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C'è la detassazione dei premi di produttività per i dipendenti pubblici nella Manovra 2026
La Manovra 2026 introduce una misura attesa da tempo nel settore pubblico: la detassazione dei premi di produttività per i dipendenti pubblici: novità e dettagli della misura.Una disposizione che mira a rafforzare il legame tra performance e retribuzione anche nella pubblica amministrazione, estendendo un’agevolazione già sperimentata con successo nel settore privato.Secondo quanto previsto dall’articolo 58, comma 1, della bozza del disegno di legge, per l’anno 2026 i compensi accessori erogati al personale pubblico con redditi da lavoro dipendente fino a 50.000 euro saranno soggetti a un’imposta sostitutiva del 15%, entro un limite massimo di 800 euro. La norma riguarda le somme riconosciute come trattamento economico accessorio, comprendendo quindi anche indennità a carattere fisso e continuativo, purché riferite a lavoratori non dirigenti delle amministrazioni pubbliche di cui al decreto legislativo n. 165 del 2001.La disposizione si applicherà in modo automatico, salvo rinuncia espressa e scritta del lavoratore, e rappresenta un passo ulteriore nel processo di valorizzazione del personale del comparto pubblico, spesso rimasto ai margini delle politiche di incentivazione fiscale previste per il settore privato.
Chi potrà beneficiare dello sgravio.
Il beneficio fiscale sarà riservato ai dipendenti non dirigenti delle amministrazioni pubbliche, compresi coloro che operano in regime di diritto pubblico, a condizione che il loro reddito complessivo da lavoro non superi i 50.000 euro annui. L’agevolazione interesserà, dunque, un’ampia platea di lavoratori: dagli impiegati ministeriali al personale scolastico, dagli enti locali agli uffici periferici dello Stato.
Restano esclusi, invece, i membri delle forze armate e di polizia, già destinatari di specifiche agevolazioni fiscali introdotte con il decreto legislativo n. 95 del 2017. Per questi comparti, infatti, continuano ad applicarsi regimi dedicati, calibrati sulle peculiarità operative delle rispettive funzioni.Un discorso a parte riguarda il personale dipendente del Servizio sanitario nazionale. Per medici, infermieri e operatori sanitari già beneficiari di misure fiscali previste da precedenti interventi normativi (come il decreto-legge n. 73 del 2024 e la legge n. 207 del 2024), la detassazione del 15% potrà sommarsi agli incentivi già in vigore, ampliando ulteriormente il vantaggio economico riconosciuto a queste categorie.Come funziona la detassazione.
Nel dettaglio, l’imposta sostitutiva del 15% prenderà il posto dell’IRPEF e delle relative addizionali regionali e comunali sulle somme riconosciute a titolo di trattamento accessorio. Ciò significa che, entro la soglia di 800 euro, i premi di produttività o le indennità assimilate saranno tassati in modo più leggero rispetto al regime ordinario, consentendo ai lavoratori di percepire un netto in busta paga più elevato.L’agevolazione, tuttavia, non avrà carattere strutturale: la norma stabilisce infatti la sua applicazione esclusivamente per l’anno 2026. È possibile, però, che la misura venga successivamente prorogata o integrata in base ai risultati ottenuti e alla sostenibilità per le finanze pubbliche.In termini pratici, il beneficio sarà applicato direttamente dal datore di lavoro – ossia dall’amministrazione di appartenenza – che provvederà a calcolare l’imposta sostitutiva e a trattenere le somme dovute in sede di erogazione del trattamento accessorio. Il lavoratore, dunque, non dovrà presentare alcuna domanda o richiesta specifica, a meno che non intenda rinunciare formalmente all’agevolazione.
Obiettivi della misuraCon questa disposizione, il Governo punta a introdurre anche nel pubblico impiego una logica di maggiore correlazione tra risultati e retribuzione. La detassazione dei premi di produttività intende infatti incentivare l’efficienza e la qualità dei servizi erogati, premiando il personale che contribuisce in modo significativo al raggiungimento degli obiettivi organizzativi.
SICILIAUNONEWS
Agrigento guarda alla transizione digitale: il Libero Consorzio incontra il Comitato BIM2025Sicilia.
Incontro strategico per l’implementazione della metodologia BIM nella pubblica amministrazione provinciale Agrigento - presso l'Ottocentesco Palazzo sede del Libero Consorzio Comunale di Agrigento – si è svolto un importante incontro istituzionale tra il Presidente dell'ex Provincia, Giuseppe Pendolino, e una delegazione del Comitato BIM2025Sicilia, guidata dal Presidente Ludovico Gippetto, con la partecipazione dei relatori designati per la giornata formativa dedicata all’implementazione della metodologia BIM nella pubblica amministrazione che si era svolta a Villa Genuardi.
Nel corso dell’incontro sono state affrontate le numerose criticità che l’amministrazione provinciale – e più in generale gli enti locali – stanno oggi vivendo: tra queste, in particolare, l’imminente fuoriuscita dalla pianta organica di risorse umane per pensionamento, che potrebbe rallentare la macchina amministrativa e compromettere la continuità operativa. Il Presidente Pendolino ha sottolineato la necessità e l’urgenza di adottare soluzioni organizzative e operative che guardino in prospettiva, affermando la volontà di “non fermare la già efficace ed efficiente macchina amministrativa” e di valutare con profitto la possibilità di affidare a professionisti qualificati esterni i lavori in BIM, avviando sin da subito il percorso formativo previsto dalla normativa vigente.
Il Presidente del Comitato BIM2025Sicilia, Ludovico Gippetto – pioniere dell’implementazione del BIM in sicilia – ha manifestato la piena disponibilità dei professionisti certificati BIM coinvolti nel progetto a farsi carico delle necessità dell’amministrazione, condividendo un percorso operativo e sinergico per accelerare la transizione verso la buona applicazione del Codice dei Contratti Pubblici recentemente riformato. Gippetto ha rimarcato che “questa non è solo una formazione, ma un impegno concreto e condiviso per accompagnare l’ente nel nuovo paradigma digitale”.
L’incontro si è concluso con l’intesa di programmare un incontro con i funzionari del Libero Consorzio per valutare una eventuale collaborazione istituzionale e tecnica tesa a trasformare la sfida della transizione – generazionale, normativa e digitale – in un’opportunità per l’ente e per l’intero territorio provinciale.sul lancio del percorso formativo e che si focalizzerà su:
• l’adozione della metodologia BIM nei processi di progettazione, esecuzione e manutenzione del patrimonio immobiliare pubblico;
• la gestione del cambio generazionale nelle risorse umane dell’amministrazione, con strumenti formativi e organizzativi che rendano fluido il passaggio generazionale;
• l’allineamento alle scadenze normative e il miglioramento della capacità operativa dell’ente, evitando rallentamenti e ottimizzando il percorso di affidamento dei lavori mediante tecnologie e processi digitali condivisi.
ILSICILIA
Sicilia isola che viaggia a metà, il nodo delle infrastrutture tra ritardi storici e nuove promesse di sviluppo
La Sicilia resta sospesa tra potenzialità enormi e una realtà ancora frenata da connessioni deboli. Le infrastrutture, strade, ferrovie, porti e aeroporti, sono la spina dorsale di qualunque economia, e nel caso dell’Isola, rappresentano al tempo stesso la sua maggiore sfida.
L’indice di dotazione infrastrutturale, che misura la qualità e la quantità delle reti fisiche e dei servizi di connessione, colloca la Sicilia nel gruppo meno virtuoso d’Italia, insieme alle regioni con un PIL pro capite inferiore alla media nazionale, dove le reti mancano, anche la crescita rallenta. I dati ActTankSicilia del ‘The European House Ambrosetti’ parlano chiaro.
L’insularità come freno strutturale
Il peso economico dell’insularità non è solo una metafora. Secondo il nucleo di valutazione e verifica degli investimenti pubblici e il servizio statistica della Regione Siciliana, il costo aggiuntivo derivante dall’essere un’isola ammonta tra i 6,5 e i 6,8 miliardi di euro l’anno, quasi il 7% del PIL regionale.
Per le imprese, ciò significa logistica più costosa, tempi di spostamento più lunghi, filiere produttive più fragili. In questo contesto, lo sviluppo infrastrutturale non è una questione di efficienza, ma di sopravvivenza economica.
Porti: il mare come risorsa strategica
Con undici porti principali principali suddivisi tra le tre Autorità la Sicilia muove il 14,3% delle merci italiane e quasi un quarto dei passeggeri nazionali. Si tratta di numeri importanti, ma che raccontano anche una rete frammentata.
Il porto di Augusta resta il cuore pulsante del traffico merci, ottavo in Italia, terzo nel Sud, con oltre un terzo del traffico regionale e specializzazione nelle rinfuse liquide e solide. Seguono Milazzo, Palermo e Catania, a comporre un mosaico logistico che funziona, ma spesso senza una regia comune.
Sul fronte Ro-Ro, la Sicilia è la prima regione italiana, con tre poli principali, ovvero Catania, Palermo e Messina, che si dividono equamente i flussi.
Nel turismo, la crescita del traffico crocieristico è evidente con oltre 1,8 milioni di passeggeri nel 2024, +7,1% rispetto all’anno precedente. Palermo e Messina si affermano come scali mediterranei di rilievo.
Eppure manca un disegno di sistema. Ogni porto tende a comportarsi come un’entità autonoma, più che come parte di una rete coordinata. La specializzazione commerciale, passeggeri, energetica è ancora in via di definizione.
Strade e autostrade, un arcipelago di cantieri
La rete stradale siciliana conta circa 20.000 km, ma la quantità non compensa la qualità. Le quattro autostrade principali (A18, A19, A20, A29) coprono l’ossatura viaria dell’isola, con tratti moderni alternati a segmenti che portano addosso decenni di incuria.
Dopo la “Relazione Migliorino” del MIT nel 2021, sono stati aperti oltre 30 cantieri per mettere in sicurezza viadotti e gallerie, con investimenti superiori ai 300 milioni di euro.
Eppure, il vero nodo resta la rete secondaria. Le strade provinciali, spesso uniche vie di collegamento per le aree interne e le isole minori, presentano un arretrato di manutenzione stimato in 2,8 miliardi di euro.
Il paradosso è che la Sicilia, pur avendo una rete in difficoltà, vanta uno dei tassi di motorizzazione più alti d’Italia, 72,7 auto ogni 100 abitanti.
È un segnale chiaro, la mobilità privata sopperisce dove quella pubblica non arriva.
La dipendenza dal trasporto su gomma diventa così un circolo vizioso, che aggrava l’usura delle strade e riduce la sostenibilità dei trasporti.
I prossimi anni promettono un cambio di passo, 11 miliardi di euro di investimenti in infrastrutture viarie, 913 milioni solo per la Palermo-Catania, e all’orizzonte il Ponte sullo Stretto, progetto da 13,5 miliardi che divide l’opinione pubblica ma rilancia il tema centrale, come e con cosa collegare davvero la Sicilia al continente.
Ferrovie: binari che si allungano, treni che invecchiano
La rete ferroviaria siciliana misura circa 1.370 km, quasi tutti a binario unico. Solo il 57,8% è elettrificato, e l’età media dei convogli supera i 18 anni. Non stupisce, quindi, che appena il 13,8% della popolazione utilizzi il treno, tempi di percorrenza lunghi e bassa frequenza scoraggiano ogni alternativa all’auto.
Ma la ferrovia è anche il fronte su cui si gioca la partita più ambiziosa. Il progetto da oltre 20 miliardi di euro per il raddoppio e la velocizzazione della Palermo-Catania-Messina promette di ridurre i tempi di viaggio a due ore tra i due capoluoghi e 45 minuti tra Catania e Messina.
È una delle opere più imponenti mai avviate in Sicilia, e non solo per la mobilità, la linea ridisegnerà l’asse economico interno, con nuove stazioni nell’entroterra e connessioni dirette a porti e aeroporti. Un primo passo verso quella intermodalità di cui si parla da anni, ma che ora comincia ad avere un corpo.
Aeroporti: la vera rete veloce dell’Isola?
Catania e Palermo da sole gestiscono oltre il 90% del traffico aereo siciliano. Nel 2024, Catania ha superato i 12 milioni di passeggeri (+15%), Palermo si è avvicinato ai 9 milioni (+10%).
Le tratte per Roma e Milano sono tra le più trafficate del Paese: Catania-Fiumicino è la rotta numero uno in Italia. Dietro questi numeri, però, si nasconde una fragilità, ovvero la dipendenza quasi totale da due soli scali.
Gli aeroporti di Trapani e Comiso, potenzialmente strategici, restano sottoutilizzati. Eppure, proprio Comiso potrebbe diventare il punto di svolta per l’export agroalimentare ibleo, mentre Trapani potrebbe integrare la rete logistica portuale della Sicilia occidentale.
Una rete da costruire, non solo da riparare
Il tema non è solo tecnico, ma politico e culturale. Le infrastrutture siciliane soffrono da sempre di frammentazione gestionale, enti diversi, competenze sovrapposte, strategie che raramente dialogano.
La vera sfida non è costruire nuove opere, ma mettere in rete quelle esistenti. Porti che parlino con le ferrovie, aeroporti collegati ai nodi logistici, autostrade pensate non come linee isolate ma come assi di sviluppo economico.
Un esempio virtuoso esiste già, ovvero l’integrazione tra il porto di Augusta e il polo industriale di Siracusa, con vocazione energetica, rappresenta un modello di sinergia tra infrastruttura e territorio. La stessa logica dovrebbe guidare il resto della pianificazione regionale: specializzare, integrare, coordinare.
Mai come oggi la Sicilia ha a disposizione risorse così ingenti, pnrr, fondi di coesione, piani nazionali e regionali. Ma le risorse, da sole, non bastano. Si punta alla visione, alla continuità e a una governance capace di evitare l’ennesima “somma di cantieri”. Perché le infrastrutture, prima di essere opere, sono narrazioni di futuro.
E per la Sicilia, costruire reti significa anche ricucire il proprio destino economico, sociale e umano.
Un’isola connessa non è solo un luogo più accessibile. È un luogo che si riconnette con se stessa.
PMI.IT
Manovra 2026, Giorgetti: tutela i conti pubblici e i redditi medi
Il ministro dell'Economia difende il carattere redistributivo della Riforma Irpef in Manovra e resta prudente sull'ampliamento della nuova rottamazione.
In audizione parlamentare sulla manovra 2026 il ministero dell’Economia Giancarlo Giorgetti insiste sull’impostazione rigorosa della Legge di Bilancio, ne elenca i punti fondamentali, sottolineando che l’attenzione alle copertura continuerà ad essere il criterio da seguire anche in sede di valutazione degli emendamenti a cui dare attuazione.
La manovra vale circa 18 miliardi, «conferma la strategia seguita dal Governo negli ultimi tre anni», orientata alla stabilità dei conti pubblici. «Dispone interventi di carattere fiscale e di sostegno al potere di acquisto delle famiglie, iniziative in favore delle famiglie numerose e a supporto alla genitorialità, un ulteriore rifinanziamento del Servizio Sanitario Nazionale, misure a supporto delle imprese e di potenziamento degli investimenti pubblici, l’ampliamento della capacità di spesa degli enti territoriali».
Il ministro insiste sul fatto che il taglio IRPEF avvantaggia il ceto medio e dichiara che le politiche fiscali degli ultimi anni,, unitamente alla riduzione del cuneo fiscale, ha recuperato il fiscal drag per i redditi fino a 35mila euro. Istat, Ufficio Parlamentare di Bilancio e Banca d’Italia nel corso delle audizione hanno fornito stime invece più critiche sull’effetto redistributivo, evidenziando maggiori benefici per i redditi alti.
La riforma Irpef
Fisco in Manovra 2026
Novità ISEE e IRPEF in Manovra: risparmi medi 230 e 145 euro ma sbilanciati 7 Novembre 2025
Gli interventi di carattere fiscale, «l’ambito di intervento quantitativamente più rilevante», rappresentano un passo avanti nella Riforma Irpef che dal 2025 coinvolge 13,6 milioni di contribuenti (il 32 per cento del totale) di cui 8,2 milioni lavoratori dipendenti. La riduzione dell’aliquota del secondo scaglione dal 35 al 33% è finanziata con 3 miliardi di euro. Per il contribuente, produce un beneficio medio atteso pari a 218 euro annui, con un massimo di 440 euro all’anno. Giorgetti risponde alle osservazioni di Istat, Ufficio Parlamentare di Bilancio, e Banca d’Italia, sull’effetto redistributivo del taglio fiscale, insistendo sul fatto che la misura «tutela i contribuenti con redditi medi». Va valutata nel più ampio contesto del taglio del cuneo contributivo attuato negli ultimi anni.
Dal 2022 ad oggi per i redditi più bassi la compensazione ha più che coperto il fiscal drag. Ampiamente coperto fino a 35mila euro.
Altre misure fiscali e rottamazione
Nel pacchetto fiscale rientrano anche la proroga 2026 della disciplina attuale sulle detrazioni per ristrutturazione edilizia, che restano al 50% per i lavori realizzati sulla prima casa e al 36% negli altri immobili. Viene inoltre prorogato per il 2026 il cosiddetto bonus mobili.
Rottamazione cartelle
Rottamazione multe e cartelle locali: le regole in Manovra 2026 31 Ottobre 2025
La rottamazione quinquies riguarda le cartelle esattoriali affidate all’agente della riscossione fra il 2000 e il 2023 e prevede il pagamento senza sanzioni e interessi diluito in un massimo di 54 rate. «Sebbene la regolazione rateale dei debiti possa comportare un costo teorico in termini di minori entrate riferite al primo anno di applicazione – spiega Giorgetti -, la spalmatura delle stesse su un periodo di 8 anni aumenta la loro probabilità di riscossione compensando il “costo” iniziale». Quanto alle ipotesi di un potenziamento della definizione agevolata in sede di dibattito parlamentare, esprime prudenza legata alle coperture.
Le defiscalizzazioni sul lavoro
Busta paga
Manovra 2026: tutte le flat tax sul lavoro dipendente 31 Ottobre 2025
Altri 2,8 miliardi vanno alle misure per sostenere il potere d’acquisto dei lavoratori: aliquote fiscale agevolate su premi di produttività, indennità di lavoro notturno e festivo, rinnovi contrattuali, incentivi alle assunzioni a tempo indeterminato. «In particolare, la manovra conferma l’attenzione già riservata lo scorso anno alla contrattazione relativa ai premi di produttività» riducendo l’aliquota dal 5 all’1%, e aumentando la soglia massima degli importi da 3 mila a 5 mila euro annui. Introduce un prelievo agevolato del 15% sulle somme erogate a titolo di indennità o di maggiorazioni per i lavoro festivo e notturno ai lavoratori con redditi entro i 40 mila euro, intervento «volto a rendere maggiormente attrattive attività che, in diversi casi, soffrono di una scarsità di offerta di lavoro».
Prevede «un’imposta sostitutiva del 5% sugli incrementi retributivi corrisposti ai lavoratori dipendenti con redditi fino a 28mila euro, in attuazione di rinnovi dei contratti nazionali siglati sia nel 2025 sia di quelli che lo saranno nel 2026» Su questo si sono concentrate diverse richieste da parte dei sindacati e delle imprese per allargare l’ambito di applicazione a tutti i rinnovi e di mirare l’incentivo sui contratti maggiormente rappresentativi.
Infine, imposta sostitutiva del 15% anche sul salario accessorio corrisposto nel 2026 al personale non dirigenziale del pubblico impiego con redditi fino a 50mila euro, entro un limite di 800 euro.
Pacchetto famiglia e revisione ISEE
Manovra 2026
Manovra 2026: correttivi su fisco, lavoro e pensioni nelle proposte sindacali 4 Novembre 2025
Ci sono poi 3,4 miliardi nel triennio per il sostegno delle famiglie e il contrasto della povertà. Fra queste misure, la revisione della disciplina per il calcolo dell’ISEE, con maggiorazioni delle scale di equivalenza per i nuclei familiari con due o più figli e l’innalzamento della soglia di esclusione della casa di abitazione. «Le maggiorazioni delle scale di equivalenza vengono ora riconosciute anche alle famiglie con due figli (0,1 punti), mentre sono portate a 0,25 in caso di tre figli, 0,40 in caso di quattro figli e 0,55 con cinque figli. La soglia di esclusione dal calcolo dell’ISEE della prima casa di abitazione, in termini di valore catastale, è alzata a 91mila 500 euro, dai 52mila euro attuali. Inoltre, per tenere conto dei carichi familiari, la stessa è incrementata di 2mila 500 euro per ogni figlio convivente successivo al primo, anziché successivo al secondo come fino ad ora previsto».
Per la conciliazione vita-lavoro, proroga al 2026 e potenziamento dell’integrazione al reddito pari a 60 euro mensili per le lavoratrici madri di due o più figli, titolari di reddito da lavoro, dipendente o autonomo, non superiore a 40mila euro su base annua, «il rafforzamento dei congedi parentali e di malattia per i figli minori, quelli di promozione dell’occupazione delle madri lavoratrici nonché gli incentivi per la trasformazione dei contratti».
Le misure per le imprese
Due le misure fondamentali fra quelle destinate alle imprese: «la reintroduzione per il 2026 dell’iper-ammortamento, che si sostituisce ai crediti d’imposta Transizione 4.0 e Transizione 5.0 previsti fino a quest’anno, e il rifinanziamento nel triennio dei crediti d’imposta per la ZES Unica per il Mezzogiorno e per la ZLS».
L’iperammortamento sull’acquisto di macchinari e software garantisce «un beneficio fiscale superiore al credito d’imposta previsto per il 2025 (con aliquota del 20%)». E «la previsione di maggiorazioni decrescenti delle quote di ammortamento deducibili all’aumentare del valore dell’investimento e di un importo massimo dell’investimento agevolabile (20 milioni) consentono di allocare le risorse disponibili garantendo un beneficio fiscale più significativo alle imprese di piccole dimensioni, che costituiscono una componente rilevante del tessuto economico del Paese».
Rifinanziamento 2026 e 2027 della cosiddetta “Nuova Sabatini”, «l’agevolazione volta a supportare l’acquisto o l’acquisizione in leasing di beni strumentali da parte delle micro, piccole e medie imprese». E «risorse aggiuntive sono stanziate per i contratti di sviluppo in favore delle imprese e per il sostegno e lo sviluppo delle filiere del settore turistico».
Il settore bancario e assicurativo fornirà risorse pari a circa 10 miliardi nel triennio, «ottenute attraverso un insieme di misure di carattere fiscale, che sono state il prodotto della proficua interlocuzione con le associazioni di categoria».
GRANDANGOLOAGRIGENTO.IT
Debito di Aica con Siciliacque, da fine novembre si rischia una nuova emergenza idrica. Il sovrambito è preoccupato per il crescere del debito: o saranno pagate le fatture o acqua ridotta dal 21 novembre.
Alla fine le rassicurazioni e la caccia aperta a chi avrebbe avuto la colpa di informare la stampa di quanto stava avvenendo – con atti che erano però già pubblici – sono serviti a poco e la gestione del servizio idrico in provincia rischia di andare verso una fase mai vista prima.A partire dal prossimo 21 di novembre infatti Siciliacque è pronta a ridurre la quantità di acqua fornita alla provincia di Agrigento ai limiti minimi previsti dalla normativa, cioè 50 litri per abitante, quantità ritenuta minima indispensabile per il soddisfacimento dei bisogni essenziali alimentari, igienico sanitari e di tutela della salute.Un taglio drastico cui il sovrambito pare che sia giunto a causa – a loro parere – della condotta di Aica e del crescere senza limite del debito che la consortile ha accumulato di oltre 22 milioni e mezzo di euro. Certamente un peso hanno avuto i tentativi, andati a vuoto, di trovare un accordo economico sul debito che è già al centro di un decreto ingiuntivo. Questa esposizione metterebbe a rischio, secondo il sovrambito, la tenuta della società pubblico-privata.Da qui, da quanto si apprende, la decisione di un “aut aut” al quale la società agrigentina sta rispondendo, a quanto pare, con una nuova lunga lettera alla Regione e a vari organismi statali (dalla Questura alla Procura passando dalla Prefettura dai Carabinieri), paventando il fatto che Siciliacque si stia rendendo responsabile di interruzione di un servizio pubblico. Le richieste sarebbero di provvedere al commissariamento del sovrambito e ad agire per contestare loro una condotta fuori legge, in considerazione del fatto che, comunque, pagare integralmente il debito metterebbe in ginocchio in modo irreversibile Aica.Di “carte” però non ne circolano: tutto sembra affidato al momento al “si dice”, ai “parrebbe”. Persino i sindaci, al momento, paiono totalmente ignari di quanto sta avvenendo per quanto di tutto siano informati, come è normale, il presidente dell’assemblea di Aica e il presidente di Ati perchè pare (ma appunto solo pare) che anche loro abbiano firmato la lettera. E’ verosimile che la questione sarà posta sul tavolo di oggi nel corso di un incontro allargato alla presenza di primi cittadini e deputazione.Un momento di confronto che serve per trovare soluzioni straordinarie per un momento di certo critico. Intanto, bocche cucite e dita incrociate.
SICILIATARGHET.IT
Rete scolastica, stop alla fusione tra gli I.C. “Livatino” e “Pirandello” di Porto Empedocle
L’ I C. “Pirandello” e l’ I C. “Livatino” non saranno accorpati e continueranno le relative attività scolastica con la propria autonomia.
È quanto è emerso nel corso della Conferenza provinciale di organizzazione e razionalizzazione della rete scolastica per l’anno scolastico 2026/2027 che si è tenuta questa mattina presso l’aula consiliare “Luigi Giglia” del Libero Consorzio Comunale di Agrigento.
All’incontro hanno partecipato il presidente del Libero Consorzio Comunale Giuseppe Pendolino, la dirigente del Settore Pubblica Istruzione Maria Antonietta Testone, il dirigente dell’Ufficio Scolastico per la Sicilia Calogero Alberto Petix (nella foto), insieme ai sindaci o delegati dei comuni di Agrigento, San Giovanni Gemini, Favara, Licata, Campobello di Licata, Montevago, Caltabellotta e Sant’Elisabetta. Presenti anche la dirigente scolastica Nellina Librici, Rosalia Floriddia, Giovanni Pennacchio (in rappresentanza dei DSGA e dei genitori) e il rappresentante della Consulta studentesca Angelo Lauricella. Durante i lavori, come detto, è stata esaminata la proposta di unificare gli istituti “Livatino” e “Pirandello” di Porto Empedocle, avanzata dalla dirigente dell’Istituto Comprensivo della città marinara dott. ssa Anna Gangarossa. La proposta, illustrata dal dirigente Petix, ha acceso un ampio dibattito tra i partecipanti.
Al termine della discussione, la conferenza ha bocciato la fusione con 8 voti contrari, 2 favorevoli e 2 astenuti.Nel corso della stessa seduta è stata invece approvata l’assegnazione di un nuovo codice meccanografico per un istituto scolastico nel comune di Palma di Montechiaro, proposta che ha ottenuto l’ok unanime dei presenti.La conferenza ha concluso i lavori ribadendo l’impegno a proseguire nel percorso di razionalizzazione della rete scolastica provinciale, nel rispetto delle esigenze dei territori e delle comunità educative.