20 dicembre - sabato
GIORNALE DI SICILIA
UNIVERSITA' Intervento di
Macedonio e Ferrara sulla decisione dei commissario di chiudere i
finanziamenti
Cupa, politici contro la scelta
della Di Liberto
La decisione del commissario dell'ex
provincia di Agrigento Di Liberto di chiudere i rubinetti dei
finanziamenti a pioggia al Cupa per far quadrare i conti del Libero
Consorzio, non è piaciuta alla classe politica che si sta dando Uil
gran da fare per provare a farla tornare sui suoi passi. Alcuni
parlamentari regionali hanno già intrapreso azioni politiche, altri
si muovono più timidamente, forse per paura di critiche da potrebbe
farli notare l'enorme esborso di denaro e consulenze elargite in
queste anni a piene mani sul Cupa. Oggi a dire la propria 50110 Paolo
Ferrara portavoce del Pdr e già assessore alla provincia ai tempi di
D'Orsi e il patto per il territorio con Piero Macedonio, anch'egli
assessore conio stesso presidente. «La decisione di recedere dal
Consorzio universitario di Agrigento - dice Macedonio - può essere
assunta con facilità. La Provincia è socio storico e fondatore del
Consorzio universitario ed ha il dovere di spiegare nel dettaglio
tecnico e sostanziale le ragioni per le quali, come un fulmine a del
sereno, è stata adottata una decisione così grave e pregiudizievole
per il futuro di tanti universitari agrigentini e non solo, Sono
sicuro che la Commissario Di Liberto abbia delle rispettabilissime
ragioni, e non esiti allora a spiegarle e a confrontarsi, di
conseguenza, con le Istituzioni competenti, primo Ira tutti il
presidente Crocetta». Il portavoce del Pdr Paolo Ferrara si appella
al buon senso di tutti per chiarire i termini della questione. «Credo
che la politica - scrive - debba dare loro conto di scelte che vin no
nella direzione sbagliata. Per la nostra provincia o meglio per
quello che ne rimane, sembra di assistere ad un puzzle
all'incontrano. Si gioca a chi toglie più pezzi e come un puzzle
all'incontrario bisogna poi individuarne la forma o il soggetta. Ad
Agrigento sono rimasti pochi pezzi per potere definire la forma di
una città e di una provincia che non c'è più. Costruiamo,
inventiamo, pensiamo e realizziamo cose importanti per poi,
chiuderle, distruggerle n cederle ad altri".
LICATA
A GIORNI IL PIANO TRIENNALE. Entro
il 2014 saranno pubblicati i bandi per stabilizzare 4 lavoratori di
categoria A, nei prossimi due anni per 24 di categoria C
PRECARI, OK DEL COMUNE A VENTISEI
ASSUNZIONI
La decisione è stata comunicata
durante un confronto tra ex Lsu, capigruppo consiliari e dirigenti di
Palazzo dell'Aquila
Salvi, almeno per ora, i posti di
lavoro dei precari del Comune. Venerdì sera, nel corso del confronto
con i capigruppo consiliari che ha fatto seguito alla riunione del
consiglio comunale di lunedì scorso, sono finalmente venuti fuori i
numeri" della stabilizzazione. Il fabbisogno del personale comunale
per i prossimi tre anni sarà aggiornato, già all'inizio della
prossima settimana, con la previsione dell'assunzione, in tre anni,
di 26 contrattisti. La maggior parte di questi, ben 22, saranno di
categoria A, i rimanenti quattro apparterranno alla categoria C. Come
si evince dai numeri "solo" 26 dei 36 precari che lavorano per
l'ente otterranno l'assunzione a tempo indeterminato, ma il via
libera alla stabilizzazione sarà indispensabile per fare ottenere a
tutti gli altri la proroga di un anno. Ciò, di fatto, corrisponde a
tenere in piedi per tutti la speranza di uscire dalla precarietà che
dura ormai da 25 anni.
La stabilizzazione sarà avviata subito
per quattro ex lavoratori socialmente utili. La legge stabilisce,
infatti, che i precari possono ottenere l'ennesima proroga soltanto
nel caso in cui entro il 2014 decolli il processo di stabilizzazione
per almeno alcuni di loro. Nel giro di pochi giorni il Comune
pubblicherà i bandi per l'assunzione, a tempo indeterminato, di
quattro lavoratori di categoria A. Un risultato, questo, che solo
fino a poche settimane fa era insperato peri 136 precari dell'ente.
Come è noto, infatti, i lavoratori hanno iniziato l'assemblea
permanente nell'aula consiliare del municipio all'incirca venti
giorni fa, quando l'ipotesi in campo era che Palazzo dell'Aquila
avrebbe assunto, al massimo, due precari. Poi, con il trascorrere dei
giorni di assemblea permanente e di continui confronti con il
commissario straordinario dell'ente, Maria Grazia Brandara, e di
dirigenti dei vari dipartimenti, il numero dei precari da
stabilizzare è via via cresciuto. Ora è stato fissato a quota 26.
Gli ex lavoratori socialmente utili,
però, per il momento non interrompono la protesta. Hanno dichiarato
soddisfazione per i risultati ottenuti in questi giorni, tornando
però a ribadire che "l'assemblea permanente sarà sospesa
soltanto quando il piano triennale delle assunzioni sarà stato messo
nero su bianco. Non appena la delibera verrà pubblicata lasceremo
l'aula consiliare e torneremo a casa".
Due giorni fa a manifestare
solidarietà, e sostegno, ai precari del Comune era stato Angelo
Capodicasa, deputato nazionale del Partito Democratico ed ex
presidente della Regione, che aveva incontrato i lavoratori nella
sala consiliare. (AAU)
LA SICILIA
IL CASO. L'assessore regionale
rassicura sul futuro dell'Università ad Agrigento, ma pone alcuni
paletti
LO BELLO: "CUPA NON CHIUDE"
«Il Cupa di Agrigento non chiuderà,
ma è necessario fare immediatamente il punto sulle risorse e le
convenzioni e magari sull'opportunità di reinvestire nel Consorzio
le somme pagate dagli studenti».
A parlare è l'assessore regionale
alla Formazione Mariella Lo Bello, la quale si dice sicura che vi sia
ancora margine per scongiurare il "tramonto" dell'università
agrigentina.
Il vicepresidente della Regione nella
giornata dì giovedì ha incontrato il commissario straordinario
Alessandra Di Liberto, ricevendo da lei "rassicurazioni", per
così dire, rispetto alla natura strettamente burocratica dell'atto,
che, ci risulta, era sconosciuto al Governo regionale. "Si tratta
di un documento direttamente collegato alla situazione economica
della Provincia - spiega Lo Bello soprattutto in vista dei
pesanti tagli previsti per il prossimo anno da parte del Governo
nazionale. Il commissario Di Liberto, comunque, mi ha rassicurato sul
fatto che questo recesso verrà ritirato appena vi saranno maggiori
garanzie finanziarie". Garanzie che, è evidente, non potranno
giungere integralmente dalla Regione, che attualmente versa in una
situazione economicamente disastrosa, ma che, sostiene Lo Bello,
vanno trovate analizzando finalmente le "carte".
"Mi farò promotrice, per i prossimi
giorni, di un tavolo di confronto con la partecipazione delle parti
coinvolte, in particolare dell'Università di Palermo spiega
l'assessore per valutare insieme eventuali ripensamenti, anche
complessivi, delle convenzioni. E' infatti impensabile che mentre
gli enti pubblici in questi anni hanno investito, e bisogna capire se
bene o male, risorse in un Consorzio perché ne avesse beneficio il
territorio agrigentino, i due milioni di euro che vengono pagati
dagli oltre 2 mila studenti del Cupa poi vengano integralmente
versati per mantenere l'Università di Palermo. Non è pensabile
prosegue Lo Bello che bisogni sempre e solo guardare a questo
territorio quando c'è da prendere e non quando c'è da dare".
Il Cupa, quindi, non va ripensato solo
da un punto di vista dell'offerta formativa, come si chiede da
tempo, ma va realizzato un "check up" al sistema di sostentamento
economico. "Non è pensabile, ad esempio, che ancora oggi non sia
previsto un serio coinvolgimento dei privati aggiunge, che
devono avere la loro parte per garantire l'autonomia finanziaria
del Consorzio perché, anche nel loro caso, si tratta di un
investimento per la provincia. Del resto, in caso dovesse
realizzarsi, per quanto improbabile, una chiusura del Cupa, a
piangerne le conseguenze sarebbero gli studenti che non sono nelle
condizioni di affrontare i costi di università fuori provincia o
fuori regione e il personale amministrativo del Consorzio stesso".
GIOACCHINO SCHICCHI
E BRAVA LA DOTT.SSA DI LIBERTO!
AGRIGENTO ASPETTAVA PROPRIO LEI PER UCCIDERE IL DIRITTO ALLO STUDIO A
3000 GIOVANI AGRIGENTINI. PER FAVORE, TORNI
DA DOVE È VENUTA
Scritto da Lelio Castaldo
Ieri aveva altri impegni e non ha
potuto essere presente all'intitolazione di un'aula del Consorzio
Universitario al giudice Rosario Livatino.
E' probabile che i suoi impegni siano
stati dettati dalla sua coscienza, in quel momento poco leale contro
un Consorzio per il quale, senza pietà e senza alcuna regola di
lealtà, per la Di Liberto può chiudere i battenti.
Ex cuffariana di lungo rango, oggi
amica di Rosario Crocetta, è arrivata ad Agrigento pochissimi giorni
addietro. Di Agrigento e della sua provincia non conosce praticamente
nulla; è stata gettata all'ex Provincia regionale in attesa
dell'otto aprile prossimo, quando si insedieranno gli organi
elettivi del Libero Consorzio Comunale. Ma fino a quel tempo, però,
nessuno le aveva chiesto di fare danni.
E lei si è già resa protagonista,
purtroppo in negativo. Ha già avuto modo di farsi conoscere dagli
agrigentini e di conoscere pochissimo la storia di una provincia
malata, martoriata e mortificata da una serie di eventi che è meglio
non ricordare. L'ultimo posto nelle classifiche nazionali sono il
frutto anche di provvedimenti desolanti come quello adottato nei
giorni scorsi dalla Di Liberto Alessandra: recessione di qualsiasi
intervento tra la ex Provincia regionale di Agrigento e il Consorzio
Universitario.
Il tutto in gran sordina, senza dire
niente a nessuno, nemmeno al suo leader Saro Crocetta, nella qualità
di Presidente della Regione. La stessa cosa ha fatto con tutta la
deputazione agrigentina regionale e nazionale che tantissimo si sta
adoperando per scongiurare il pericolo chiusura del Consorzio; di
peggio ha fatto con la presidente del Consorzio professoressa Maria
Immordino e con il Magnifico Rettore Roberto Lagalla che proprio ieri
si è fatto in quattro per scongiurare (fra mille difficoltà) la
chiusura del Polo Universitario agrigentino.
Inspiegabili, impensabili e molto poco
comprensibili i motivi che hanno spinto la Di Liberto a prendere
questa decisione poco saggia, quasi sottobanco, di nascosto e senza
avvisare alcuno.
Agrigento e la sua provincia non
meritano tutto ciò; Agrigento e la sua provincia non meritano un
commissario che preferisce prendere le scorciatoie, inutili, dannose
e meno impicciose. Della serie, metto una firma e stacco la spina.
Ma dove, ma quando? Agrigento e la sua
provincia non ci stanno! In una terra difficile come la nostra
occorrono ben altre figure.
Non è possibile né tollerabile che
burocrati pro tempore assegnati per traghettare un ex Ente verso mete
ancora ignote, con una sola firma possano definitivamente affossare
una provincia, già in ginocchio, cancellando uno dei pochissimi (se
non l'unico) fiore all'occhiello che ci è rimasto.
Di certo la signora Di Liberto non va
per il sottile. Quando prende la penna per firmare il recesso
evidentemente non pensa che in quel momento mortifica e nega il
sacrosanto diritto allo studio (e la dignità) di circa tremila
giovani studenti che fra mille difficoltà affrontano questo
passaggio fondamentale della loro vita.
Quando la signora Di Liberto prende la
penna per firmare il recesso non pensa evidentemente che molti dei
tremila studenti non hanno la possibilità economica di spostarsi in
altre città per seguire gli studi.
Niente di niente. Con un solo colpo di
spugna la Di Liberto forse non si è resa conto (e qui crediamo nella
sua buona fede...) che ad essere umiliati, oltre ad una intera
provincia, non sono solo i giovani aspiranti dottori, ma anche intere
famiglie.
La Di Liberto ha anche mostrato
pochissima accortezza e rispetto nei confronti di chi, con tanto
spirito di sacrifico ed enormi difficoltà, sta cercando di salvare
il diritto allo studio ad Agrigento. Stiamo parlando dell'intera
classe politica della provincia di Agrigento la quale, oggi, va
apprezzata per come si sta muovendo al fine di scongiurare la
chiusura del Polo Universitario.
E' intervenuto anche il ministro
Angelino Alfano e state certi farà di tutto per ribaltare una
decisione così poco elegante presa della signora Di Liberto.
Grazie alla deputazione agrigentina
regionale e nazionale, da destra a sinistra, si sta muovendo anche il
Governo Centrale al quale è stato presentato un emendamento
attraverso il quale si chiede un contributo straordinario di un
milione e mezzo di euro per salvare il diritto allo studio ad
Agrigento.
L'emendamento presentato è il numero
1698. Lo vada a leggere la dottoressa Di Liberto, lo vada a leggere
di corsa. Vada, vada!
Durissime (e prevedibili) le reazioni
del mondo politico contro la recessione dilibertiana. Primo fra
tutti, l'on. Vincenzo Fontana del NCD, fautore e instancabile
promotore di iniziative atte a far crescere il Consorzio
Universitario, nato in sordina ma poi venuto fuori in modo prepotente
ed eccellente. In coro con l'on. Giovanni Panepinto del PD additano
la decisione della Di Liberto come "un fatto grave e inspiegabile".
L'on. Di Mauro, componente della
commissione Bilancio, ha sottolineato come "si sono fatti grandi
sforzi per tenere a galla il Consorzio Universitario, raddoppiando
anche la cifra in bilancio, per poi assistere a simili decisioni. Si
è mossa tutta la classe politica - ha precisato Di Mauro -
perché il diritto allo studio non si può negare a nessuno".
Anche la presidente del Consorzio,
professoressa Maria Immordino si dichiara "stupita e sconvolta da
un simile provvedimento, nonché fortemente dispiaciuta in quanto la
Di Liberto non ha avuto la cortesia istituzionale di informarla della
firma del recesso".
Insomma, ci si trova, purtroppo,
dinnanzi ad un caso davvero raccapricciante. Con una sola firma, si
umilia e si distrugge quanto fatto di buono fino ad oggi a favore del
Consorzio Universitario agrigentino. Si umilia e si nega il diritto
allo studio a tremila volenterosissimi giovani che guardano e
trepidano al proprio futuro. Si umilia la dignità e si mostra
scarsissima sensibilità verso una buona parte di studenti che non ha
la possibilità per poter frequentare atenei in altre città.
La terra di Pirandello non aveva
bisogno di certo di questi commissari. Una sola firma non può fare
tutti questi danni; la dottoressa Di Liberto invece di prendere le
scorciatoie deve, al contrario, percorrere tutte le strade possibili
ed immaginabili (anche quelle inimmaginabili) per dare man forte e
scongiurare la chiusura di quella che ormai è diventata una vera e
propria Istituzione e dove tutti, ma proprio tutti, si stanno
adoperando fattivamente per tenerla in alto.
Se la dottoressa Di Liberto non ha
particolari peculiarità atte a proporre invece di distruggere,
faccia un passo indietro, si dimetta da questo incarico e torni da
dove è venuta.
Qui occorrono amministratori, seppur
talvolta commissari pro tempore, capaci di proporre, carichi di
energie e soprattutto con tanta, tantissima voglia di fare.
L'angolo geografico che si viene ad
amministrare è fortemente compromesso. E questo Crocetta lo sa bene.
Di inviarci la dottoressa Di Liberto
Alessandra ne poteva proprio fare a meno.
Agrigentonotizie
Anas, sulla Gazzetta ufficiale il
bando per ricostruire il viadotto Verdura
Il ponte ha ceduto nel febbraio
2013. L'importo dell'appalto è di oltre 6 milioni di euro. Il
termine stabilito per l'esecuzione dei lavori è di 365 giorni
consecutivi e continui, a partire dalla data del verbale di consegna
Il primo bando riguarda i lavori di
ricostruzione del ponte sul fiume "Verdura", al km 136,000 della
strada statale 115 "Sud Occidentale Sicula", importante arteria
che collega le province di Trapani e Agrigento, raggiungendo anche
Ragusa e Siracusa. L'opera originaria è costituita da un ponte in
muratura a 5 arcate con fondazioni in pietrame che è stata oggetto
40 anni fa di un intervento di allargamento. A seguito del cedimento
di una pila verificatasi a febbraio 2013, il tratto è stato
interrotto alla circolazione per breve tempo ed è stata
successivamente ripristinata grazie ad un'opera provvisionale
ancora oggi in esercizio. Nell'ultimo anno si è proceduto
rapidamente alla progettazione e alla raccolta dei pareri previsti e
oggi va in appalto il progetto esecutivo per la ricostruzione del
ponte.
"Abbiamo mantenuto l'impegno di far
partire il progetto per la ricostruzione del ponte, anche grazie ai
finanziamenti del Decreto Sblocca Italia - ha dichiarato il
Presidente dell'Anas Pietro Ciucci - L'intervento nel suo
complesso riguarda una variante locale alla statale 115 di circa 1
km, che parte dall'intersezione con la strada provinciale 36 fino
al collegamento con la statale 386 di Ribera, attraverso una nuova
rotatoria. Su questa variante la principale opera d'arte è il
nuovo ponte Verdura, realizzato con struttura mista
acciaio-calcestruzzo che si sviluppa su quattro campate per una
lunghezza complessivo di 230 metri".
L'importo dell'appalto è di oltre
6 milioni di euro. Il termine stabilito per l'esecuzione dei lavori
è di 365 giorni consecutivi e continui, a partire dalla data del
verbale di consegna. Le offerte dovranno pervenire, pena esclusione,
presso l'Ufficio Gare e Contratti di Anas S.p.A. - Direzione
Regionale per la Sicilia - Via Alcide De Gasperi 247, 90146
Palermo, entro e non oltre le 10 del giorno 10 febbraio 2015.
Il secondo bando concerne i lavori di
risanamento strutturale del viadotto "Cannatello", tra il km
84,700 e il km 88,920 dell'autostrada A19 "Palermo-Catania".
L'importo dell'appalto è di oltre 8 milioni di euro e il termine
per l'esecuzione dei lavori è di 360 giorni a partire dalla data
del verbale di consegna. Le offerte dovranno pervenire entro le ore
10,00 del 18 febbraio 2015 presso l'Ufficio Gare e Contratti di
Anas S.p.A. della Direzione Regionale per la Sicilia.
Il terzo bando riguarda i lavori di
manutenzione ordinaria, conseguenti a emergenze e danni, nonché la
pulizia del piano viabile, delle opere d'arte, idrauliche e delle
pertinenze, oltre al ripristino della pavimentazione sulle strade
statali: 113 e 113 dir "Settentrionale Sicula", 114 "Orientale
Sicula", 116 "Randazzo Capo D'Orlando", 120 "Dell'Etna e
delle Madonie", 185 "Di Sella Mandrazzi", 289 "Di Cesarò".
L'importo dell'appalto è di oltre 600 mila euro e il termine per
l'esecuzione dei lavori 365 giorni naturali e consecutivi dalla
data del verbale di consegna. Le offerte dovranno pervenire entro le
ore 10,00 del giorno 11 febbraio 2015 presso l'Ufficio Gare e
Contratti di Anas S.p.A. - Direzione Regionale per la Sicilia -
Sezione Compartimentale di Catania - Via Basilicata 29, 95045 -
Misterbianco (CT)
Province, il grande bluff
di Accursio Sabella
Fu annunciata da Crocetta come una
riforma "epocale". Ma dopo un anno e mezzo, quella che ha
dato vita ai Liberi consorzi appare come il più grosso fallimento
del governo della "rivoluzione". Mentre i commissari degli
enti devono limitarsi all'ordinaria amministrazione. Paralizzando la
Sicilia.
"Eravamo pronti a investire quindici
milioni. Avremmo messo su il primo museo dell'antimafia al mondo. Ma
il commissario ha detto no. E non per colpa sua". Il flop della
riforma delle Province è tutto nelle parole di Rosangela
Arcidiacono. È lei la promotrice del progetto "No Mafia musuem":
1.500 metri quadri dedicati appunto alla cultura dell'antimafia.
Quella che piace tanto al presidente della Regione Rosario Crocetta.
Lo stesso che da due anni tiene le Province (che nel frattempo hanno
solo cambiato il nome in liberi consorzi) rette da commissari.
Commissari che, però, stando ai decreti di nomina firmati dagli
assessori al ramo che si sono avvicendati in questo periodo, possono
solo dedicarsi all'ordinaria amministrazione. Possono, insomma,
soltanto "guidare" la macchina evitando che questa finisca fuori
strada. Nulla di più.
Così, il commissario della Provincia
(Libero consorzio) di Catania, Giuseppe Romano, ha alzato le braccia.
È un commissario straordinario e per questo può occuparsi solo
dell'ordinario. Addio museo. "Ormai - racconta Rosangela
Arcidiacono - la delusione ha superato la rabbia. Il nostro
progetto non sarebbe costato un euro alla pubblica amministrazione.
Abbiamo chiesto a investitori privati di credere in questo progetto.
E abbiamo raccolto 15 milioni di euro. Con circa metà di quelli, tra
l'altro, ci saremmo impegnati a ristrutturare uno dei capannoni delle
Ciminiere, che sta cadendo a pezzi, giorno dopo giorno". Ma quei
capannoni, quel sito, appartengono alla Provincia di Catania, che,
anzi, rivendica la sua potestà sulle Ciminiere, ricordandolo nella
home page del proprio sito ufficiale. Ma per affidare "in affitto"
quegli stabilimenti, serviva un avviso col quale l'ente avrebbe
dapprima verificato l'interesse degli imprenditori, per poi procedere
a un bando pubblico. Peccato, però, che la Provincia sia
commissariata da mesi, ormai. E lo sarà ancora almeno fino alla
primavera. Nel decreto di nomina, al Commissario spetta solo
l'ordinaria amministrazione: non ha il potere di emanare bandi di
quel tipo. E così, i 15 milioni sono pronti a volare via.
"Ovviamente - il rammarico della Arcidiacono - gli investitori
ci hanno dato un termine. Non sono disposti ad attendere in eterno".
E pensare che l'abolizione delle
Province era stata salutata come il più grande successo dell'era di
Rosario Crocetta. Un risultato sparato nelle Arene televisive e su
tutti i telegiornali d'Italia. La Sicilia è la prima Regione a
compiere questo passo, esultava il governatore. E con lui la sua
maggioranza, in quel periodo forse davvero convinta della portata
rivoluzionaria rappresentata da quella legge. Dopo venti mesi, però,
l'entusiasmo si è trasformato in amarezza. In diffidenza. E oggi
anche gli alleati di Crocetta chiedono a gran voce che il governatore
si limiti a ricopiare su carta carbone la legge Delrio. "Con le
Province - ha detto ad esempio il capogruppo di Articolo 4 Luca
Sammartino - abbiamo fallito: non ha senso proporre riforme che non
siamo capaci di portare a termine. Applichiamo da subito la norma
nazionale". Sulla stessa linea Totò Lentini, capogruppo di Sicilia
democratica, la forza politica guidata da uno dei più stretti
alleati di Crocetta cioè Lino Leanza: "Con le Province siamo
partiti per primi - ha detto - e forse arriveremo per ultimi".
Concetto ribadito fino a ieri del presidente dell'Ars Giovanni
Ardizzone, che ha persino depositato un disegno di legge alternativo
a quello del governo e frutto della condivisione di quasi tutte le
forze politiche. La marcia indietro, infatti, è stata platealmente
richiesta anche da alcuni renziani di Sicilia. Così, al momento, in
commissione affari istituzionali dell'Ars prendono polvere una decina
di progetti di legge. Aspiranti riforme delle Province.
Perché in effetti la presunta riforma,
al momento, si è concretizzata in un semplice cambio di
denominazione, oltre che nell'annullamento delle elezioni per il
rinnovo di giunte e consigli. Con una prima legge, quella che
qualcuno ha ridefinito la "Giletti-Crocetta", infatti, l'Ars,
dove il governatore non poteva contare su un consenso tale da poter
entrare nel dettaglio della norma, si è limitata ad approvare una
specie di "norma-quadro". Senza entrare nel cuore della riforma.
Senza spiegare, insomma, alcuni aspetti chiaramente marginali: di
cosa dovranno occuparsi i nuovi Liberi consorzi, su quali
finanziamenti potranno contare, che fine farà il personale del
vecchio ente.
Nulla di tutto ciò è stato finora
oggetto di un provvedimento legislativo. Il governo infatti non è
riuscito a esitare in tempo il ddl definitivo. Un termine che
Crocetta aveva fissato da sè, quello del 30 ottobre scorso. Niente
di fatto. Così, ecco le proroghe dei commissari. Tra questi, in un
primo momento, Antonio Ingroia. Mandato a Trapani, stando alle
dichiarazioni del governatore, per fornire un impulso alle indagini
su Messina Denaro. Confondendo chiaramente un commissario di un ente
locale con un commissario di polizia. Una nomina, del resto, quella
dell'ex pm, censurata anche dall'Autorità anticorruzione.
Così, Crocetta, anche a causa dello
stop imposto da Sala d'Ercole, ha evitato di riproporre quel nome. Ma
ha avuto il tempo di inventarsi la trovata dei "mini-commissari".
Essendo scaduti gli incarichi dei vecchi e non essendo in grado di
procedere con i nuovi, infatti, il governo è stato costretto a
inviare per una ventina di giorni alcuni funzionari ad acta, che
avrebbero dovuto fungere, diciamo così, da guardiani e riferire
quasi quotidianamente al governo. Infine, finalmente, ecco le ultime
nomine. Tutta gente di fiducia, stavolta. La metà sono attuali
dirigenti generali di dipartimenti delicatissimi, che dovranno quindi
dividersi tra Regione e Province, almeno fino ad aprile. E in questo
caso Crocetta ha tolto l'ultimo velo da quella che appare una
occupazione di lombardiana memoria, inviando nella sua provincia
d'origine, Caltanissetta, addirittura il proprio capo di gabinetto,
Giulio Guagliano: "Così la gente saprà che quella persona
risponde direttamente a me", ha detto candidamente. "Nel
frattempo - commenta l'ex presidente della Provincia etnea Nello
Musumeci - la Sicilia va a pezzi. Le Province hanno la competenza
sulle scuole e su molti tratti stradali, solo per fare un esempio. E
i commissari, che possono solo portare avanti l'ordinaria
amministrazione, si limitano a chiudere le strade, piuttosto che
ripararle". Una manifestazione di potere attraverso commissari
senza potere. Nemmeno quello di dire sì al museo dell'antimafia.
Nonostante la loro nomina fosse giunta dal governo dell'antimafia.
21 dicembre - domenica
GIORNALE DI SICILIA
PONTE VERDURA, ARRIVA IL BANDO DEI
LAVORI
L'intervento di ricostruzione che
è stato programmato prevede un costo complessivo che si aggira sui
sei milioni di euro
Atteso da giorni, soprattutto do0 la
presa di posizione del senatore Giuseppe Ruvolo, che aveva messo in
dubbio il finanziamento dell'o pera, è arrivato l'annuncio da
parte dell'Anas per il varo del bando dei lavori per realizzare I
nuovo ponte sul fiume Verdura lungo la Strada Statale 115
Agrigento-Sciacca. Ieri l'Anas, con una nota del presidente Pietro
Ciucci, ha reso noto che pubblicherà domani sulla Gazzetta ufficiale
ben Ire bandi di gara, due dei quali previsti nel Decreto "Sblocca
Italia", per un importo di oltre 15 milioni di euro. Uno di questi
riguarda la ricostruzione del ponte sul "Verdura", al km
136,000dellaS.S. 115importantear- Iena (e lo si è visto nei giorni
del crollo di parte dello "storico" ponte Verdura) che collega le
province di Trapani e Agrigento, raggiungendo anche Ragusa e
Siracusa. Il nuovo ponte prenderà il posto dell'attuale,
ricostruito (lupo il crollo parziale del febbraio 2013, con una
passerella provvisoria, J,'Anas ha fatto sapere che nell'ultimo
anno per ricostruire il ponte a un centinaio di metri dall'attuale
si è proceduto rapidamente alla progettazione e alla raccolta dei
pareri e che finalmente b arrivato il tempo per l'appalto dei
progetto esecutivo. L'intervento nel suo complesso riguarda una
variante locale alla statale 115 di circa I km, che parte
dall'intersezione con la provinciale 36 fino al collegamento con la
statale 386 di libera, attraverso una nuova rotatoria, Sulla variante
l'opera d'arte principale è il nuovo ponte Verdura, realizzato
con struttura mista acciaio - calcestruzzo sviluppatesi su 4 campate
per una lunghezza complessivo di 230 metri. L'importo dell'appalto
è di oltre 6 milioni di euro. Il termine stabilito per l'esecuzione
dei lavori è di 365 giorni consecutivi e continui, a partire dalla
data del verbale di consegna. (TC)
LA SICILIA
CAMPOBELLO DI LICATA
Strada Provinciale 10 appaltato il
ripristino
La Commissione dell'Urega presieduta
da Melchiorre Cirami, dall'ingegnere Federico Piazza, in
rappresentanza del Libero Consorzio Comunale, e dal funzionario
amministrativo dell'ufficio gare Eduardo Martinez ha aggiudicato I'
appalto riguardante la manutenzione straordinaria ed eliminazione
delle condizioni di pericolo e messa in sicurezza della Strada
Provinciale n. 10 Campobello di Licata-Fiume Salso, ricadente nella
viabilità orientale,
il Libero Consorzio Comunale aveva
appaltato i lavori per un importo complessivo di 1,392.177,62 euro di
cui 1.097,510,34 euro per lavori al netto, 23,647,62 euro per oneri
per la sicurezza, e 271019,66 euro per costo del personale non
soggetto a ribasso. I lavori sono stati aggiudicati da un'impresa
di Vallelunga, che ha offerto un ribasso del 35,7184%, immediatamente
inferiore alla soglia di anomalia, Seconda in graduatoria è arrivata
una ditta dei Messinese che ha offerto il ribasso del 32,7175%. I
lavori si erano resi necessari visto che da decenni non era stata
effettuata una manutenzione ordinaria costante.
Da qui può venire lavoro per gli
edili, un settore completamente in ginocchio, ma soprattutto la
possibilità di agganciare Agrigento ad una possibile crescita
economica: più infrastrutture servono anche al turismo,
all'agricoltura, a migliorare la complessiva in qualità della
vita, cercando così di sbloccare questo drammatico Gap agrigentino,
intervenendo e utilizzando tutte le risorse disponibili. Infatti
tanto lavoro c'è da fare sulle varie arterie stradali.
VOLTANO VERSO LIQUIDAZIONE
Consorzio acquedottistico. Molti
debiti e scarse possibilità di acquisire risorse finanziarie
«Nell'attuale situazione finanziaria
della Voltano credo che l'unica strada sia quella di puntare ad una
liquidazione onorevole», A parlare è il rappresentante legale unico
del Voltano, Giancarlo Rosato, alla guida della Spa a capitale
pubblico dal marzo 2014 e impegnato, spiega lui stesso, nel
complicato ruolo di gestire il drammatico quadro economico dell'ente.
«All'atto del mio insediamento ho
trovato una situazione finanziaria disastrosa - spiega- e in questi
mesi ho lavorato molto sul fronte del risanamento, effettuando molte
transazioni eliminando tutti i contenziosi superflui o dannosi, ma
soprattutto avviando i contatti con tutti i grossi creditori per
giungere ad accordi transattivi che siano positivi per entrambe le
parti».
Insomma, in altre parole si sta
lavorando per correre ai ripari.
«Sì, ma da adesso in poi è
necessario portare avanti una riflessione sul destino di Voltano,
perché se una società non può incidere sulle scelte del gestore,
che si porta dietro delle criticità finanziarie alle quali non può
far fronte crèdo sia una scelta di responsabilità fare intravedere
un'ipotesi di liquidazione onorevole", senza spargimenti di
sangue».
Mi scusi, ma Voltano un paio di anni fa
non aveva chiuso i bilanci in positivo, procedendo addirittura ad un
robusto pacchetto di azioni della Girgenti Acque da ben un milione e
duecentomila euro?
«Si, era stata realizzata questa
operazione perché si credeva che l'ente potesse avere così
maggior peso, cosa che non è avvenuta per tanti motivi la maggior
parte dei quali mi sono sconosciuti, sebbene sia evidente che al
momento la nostra partecipazione sia assolutamente marginale. Di
certo non fu un acquisto indolore, In più lo scorso anno
sfortunatamente Girgenti Acque ridusse il capitale sociale a causa
delle perdite e quindi il valore delle azioni di tutti i soci si è
dimezzato».
Quali le azioni da portare avanti
nell'immediato?
«Una quindicina di giorni fa ho fatto
una proposta ai miei grandi creditori come Enel e Siciliacque di
ridurre ad un venti per cento del credito in fase di liquidazione.
Questo perché attualmente abbiamo tanti debiti ereditati dai passato
collegati anche a rapporti controversi con Eas e Tre Sorgenti e pochi
strumenti per fronteggiarli. L'obiettivo è, quantomeno, di portare
tutto al pareggio ed evitare conseguenze più gravi)>.
In questi giorni si è parlato molto
del Tre Sorgenti e soprattutto delle cause legali tra questo ente e
la Girgenti Acque.
«La situazione è ovviamente molto
diversa, perché il Voltano aveva già consegnato le reti e le fonti
nel 2009. Noi in atto abbiamo solamente alcune utenze singole, sia
cittadini che imprese, all'interno delle aree industriali, e quali
sono state tra l'altro soggette a contestazione da parte di
Girgenti Acque».
G. SCHICCHI
"Uscire dall'Ato? Si può»
Sciacca. I sindaci di 27 Comuni
rassicurati da uno studio legale sul futuro del servizio idrico.
SCIACCA. Ci sono le condizioni per
fuoriuscire dall'Ato idrico: lo afferma lo studio legale al quale
si sono rivolti ventisette sindaci agrigentini che da tempo cercano
di tornare indietro nei processi di privatizzazione del servizio
idrico integrato, quello che ha portato ad aumento dei costi per gli
utenti ed a numerose proteste di peggioramento del servizio.
La volontà di gran parte dei Comuni
trova conforto nel parere legale, ma molti restano cauti. Secondo il
parere legale, il fatto che 16 dei 44 comuni chiamati a farne parte
non hanno mai aderito, rendono l'Ato, attualmente commissariato e
in fase di liquidazione, illegittimo. Naturalmente gli enti locali
hanno una concreta preoccupazione di potere poi pagare pesante- mente
le conseguenze di una eventuale richiesta di risarcimento danni da
parte del gestore delle reti idriche e fognarie. Con questo dubbio,
molti Comuni hanno attivato i proprio uffici per verificare i
passaggi successivi ad una eventuale deliberazione da parte di
consigli e giunte, I sindaci agrigentini, riunitisi alcuni giorni fa
a Ribera, torneranno ad incontrarsi dopo le festività natalizie.
L'orientamento al oggi è quello di chiamare le assemblee
consiliari ad una deliberazione politica, ovvero la volontà di
uscire dall'Ato idrico, con conseguente delibera di approvazione
ditale atto da parte delle varie giunte municipali.
Non si tratterebbe di un atto formale
di fuoriuscita, ma di un primo segnale politico che sarebbe, tra le
altre cose, assolutamente superpartes, in virtù della volontà di
tutti i partiti di andare incontro alle proteste della cittadinanza,
Nel corso dell'ultima riunione è emerso che undici Comuni sono
pronti a perseguire il tentativo di chiedere di uscire dall'Ato
idrico, anche portando in giudizio la Regione qualora questa dovesse
rimanere sorda alle loro istanze. L'analisi di Franco Zammuto,
coordinatore del comitato provinciale 'Intercomunale Per la
Gestione dell'Acqua Pubblica": "In questi sette anni nessuno ha
contestato con atti scritti l'illegittimità della costituzione
dell'Aro per via della rinuncia dì parecchi Comuni a farne parte.
Oltretutto continua prima del commissariamento, il consiglio
di amministrazione era formato dagli stessi sindaci. Crediamo che
questo in caso di ricorso in giudizio avrà la sua rilevanza. Noi
abbiamo proposto di procedere, contestualmente e parallelamente al
tentativo di uscire dall'Ato Idrico, di portare in giudizio
l'incapace e arrogante gestore, Girgenti Acque, considerate le
tante inadempienze, compiute in questi sette anni.
In ogni caso conclude Zammuto - al
momento attuale la preoccupazione della gran parte degli
amministratori agrigentini è quella che qualora si dovesse ottenere
il risultato di uscire dall'Ato, Girgenti Acque si opporrà e
chiederà il risarcimento per il danno subito per il mancato rispetto
del contratto, con il doppio incredibile risultato di ottenere i
soldi per risolvere i propri problemi economici a spese, comunque
della collettività".
GIUSEPPE RECCA
Obiettivo la differenziata
Incontro sui rifiuti. «Se
realizzato consentirebbe di superare lo strapotere dei privati».
g. s.) Puntare sulla raccolta
differenziata e soprattutto sulla programmazione in tema di rifiuti
per superare il sistematico ricorso ai sistema dell'emergenza e
dello "strapotere" dei privati. Sono questi alcuni dei temi
trattati ieri mattina durante l'incontro "#iomirifiuto",
svoltosi ieri mattina presso l'aula "Ciglia" del libero
consorzio di Agrigento.
Diversi i relatori, altrettanti gli
assenti "eccellenti" (in primis il senatore Campanella,
proseguendo con il sindaco di Palermo Orlando, del quale si era in un
primo momento annunciata la presenza), per affrontare temi che però,
purtroppo, sanno di "vecchio" sebbene non siano poi mai stati
realmente tradotti in realtà nel nostro territorio, nonostante le
condizioni vi sarebbero. Come spiega ad esempio Danilo Pulvirenti,
dell'associazione "Rifiuti Zero", il 75 per cento dei comuni
della nostra provincia sono sotto i 10mila abitanti e potrebbero già
avviare la differenziata con il porta a porta senza particolari
problemi gestionali. Perché tutto ciò a livello isolano non viene
fatto? La spiegazione, a cui molti sono giunti, è che vi sia una
specifica volontà politico-affaristica che blocca (in modo più o
meno lecito) l'investimento su forme alternative in modo da poter
continuare a perpetrare il sistema caro "ai signori delle
discariche".
Altro tema affrontato, in più momenti,
è quello delle autorizzazioni concesse alla discarica di Siculiana
della Catanzaro Costruzioni e soprattutto del famoso ricorso proposto
dai Comune di Montallegro, il quale è stato respinto dal Cga.
LiveSicilia
La Sicilia dei commissari
di Salvo Toscano
Nelle ex Province e non solo in
quelle, le figure nominate per gestire l'emergenza hanno permesso a
Palazzo d'Orleans di amministrare il potere. Prima di finire
"commissariato" a sua volta.
"Commissario liquidatore". Lo hanno
apostrofato così in questi giorni, e non per fargli i complimenti,
sia rappresentanti delle associazioni di categoria sia della
politica. Lui è Alessandro Baccei, l'assessore all'Economia
spedito dal governo Renzi a mettere ordine nei conti disastrati della
Sicilia. E pur non avendone il titolo, è di fatto l'ultimo a
incarnare la figura del "commissario" che l'ha fatta un po'
da padrone nell'era di Rosario Crocetta. Che attraverso i
commissari, figure straordinarie che per definizione amministrano un
potere che competerebbe ad altri, governa ormai da più di un anno
quel che resta delle vecchie province. E non solo quelle. Perché
prima era toccato alla sanità, anch'essa commissariata per tempi
biblici nel lungo (e imbarazzante) tira e molla che precedette le
nomine dei manager. Commissari nelle Asp allora, commissari nei
liberi consorzi mai nati oggi, insieme ai commissari nelle
partecipate in liquidazione, magari dal secolo scorso, e di un pugno
di enti e consorzi vari.
Il termine già di per sé risulterà
familiare a Rosario Crocetta. Perché quel "commissario" in
effetti riporta alla mente l'immagine dei tutori della legge,
magari quelli immaginari protagonisti di fortunate saghe, certamente
cari all'antimafioso governatore. Fui lui stesso, peraltro, a
parlare qualche mese fa in pubblico del suo "fiuto sbirresco".
Pensando probabilmente a quei commissari lì (più che ai commissari
politici dell'Unione sovietica richiamata dal retaggio politico
comunista del governatore), Crocetta trasse ispirazione per spedire
l'ex pm Antonio Ingroia a fare il commissario della ex provincia di
Trapani per dare impulso alle indagini su Messina Denaro (sfoggiando
una personalissima interpretazione delle competenze dell'ente di
area vasta).
Attraverso i commissari, arrivati ormai
alla seconda o terza tornata, il governo regionale gestisce le
vecchie province, quasi ovunque con fedelissimi del presidente,
amministrando rimasugli di potere che spetterebbero alla politica (o
meglio, ai cittadini, sebbene attraverso un'elezione di secondo
grado), se la madre di tutte le riforme abortite non rimanesse lì
nella sua desolante immobilità. Come riassunto ieri da Livesicilia,
sulle Province la Sicilia, dopo la fuga in avanti, s'è fatta
superare dal resto d'Italia e resta così nel limbo. Dei
commissariamenti. Così come le città rimaste senza sindaco per
svariati motivi e che saranno mandate al voto, con molta calma, nella
primavera prossima. Intanto, ci pensano i commissari. Che siedono,
come detto, anche tra enti, consorzi, partecipate, teatri... magari
da qualche parte piantano radici, trasformandosi in un secondo
momento in presidenti.
È la Sicilia, certo, ma non solo. Se
anche il Corriere della Sera pochi giorni fa definiva l'Italia "un
Paese di commissari" (Il Sole 24 Ore ne contò tempo fa diecimila
su e giù per lo Stivale) e stigmatizzava questa tendenza crescente
di affidare poteri straordinari in nome dell'emergenza di turno,
bypassando così le regole ordinarie. Il che inquieta tanto più
quando l'emergenza è provocata non da una calamità naturale o
dall'imprevedibile, ma dalla lentezza di una classe politica poco
responsabile come nel caso della riforma delle province il cui
compimento è rinviato alle calende greche. E nell'Isola dei
commissari, anche sulla montagna maleodorante di monnezza e veleni
dei rifiuti siciliani Rosario Crocetta vorrebbe sistemare la poltrona
di un altro commissariamento, per evitare il peggio. Tra discariche
chiuse e al collasso, il rischio di ritrovarsi a breve con le strade
invase dalla spazzatura è concreto. Ma fra il dire e il fare su
questo capitolo c'è di mezzo Roma, che sul commissariamento
potrebbe frenare.
E sì, perché chi di commissario
ferisce di commissario perisce. E forse distratto dal trovare posto
alle figurine di seguaci e fedelissimi da appiccicare nell'album
del Palazzo, Crocetta il "commissariamento" se l'è ritrovato
in casa. È arrivato in modo più dolce e subdolo, rispetto alle
richieste di un Orlando, ma è arrivato. E più di tutti lo incarna
proprio quell'Alessandro Baccei imposto alla Sicilia da Delrio e
Renzi nell'operazione romana che ha portato alla nascita
dell'attuale giunta. L'opposizione teme che il suo compito sia
quello di portare i libri in tribunale e già lo dipinge (ieri con
Toto Cordaro) come "commissario liquidatore-becchino
dell'autonomia". Le parti sociali ne parlano come di un
inafferrabile e lamentano le difficoltà nel confrontarsi con lui.
Baccei "il commissario" fa spallucce. Spiega ai giornali
che lui e il suo staff stanno facendo un lavoro sovrumano, liquida il
Parlamento con la sua battuta sui "tempi da caffè" quasi alla
stregua di una congrega di perdigiorno (sorvolando sul dettaglio che
in Parlamento il bilancio non è arrivato), sfodera una sicurezza che
ai critici risulta altera e che dà la cifra del suo peso in giunta.
Perché è dalle sue mani che passa il lavoro "sporco".
Quello di ridurre all'osso le spese della Regione in quasi
bancarotta. Il "commissario" - anche se è Natale e il bilancio
all'Ars non si è visto (ed è la prima volta nella storia) -
dice che ha chiaro cosa si debba fare. E c'è da credere che lo
farà. Magari mentre nel suo Palazzo il governatore sarà impegnato
nel frattempo a nominare qualche altro commissario da spedire a
gestire tra le macerie l'illusione di un potere che non c'è più.
22 dicembre - lunedì
GIORNALE DI SICILIA
EMERGENZA RIFIUTI Sono poche le
strutture in funzione e i camion sono costretti ad attraversare mezza
Sicilia per scaricare. Bellolampo ha aumentato i volumi giornalieri
Discariche chiuse: rischio
spazzatura a Natale
Altri due impianti, Gela e Trapani,
non possono più ricevere immondizia. Si attende la riapertura di
Siculiana a gennaio.
Un Natale sommersi dai rifiuti. Da
ieri, cancelli sbarrati alla discarica di Timpazzo, a Gela, e oggi
sarà il turno di Trapani. La Sicilia piomba nell'emergenza
spazzatura e nell'Isola c'è il rischio di vedere sacchetti di
immondizia a non finire, non raccolti e maleodoranti. A far
precipitare le cose, negli ultimi mesi, è statala chiusura della
discarica di Mazzarrà Sant'Andrea, nel Messinese, per il
provvedimento di fermo dell'autorità giudiziaria e la grave
situazione che si è prodotta nell'impianto privato di Motta
Sant'Anastasia, nel Catanese, gestite dalla Oikos, in via di
chiusura e il cui azionista è accusato di presunta corruzione per
avere cercato di ottenere per vie traverse il rinnovo della
concessione. Due stop che hanno costretto il governo regionale a
trovare nuovi impianti per smaltire 1.200 tonnellate al giorno di
rifiuti prodotti soprattutto nella Sicilia orientale:
da qui è nata la saturazione anche
della discarica di Siculiana, gestita dal gruppo Catanzaro, chiusa
per avere esaurito la capacità di abbancamento e non avere ancora
concluso i lavori di ampliamento delle nuove vasche. La riapertura è
prevista per metà gennaio.
Fotografia di una regione che non ,ha
praticamente livelli di differenziata accettabili (meno del 10 per
cento) e che si trova oggi con appena sette discariche pubbliche, con
autocompattatori che viaggiano da una parte all'altra dell'Isola
e con solo otto impianti di compostaggio attivi, su un fabbisogno di
almeno altre venti strutture, Tutti motivi per cui il presidente
della Regione, Rosario Crocetta, ha chiesto poteri speciali da
commissario «che consentano di predisporre interventi immediati per
aumentare la capacità di conferimento, portandola a quella prevista
dal piano regionale dei rifiuti».
I Comuni del Nisseno soffrono
già da qualche settimana. Il Comune di Gela, infatti, a causa di
problemi di contenimento, dalla settimana scorsa ha chiuso i cancelli
ai paesi che scaricavano nell'impianto e la stessa città sabato si
è svegliata coperta da una coltre di sacchetti. Dallo scorso fine
settimana, i paesi della provincia (Mussomeli, Serradifalco, Sutera,
Villalba, Vallelunga, Campofranco, Mazzarino, Montedoro) non solo non
sono stati autorizzati a portare l'immondizia nella discarica, ma
non hanno neanche potuto svuotare i cassonetti. La Regione ha
sbloccato, almeno per il momento, la vicenda, dando la possibilità
di utilizzare la discarica di Catania. Un provvedimento per niente
definitivo, visto che la disposizione scade il 28 dicembre. Da lunedì
prossimo, insomma, si potrebbe ripiombare nell'emergenza più
assoluta. Nel Messinese la discarica di Mazzarrà Sant'Andrea,
gestita dalla società Tirrenoambiente, è chiusa dal 3 novembre.
Fino a quella data, la struttura, nel mirino del sindaco di Fumai per
i cattivi odori che rendevano l'aria irrespirabile, aveva accolto i
rifiuti dei 108 Comuni della provincia. L'emergenza rischia di
aggravarsi anche nell'Agrigentino. La discarica di Sciacca
ha quasi raggiunto la capacità di abbancamento. Dopo un incontro
all'assessorato ai Rifiuti, i 17 sindaci che la utilizzano
aspettano il via libera per la messa in sicurezza della terza vasca e
la realizzazione della quarta, per le quali, le rispettive richieste
di autorizzazione sono state avviate più di due anni fa. Il sindaco
di BivonaGiovanni Panepinto (Pd) si chiede «come mai la Regione
ancora non apre la discarica di Campobello di Licata, chiusa ormai da
4 anni. Se chiude l'impianto di Sciacca scoppierà una crisi di
carattere sanitario e le tasse per i cittadini aumenteranno
vertiginosamente. Palermo nei giorni scorsi ha ottenuto il via
libera dalla Regione per potere scaricare l'immondizia a
Bellolampo, 75 tonnellate al giorno. Fino a qualche giorno fa, il
Comune era stato autorizzato a scaricarne fino a 50, con il risultato
che non tutti i rifiuti potevano essere raccolti e smaltiti. Nel
frattempo, anche Bagheria è tornata a scaricare a Bello- lampo, dopo
la chiusura di Siculiana che ha provocato notevoli disagi anche agli
altri 83 comuni che la utilizzavano.