oltre due milioni di dipendenti pubblici.Una falla strutturaleL'assenza di un meccanismo di allerta in tempo reale per l'attivazione multipla di SPID è una lacuna normativa e tecnica che apre la porta a una molteplicità di frodi. Con un'identità digitale clonata, un malintenzionato può non solo modificare l'IBAN per ricevere lo stipendio altrui, ma anche accedere a dati sensibili, aprire conti bancari, registrarsi su portali istituzionali o ottenere certificati e documenti. In uno scenario del genere, la sicurezza dell'intero impianto digitale statale viene messa in discussione.Nonostante le normative antiriciclaggio (AML) e le procedure Know Your Customer (KYC), i controlli bancari si rivelano insufficienti a impedire l'uso fraudolento di conti correnti intestati a soggetti compiacenti. Alcuni truffatori riescono persino, dopo una denuncia, a registrare nuovi SPID e a rimettere mano ai dati bancari, aggirando del tutto gli interventi già effettuati a tutela dell'utente colpito.Questo quadro segnala una fragilità preoccupante nel rapporto tra pubblica amministrazione e sistema finanziario. La sincronizzazione tra le piattaforme pubbliche e i circuiti bancari appare ancora lacunosa, soprattutto in assenza di un'infrastruttura integrata e aggiornata in tempo reale.Le soluzioni possibili: semplici ma trascurateA fronte di un rischio così diffuso e documentato, le contromisure possibili non sembrano particolarmente complesse. Tra le più efficaci figurano:l'obbligo di legare ogni SPID a una casella PEC,l'introduzione della verifica biometrica per nuove attivazioni,e la sincronizzazione immediata tra tutti i provider autorizzati per impedire duplicazioni sospette.Tuttavia, l'adozione di queste soluzioni richiede una scelta politica e normativa ben precisa: ripensare la struttura stessa del sistema SPID. La sua natura attuale, basata su una pluralità di gestori privati e su una regolamentazione non ancora pienamente armonizzata, non sembra in grado di affrontare le sfide poste dall'evoluzione del crimine informatico.Il ruolo degli utenti e i limiti dell'autoprotezioneNel frattempo, la responsabilità della protezione dei dati resta in larga parte sulle spalle degli utenti. Il Ministero dell'Economia e delle Finanze, insieme alla società Sogei - che gestisce NoiPA - ribadisce l'importanza di adottare comportamenti prudenti: non condividere le credenziali, non rispondere a email sospette, evitare di accedere a siti non certificati. Ma tutto questo, pur necessario, appare largamente insufficiente.Il consiglio alle persone è quello di effettuare controlli frequenti sull'IBAN registrato nei portali pubblici, monitorare i log di accesso forniti dai gestori SPID, attivare l'autenticazione a due fattori tramite app dedicate (evitando il meno sicuro sistema via SMS). Tuttavia, non si può realisticamente pensare che ogni cittadino sia in grado di presidiare costantemente il proprio profilo digitale con questo livello di attenzione.Anche la stessa Sogei, pur escludendo violazioni dirette al portale NoiPA, ammette che si sono verificati "casi limitati e circoscritti" di modifiche IBAN non autorizzate. In totale, si parla di 15 episodi su oltre due milioni di utenti, gestiti grazie all'intervento tempestivo della Polizia Postale. Ma il fatto che siano pochi non elimina la possibilità che siano solo quelli emersi finora: e, soprattutto, non riduce la gravità del fatto che un simile attacco possa avvenire.Una questione sistemica, non episodicaIl furto d'identità nel caso del docente non è quindi un'anomalia isolata, ma il sintomo di una falla strutturale in uno dei pilastri della digitalizzazione dei servizi pubblici. SPID, concepito come "chiave universale" per accedere a tutto ciò che riguarda l'interazione tra cittadini e Stato, è divenuto anche un bersaglio privilegiato per chi intende sfruttarlo a fini illeciti.L'adozione massiva di SPID negli ultimi anni, accelerata dalla pandemia e dalla crescente spinta verso la dematerializzazione dei servizi, ha portato con sé la necessità di rafforzare i meccanismi di sicurezza. Ma questa esigenza è rimasta troppo spesso inascoltata. Senza un intervento strutturale, rischiamo che ogni nuovo passo verso la digitalizzazione diventi un'opportunità per i truffatori e un'incognita per i cittadini.In definitiva, serve una riflessione urgente e profonda su come rendere il sistema SPID davvero sicuro e impermeabile alle frodi. Per farlo, è indispensabile superare la logica emergenziale e attivare un piano normativo, tecnico e operativo che metta al centro la tutela dell'identità digitale di ogni cittadino. Perché un'identità violata è molto più di un furto: è una crepa nella fiducia verso lo Stato digitale.
AGRIGENTONOTIZIE
Lavori all'istituto Crispi, firmato il contratto d'appalto per gli interventi di adeguamento antisismico.
Un ulteriore tassello che si aggiunge alla politica di miglioramento delle condizioni degli istituti scolastici di competenza del Libero Consorzio Comunale di AgrigentoFirmato il contratto d'appalto per i lavori di adeguamento antisismico, impiantistico e funzionale dell'istituto di istruzione superiore "Francesco Crispi" (plesso piazza Zamenhof) di Ribera. Il contratto è stato sottoscritto dal direttore del settore edilizia scolastica Michelangelo Di Carlo, dal segretario generale del Libero consorzio comunale Pietro Amorosia e dal legale rappresentante della Ati Arcas Costruzioni di Roberta Peritore e Alcal Srl, aggiudicataria della gara per un importo contrattuale complessivo di 2.305.203 euro più Iva (compresi 126.686 per oneri di sicurezza non soggetti a ribasso). Un ulteriore tassello che si aggiunge alla politica di miglioramento delle condizioni degli istituti scolastici di competenza del Libero consorzio comunale di Agrigento grazie ai fondi previsti dalla legge 145/2018 (art. 1 comma 883), destinati alle ex Province regionali e alle città metropolitane per le spese di manutenzione straordinaria di strade e scuole.
I lavori dovranno essere ultimati entro 751 giorni naturali e continuativi dalla consegna che avverrà nei prossimi giorni.
GIORNALE DI SICILIA
Comitini è il primo paese siciliano che incontrerà Papa Leone XIV.
Sarà Comitini il primo paese della Sicilia che incontrerà Papa Leone XIV. Stamattina è arrivata la conferma della Prefettura vaticana: sono mantenuti tutti gli appuntamenti presi dal predecessore. «L'incontro - dice il sindaco di Comitini Luigi Nigrelli - avverrà il prossimo 11 giugno. Avevamo concordato con Papa Bergoglio di dedicare un momento di preghiera per ricordare i cosiddetti "carusi", i bambini venduti alle industrie dello zolfo e usati come schiavi per l'estrazione nelle miniere. Erano questi bambini, strappati alla loro adolescenza, gli ultimi della terra del secolo scorso».
La scelta della data per l'incontro coincide con la Giornata mondiale contro il lavoro minorile che è fissata per il 12 giugno in tutto il pianeta. «Porteremo dei doni al Santo Padre Leone XIV - dice il sindaco - e una tela che raffigura il martirio dei "carusi" alcuni dei quali hanno perso la vita. Il quadro realizzato dall'artista Francesca Cumella dopo la benedizione del pontefice sarà riportato a Comitini e custodito nel palazzo Bellacera che ospita anche il museo del Tricolore. Al nuovo Papa daremo una copia della bandiera tricolore che per la prima volta in provincia di Agrigento venne fatta sventolare nel nostro territorio».
'incontro con il pontefice è una iniziativa del comitato scientifico composto oltre che dal sindaco anche da Nino Contino, Benedetto Raneri, Salvatore Parello e il giornalista Alfonso Bugea.
GIORNALE DI SICILIA
Imprese siciliane, la Regione presenta sei bozze di bando: ecco i destinatari.
Sono state presentate oggi alle associazioni di categoria e alle sigle sindacali, presso l'assessorato alle Attività produttive di Palermo, dall'assessore Edy Tamajo, sei bozze di bando rivolte al mondo delle imprese siciliane. Si tratta di proposte di attivazione degli interventi a valere sul PR FESR Sicilia 2021-2027.«Abbiamo un miliardo e quattrocento milioni di euro da mettere a terra - spiega Tamajo - e mi è sembrato corretto incontrare tutte le associazioni di categoria per un confronto e per stabilire una programmazione. Il confronto ci permetterà di affinare i bandi e di potere avere grande appeal sul territorio, per toccare tutte le esigenze del mondo produttivo siciliano. Ho sempre detto e ribadito che non c'è norma, circolare o bando, che io non abbia prima concordato con i diversi settori nevralgici per la Sicilia».
Nel dettaglio si tratta di una trance di sei linee di intervento da 262.999.368 euro, rispetto ad un miliardo e 400 milioni di euro complessivi di spesa. I sei bandi saranno rivolti alla ricerca collaborativa e al trasferimento tecnologico (per favorire l'industrializzazione dei risultati della ricerca pubblica e privata), all'innovazione delle imprese, alla digitalizzazione (con l'introduzione, anche di strumenti di intelligenza artificiale), agli spazi per l'innovazione (organizzazione di centri di collaborazione e servizi per spin off e start up), alla qualificazione del capitale umano e transizione industriale, ed infine, alla riqualificazione energetica delle imprese (volta alle energie rinnovabili per l'autoconsumo).
«Cresciamo - conclude Tamajo - il Pil cresce, i dati Svimez ci danno ragione, dobbiamo continuare a supportare questa crescita. Innovazione, ricerca e digitalizzazione, sono le parole chiave di questi sei bandi. La società è cambiata, è cambiato il modo di fare impresa e noi dobbiamo essere in grado di camminare al passo con i tempi».
GIORNALE DI SICILIA
L'agricoltura punta sempre più sulla sostenibilità: azienda di Siracusa premiata per la transizione energetica.
L'agricoltura italiana vive una fase complessa dovuta a molteplici fattori: non solo il contesto geopolitico, ma anche l'evoluzione della normativa europea in una delicata fase di definizione della prossima Pac, il clima sempre più tropicale, le politiche commerciali internazionali. In questo contesto, le aziende agricole aumentano il proprio livello di sostenibilità ad ampio raggio e confermano che la scelta in tale direzione viene premiata da risultati economici concreti. È il quadro che emerge dal V Rapporto AGRIcoltura100, su iniziativa di Reale Mutua e Confagricoltura e curato da Innovation Team, società di ricerca di MBS Consulting (Gruppo Cerved), presentato stamani (12 maggio) a Palazzo della Valle, a Roma. Assegnati premi e mezioni speciali alle aziende- Fra quelle che hanno ottenuto la menzione, ce n'è una siciliana, l'Azienda Agricola Campisi Antonino di Siracusa, alla quale è stato riconosciuto l'impegno nell'ambito della transizione energetica.
Il Rapporto AGRIcoltura100, oltre a fornire dati congiunturali di contesto sul settore agricolo, esamina l'evoluzione dei livelli di sostenibilità delle imprese, sia in generale, sia per ogni area e ambito. Sono inoltre presenti cinque approfondimenti tematici: occupazione e affermazione delle donne, gestione dei rischi idrogeologici, economia circolare e autosufficienza energetica, agricoltura 4.0 e TEA, benessere degli animali. L'edizione 2025, inoltre, include un'analisi comparativa dell'agricoltura italiana in relazione al contesto europeo, permettendo di evidenziarne le eccellenze e le potenziali aree di miglioramento.
Alla quinta edizione di AGRIcoltura100 hanno preso parte 3.536 imprese agricole di tutti i settori e di tutte le regioni. I risultati dell'indagine confermano la crescita del livello di sostenibilità dell'agricoltura italiana, misurata attraverso 288 variabili. I migliori esiti riguardano la sostenibilità ambientale (58% vs 49% nel 2020), la qualità e la sicurezza alimentare (64%, stabile), la qualità dello sviluppo (57% vs 49%). Nonostante le criticità congiunturali, l'agricoltura italiana si conferma un settore orientato all'innovazione: circa il 70% delle imprese intervistate ha effettuato investimenti nell'ultimo anno, non solo in tecniche e macchinari, ma in quota crescente anche in attività trasformative, infrastrutture, diversificazione e marketing. Due esempi: le pratiche di agricoltura di precisione (adottate dal 21% delle imprese) e l'autoproduzione di energia (19%).
Le imprese più sostenibili sono anche le più innovative: l'83% delle aziende con alto livello di sostenibilità generale ha un elevato indice di innovazione, contro una media del 39%. Circa il 60% ha investito in cinque o più ambiti (su un totale di undici) nel solo ultimo anno, il doppio della media generale. Queste sono le imprese che ottengono i migliori risultati economici, con una produttività (misurata come fatturato per addetto) superiore del 72% rispetto a quelle con un livello iniziale o medio di sostenibilità, e una redditività (utile per addetto) quasi tripla. Inoltre, quelle più sostenibili hanno un fatturato relativo all'export oltre tre volte più elevato. Nell'edizione 2025 viene dedicato ampio spazio al tema della gestione del rischio. Sono rischi legati soprattutto agli eventi naturali: il 73% delle imprese dichiara di aver subito danni da eventi naturali negli ultimi tre anni; di queste, la metà ha registrato danni significativi alle coltivazioni (91%), alle infrastrutture (26%), ma anche altri fenomeni come stress idrico, erosione del terreno e degradazione del suolo. Ci sono poi i fattori legati al mercato: il 61% si ritiene fortemente a rischio per l'andamento dei costi di produzione, il 55% per le oscillazioni dei prezzi di vendita, il 49% per la concorrenza extra-UE.
L'agricoltura è però non solo vittima, ma anche un attore fondamentale nella mitigazione di tali rischi: le buone pratiche agricole rafforzano la resilienza del Paese di fronte a minacce sempre più pressanti. Il 61% delle imprese ha attivato almeno un'iniziativa di difesa attiva, in primis gestendo e razionalizzando l'acqua, curando particolarmente le modalità di lavorazione del terreno, mantenendo o costruendo barriere naturali e, in talune situazioni, prevedendo sistemi di protezione, quali ad esempio impianti antibrina e reti antigrandine. Il ricorso a forme di difesa passiva, in primis le assicurazioni contro danni naturali e catastrofali, è invece ancora limitato e riguarda 1/3 delle imprese intervistate. Ad oggi, l'agricoltura italiana sconta una consapevolezza del rischio ancora poco sviluppata: maturare una gestione efficace, continuativa e non emergenziale dei rischi è una competenza irrinunciabile e un fattore di sostenibilità esso stesso.
«I dati del V Rapporto AGRIcoltura 100 - afferma il presidente di Confagricoltura, Massimiliano Giansanti - ci confermano che è cambiato il paradigma: la sostenibilità da obiettivo è diventata requisito necessario alle aziende agricole per operare sui mercati ed essere competitive. L'indagine, inoltre, ci permette di valutare le potenziali aree di miglioramento del settore primario e di affrontare le nuove sfide insieme alle nostre aziende, continuando a confrontarci con le istituzioni in modo proattivo e con lo spirito di innovazione che caratterizza da sempre la nostra azione sindacale».
«L'agricoltura - dichiara Luca Filippone, direttore generale di Reale Group - è uno dei settori più esposti ai cambiamenti climatici, ma è anche tra i più sensibili e attivi nel promuovere modelli di sviluppo sostenibili. Con AGRIcoltura100 vogliamo valorizzare le imprese agricole che investono nel futuro e rafforzare il legame tra sostenibilità, innovazione e resilienza. Come Mutua assicuratrice, siamo convinti che accompagnare queste imprese nella gestione dei rischi e nella crescita sostenibile significhi contribuire alla tenuta e allo sviluppo dell'intero sistema Paese».
«I risultati del V Rapporto AGRIcoltura100 - afferma Luigi D'Eramo, sottosegretario all'Agricoltura, sovranità alimentare e foreste - evidenziano un legame sempre più stretto fra innovazione e sostenibilità, che rappresenta un fattore strategico che si traduce in una maggiore competitività delle imprese. Fra le sfide che si trova ad affrontare il settore primario c'è quella di produrre di più e meglio, usando al tempo stesso meno risorse, continuando ad essere sempre più protagonista di uno sviluppo sostenibile».
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Trasferte dipendenti enti locali: chiarimenti su orario di lavoro e "tempo di viaggio"
Un recente chiarimento dell'ARAN (Agenzia per la Rappresentanza Negoziale delle Pubbliche Amministrazioni) interviene sul tema delle trasferte per i dipendenti degli enti locali, offendo chiarimenti sulle regole legato all'orario di lavoro e al "tempo di viaggio".
Quando un dipendente pubblico partecipa a un corso di formazione organizzato dalla propria amministrazione, si pone spesso la questione di come debba essere inquadrato il tempo impiegato per tale attività, soprattutto se si svolge lontano dalla sede abituale di servizio.
Il parere dell'ARAN 34199 interviene proprio su questo tema, fornendo indicazioni utili per orientare l'interpretazione del contratto collettivo nazionale.
Alla base del quesito posto all'Agenzia, vi è la necessità di comprendere se il tempo impiegato per partecipare a corsi di aggiornamento possa essere conteggiato come orario di servizio e se il tragitto per raggiungere la sede del corso, nel caso in cui questa non coincida con la consueta sede lavorativa, rientri o meno nel cosiddetto "tempo di lavoro".
Trasferte dipendenti enti locali: chiarimenti su orario di lavoro e "tempo di viaggio"
Il punto di partenza, chiarisce ARAN, è l'articolo 55 del Contratto Collettivo Nazionale del Lavoro sottoscritto il 16 novembre 2022, che disciplina la partecipazione dei dipendenti pubblici, nello specifico di quelli appartanenti al comparto delle Funzioni Locali, ad attività formative promosse dall'amministrazione.
Secondo il comma 6 di tale articolo, il personale che prende parte a corsi di formazione programmati o comunque disposti dall'ente viene considerato, a tutti gli effetti, in servizio. Questo significa che la presenza a tali eventi non costituisce un'assenza dal lavoro, ma è parte integrante dell'attività lavorativa.
Tuttavia, le cose si complicano nel momento in cui la formazione si tiene in un luogo diverso dalla sede usuale. In questi casi, entra in gioco l'articolo 57 dello stesso contratto, che regola le trasferte. Questa norma prevede una serie di condizioni che, se rispettate, consentono di riconoscere il trattamento economico e giuridico previsto per i lavoratori inviati temporaneamente in altra località per esigenze di servizio.
L'aspetto più delicato riguarda il cosiddetto "tempo viaggio", cioè le ore impiegate per raggiungere il luogo in cui si svolge il corso. Su questo punto, ARAN richiama il terzo comma dell'articolo 57, dove si specifica che il tragitto non è automaticamente equiparato all'orario lavorativo. In linea generale, infatti, il tempo speso per spostarsi da un luogo all'altro non viene considerato prestazione lavorativa. Tuttavia, esistono delle eccezioni: il contratto ammette che, per alcune tipologie di incarichi, il tempo impiegato per gli spostamenti possa essere riconosciuto come lavoro effettivo.
Sta dunque alla singola amministrazione, nel rispetto del contratto collettivo, individuare quei casi specifici in cui il "tempo viaggio" può essere assimilato al tempo di servizio. La valutazione deve tenere conto delle caratteristiche delle mansioni svolte e delle esigenze organizzative, e non può essere generalizzata.
L'impatto sulle amministrazioni
Questo orientamento lascia spazio a una certa autonomia gestionale da parte degli enti pubblici, i quali dovranno regolarsi in modo coerente con le disposizioni contrattuali e con i principi di equità e trasparenza. È importante ricordare che la formazione professionale, specialmente quando prevista direttamente dall'amministrazione, è parte integrante del percorso lavorativo e riveste un ruolo fondamentale nel garantire la qualità dei servizi offerti ai cittadini.
Va inoltre sottolineato che la distinzione tra tempo di formazione e tempo di viaggio non è solo una questione tecnica o burocratica. Essa incide concretamente sul trattamento economico del dipendente, sul computo delle ore lavorative settimanali e sulla corretta applicazione delle normative in tema di orario di lavoro e riposo. Una gestione disattenta o non uniforme potrebbe generare disuguaglianze di trattamento tra i lavoratori o, peggio ancora, contenziosi con l'amministrazione.
Alla luce di quanto sopra, è evidente l'importanza che le amministrazioni pubbliche forniscano linee guida chiare al proprio personale, definendo con precisione le condizioni in cui una trasferta legata alla formazione possa includere anche il tempo di viaggio tra le ore lavorate. In mancanza di indicazioni puntuali, il rischio è quello di creare incertezze applicative che vanno a discapito sia dei lavoratori che della stessa efficienza amministrativa.
Le conclusioni dell'ARAN
Il chiarimento offerto da ARAN non introduce nuove norme, ma aiuta a interpretare in modo più coerente e uniforme quanto già previsto dal contratto nazionale. Ribadisce inoltre il principio secondo cui ogni amministrazione deve muoversi all'interno del perimetro contrattuale, adottando scelte organizzative che rispettino la normativa e tutelino al tempo stesso i diritti dei lavoratori.
In un contesto in cui la formazione continua assume un ruolo strategico per il buon funzionamento della macchina pubblica, l'adozione di criteri chiari e condivisi sul riconoscimento del tempo impiegato per la partecipazione ai corsi rappresenta un passaggio fondamentale. È quindi auspicabile che le amministrazioni si dotino quanto prima di regolamenti interni aggiornati, capaci di offrire certezze interpretative e di valorizzare l'impegno del personale anche al di fuori delle sedi consuete di lavoro.
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La Corte Costituzionale approva l'abrogazione dell'abuso d'ufficio.
La Corte Costituzionale ha messo un punto fermo sul dibattito che ha diviso politica e magistratura: l'abrogazione del reato di abuso d'ufficio, prevista dalla legge 114 del 2024 e fortemente sostenuta dal ministro della Giustizia Carlo Nordio, non è contraria alla Costituzione.
A stabilirlo è una decisione della Consulta anticipata in un comunicato ufficiale, in attesa della pubblicazione integrale delle motivazioni nelle prossime settimane.
L'analisi dei giudici costituzionalisti
La Corte ha analizzato quattordici ricorsi provenienti da diversi tribunali italiani, inclusa la Corte di Cassazione, che sollevavano dubbi di legittimità costituzionale in merito alla riforma. L'unico profilo ritenuto meritevole di approfondimento ha riguardato il rispetto della Convenzione ONU contro la corruzione, nota come Convenzione di Merida, sottoscritta dall'Italia nel 2003. Le doglianze principali del ricorso presentato dall'avvocato Manlio Morcella ruotavano attorno all'idea che l'abrogazione potesse contrastare con l'obbligo internazionale di mantenere strumenti penali efficaci contro il malaffare nella pubblica amministrazione.
Tuttavia, la Corte ha respinto questa tesi: secondo i giudici costituzionali, la Convenzione non impone né l'introduzione obbligatoria del reato di abuso d'ufficio né tantomeno il divieto di eliminarlo dal sistema penale. L'interpretazione offerta conferma quanto sostenuto dall'Avvocatura dello Stato: l'Italia, anche in assenza di questo specifico reato, non viene meno agli impegni sottoscritti sul piano internazionale.
La Corte Costituzionale approva l'abrogazione dell'abuso d'ufficio
L'art. 323 c.p. (ora abrogato) puniva, con la reclusione da 1 a 4 anni, "il pubblico ufficiale o l'incaricato di pubblico servizio che, nello svolgimento delle funzioni o del servizio, in violazione di specifiche regole di condotta espressamente previste dalla legge o da atti aventi forza di legge e dalle quali non residuino margini di discrezionalità, ovvero omettendo di astenersi in presenza di un interesse proprio o di un prossimo congiunto o negli altri casi prescritti, intenzionalmente procura a sé o ad altri un ingiusto vantaggio patrimoniale ovvero arreca ad altri un danno ingiusto".
Nonostante il chiaro intento di contrastare condotte illecite da parte della P.A., la norma era spesso criticata per la sua vaghezza interpretativa. In particolare, molti sindaci - indipendentemente dal colore politico - avevano denunciato come l'eccessiva incertezza normativa li esponesse a indagini per semplici errori burocratici o per decisioni amministrative controverse.
La "paura della firma"
Il clima di costante rischio giudiziario aveva generato la cd. "paura della firma", inducendo molti amministratori locali a rinunciare a firmare atti e delibere, per timore di essere incriminati. Una situazione che ha rallentato la macchina amministrativa, contribuendo a creare ostacoli nella gestione ordinaria degli enti pubblici. Un dato eloquente: oltre il 90% dei procedimenti per abuso d'ufficio si concludeva con un'archiviazione o con un'assoluzione.
La sentenza, redatta dal giudice Francesco Viganò - considerato tra i massimi esperti in diritto penale all'interno della Consulta - conferma così uno dei capisaldi della riforma voluta dal Governo Meloni: la cancellazione dell'abuso d'ufficio è legittima e non lede né la Carta costituzionale né gli obblighi internazionali dell'Italia.
Le motivazioni ufficiali della decisione saranno rese pubbliche nelle prossime settimane e consentiranno di approfondire nel dettaglio il ragionamento seguito dai giudici costituzionali.
Il comunicato della Consulta
Di seguito, il comunicato fornito dalla Corte:
"In esito all'udienza pubblica svoltasi ieri, la Corte ha esaminato in camera di consiglio le questioni di legittimità costituzionale sollevate da quattordici autorità giurisdizionali, tra cui la Corte di cassazione, sull'abrogazione del reato di abuso d'ufficio ad opera della legge numero 114 del 2024.
La Corte ha ritenuto ammissibili le sole questioni sollevate in riferimento agli obblighi derivanti dalla Convenzione delle Nazioni Unite contro la corruzione (la cosiddetta Convenzione di Merida).
Nel merito, la Corte ha dichiarato infondate tali questioni, ritenendo che dalla Convenzione non sia ricavabile né l'obbligo di prevedere il reato di abuso d'ufficio,
né il divieto di abrogarlo ove già presente nell'ordinamento nazionale.
La motivazione della sentenza sarà pubblicata nelle prossime settimane."
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Addio a Giuseppe Spoto, vice comandante e sindacalista esemplare, "Un punto di riferimento per tutti"
La comunità del libero consorzio comunale di Agrigento e il mondo sindacale siciliano sono in lutto per la prematura scomparsa di Giuseppe Spoto, vice comandante della polizia provinciale e rappresentante sindacale (Rsu) del Csa Cisal. Uomo delle istituzioni, esempio di professionalità, correttezza e dedizione, Spoto lascia un segno profondo sia a livello umano che lavorativo.
A ricordarlo con affetto e stima è la Segreteria Regionale Csa Cisal Sicilia, insieme alla Segreteria Provinciale di Palermo e di Agrigento, che in un messaggio congiunto esprimono il più sentito cordoglio per la perdita del collega e amico.Il cordoglioIn questo momento di profondo dolore, il pensiero va alla sua famiglia, agli amici e ai colleghi, che ne condividono la memoria con affetto e commozione."A nome mio della Segreteria CSA CISAL Sicilia Palermo e della Segreteria Provinciale CSA di Agrigento esprimiamo il più sentito cordoglio per la prematura scomparsa del collega e amico Giuseppe Spoto, Vice Comandante della Polizia Provinciale del Libero Consorzio di Agrigento e nostro stimato RSU. Giuseppe è stato un punto di riferimento per tutti noi: un uomo delle Istituzioni, sempre disponibile, corretto e profondamente legato al suo lavoro e ai diritti dei lavoratori. La sua perdita lascia un vuoto incolmabile non solo a livello professionale, ma anche umano. Ci stringiamo con affetto e commozione alla sua famiglia, agli amici e a tutti i colleghi che, come noi, ne piangono la scomparsa. Ciao Giuseppe che la terra ti sia lieve" scrive Giuseppe Badagliacca, segretario generale Csa Cisal Palermo.
QDS.IT
Polizia e sindacati siciliani in lutto per la scomparsa improvvisa di Giuseppe Spoto
"Giuseppe è stato un punto di riferimento per tutti noi: un uomo delle Istituzioni".Dolore per la prematura scomparsa di Giuseppe Spoto, vice comandante della polizia provinciale del Libero consorzio comunale di Agrigento e rappresentante sindacale (Rsu) del Csa Cisal.Un altro lutto per la Sicilia, che appena pochi giorni fa ha detto addio all'83enne anni Enzo Ferrari, ex allenatore e calciatore di tante squadre di Serie A, tra cui l'Udinese di Zico, e protagonista anche in Sicilia da attaccante negli anni '70 e successivamente allenatore del Palermo negli anni '90.Giuseppe Spoto, lutto nella polizia di Agrigento e nel mondo sindacaleAd annunciare la morte del rappresentante delle istituzioni e dei sindacati è la CSA Cisal Sicilia-Palermo assieme alla segreteria provinciale agrigentina in una nota: "La Segreteria CSA CISAL Sicilia Palermo e della Segreteria Provinciale CSA di Agrigento esprimono il più sentito cordoglio per la prematura scomparsa del collega e amico Giuseppe Spoto, Vice Comandante della Polizia Provinciale del Libero Consorzio di Agrigento e nostro stimato RSU. Giuseppe è stato un punto di riferimento per tutti noi: un uomo delle Istituzioni, sempre disponibile, corretto e profondamente legato al suo lavoro e ai diritti dei lavoratori. La sua perdita lascia un vuoto incolmabile non solo a livello professionale, ma anche umano.
Ci stringiamo con affetto e commozione alla sua famiglia, agli amici e a tutti i colleghi che, come noi, ne piangono la scomparsa. Ciao Giuseppe che la terra ti sia lieve".