Agrigento, 15 luglio 2011
Nel dibattito politico di questi giorni è entrata, ancora una volta, l'ipotesi di soppressione delle Province, che periodicamente entrambi gli schieramenti, con opportuni distinguo, ripropongono quale capitolo del taglio ai costi della politica e della spesa pubblica.
E se il Parlamento ha bocciato questa ipotesi, il Presidente della Regione Siciliana ha invece rilanciato, proponendo la cancellazione delle nove Province siciliane e la loro sostituzione con liberi consorzi di Comuni. Proposta alla quale si è detto contrario l'attuale Presidente dell'Unione Province Italiane on. Giuseppe Castiglione.
In qualità di Presidente della Provincia di Agrigento mi sento direttamente coinvolto nella discussione. In qualità di possibile candidato alla carica di Presidente alle elezioni amministrative del 2013 credo di dovere, per chiarezza ed onestà intellettuale, esporre il mio pensiero, non essendo né attaccato alla poltrona, né difensore di posizioni precostituite.
Io mi sento di condividere la proposta di Raffaele Lombardo, e spiego il perché. La legge regionale n. 9 del 1986 che istituiva le Province Regionali da un lato confermava l'esistenza di questi Enti sovracomunali - l'istituzione della Provincia di Agrigento risale, di fatto, addirittura all'epoca dell'Unità d'Italia - e dall'altro ne rafforzava le funzioni in una sorta di anticipazione del decentramento amministrativo che oggi, federalismo fiscale a parte, dovrebbe essere alla base della pubblica amministrazione, con il conferimento agli enti locali di quelle funzioni che lo Stato o la Regione non possono assicurare con la necessaria attenzione.
Tuttavia penso che lo spirito originario di quella legge sia stato in parte tradito o comunque disatteso: le Province in alcuni settori, per esempio il turismo, l'ambiente o l'istruzione, non hanno la piena possibilità di incidere sul territorio, dipendendo sempre e comunque dalla Regione e dal Governo Nazionale, i quali negli ultimi anni hanno assestato tagli sempre più pesanti ai trasferimenti, limitando di fatto le competenze e le buone intenzioni delle amministrazioni provinciali (ma mi sentirei di aggiungere degli enti locali in generale). Né si è mai compiuto appieno il trasferimento di altre importanti competenze, per esempio nel settore ambientale.
Se le cose dovessero mantenersi in questi termini, allora io, andando contro i miei interessi (politici, ovviamente) sono il primo a dire: basta, aboliamo le Province, e sia la Regione Siciliana ad assorbirne le competenze e il personale, precari compresi.
Tuttavia, tornando sulla volontà del Governatore Lombardo, andrà meglio chiarito il ruolo dei cosiddetti Consorzi di Comuni: quanti saranno? Quali criteri ispireranno la loro costituzione? Saranno a costo zero per le comunità, o serviranno solo a moltiplicare ulteriormente poltrone e centri di potere con un ulteriore aggravio della spesa pubblica? E, data per scontata la volontà di contenimento della spesa pubblica, le loro competenze saranno potenziate, rispetto a quelle possedute attualmente dalle Province, in ossequio alla logica del decentramento?
Se, invece, vogliamo mantenere in vita le Province, esaltandone il ruolo originario, quello parzialmente stabilito dalla legge 9, allora la politica dovrà rivederne il ruolo e i compiti istituzionali.
Le Province, in un contesto temporale in cui gli Ato stanno per andare in archivio, potrebbero avere un ruolo fondamentale nella gestione dei rifiuti e delle acque, nel coordinamento (anche parziale) della Protezione Civile e nel monitoraggio dell'inquinamento atmosferico, marino e delle acque. Voi direte: ma sono competenze che in parte possiede. Vero, e aggiungo: molto parzialmente. E per questo continuo ad evidenziare come la politica regionale e nazionale debba avere il coraggio di fare scelte ben precise, delegando in toto alle Province questi settori.
Se ciò avverrà, sarò il primo ad oppormi a qualsiasi trovata populista, che spaccia per risparmio una scelta demagogica e priva di logica. In caso contrario, se la Provincia dovrà continuare ad occuparsi di pulizia delle spiagge, di edilizia scolastica e viabilità (settori importantissimi ma pesantemente condizionati dal patto di stabilità che ci impedisce di operare al meglio), o se dovrà preoccuparsi di come spendere qualche migliaio di euro in proposte culturali o di rilancio del turismo, allora sarà meglio chiudere questa esperienza, lasciando a Stato, Regione e Comuni il compito di dare quelle risposte che la cittadinanza aspetta, invano, da tempo.
Senza ulteriore spazio per altre proposte che non siano a costo zero per il cittadino e non diano quelle risposte che la gente reclama.
Il Presidente
Prof. Eugenio D'Orsi