Adnkrnos.it
Si inaugura martedì una nuova
mostra alla Scala reale
La storia del Palazzo della Provincia
di Agrigento, rivive attraverso un percorso grafico e documentale che
ne ricostruisce i momenti più importanti, dalla progettazione fino
alla realizzazione finale e alla sua apertura risalente al 31 agosto
del 1869. La mostra, che sarà visitabile nella Scala Reale, per
tutto il periodo della prossima Sagra del Mandorlo in Fiore, sarà
inaugurata martedì prossimo alle 12.30 dal commissario straordinario
Alessandra Di Liberto ed esporrà disegni e progetti originali di
quello che sarebbe stato definito dallo storico agrigentino Giuseppe
Picone, il "Magnifico Palazzo",.saranno esposte anche
stampe, quadri e antiche fotografie che ripercorrono lo sviluppo
urbanistico del centro agrigentino dove sorge, appunto il Palazzo
della Provincia, inizialmente destinato a Reale ospizio di
beneficenza e assegnato all'amministrazione provinciale con l'avvento
dell'Unità d'Italia. In mostra anche i decreti di Re Ferdinando II,
le fatture originali dei pagamenti degli stucchi della Scala Reale, i
bandi di gara e le piante della struttura. L'edificio, che oggi
ospita anche la Prefettura, fu uno tra i primi ad essere costruito
nell'Ottocento fuori della cinta muraria, fatto che cambiò
radicalmente l'assetto urbanistico della città. Venne edificato
laddove in passato sorgevano stazzoni, ospitanti fabbricanti di
brocche. La mostra è ad ingresso gratuito e sarà visitabile negli
orari di apertura degli Uffici del Libero Consorzio.
Lasicilia.it
Tre città metropolitane e 6 liberi consorzi. Ecco i compiti delle
ex Province in Sicilia
Col disegno di legge di riforma delle
Province adottato stamani in commissione Affari istituzionali
dell'Ars vengono archiviate alcune delle norme contenute nella
legge approvata l'anno scorso che ha abolito l'elezione di primo
livello, istituendo i Liberi Consorzi. Rispetto all'attuale
normativa con nove Liberi consorzi e tre città metropolitane, il
testo dell'assessore alle Autonomie locali Ettore Leotta, prevede
la riduzione a sei Liberi consorzi e la costituzione di tre città
metropolitane di area. Il ddl è composto da 55 articoli. I nuovi
enti, ognuno con un proprio statuto, avranno funzioni di
coordinamento come prevede la riforma Delrio ma anche compiti di
gestione, in questo caso in continuità con le vecchie Province, e
potranno acquisire ulteriori funzioni dalla Regione.
Presidenti
dei Liberi consorzi e sindaci metropolitani saranno espressone
di elezioni di secondo livello, cui parteciperanno sindaci e
consiglieri comunali, ma non potrà votare chi ha riportato una
condanna anche non definitiva. Candidabili a presidente del Libero
consorzio e a sindaco metropolitano sono i sindaci in carica dei
comuni che fanno parte delle aree, tranne i condannati; l'elezione
è a maggioranza assoluta, previsto il ballottaggio. L'Assemblea
nel caso dei consorzi e la Conferenza nel caso delle città
metropolitane, composta dai sindaci dei comuni, eleggerà la giunta,
di cui non potranno fare parte coniugi, parenti e affini entro il
secondo grado di presidente e sindaco; il numero dei componenti delle
giunte varia a secondo della popolazione residente dei comuni
consorziati. Gli organismi dei nove enti dureranno in carica 5
anni, i componenti non percepiranno alcun emolumento. Le spese
relative alle trasferte dei componenti dei Liberi consorzi comunali e
delle città metropolitane sono a carico dell'ente di area vasta di
appartenenza; sono rimborsabili solo le spese effettivamente
sostenute e documentate riguardanti il vitto, alloggio e l'utilizzo
dei mezzi di trasporto. Aboliti i difensori civici, ogni area vasta
avrà un "nucleo di valutazione territoriale". Per quanto
riguarda le funzioni, i Liberi consorzi avranno il
coordinamento, la pianificazione, la programmazione e il controllo in
materia territoriale, ambientale, di trasporti e di sviluppo
economico. Le città metropolitane, oltre alle stesse funzioni dei
Liberi consorzi, si occuperanno anche della digitalizzazione, mentre
come funzioni proprie sono previste la pianificazione territoriale
generale ed urbanistica, delle reti infrastrutturali; strutturazione
di sistemi coordinati di gestione dei servizi pubblici locali, già
di competenza comunale; organizzazione dei servizi pubblici locali di
interesse generale; mobilità e viabilità del territorio
metropolitano; promozione e coordinamento dello sviluppo economico e
sociale nell'area metropolitana, anche assicurando sostegno e
supporto alle attività economiche e di ricerca innovative e coerenti
con la vocazione dell'area; promozione e coordinamento dei sistemi
di informatizzazione e di digitalizzazione; pianificazione,
organizzazione, gestione e supporto - nei limiti della programmazione
regionale - in materia di formazione, ivi compresa la vigilanza, il
monitoraggio e controllo sulle istituzioni formative accreditate;
motorizzazione civile. Sono altresì attribuite tutte le funzioni
delle Province regionali, individuate dalla legislazione vigente al
momento dell'entrata in vigore della legge regionale 27 marzo 2013
n. 7, ad eccezione di quelle che sono riservate alla Regione. Liberi
Consorzi comunali e città metropolitane si occuperanno anche di
organizzazione e gestione del sistema di raccolta e smaltimento
rifiuti, eventualmente assumendo le funzioni e le competenze delle
Società per la regolamentazione del servizio di gestione rifiuti
(Srr); del sistema di approvvigionamento e distribuzione delle
risorse idriche, eventualmente assumendo le funzioni e le competenze
delle Ato; in questo caso entro due anni dalla riforma il governo
regionale dovrà presentare all'Ars un disegno di legge per la
modifica della legge regionale 8 aprile 2010, n. 9 e un disegno di
legge per la disciplina del servizio idrico integrato. Inoltre gli
enti si occuperanno anche di pianificazione, organizzazione e
gestione di interventi a valere sui fondi europei e d'intesa con i
comuni interessati possono esercitare le funzioni di predisposizione
dei documenti di gara, di stazione appaltante, di monitoraggio dei
contratti di servizio e di organizzazione di concorsi e procedure
selettive. La Regione potrà sostituirsi agli organi degli enti di
area vasta per il compimento di atti o di attività obbligatorie "nei
casi di acclarata inerzia o inadempimento da parte dell'ente
competente, al fine di salvaguardare interessi unitari eventualmente
compromessi dall'inerzia o dall'inadempimento medesimi". Per
quanto riguarda il personale, compresi i dirigenti, delle
Province conserva la posizione giuridica ed economica, con
riferimento alle voci del trattamento economico fondamentale ed
accessorio, in godimento all'atto del trasferimento, nonché
l'anzianità di servizio maturata. Viene istituito, presso il
Dipartimento delle Autonomie locali, l'Albo unico dei dipendenti
degli enti in servizio alla data di entrata in vigore della legge
regionale 27 marzo 2013, n. 7, con contratto di lavoro subordinato a
tempo indeterminato e determinato; esclusi invece i dipendenti
assunti in violazione delle vigenti disposizioni regionali e statali
in materia di reclutamento di personale e divieti di assunzione. Per
far fronte alle carenze di personale, gli enti dovranno attingere
all'Albo.
TUTTO DA RIFARE
PER I COMUNI CHE HANNO VOTATO
Nel nuovo testo di riforma le
Città metropolitane coincidono con l'area vasta delle Province di
Palermo, Catania e Messina e non più con i soli tre comuni come
prevede l'attuale normativa. Alla luce di questa modifica, al
vaglio della commissione Affari istituzionali dell'Ars come le
altre norme del ddl, quei comuni che con referendum avevano optato di
aderire a un Consorzio diverso dovranno rifare tutto daccapo. Niscemi
e Piazza Armerina, che avevano aderito al libero Consorzio di Catania
anziché alla Città metropolitana di Catania, ma anche Gela che non
aveva raggiunto quorum, così come il comune Licodia Eubea, che aveva
aderito al libero Consorzio di Ragusa anziché alla Città
metropolitana di Catania, potranno esprimere la volontà di rientrare
presso l'ente di area vasta di provenienza, con deliberazione del
consiglio comunale, che dovrà essere adottato a maggioranza di due
terzi dei componenti, entro sei mesi dalla data di entrata in vigore
della riforma se fosse approvata dall'aula così come scritta dal
governo.