GIORNALE DI SICILIA
TRATTE IN DISUSO Torna a rivivere un pezzo della Porto Empedocle-Castalvetrano
Ferrovie Kaos, settima giornata per ricordare le linee dimenticate
Sono in tutto 30 i chilometri di ferrovia recuperati sul territorio, negli ultimi tre anni, dall'iniziativa congiunta di Ferrovie Kaos e Ferrovie dello Stato, li dato è emerso domenica scorsa al termine della settima edizione della giornata nazionale delle Ferrovie dimenticate, che quest'anno ha interessato la linea compresa tra Cattolica Eraclea e l'antica stazione di Magazzolo.
Nonostante il maltempo, che purtroppo ha condizionato in particolar modo le fasi terminali dell'evento, hanno partecipato circa 150 persone provenienti da diversi centri della Sicilia. Alla partenza, programmata dalla Stazione di Cattolica Eraclea, dopo l'intervento del vice sindaco Gaetano Veneziano Broccia, che ha offerto una ricca colazione ai partecipanti, ha portato il proprio saluto Maria Iacono, parlamentare prima firmataria della proposta di legge sulla "Istituzione delle ferrovie turistiche in Italia che ha ricordato come la ferrovia turistica per eccellenza sia la "Porto Empedocle - Castelvetrano", erroneamente chiusa nel 1986 privando due province di un fondamentale strumento di sviluppo turistico e dunque economico. Presente anche l'ex sindaco di Castelvetrano Gianni Pompeo, promotore insieme all'associazione TrenoDOC, del recupero della linea nei tratto fino a Selinunte, che ha percorso a piedi tutto il tragitto fino a Magazzolo «Anche se la pioggia ha funestato le ultime fasi della manifestazione - si legge in una nota - possiamo ritenerci soddisfatti per aver strappato a 36 anni di abbandono una linea ferroviaria che merita dì essere riscoperta e amata». (AMM)
È dello scorso 19 febbraio l'ordinanza sindacale con la quale è stato vietato di bere ciò che sgorga dai rubinetti delle abitazioni
L'acqua non e ancora tornata potabile
Girgenti: «Il monitoraggio e in corso»
Potrebbero essere resi noti già oggi i risultati delle analisi che Girgenti Acque, la società che cura il sistema idrico dell'intera provincia, sta facendo eseguire sui campioni di acqua prelevati dai serbatoi licatesi. Come è noto ormai dallo scorso 19 dì febbraio l'acqua dei rubinetti non può essere bevuta. Il vice sindaco Angelo Cambiano, sulla scorta di una relazione dell'ufficiale sanitario Rossana Mangione, ha vietato l'uso dell'acqua per fini potabili perché il "prezioso liquido" non è nei valori normali di riferimento L'ufficio di Igiene Pubblica ha rilevato, infatti, che l'acqua si presenta di colore giallognolo ed è al di fuori dei parametri. Da qui la decisione dell'amministrazione comunale di invitare la cittadinanza a non berla. Dall'ordinanza sono trascorse ben due settimane, ma ancora nulla è cambiato.
"Eseguiamo periodicamente ha annunciato ieri Girgenti Acque la campionatura dell'acqua in tutti i serbatoi della provincia di Agrigento. Ovviamente lo facciamo anche a Licata. L'ultimo prelievo lo abbia- tuo effettuato alcuni giorni fa e nelle prossime ore avremo il risultato. Naturalmente le ordinanze vengono emesse sempre in riferimento ai controlli effettuati dall'Azienda sanitaria provinciale di Agrigento, quindi conta il risultato delle analisi che sta facendo l'ufficio sanitario di Licata, ma i controlli li effettuiamo anche noi".
In città c'è attesa anche per conoscere il risultato degli esami eseguiti dall'ufficio sanitario, I controlli sono in corso e, evidentemente, non ci sono ancora novità rispetto ai giorni scorsi. In caso contrario, infatti, l'ufficiale sanitario avrebbe reso noto i mutamenti della situazione, autorizzando di fatto la revoca dell'ordinanza con la quale è stato vietato di bere l'acqua del rubinetto.
In città, però, la gente è esasperata. Non poter bere l'acqua che fuoriesce dai rubinetti significa essere costretti a raggiungere il supermercato per acquistare quella da bere. Ed ammesso che c'è chi non beve l'acqua del rubinetto neanche quando sulla potabilità non ci sono dubbi, in questo momento la gente preferisce acquistare l'acqua minerale anche per cucinare. Una situazione, purtroppo non nuova, ma clic rimane grave. C'è da dire, tra l'altro, clic con oggi seno ben quattordici i giorni in cui Licata è senza acqua potabile. I risultati sulla campionatura
l'ufficio Sanitario li ha avuti lo scorso 18 febbraio, ed il giorno successivo il Comune ha vietato l'uso per fini potabili.
Non passa giorno senza che qualcuno raggiunga il municipio per protestare contro questa situazione. Tra l'altro, come è noto, qualche giorno fa la giunta ha scritto a GirgentiAcque chiedendo di sospendere la riscossione delle bollette fino a quando l'acqua non tornerà potabile.
LA SICILIA
Lo Stato non paga le rette, i migranti restano senza tetto e senza cure
Una cinquantina di migranti di nazionalità eritrea ieri mattina hanno inscenato un sit-in di protesta, dinnanzi la Prefettura di Agrigento, per chiedere un tetto dove andare a dormire,
Sono tutti richiedenti asilo e, una volta terminato il periodo di permanenza nei centri istituiti proprio per l'ospitalità ai migranti, durante l'attesa per il riconoscimento dello status di rifugiato, si ritrovano senza una casa e senza un lavoro. «Secondo voi è normale che dobbiamo vivere per strada? Non abbiamo un lavoro, non abbiamo un tetto sotto il quale dormire - ha detto uno di loro tra noi ci sono persone che non hanno niente, e anche donne e bambini. Questa mattina (oggi per chi legge), il responsabile della comunità dove dormiamo in dieci ci ha dato 50 euro a testacei ha detto che non ci può più ospitare perché sono scaduti i termini», I migranti, che hanno esposto un cartellone, hanno chiesto un incontro con il prefetto di Agrigento, Nicola Diomede. Complessivamente in tutto l'Agrigentino sono oltre 300 gli immigrati che alloggiano in queste strutture, supportate dall'erogazioni di contributi statali. La provincia di Agrigento è quella più toccata dal fenomeno dell'immigrazione e l'accoglienza. Giungono disperati sulle nostre coste e ci si mobilita immediatamente, trovando un collocamento sicuro nelle comunità alloggio.
E' così che lo Stato colloca gli stranieri ma non paga le rette di ricovero e molte comunità vantano crediti di accoglienza da anni. Gli operatori restano senza stipendi da anni, le banche non fanno più crediti e le comunità sono al collasso, Da qui la scelta delle comunità di chiudere le porte ai migranti. Gli eritrei che sono scesi in piazza ieri vivono nelle comunità di Agrigento, Santa Elisabetta, Aragona e Favara. Alcuni di loro appartengono al tragico naufragio del 3 ottobre scorso, costato la vita ad oltre 300 persone.
Tra le richieste anche quella di ricevere assistenza economica e sanitaria per donne e bambini, in particolare questi ultimi che costituiscono certa niente l'anello più debole della catena, coloro i quali sono maggiormente esposti ai rischi per la salute e che hanno dunque bisogno di maggiori assistenza e cure.
ANTONIO RAVANÀ
SOPRINTENDENZA Niente servizi igienici ed i presìdi sono inidonei ad ospitare il personale di custodia
Chiusi 4 siti archeologici
Chiudono quattro siti archeologici della provincia di Agrigento perché le località e i presìdi sono sprovvisti di servizi igienici.
Lo ha deciso con una nota la Soprintendenza per i Beni Culturali e Ambientali di Agrigento che ha provveduto, a partire dal giorno I marzo scorso, alla chiusura dei siti di archeologia e al trasferimento altrove del personale preposto sino a quando le opere non saranno realizzate.
I quattro siti interessati dal provvedimento sono quelli di contrada "Saraceno" ad Agrigento, di Stefano Rocca in territorio di Favara, di "Acqua Fitusa" in agro di San Giovanni Gemini e della necropoli di contrada "Anguilla" a Ribera, località tutte dove in questi anni c'è stato del personale in servizio sia per la custodia e la salvaguardia delle località e sia per l'accoglienza durante le numerose visite guidate di scolaresche e di turisti.
La soprintendente Caterina Greco e i responsabili delle unità operative dell'istituzione regionale fanno rilevare che gli immobili destinati a posto di guardia nelle quattro aree archeologiche sono carenti, sotto il profilo igienico-sanitario e non idonei alla permanenza del personale di custodia che al momento, non si sa fino a quando, è stato trasferito per il servizio a Villa Genuardi di Agrigento, alla Villa Romana di Durrueli in Realmonte, alla località archeologica di Eraclea Minoa e all'area di Santa Maria dei Greci in Agrigento.
Il provvedimento, seppure legittimo, ma arrivato dopo anni di funzionamento dei siti, appare deleterio per le stesse località che nella stagione primaverile sono oggetto di tante visite guidate, di scolaresche che hanno già preso appuntamenti e del movimento di visitatori che comincia in primavera e si conclude ad autunno inoltrato. Se non sjranno preventivamente avvisate, le comitive corrono il rischio a partire dai prossimi giorni di trovare i siti archeologici chiusi e resi invisitabili.
Dalla Soprintendenza Archeologi-
ca di Agrigento rimbalza la voce che tra breve saranno realizzati i lavori per i quali sembra siano state già avviate le procedure amministrative per dotare le località dei servizi più idonei ed urgenti.
Qualche amministrazione civica, come quella di Ribera, con un'iniziativa di "rnotu proprio", ha provveduto in questi anni a dotare i siti archeologici, nel caso quello di contrada "Anguilla", di un bagnotto chimico, di un'area di posteggio per le auto e del servizio di raccolta dei rifiuti solidi urbani, rendendo fruibile la località posta ad un chilometro dal centro urbano.
ENZO MINIO
REGIONE
I Liberi consorzi all'Ars
Napolitano smentisce Crocetta sulle Province «Dichiarazioni confuse»
L'autogol durante la visita del presidente a Catania Comunicato del Quirinale mette in luce la forzatura
PALERMO. Finito il lungo weekend, oggi a Sala d'Ercole si riprende con la marcia del ddl sulla istituzione dei Liberi consorzi di Comuni al posto delle Province. E segnatamente con I'art. 7, chiave dell'intera riforma: prevede la formazione delle Città metropolitane di Palermo, Catania e Messina. Un nodo politico da sciogliere: come si ricorderà, l'impatto con l'art. 1 del ddl, a scrutinio segreto, è stato negativo per il governo.
Ma oggi in Aula si aprirà con un dibattito sull'intervento del capo dello Stato, Napolitano, a proposito delle dichiarazioni del governatore Crocetta secondo cui, in occasione della sua visita a Catania, lo avrebbe »invitato» ad andare avanti con l'abolizione delle Province, Il problema è stato sollevato dal presidente del comitato nazionale "Pro Province". Salvatore Giuseppe Sangiorgi, con una lettera al presidente della Repubblica e, per conoscenza, al Commissario dello Stato, ai deputati regionali e ai mezzi di informazione.
Questa l'incriminata dichiarazione di Crocetta, riportata anche dal nostro giornale: «Napolitano è assolutamente schierato a favore del disegno di legge che le abolisce (le Province, ndr). Al presidente della Repubblica ho parlato delle resistenze al cambiamento che stiamo avvertendo in Sicilia, specie in questi giorni di dibattito sulle riforma delle Province all'Assemblea regionale. Gli ho promesso un documento che illustra la vicenda, ma intanto Napolitano ci ha invitato ad andare avanti sulla via dell'abolizione delle Province, senza ulteriori ritardi, Il capo dello Stato, peraltro, ha ragionato sulla sovrapposizione di organi istituzionali registrata in questi anni. Spero che l'Ars accolga il suo appello».
Nella lettera al capo dello Stato, il presidente del Cnpp, «a seguito della suddetta delirante dichiarazione», chiede se questa corrisponda al vero, e se «la stessa appartenga solo ed esclusivamente al presidente Crocetta, e non sia da considerarsi in alcun modo riconducibile al pensiero del presidente, Napolitano, "garante della Costituzione"».
Richiesta, questa, del presidente del Cnpp accompagnata da considerazioni sulla incostituzionalità della riforma in discussione all'Ars: le Province inserite nella Carta dai padri costituenti, hanno acquisito valenza e legittimità costituzionale a seguito della riforma del Titolo V confermata da un referendum popolare e applicabile anche nelle regioni a Statuto speciale. Ergo, la soppressione delle stesse può avvenire solo con modifiche costituzionali.
Questa la risposta del Quirinale: «Il presidente della Repubblica, nel corso della sua recente Visita a Catania, ha pronunciato un solo intervento il cui testo è sul sito Internet del Quirinale. Non ha autorizzato nessuno a riferire più o meno confusamente il contenuto di conversazioni personali.
Una precisazione che si presta a più interpretazioni: a) il capo dello Stato non smentisce le parole riportate da Crocetta, ma lo bacchetta non avendolo autorizzato a renderle di pubblica ragione; b) il presidente della Repubblica non intende entrare nel merito di un dibattito politico in corso, tanto più che il governatore Crocetta ne avrebbe esternato le considerazioni confidenziali a sostegno del suo impegno; e) il presidente Napolitano non ha pronunciato le parole che gli attribuisce Crocetta, ma evita di smentirle per ovvii motivi di equilibrio istituzionale. Secondo Falcone (Fi), invece, si tratta di «secca smentita del Quirinale che ha fatto, purtroppo, emergere l'improvvisazione e lo spiccato narcisismo del governatore, Crocetta, a tutto discredito della nostra Regione. L'aspetto della Vicenda che maggiormente dispiace è che, stavolta, la figuraccia l'abbiamo fatta con la massima carica dello Stato.
LA REPUBBLICA
"Il Quirinale: Mai parlato di Province"
IL QUIRINALE smentisce il governatore Crocetta che aveva parlato di «sostegno di Napolitano alla riforma delle Province». «Il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, nel corso della sua recente visita a Catania, ha pronunciato un solo intervento il cui testo è sui sito Internet del Quirinale. Non ha autorizzato nessuno a riferire più o meno confusamente il contenuto di conversazioni personali»: così una nota del segretariato generale della presidenza della Repubblica risponde a una lettera con la quale il Comitato nazionale pro- Province chiedeva conferma delle parole del governatore siciliano. Secondo Crocetta, Napolitano, in occasione della giornata trascorsa in Sicilia, si sarebbe detto «assolutamente schierato a favore dei disegno di legge che abolisce» gli enti intermedi.
GdSonline
Province, la riforma torna in aula tra gaffe, scontri e malumori
Una nota del Quirinale per smentire che Napolitano si sia complimentato con Crocetta. Asael critica
di RICCARDO VESCOVO
PALERMO. La riforma delle Province torna in Aula per l'approvazione di una norma chiave nel nuovo sistema di consorzi. È il giorno della discussione sulle città metropolitane, organismi che rischiano però di essere cancellati dalla legge a causa dei malumori nella maggioranza e dello scontro con l'opposizione.
Intanto la vigilia del voto in Aula è stata scossa da uno scontro col Quirinale. Crocetta aveva raccontato di come Napolitano lo avesse esortato a proseguire sul cammino della riforma e dell'abolizione delle Province. Ma in una nota, il Quirinale ieri ha comunicato che «il presidente della Repubblica ha pronunciato un solo intervento il cui testo è sul sito Internet del Quirinale. Non ha autorizzato nessuno a riferire più o meno confusamente il contenuto di conversazioni personali».
LiveSicilia
Province, disappunto del Colle
"Riferite conversazioni private"
Crocetta aveva riferito della soddisfazione di Napolitano per la riforma degli enti locali: "Il presidente non ha autorizzato nessuno a riferire più o meno confusamente il contenuto di conversazioni personali", scrive in una nota riservata il Quirinale.
ROMA - "Il presidente della Repubblica nel corso della sua recente visita a Catania ha pronunciato un solo intervento il cui testo è sul sito internet del Quirinale. Non ha autorizzato nessuno a riferire più o meno confusamente il contenuto di conversazioni personali". E' quanto si legge in una nota riservata del Segretariato generale della Presidenza della Repubblica (non divulgata alla stampa dal Quirinale), diffusa dal comitato "Pro Province", riguardo alle frasi attraverso cui il presidente della Regione, Rosario Crocetta, aveva riferito la soddisfazione del presidente Napolitano sulla riforma delle province siciliane. Una soddisfazione che sarebbe stata espressa nel corso della recente visita del capo dello Stato a Catania.
"E' scandaloso e sconvolgente come il presidente della Regione avendo trovato notevoli difficoltà a portare avanti una mala riforma all'Assemblea Regionale Siciliana, riporta dichiarazioni non vere e tendenziose attribuendole persino al Capo dello Stato - dice Salvatore Giuseppe Sangiorgi, presidente del Comitato Pro province -. Dichiarazioni che hanno lo scopo di volere condizionare i lavori d'Aula, per una sbrigativa e rapida approvazione di un disegno di legge che è e rimane in violazione dei principi costituzionali e della carta europea delle autonomie locali". Per Sangiorgi "la posizione del Quirinale è in linea con il ruolo e le funzioni del Presidente della Repubblica, in quanto garante della Costituzione e attento conoscitore di ogni singolo articolo".
La nota di Forza Italia
"Ancora una volta il presidente della Regione Rosario Crocetta costringe la Sicilia ad una magra figura". Lo afferma il capogruppo di Fi all'Ars, Marco Falcone, sul colloquio riservato avuto dal governatore sul futuro delle Province con il Capo dello Stato, Giorgio Napolitano, durante la visita del presidente della Repubblica a Catania. "L'aspetto della vicenda che maggiormente dispiace - osserva Falcone - è che, stavolta, la figuraccia l'abbiamo fatta con la massima carica dello Stato, il presidente della Repubblica Giorgio Napolitano, che, a detta di Crocetta, in occasione della sua visita a Catania, lo avrebbe esortato ad andare avanti su questa riforma delle Province come se fosse la panacea di tutti i mali". "La secca smentita del Quirinale -aggiunge Falcone - ha fatto, purtroppo, emergere l'improvvisazione e lo spiccato narcisismo del Governatore a tutto discredito della nostra Regione. Ma evidentemente soltanto Crocetta non si accorge di ciò". Secondo il vice presidente della Commissione affari istituzionali dell'Ars, Vincenzo Figuccia, "la presenza più o meno confusa di Rosario Crocetta alla presidenza della Regione è ogni giorno sempre più imbarazzante ed un ostacolo a che la Sicilia possa affrontare con credibilità i propri problemi trovando interlocutori nazionali ed internazionali".
L'analisi
Le Città metropolitane a rischio impugnativa
di Massimo Greco
Domani l'Ars dovrebbe affrontare il tema delle Città metropolitane. Un ente intermedio che non è previsto dallo Statuto
Se il Governatore Crocetta e la sua la fibrillante maggioranza sono riusciti a fare approvare dall'Assemblea Regionale Siciliana tre quarti della famigerata riforma dell'ente intermedio siciliano, la partita non si è ancora conclusa. Ma questa volta le parti che scenderanno in campo domani pomeriggio non saranno rappresentate dalla maggioranza e dalla minoranza politica, ma dall'Ars nella sua quasi totalità dei componenti, e dal Commissario dello Stato. Infatti sull'art. 7 del disegno di legge n. 642 che disciplina la istituzione delle Città metropolitane, per il quale, diversamente dai Liberi consorzi di Comuni si registra un fronte di consenso politico più ampio, si gioca una sfida più complessa e dai connotati più giuridico-istituzionali che politici.
Il citato art. 7 del ddl n. 642 è infatti ad evidente rischio d'incostituzionalità perché, in disparte la tentata fictio juris operata attraverso l'apparente denominazione "metropolitana" che si vorrebbe fare assumere alle attuali Città di Palermo, Messina e Catania, pretende di istituire un modello di ente intermedio non previsto dall'art. 15 dello Statuto della Regione Siciliana. Che trattasi di una finzione poco sostenibile agli occhi attenti, non solo del Commissario dello Stato, lo dimostrano le successive disposizioni contenute nel citato ddl ed in particolare il comma 5 del medesimo art. 7, e soprattutto l'art. 8 del ddl che disciplina le modalità di adesione dei Comuni alle costituende Città metropolitane. Né, la previsione programmatica contenuta nel comma 5 dell'art. 7, attraverso la quale si rimanda ad un ulteriore momento legislativo la disciplina dell'ordinamento delle Città metropolitane, aiuta ad escludere la natura sostanzialmente innovativa del modello di ente intermedio che si vorrebbe introdurre nell'ordinamento siciliano.
Al contrario, da un'attenta lettura delle citate disposizioni emergono chiari e nitidi gli indicatori sintomatici di un modello di ente intermedio, ancorchè governato mediante sistemi elettorali di 2° grado, diverso da quello ancora oggi consentito dall'ordinamento siciliano è più comunemente noto come "area metropolitana". Al di là del nomen iuris di volta in volta utilizzato dai legislatori statali e regionali e delle questioni connesse al dimensionamento degli spazi territorialmente configurati, il punctum pruriens del tema concerne la sostanziale differenza tra il modello di area metropolitana prevalentemente funzionale ancora oggi previsto dalla vigente l.r. n. 9/86 - il solo consentito dall'art. 15 dello Statuto - e il modello di area, ovvero di Città metropolitana, che il citato ddl n. 642 vorrebbe introdurre in Sicilia.
Il carattere meramente funzionale dell'individuazione e della delimitazione delle aree metropolitane della l.r. n. 9/86, trova conferma nella determinante circostanza che, a differenza di quanto accade oggi col ddl in trattazione n. 642, non viene prevista la costituzione di nuovi organi preposti al funzionamento delle aree stesse. Siamo infatti in presenza di una super Provincia regionale che non solo non mantiene la propria permanenza nel sistema siciliano delle autonomie locali ma, al contrario, viene potenziata e dotata di maggiori compiti, in forza del trasferimento in capo alla stessa di più funzioni amministrative rispetto alle restanti Province regionali. Funzioni amministrative che, per la loro rilevanza sovra comunale o di area vasta, vengono sottratte ai Comuni in vista di migliori risultati sul piano dell'efficienza, dell'efficacia e della razionalità. Quindi non una nuova tipologia di ente sub provinciale, ma più semplicemente un diverso assetto delle funzioni ripartite tra i due livelli di governo locale presenti nell'ordinamento regionale.
Illuminante in questa direzione è quanto già affermato dalla Corte Costituzionale con sent. n. 286/1997 secondo cui "nel modello siciliano, il governo dell'area metropolitana assume una fisionomia prevalentemente funzionale, comportando un mero trasferimento di funzioni di c.d. area vasta dai comuni alla provincia regionale (......) senza che ad esso si ricolleghi, così come accede invece per la legge n. 142 del 1990, un riassetto istituzionale interno all'are medesima". In sostanza, la Corte Costituzionale ha già affrontato detta questione, riconoscendo alla l.r. n. 9/86 di avere previsto l'unico modo possibile per individuare delle aree metropolitane senza violare l'art. 15 dello Statuto che, come già detto, non prevede l'istituzione di enti diversi rispetto ai Comuni ed ai loro Liberi consorzi. Tema controverso che è stato sollevato proprio in occasione di un contenzioso presso il TAR di Palermo sorto nei primi anni novanta tra la Provincia regionale di Catania e il Comune di Catania (governati, ratione temporis, rispettivamente dall'On. Nello Musumeci e dall'On. Enzo Bianco). L'allora Sindaco di Catania che, ironia della sorte adesso invoca con vibrante veemenza l'esigenza di istituire la Città metropolitana di Catania, eccepiva il fatto che l'area metropolitana così come concepita dalla l.r. n. 9/86 non poteva essere individuata perchè non prevista dall'art. 15 dello Statuto. La Corte Costituzionale, rispondendo al quesito di costituzionalità sollevato dal TAR nei citati termini escludeva, in mancanza di una modifica all'art. 15 dello Statuto, l'introduzione nell'assetto dell'ordinamento locale regionale di un ente di governo locale diverso da quelli espressamente previsti, accettando il solo modello funzionale di area metropolitana individuato dalla l.r. n. 9/86 proprio perché non comportava la nascita di un nuovo ente.
L'individuazione e delimitazione delle aree metropolitane in Sicilia non può comportare, quindi, l'istituzione di un nuovo ente come si pensa di fare attraverso il citato art. 7 del ddl in discussione, non essendo questa l'articolazione dell'ordinamento delle autonomie locali prevista dall'art. 15 dello Statuto, ma può costituire soltanto il necessario presupposto per porre in essere le ulteriori attività decisionali in ordine alla forma di gestione che consentirà poi l'effettivo esercizio delle relative funzioni.
Corollario di questo ragionamento è che anche l'eventuale adeguamento dell'ordinamento siciliano ai "principi dell'ordinamento della Repubblica" contenuti nell'art. 23, comma 5, del ddl "Delrio" n. 1542 del 20/08/2013 in materia di Città metropolitane, che nei giorni scorsi il Premier Renzi ha suggerito di accantonare in attesa di una contro-riforma del titolo V° della Costituzione, richiede non la "sbrigativa" istituzione delle Città metropolitane di Catania, Messina e Palermo, ma la più complessa ed impegnativa introduzione di tale tipologia di ente locale all'interno dello Statuto speciale (che ricordiamo avere rango costituzionale), accanto ai Comuni ed ai Liberi consorzi di Comuni.
Pertanto, se possiamo accettare la trasformazione delle attuali Province regionali in Liberi Consorzi di Comuni in forza di una stretta e formale adesione al dato testuale dell'art. 15 dello Statuto, il medesimo e rigoroso metodo non può non essere seguito anche per evidenziare l'impossibile introduzione con legge ordinaria delle ambite Città metropolitane di Catania, Palermo e Messina. Delle due l'una, o applichiamo sempre lo Statuto o non lo applichiamo mai.
Ci rendiamo perfettamente conto che un'eventuale impugnativa del citato art. 7 destabilizzerebbe la nascita dei Liberi consorzi di Comuni, ma continuare a "scaricare" all'Ufficio del Commissario dello Stato la cronica incapacità dell'Ars di legiferare conformemente alle norme costituzionali è un'abitudine che non possiamo contribuire ad alimentare.