agrigentonotizie.it
Diverse strade provinciali diventano più sicure: aggiudicata la gara per gli interventi di manutenzione
Il Libero consorzio comunale di Agrigento interverrà a breve per migliorare le condizioni di percorribilità. Prevista una spesa di 660 mila euro
Saranno diverse le strade provinciali che beneficeranno a breve di massicci interventi di manutenzione. Il Libero consorzio comunale di Agrigento interverrà per migliorare le condizioni di sicurezza di alcuni tratti viari di propria competenza. Con determinazione dirigenziale del settore Infrastrutture stradali è stata infatti aggiudicata la gara relativa all'accordo quadro per la manutenzione straordinaria e messa in sicurezza delle strade provinciali n. 26A Cammarata-confine provincia di Palermo; Sp 28 Montallegro-bivio Siculiana-Raffadali; Sp 52 Ponte Platani-Ficuzza-Montoni Vecchio-Perciata, SP 53 Bivio Sparacia-Montoni Nuovo-Ponte Platani-Ficuzza-Perciata ed Sp 56-bivio Sp 75 (ex statale 115) Siculiana Marina.La gara, gestita integralmente in modalità telematica e con inversione procedimentale, è stata aggiudicata all'impresa Avs Costruzioni Srls (avvalente) e Nej Donadio Srl (ausiliaria) che ha offerto il ribasso del 31,701% per un importo contrattuale complessivo di 660.000 euro più Iva (compresi 19.800 euro per oneri di sicurezza) finanziati con fondi del ministero delle Infrastrutture. Gli interventi saranno indicati e coordinati dai tecnici del settore Infrastrutture stradali che hanno elaborato i relativi progetti. Sono previsti, tra gli altri, la sistemazione dei tracciati nei punti interessati da cedimenti della sede stradale, la realizzazione di gabbionate di controripa e sottoscarpa per il contenimento e drenaggi dei fronti trattati, la realizzazione di segnaletica verticale e orizzontale e di barriere di protezione. Oltre ad altri interventi per migliorare le condizioni generali e la sicurezza.
ambiente
Rifiuti, Regione: il nuovo Piano di gestione conforme alle direttive Ue
Previsto un sistema integrato di impianti per massimizzare il riciclaggio e ridurre drasticamente i costi per i cittadini, grazie alla chiusura del ciclo della spazzatura e all'eliminazione dei trasferimenti fuori regione
Il Piano di gestione dei rifiuti urbani è conforme alle direttive Ue e alle leggi nazionali, con l'obiettivo di ridurre il conferimento in discarica e promuovere il riciclaggio e il recupero energetico. I due termovalorizzatori previsti non sono destinati solo allo smaltimento, bensì alla valorizzazione energetica dei rifiuti residui, in linea con le normative europee. Verranno realizzati a Palermo e Catania, in aree industriali, e i progetti saranno sottoposti, come di norma, a una rigorosa procedura di valutazione d'impatto ambientale, garantendo la salubrità pubblica. Lo hanno spiegato dalla Regione. "Questo sistema consentirà di minimizzare l'uso delle discariche, ormai sature e con l'impossibilità 'ecologica' di individuare nuovi siti, in linea con gli obiettivi europei che impongono di ridurre al di sotto del 10% i rifiuti destinati in discarica", hanno aggiunto.Il Piano, inoltre, prevede un sistema integrato di impianti per massimizzare il riciclaggio e ridurre drasticamente i costi per i cittadini, grazie alla chiusura del ciclo dei rifiuti e all'eliminazione dei trasferimenti fuori regione - rendono noto sempre dalla Regione - . Tutte le osservazioni sono state analizzate durante la procedura di Valutazione ambientale strategica (Vas), che ha portato a un'approvazione con condizioni.In conclusione, l'aggiornamento del Piano di gestione dei rifiuti rappresenta un passo fondamentale verso una gestione più sostenibile e moderna, che non solo risponde alle direttive europee, ma offre anche soluzioni concrete per migliorare il ciclo dei rifiuti in Sicilia, riducendo i costi e l'impatto ambientale.
lentepubblica.it
Niente compensazione ore in caso di false attestazioni di presenza
Non è possibile alcuna compensazione tra danno erariale per false attestazioni in presenza in servizio ed eccedenza oraria: il dottor Marcello Lupoli commenta una recente sentenza.Le ore lavorate in eccesso non possono essere oggetto di compensazione con ore non prestate a seguito di false attestazioni di presenza in servizio mediante la mancata timbratura delle uscite attraverso l'utilizzo del badge.È questo il principio affermato dalla Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna della Corte dei conti nella sentenza 10 settembre 2024, n. 145.
Il caso
La fattispecie concreta portata all'attenzione dei giudici contabili sardi dalla competente Procura erariale concerne il vaglio sia di un possibile danno erariale derivante da violazioni sull'effettiva presenza in servizio sul posto di lavoro da parte di un dipendente di un ente locale, sia di un danno all'immagine arrecato all'amministrazione di appartenenza del convenuto.Nella sentenza in argomento viene rappresentata la pendenza di un procedimento penale ex art. 640, commi 1 e 2, c.p. e 55 quinquies, comma 1, del d.lgs. n. 165/2001.In particolare, al dipendente viene contestato di "avere attestato falsamente la presenza in servizio con artifici e raggiri, consistiti nel timbrare il c.d. "cartellino marcatempo" all'inizio e alla conclusione del servizio, salvo allontanarsi dal luogo di lavoro nel corso della giornata lavorativa senza timbrare le uscite, essendo queste ultime finalizzate all'espletamento, non già di attività esterne giustificate da ragioni di servizio, bensì di attività esclusivamente di natura personale, in ogni caso non oggetto di permessi autorizzati". Pertanto, "il prevenuto avrebbe indotto in errore l'ente di appartenenza circa la sua presenza sul luogo di lavoro, procurandosi l'ingiusto profitto pari alle retribuzioni indebitamente percepite".Le accuse della ProcuraLa Procura attrice - come evidenziato nella pronuncia de qua - ha osservato che il "comportamento tenuto dal convenuto confliggerebbe, quindi, con i doveri generali di correttezza e di buona fede che disciplinano il rapporto di servizio nonché con gli specifici obblighi di fedeltà (art. 2105 c.c.) e di diligenza (art. 2104 c.c.), caratterizzandosi, altresì, per l'indubbia volontarietà, a fronte dell'evidenza delle violazioni perpetrate. Nell'ipotesi di falsa attestazione della presenza in servizio da parte del lavoratore, lo stesso - ai sensi dell'art. 55-quinquies, comma 2, del D.lgs. n. 165/2001 - è obbligato a risarcire il danno patrimoniale pari all'importo percepito a titolo di retribuzione nei periodi per i quali sia accertata la mancata prestazione".Inoltre - secondo la prospettazione della Procura contabile - il "convenuto è chiamato a rispondere anche per un danno all'immagine all'Amministrazione di appartenenza, ai sensi degli artt. 55 quater e 55 quinquies del D.lgs. n. 165/2001".La violazione degli obblighi da parte del dipendenteScrutinate preliminarmente le questioni rituali pregiudiziali sollevate dalla difesa del dipendente convenuto - tra le quali quella dell'asserita inammissibilità dell'atto di citazione (eccezione rigettata in base all'assunto che nella fattispecie concreta non sussiste alcuna pregiudizialità tecnica o giuridica tale da richiedere una sospensione del giudizio contabile in attesa dell'esito della vicenda penale) - il collegio giudicante, con riguardo al merito, ha ritenuto fondata la pretesa risarcitoria avanzata dalla Procura erariale, risultando "acclarato che la vicenda all'esame del Collegio si caratterizza per la violazione di specifici obblighi e doveri rimessi al pubblico impiegato, opportunamente e dettagliatamente disciplinati dal Legislatore, che ha delineato una serie di comportamenti che, ponendosi in contrasto con i valori, normativi ed etici, naturalmente insiti nel lavoro prestato alle dipendenze della P.A., assumono particolare rilevanza, anche in considerazione del detrimento che essi recano al rispetto e al prestigio dell'Amministrazione medesima".Pertanto, "il mancato rispetto di tali prescrizioni configura l'elusione di norme destinate, per un verso, ad assicurare che il servizio pubblico si svolga in un contesto obiettivo, diretto a finalizzare e ottimizzare l'attività posta a servizio della collettività e, per altro verso, a definire la misura della prestazione dovuta dal dipendente pubblico, in relazione all'orario e al tempo di lavoro effettivo, ai quali va commisurata la retribuzione allo stesso spettante", atteso che l'osservanza dell'orario di lavoro costituisce un obbligo del dipendente pubblico e che l'orario di lavoro deve essere documentato ed accertato mediante controlli di tipo automatico ed oggettivo.
La giurisprudenza contabileTanto premesso, i giudici contabili sardi hanno evidenziato che la giurisprudenza contabile (cfr. Corte dei conti, Sezione giurisdizionale per la Regione Sardegna, sentenza 1° marzo 2027, n. 22 e la giurisprudenza ivi richiamata) ha affermato che, "in presenza di accertata dolosa o colposa inadempienza nella dovuta prestazione lavorativa (con riferimento, ovviamente, ad assenze non giustificate), il danno è quanto meno pari alla spesa sostenuta dall'Amministrazione Pubblica datrice di lavoro per la retribuzione complessivamente erogata a favore dei dipendenti pubblici, fatti salvi comunque gli ulteriori danni che possono essere stati causati nella gestione dei servizi ai quali i predetti dipendenti pubblici erano addetti o preposti".Alla stregua del predetto quadro normativo, è acclarato che "l'allontanamento del dipendente dal luogo di lavoro appare giustificato solo dalla presenza di predeterminate esigenze, subordinate ad autorizzazione specifica, ovvero regolamentate dalla contrattazione collettiva, e deve essere, comunque, oggettivamente rilevato e rilevabile (attraverso i sistemi automatizzati, laddove, come nel caso di specie, installati), sia nelle ipotesi in cui il tempo trascorso fuori dall'ufficio debba essere recuperato, sia nei casi contrari, essendo, come più volte specificato, la presenza nel luogo di lavoro il parametro al quale ancorare la retribuzione".
Gli accertamenti: assenze arbitarieApplicando tali principi alla vicenda in parola, dagli accertamenti effettuati "è emerso che il convenuto si assentava arbitrariamente dal suo ufficio durante l'orario di lavoro senza autorizzazione e senza alcuna giustificazione", con l'effetto che il collegio giudicante ha condiviso con la prospettazione della Procura attrice sulla "piena consapevolezza dell'illiceità del comportamento posto in essere, che dimostra l'intenzionalità nello stesso, indubbiamente connotato da dolo", in quanto la "reiterazione di siffatte forme di assenza e la totale inosservanza delle disposizioni destinate a regolare l'uscita dal luogo di lavoro non lasciano adito a dubbi sul fatto che il convenuto sia venuto meno, con coscienza e volontà, ai suoi precisi obblighi di servizio, allorché - senza la prescritta autorizzazione e senza alcuna giustificazione - si è assentato dall'ufficio per i più vari motivi, non prestando di fatto l'attività lavorativa per l'orario contrattualmente definito, pur figurando formalmente in servizio".
Le ore di lavoro in eccesso non danno luogo a compensazione in caso di false attestazioni di presenzaInoltre, ai giudici contabili non è apparsa rilevante, per escludere l'integrazione del danno contestato, la circostanza che il prevenuto abbia svolto ore di lavoro in eccesso nelle medesime giornate nelle quali lo stesso si sia assentato ingiustificatamente, in quanto "non è possibile operare alcuna compensazione tra le due tipologie di orario, senza considerare il fatto che, verosimilmente, l'interessato ha utilizzato le ore in eccesso per ottenere altri istituti contrattuali (retribuzione per straordinari o recupero compensativo)", così non condividendo la tesi difensiva volta a sostenere l'assenza di danno erariale alla stregua della considerazione che il convenuto aveva, nel medesimo periodo in contestazione, maturato un'eccedenza oraria, non potendo tale circostanza essere considerata quale attenuante al danno cagionato, in quanto non è possibile operare alcuna compensazione con i debiti orari derivanti da uscite non autorizzate e non dichiarate con timbratura.
Aumenti nel rinnovo dei CCNL: solo "briciole" per i dipendenti pubblici?
Il sindacato UIL-FPL ha recentemente denunciato l'inadeguatezza delle risorse stanziate dal governo: gli aumenti di stipendio per i dipendenti pubblici che arriveranno con il rinnovo dei CCNL non sono sufficienti.Il rinnovo dei contratti per il settore pubblico continua a essere una questione spinosa, soprattutto per quanto riguarda gli aumenti salariali. Tra le OO. SS. quindi continua a serpeggiare molto malumore.Un dissenso che emerge in modo particolare con le ultime rilevazioni fornite dalla UIL-FPL, il sindacato che si occupa del pubblico impiego, che ha recentemente denunciato l'inadeguatezza delle risorse stanziate dal governo.
Gli aumenti di stipendio nel rinnovo dei CCNL dei dipendenti pubblici sono insufficientiAttraverso i dati messi sul tavolo negli ultimi confronti avvenuti tra l'organizzazione sindacale e l'Aran si capisce bene che la mancanza di risorse potrebbe impattare negativamente su molti comparti della nostra Pa.Un rischio che potrebbe diventare concreto, non fornendo le coperture adeguate al personale e paralizzando le attività di settori nevralgici del nostro sistema amministrativo nazionale e locale.Va anche detto che i dati Istat indicano che nel triennio 2022-2024 l'inflazione potrebbe superare il 17%, spinta anche dal crescente costo dell'energia. Per mantenere il potere d'acquisto, gli stipendi dei dipendenti pubblici dovrebbero dunque essere significativamente più alti.Si sottolinea per questo motivo che con i fondi attuali non sarà possibile garantire un contratto dignitoso che risponda alle aspettative dei lavoratori, in particolare nel comparto sanitario e degli enti locali.Scopriamo le criticità più nel dettaglio.
I problemi per il comparto degli enti locali
Anche in questo comparto, le risorse previste per il rinnovo contrattuale risultano fortemente limitate, e gran parte di esse è già stata distribuita sotto forma di Indennità di Vacanza Contrattuale (IVC).Questo strumento, introdotto per compensare i lavoratori durante i periodi di sospensione delle negoziazioni contrattuali, ha assorbito oltre il 60% delle risorse destinate ai rinnovi, rendendo estremamente difficoltosa la possibilità di firmare un nuovo contratto che possa realmente rispondere alle esigenze dei dipendenti pubblici. I salari attuali dei dipendenti degli enti locali non riflettono adeguatamente l'evoluzione economica e l'aumento delle spese, rendendo indispensabile un intervento finanziario aggiuntivo da parte del governo.Oltre alla questione salariale, la UIL-FPL pone l'accento su altri aspetti fondamentali del rinnovo contrattuale, tra cui la revisione dei criteri che regolano la mobilità interna tra servizi, uffici e aree. In un contesto di lavoro che è cambiato radicalmente negli ultimi anni, anche a causa della digitalizzazione e delle nuove esigenze organizzative, i meccanismi di mobilità devono essere aggiornati per garantire una maggiore flessibilità e rispondere alle esigenze sia dei lavoratori sia degli enti.Un altro tema su cui il sindacato insiste è la gestione dei fondi e la trasparenza nell'utilizzo delle risorse. La proposta prevede di inserire la verifica della costituzione del Fondo del precedente anno tra le materie di confronto nelle negoziazioni, un passaggio ritenuto essenziale per garantire una distribuzione equa e una maggiore chiarezza nella gestione delle risorse economiche destinate ai dipendenti.Infine, la UIL-FPL chiede una revisione dei piani di fabbisogno del personale, con l'obiettivo di pianificare in maniera più accurata le esigenze future degli enti locali e garantire una forza lavoro adeguata in termini numerici e di competenze. Questa revisione permetterebbe di adattare meglio le risorse umane alle esigenze reali degli enti e migliorare la qualità dei servizi offerti alla cittadinanza.