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rassegna stampa del 15-17 novembre 2025

SICILIA TARGET

Strade provinciali della Sicilia, finanziati cantieri per 55 milioni di euro.

Il governo della Regione Siciliana, presieduto da Renato Schifani, attraverso l’assessorato regionale delle Infrastrutture e della mobilità, ha approvato il finanziamento di 41 progetti, immediatamente cantierabili, per rendere più sicure le strade provinciali siciliane.
Gli interventi riguardano tutte le nove province dell’Isola per un totale di circa 55 milioni di euro. Il provvedimento rientra nel piano di manutenzione straordinaria della rete viaria provinciale previsto dalla Manovra ter. Le risorse sono state ripartite tra le nove province siciliane, secondo criteri oggettivi che tengono conto per metà della popolazione residente e per metà dell’estensione della rete stradale di competenza, garantendo così una distribuzione equilibrata dei fondi sull’intero territorio regionale.
Il presidente Schifani e l’assessore Aricò
Nel dettaglio, per la provincia di Agrigento sono previsti 4,7 milioni di euro (2 progetti), che finanzieranno interventi su vari tratti. Palermo riceve il finanziamento più consistente, pari a 11,4 milioni di euro (3 progetti), destinati a interventi su diversi tratti delle strade provinciali. Segue la provincia di Catania, con 9,7 milioni di euro (9 progetti), che serviranno per opere di rifacimento della pavimentazione e della segnaletica su numerose arterie provinciali. A  Messina vanno 7,2 milioni di euro (7 progetti), con lavori che interesseranno aree diverse del territorio, dalle Isole Eolie ai Nebrodi, passando per le zone Jonio-Alcantara e Tirrenica Centrale, in particolare per interventi di mitigazione del dissesto idrogeologico.
La provincia di Siracusa beneficia di quasi 5,6 milioni di euro (7 progetti), destinati a lavori di manutenzione diffusa su tutto il territorio con particolare attenzione alla pulizia delle banchine e alla sistemazione degli impianti di illuminazione. A Trapani sono stati destinati oltre 4,8 milioni (4 progetti). Per quella di Caltanissetta sono stanziati 4,5 milioni di euro (4 progetti), che riguarderanno gli assi viari del territorio. Alla provincia di Ragusa vanno 3,8 milioni di euro (4 progetti) e, infine, la provincia di Enna riceve 3,1 milioni di euro (1 progetto), destinati anche alla realizzazione di un viadotto al km 7+134, necessario per la riapertura al transito della strada.



REPORT SICILIA

Agrigento guadagna due posizioni ma resta tra gli ultimi: quando il titolo di Capitale della Cultura sembra coprire un fallimento strutturale.

La provincia di Agrigento passa dal 105° al 103° posto nella classifica 2025 della qualità della vita stilata da ItaliaOggi e Ital Communications: un lieve recupero che tuttavia non cambia lo scenario di fondo, che vede la provincia ancora tra quelle con le peggiori condizioni in Italia. 
Questo dato acquista un significato ancora più inquietante in un anno in cui Agrigento si propone – o è stata proposta – come fulcro della cultura e dello sviluppo: la sua designazione come “capitale” culturale della Sicilia o addirittura italiana (a seconda dei contesti) avrebbe dovuto imprimere una svolta. Invece, la classifica segnala con chiarezza che il “rilancio” non ha ancora prodotto effetti tangibili per chi vive e lavora in provincia.
Cosa dice la classifica: piccoli passi, enormi lacune
Il recupero di due posizioni può apparire come un segnale positivo, ma occorre valutare bene: dal 105° al 103° su 107 province è pur sempre restare nel fondo della graduatoria. 
Le dimensioni in cui ancora si segnala un forte ritardo sono molte: affari e lavoro, reddito e ricchezza, turismo, cultura – tutte categorie in cui Agrigento «resta giù» nonostante l’apparente miglioramento generale. Zazoom+1
In particolare, come riportato da fonti locali, l’indagine sottolinea che in provincia di Agrigento la qualità della vita resta «giudicata buona o accettabile» solamente in 60 province su 107, e che il Sud e le Isole resistono penalizzate anche nel 2025. 
Perché questo tema merita attenzione da “Report Sicilia”
Il lieve miglioramento non deve confondere: è una finta consolazione che rischia di far passare sotto silenzio le condizioni strutturali. Perché?
Il contesto era favorevole: Agrigento ha grandi risorse naturali, archeologiche, culturali e turistiche. E anche un titolo di capitale culturale. Ci si aspetterebbe che queste potenzialità si traducano in un salto di qualità per i cittadini.
Il risultato invece è modesto: salire di due posizioni è marginale, non sufficiente a invertire un trend negativo o a segnare una svolta.
Il titolo culturale senza ricadute concrete: Se Agrigento è “capitale della cultura”, perché ancora arranca in affari & lavoro, reddito, valori sociali? Il gap tra prestigio esterno e vita reale interna appare enorme.
Serve un racconto veritiero dei dati: Questo tipo di classifica offre elementi oggettivi – non opinioni – che vanno collegati alle responsabilità politiche, amministrative e gestionali: dalle infrastrutture al sociale, dal turismo al lavoro.
Il “sistema Agrigento” non è fantasia: Come già abbiamo denunciato in articoli passati, esiste una rete di potere e gestione che favorisce logiche clientelari, inefficienze, uso improprio di fondi e risorse. Questi numeri ne sono, ancora una volta, la conferma.
Cosa non funziona (assieme alle prove)
Il comparto Affari e Lavoro continua ad essere debole: imprenditorialità ridotta, lavoro sottopagato, pochi segnali di innovazione.
Il Reddito e Ricchezza non decolla: redditi bassi, emigrazione dei giovani, poco risparmio.
Il settore Turismo e Cultura – che potrebbe trainare la provincia – non ha ancora prodotto ricadute sulla vita quotidiana dei residenti.
La qualifica di “Capitale della Cultura 2025” appare più come operazione mediatica che come documento di trasformazione concreta: cantieri fermi, servizi deboli, assenza di un progetto di lungo termine che coinvolga la comunità.
Il miglioramento di due posizioni non può mascherare che la provincia è ancora tra le ultime tre in Italia: un segnale che ciò che si fa non basta.
Le responsabilità dell’amministrazione locale
In questo scenario, la responsabilità politica e amministrativa è centrale. L’amministrazione del Comune di Agrigento e della Provincia (o del libero consorzio) — insieme ai soggetti regionali — dovrebbero rispondere al perché delle seguenti domande:
Perché non si è riusciti a trasformare il patrimonio culturale e turistico in qualità della vita diffusa?
Perché i fondi e le risorse per la cultura, per lo sviluppo del territorio e per l’occupazione restano largamente non funzionali alla vita dei cittadini?
Perché Agrigento resta ai margini della classifica nazionale anche quest’anno, nonostante gli annunci e i titoli di rilancio?
Esistono piani di intervento chiari, misurabili, con obiettivi trasparenti e controlli indipendenti?
Se il titolo di “Capitale della Cultura” vuol significare qualcosa, “Report Sicilia” ritiene che debba tradursi in miglioramento reale della vita dei cittadini, non solo in cerimonie, passerelle e spese annunci.
Conclusione: due posti guadagnati non bastano
Il +2 posizioni nella classifica 2025 è un segnale minimo, quasi simbolico. Ma non è sufficiente.
Agrigento resta in fondo alla classifica della qualità della vita e, peggio ancora, resta lontana dall’idea di “rinascita” che il titolo di Capitale della Cultura avrebbe dovuto rappresentare.
Questo articolo non è una semplice critica: è un appello. Un appello affinché la provincia riconosca la serietà del ritardo, affronti le cause vere e predisponga un vero piano di riscatto, altrimenti anche il prossimo anno – e quelli successivi – si guarderà ancora la classifica senza poter guardare negli occhi i propri cittadini.



AGRIGENTOOGI

Qualità della vita 2025, Agrigento in coda nella dimensione “Affari e lavoro”

La 27ª edizione dell’Indagine annuale sulla qualità della vita, realizzata da ItaliaOggi e Ital Communications in collaborazione con l’Università Sapienza di Roma, conferma anche per il 2025 un’Italia spaccata in due. Al vertice, con performance solide e costanti, c’è Milano, seguita da Bolzano e Bologna. Le tre città guidano la classifica grazie alla dotazione di servizi, alla gestione delle infrastrutture, al reddito e alla vitalità del tessuto produttivo.
Per Milano e Bolzano è una conferma rispetto all’anno precedente, mentre Bologna guadagna una posizione. Scivolano invece Monza e Brianza, mentre sorprendono positivamente Rimini e Ascoli Piceno, che avanzano rispettivamente al 12° e 15° posto con balzi di oltre venti posizioni.
In fondo alla classifica resta il Mezzogiorno. Caltanissetta chiude l’elenco delle 107 province italiane, preceduta da Crotone e Reggio Calabria. Male anche Foggia, che precipita dalla 93ª alla 104ª posizione, e arretrano sensibilmente Pordenone (dal 9° al 23° posto) e Gorizia (dal 26° al 52°).
L’Italia delle differenze: Nord avanti, Sud in affanno
Lo studio analizza nove dimensioni – affari e lavoro, ambiente, istruzione e formazione, popolazione, reati e sicurezza, reddito e ricchezza, sicurezza sociale, sistema salute, turismo e cultura – e suddivide le province in cinque cluster territoriali (Mediterraneo, Francigena, Adriatico, Padania, Metropoli), offrendo una lettura più precisa delle dinamiche locali.
Il risultato complessivo segna un peggioramento: la qualità della vita è giudicata buona o accettabile solo in 60 province su 107, un dato inferiore rispetto agli anni precedenti. Si rafforza la frattura tra Centro-Nord e Mezzogiorno, dove persistono aree di forte disagio sociale e strutturale.
Nel Nord-Ovest si registra un leggero arretramento, mentre il Nord-Est migliora. L’Italia centrale mostra un lieve incremento. Nel Mezzogiorno, invece, soltanto L’Aquila si colloca nella fascia della qualità “accettabile”, contro le due province di dodici mesi fa.
Affari e lavoro: Bolzano guida, Agrigento in fondo
Gli indicatori dedicati ad “Affari e lavoro” analizzano mercato occupazionale, numero di imprese, incidenza di startup e PMI innovative e importo dei protesti per abitante. In questa dimensione Bolzano si conferma per il quarto anno consecutivo al primo posto, seguita da Firenze, che compie un balzo di 16 posizioni. Bene anche Prato, Padova e Trento.
La coda della classifica, purtroppo, è tutta meridionale:
Agrigento, Siracusa e Napoli occupano gli ultimi tre posti, confermando le difficoltà strutturali di un territorio che fatica ad attrarre investimenti, innovazione e opportunità lavorative.



LIVESICILIA

Sicilia, povertà e dignità: una sfida per la coscienza civile.

In Sicilia la povertà non è un fenomeno marginale ma è una condizione strutturale che riguarda milioni di persone.
La Sicilia, terra di luce e di contraddizioni, si ritrova ancora una volta ferita da un terremoto che non scuote solo le aule giudiziarie, ma le coscienze. L’inchiesta della Procura di Palermo, che coinvolge l’ex presidente Totò Cuffaro, accusato di reati gravi nella gestione di appalti pubblici, ci obbliga a guardare oltre la cronaca e ci interroga non soltanto sulle responsabilità penali, ma su una questione più ampia: quella del rapporto tra potere e povertà, tra istituzioni e destino degli ultimi.
Quando chi amministra i beni comuni tradisce la fiducia non ruba solo denaro: ruba speranza. In questo modo si sottrae dignità a chi vive ai margini, questo è un peccato sociale. É un’offesa al Vangelo della giustizia!
Penso ai più poveri. In Sicilia la povertà non è un fenomeno marginale ma è una condizione strutturale che riguarda milioni di persone. Secondo l’ISTAT oltre il 38% della popolazione vive a rischio esclusione sociale e il tasso di disoccupazione giovanile supera il 45%. In alcune province, più di un giovane su due è fuori da ogni percorso formativo o lavorativo.
Questi numeri non sono solo statistiche. Sono volti, storie, famiglie. Sono il segno di una società che rischia di perdere il senso della solidarietà. La legge regionale contro la povertà, costruita con la Comunità di Sant’Egidio e tante associazioni, è stata un tentativo concreto di rispondere a questa emergenza. Ha cercato di dare risposte sul piano alimentare, abitativo, relazionale. Ma ogni legge, per essere efficace, ha bisogno di essere protetta da trasparenza e controllo.
È necessario che il Governo regionale, l’Assessorato alla Famiglia, il Presidente Schifani e le opposizioni vigilino con attenzione. Ricordo con stima gli interventi dell’on. Nuccio Di Paola e del Presidente della Commissione Antimafia Antonello Cracolici. La loro voce è stata importante per garantire che i fondi pubblici non diventino terreno di clientele, favoritismi, sprechi.
L’inchiesta su Cuffaro non è solo un fatto giudiziario. È il simbolo di un sistema che, se confermato, ha tradito la sua missione. La povertà non può essere gestita come una leva di potere. Ogni euro destinato a chi vive ai margini deve essere trattato come un bene sacro. Ogni incarico pubblico deve essere affidato con criteri di giustizia, non di fedeltà.
La Sicilia ha bisogno di una svolta culturale. Non basta la condanna penale: serve una condanna morale, una presa di coscienza collettiva. I siciliani non devono attendere una sentenza per chiedere trasparenza, tracciabilità, pubblicazione degli appalti. È un dovere civico, prima ancora che politico.
La vera vittima di questo sistema è la generazione che cresce senza prospettive. I giovani siciliani si sentono stranieri nella loro terra. La corruzione li allontana, li spinge a emigrare, li priva di speranza. Eppure, la Chiesa – e con essa tante realtà civili – continua a cercarli, a costruire legami, a interrogarsi su come offrire loro opportunità e a comunicare che un’altra Sicilia è possibile.
Anche la sanità, spesso costretta a spingere i malati verso i “viaggi della speranza”, è un banco di prova. Non possiamo accettare che chi soffre debba anche emigrare per curarsi a causa del malaffare e della cattiva gestione di chi ha responsabilità di governo. È una doppia ingiustizia.
Ma io credo che ci sia spazio per rialzarsi. Perché la Sicilia è anche terra di bellezza, di generosità, di resistenza. Serve una svolta culturale, prima ancora che giudiziaria. Serve una politica che metta al centro la persona, non il tornaconto. Che scelga la giustizia sociale come bussola, e la dignità come orizzonte.
La povertà non è una condizione da gestire, piuttosto è una ferita da curare. Curarla è il compito di una società che vuole essere davvero umana.
L’autore è il presidente della Comunità di Sant’Egidio in Sicilia



ENTILOCALIonline

Intimidazioni amministratori locali: 628 episodi e 459 enti coinvolti.

Fenomeno in crescita soprattutto al Nord, a Torino il record di episodi
Nel 2024 gli atti intimidatori contro amministratori locali e danneggiamenti a beni comunali sono tornati a crescere: le segnalazioni rilevate in 459 comuni sono 628, con un aumento di 97 casi rispetto al 2023, quando se ne erano registrati 531. Ma è soprattutto la distribuzione geografica a riservare la sorpresa: dell’incremento nazionale, ben 67 episodi – poco meno del 70 % – si concentrano nelle regioni del Nord Italia, una quota che apre il varco al sospetto di uno spostamento del fenomeno dalle aree tradizionalmente più colpite verso territori fino ad oggi meno interessati.
Al Nord si è infatti passati da 182 a 249 episodi, a fronte di un incremento di 67 casi. Il fondo statale attribuito a quest’area sale a quasi 2,4 milioni di euro, in crescita di oltre 300.000 euro rispetto al 2023. Al Centro si registra un aumento più contenuto (da 43 a 59 episodi), mentre il Sud e le Isole – pur rappresentando ancora il maggior numero assoluto di casi – mostrano un incremento limitato a 14 episodi l’anno (da 306 a 320) e un fondo che scende a circa 2,7 milioni di euro.
Se nel 2022 molte delle operazioni intimidatorie e dei danneggiamenti erano concentrati nelle regioni meridionali, il 2024 sembra dunque indicare un potenziale futuro cambio di scenario: il Nord assorbe il grosso della crescita del fenomeno. Questo potrebbe essere riflettere l’intensificarsi di tensioni legate alla gestione amministrativa locale anche in territori tradizionalmente considerati più “sicuri”. Caso emblematico Torino, che detiene il maggior numero di atti intimidatori censiti nel 2024 dal Ministero dell’Interno, 18, che le sono valsi fondi compensativi pari a 227.561 euro. Alla Capitale è andata una somma ancora più ingente: quasi 454mila euro, correlati a nove episodi di intimidazione.
Il numero degli enti pubblici
Parallelamente all’aumento degli episodi, cresce anche il numero delle amministrazioni interessate da atti intimidatori o danneggiamenti. Nel passaggio dal 2023 al 2024 si passa da 391 a 459 enti coinvolti, con un incremento vicino al 18%. Anche in questo caso la dinamica territoriale è tutt’altro che uniforme.
Nel Nord si registra il balzo più marcato: gli enti interessati diventano 176, contro i 125 dell’anno precedente, in linea con il forte aumento degli episodi. Lombardia, Liguria e Friuli-Venezia Giulia registrano le crescite più evidenti, con un allargamento significativo del numero dei Comuni colpiti.
Il Centro mostra una crescita contenuta, da 36 a 38 enti, mentre nel Sud e nelle Isole il numero delle amministrazioni coinvolte passa da 230 a 245, confermando un impatto ancora elevato, seppure meno dinamico rispetto alle regioni settentrionali. In particolare, Puglia e Calabria evidenziano incrementi consistenti, mentre Sicilia e Sardegna restano su livelli alti ma sostanzialmente stabili.
Nel complesso, il 2024 evidenzia un ampliamento della platea istituzionale raggiunta dagli atti intimidatori, con una geografia del fenomeno che sembra spostarsi gradualmente verso le regioni settentrionali. Questo richiede un adeguamento delle misure di prevenzione anche nelle aree che fino a oggi risultavano meno coinvolte.
Le regioni più e meno esposte al fenomeno
Il confronto con gli anni precedenti conferma un quadro articolato. Le regioni storicamente più esposte – Sicilia, Puglia, Calabria e Campania – continuano a registrare numeri importanti, seppure non sempre in crescita. Nel 2024, ad esempio, Sicilia e Campania mostrano una lieve riduzione degli episodi, mentre Puglia e Calabria segnano incrementi significativi (nell’ordine, +20 e + 6 enti coinvolti), consolidando la loro posizione tra i territori più colpiti.
All’opposto, alcune regioni restano relativamente meno esposte: Molise, Umbria, Trentino-Alto Adige e Basilicata continuano a presentare numeri contenuti, pur con tendenze diverse tra loro. Il Molise, ad esempio, pur muovendo da valori minimi, ha visto un aumento degli enti colpiti (da 1 a 5). Altre realtà, come l’Abruzzo e la Sardegna, registrano una riduzione degli episodi, in controtendenza rispetto al quadro nazionale.
Nel complesso, il 2024 restituisce l’immagine di un fenomeno che non solo cresce nei numeri complessivi, ma cambia geografia: al tradizionale baricentro meridionale si affianca ora una crescente esposizione del Nord, con regioni come Lombardia, Liguria e Friuli-Venezia Giulia che mostrano incrementi ben superiori alla media nazionale.



LENTEPUBBLICA

Nuove assunzioni nei Piccoli Comuni per sostenere innovazione e digitalizzazione.

Una nuova occasione di crescita arriva per i piccoli Comuni italiani: il Dipartimento della Funzione Pubblica ha pubblicato l’Avviso “Reclutamento per l’innovazione e lo sviluppo nei piccoli comuni”, un’iniziativa pensata per sostenere la modernizzazione e la digitalizzazione delle amministrazioni locali con meno di 5000 abitanti.
Si tratta di un’opportunità importante per i territori più piccoli, spesso penalizzati dalla carenza di risorse umane e strumentali, che ora potranno rafforzare i propri uffici con personale qualificato e formato sulle competenze più richieste per la transizione digitale.
Un progetto per colmare il divario amministrativo
L’iniziativa è finanziata attraverso il Programma Operativo Complementare al PON “Governance e Capacità Istituzionale” 2014-2020, strumento che da anni accompagna la pubblica amministrazione nel percorso di miglioramento organizzativo e di rafforzamento della capacità gestionale. L’obiettivo del progetto è chiaro: dotare anche i piccoli comuni di figure professionali in grado di innovare i processi, migliorare i servizi per cittadini e imprese e favorire una gestione più efficiente e moderna delle attività amministrative.
Troppo spesso, infatti, i piccoli centri si trovano a fronteggiare sfide complesse con organici ridotti e competenze limitate. La transizione digitale, la semplificazione delle procedure, la gestione dei fondi pubblici o la manutenzione del territorio richiedono oggi professionalità specializzate. L’Avviso del Dipartimento punta proprio a colmare questa lacuna, consentendo anche alle amministrazioni di dimensioni ridotte di accedere a personale preparato e capace di affrontare le sfide della pubblica amministrazione contemporanea.
Un concorso unico per selezionare i nuovi funzionari
Il cuore del progetto è la realizzazione di un concorso unico nazionale, organizzato dalla Commissione RIPAM, in collaborazione con il Dipartimento della Funzione Pubblica e con Formez PA, per la selezione di quattro diversi profili professionali. Le figure previste sono:
Funzionario con competenze giuridiche, destinato ad occuparsi di normativa, contrattualistica e supporto legale agli uffici comunali;
Funzionario con competenze economiche e contabili, che si occuperà di bilanci, gestione finanziaria e controllo delle risorse;
Funzionario con competenze digitali, chiamato a guidare i processi di innovazione tecnologica, digitalizzazione dei servizi e sicurezza informatica;
Funzionario con competenze tecniche nell’ambito dell’ingegneria e dell’architettura, che supporterà le attività legate ai lavori pubblici, alla pianificazione territoriale e alla gestione delle infrastrutture.
Le assunzioni avverranno a tempo pieno e indeterminato, e i relativi oneri saranno sostenuti dai Comuni stessi. L’iniziativa rappresenta anche un’importante sperimentazione di nuovi modelli di reclutamento, orientati a individuare e valorizzare i migliori talenti disponibili.
Chi può partecipare e come aderire all’iniziativa
L’Avviso è rivolto esclusivamente ai piccoli comuni — ovvero quelli con una popolazione residente non superiore a 5.000 abitanti, come previsto dalla legge 6 ottobre 2017, n. 158 — e ai comuni nati da fusioni tra enti che singolarmente rispettano lo stesso limite demografico.
Per verificare la propria ammissibilità, le amministrazioni possono fare riferimento ai dati ufficiali dell’ISTAT relativi al censimento della popolazione residente al 31 dicembre 2023, pubblicati il 16 dicembre 2024 e consultabili sia sul sito dell’Istituto nazionale di statistica sia attraverso la piattaforma demografica online “demo.istat.it”.
Possono presentare domanda solo i Comuni che non abbiano già ricevuto finanziamenti pubblici per attività analoghe a quelle previste dall’Avviso. Ogni ente può inoltrare una sola manifestazione di interesse; nel caso in cui vengano effettuati più invii, sarà considerata valida esclusivamente l’ultima domanda trasmessa, che sostituirà in automatico le precedenti.
Scadenze e modalità di presentazione
Le manifestazioni di interesse devono essere inoltrate esclusivamente attraverso il Portale inPA, la piattaforma digitale nazionale per il reclutamento nella pubblica amministrazione. Il termine per la presentazione è fissato alle ore 12:00 del 9 dicembre 2025. Tutti i dettagli sulla procedura, insieme alla modulistica e alle istruzioni operative, sono disponibili all’interno dell’Avviso pubblicato sullo stesso portale.



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