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Rassegna stampa del 14 aprile 2015

Sicilia24h
Lavori pubblici e l' Italia a due velocità. I casi Hymera e Morandi L'Italia a due velocità. Al nord opere e grandi opere, l'Expo, strade, ponti, Tav e tanto denaro pubblico investito nelle infrastrutture. A sud e in Sicilia nulla. Ad Agrigento poi zero e solo zero. Ad esempio, il viadotto Morandi (nella foto) sarebbe precario ? Chiuso, in attesa di accertamenti. E fino a quando ? Rispondiamo noi : per sempre. I soldi dei contribuenti agrigentini servono per altro, fuori Agrigento. E gli agrigentini, che nel frattempo si azzuffano tanto sul prossimo sindaco, non contano nulla. Fuori Agrigento, un cedimento al viadotto Hymera, lungo la Palermo - Catania, ha spaccato in due la Sicilia. Quando si rimedierà ? L' Anas risponde : saranno necessari degli anni perché il viadotto è da ricostruire. E pensare che negli anni 50 l' autostrada del Sole, Roma - Milano, è stata costruita in 8 anni. Nel frattempo, il percorso alternativo aumenta i tempi di percorrenza di almeno un'ora, anche perché i percorsi alternativi sono devastati dalle piogge e dalle intemperie invernali, afflitti dalla cronica mancanza di manutenzione. L'assessore regionale alle Infrastrutture, Giovanni Pizzo, ha chiesto la proclamazione dello stato di emergenza.

LiveSicilia
IL CASO Crocetta, Renzi e lo scaricabarile. E la Sicilia cade a pezzi di Accursio Sabella La "guerra" tra Palermo e Roma per l'utilizzo dei fondi Pac sul dissesto idrogeologico, i tagli in Finanziaria, il flop delle Province e l'azzeramento degli investimenti per pagare debiti e stipendi. E un pilone crollato che ha diviso in due un'Isola allo stremo. Sindacati, costruttori, artigiani: "Così affondiamo".
PALERMO - Il crollo del pilone è l'immagine del prossimo crollo del Pil. La fotografia di una Sicilia sempre più cadente. E mentre il governatore Crocetta "litiga" con l'esecutivo di Renzi, l'Isola è immobile: senza fondi per il rischio idrogeologico, senza soldi per le infrastrutture, senza un euro per gli investimenti. In pratica senza un presente e senza un futuro. E divisa in due.
"Roma, invece di fare chiacchiere, ci dia i soldi", ha protestato il presidente della Regione. E il riferimento, tra gli altri, è proprio indirizzato alla gestione dei fondi per il contrasto del dissesto idrogeologico, sfumati tra ritardi e rimpalli di competenze. La legge di stabilità del governo nazionale, infatti, ha deciso il recupero di tutti quei fondi Pac non ancora spesi alla fine del 2014. Tra questi, come detto, i circa 100 milioni di euro che la Sicilia avrebbe dovuto utilizzare per il contrasto al dissesto. "Troppo tardi", ha praticamente detto Roma alla Sicilia. E in effetti, non è che il governo regionale abbia brillato per celerità. È il luglio del 2013 quando la giunta Crocetta approva la prima ripartizione dei fondi Pac. Una specifica linea di intervento è destinata al rischio idrogeologico. Si va avanti così da giunta in giunta, da rimodulazione in rimodulazione dei fondi. Fino a una somma di 119 milioni riconosciuta alla Sicilia dal dipartimento per lo sviluppo economico. Ma siamo già nell'ottobre del 2014. Sei mesi fa. Solo pochi mesi prima, ad agosto, veniva istituito un capitolo nel bilancio della Regione destinato al dissesto, con una dotazione finanziaria iniziale di 30 milioni.
Ma come detto, ecco la legge di stabilità nazionale. E la decisione del governo Renzi di togliere 3,5 miliardi alle Regioni del Mezzogiorno e alla Valle d'Aosta. Somme drenate con un criterio spietato: la decurtazione sarà proporzionale alla percentuale di fondi non spesi. E la Sicilia, in questo senso, è messa malissimo. Il totale dei Fondi Pac destinati all'Isola ammonta infatti a quasi due miliardi. Di questi, la Sicilia ha speso o impegnato circa 600 milioni. Il resto torna a Roma.
Tra questi appunto i fondi per il dissesto. Nonostante nel novembre scorso, 25 interventi fossero già stati selezionati dalla Regione: per circa 14 milioni di euro. I progetti più importanti (da circa un milione di euro l'uno), quelli destinati al bacino del torrente Mela, alla statale 115 nel Siracusano, alla zona compresa tra i comuni di Grotte, Licata e Racalmuto, al bacino del torrente Mazzarà, alla zona tra i comuni di Casteltermini e Cammarata, al Catanese (nella zona di Randazzo). Tutto fermo, adesso. Per Roma la Sicilia ha perso troppo tempo. Per il governo regionale quello è uno "scippo".
Ma insieme ai soldi per il rischio idrogeologico, a "sfumare" tra i ritardi dell'amministrazione e della burocrazia siciliana, ecco anche una serie di interventi destinati alle infrastrutture siciliane. Tra gli altri, 45 milioni per completare l'autostrada Siracusa-Gela, 25 milioni per l'ammodernamento della Santo Stefano Camastra-Gela, 30 milioni per i collegamenti con l'aeroporto di Comiso, 58 milioni per sistemare le strade provinciali e secondarie, 7 milioni per migliorare la sicurezza sulle arterie stradali dell'Isola. Tutto sfumato. Tutto fermo.
E se in questi casi è difficile riuscire a capire dove finisca la responsabilità siciliana e dove inizi quella romana, molto più chiaro è ciò che è accaduto su altre strade dell'Isola e anche nell'ultima finanziaria. Nella legge di stabilità presentata in queste ore all'Ars, infatti, il governo Crocetta è intervenuto sforbiciando anche quelle voci destinate agli effetti delle calamità naturali e del dissesto: circa 700 mila euro tolti alle voci riguardanti le spese di prima assistenza per fronteggiare i danni conseguenti a stati di emergenza, a quelle per la difesa dell'incolumità pubblica, a quelle per il contrasto a eventi climatici eccezionali, alle opere pubbliche e al consolidamento di abitati situati in zone franose, alla sistemazione e alla manutenzione ordinaria di opere marittime, agli interventi della Protezione civile per le "emergenza infrastrutturali".
E a proposito di "emergenze infrastrutturali", le strade gestite dalle ex Province crollano pezzo dopo pezzo, insieme alla riforma che avrebbe dovuto segnare una svolta "epocale" per l'Isola. E invece, sui territori il racconto è quello di un disastro dovuto alla politica. Alla scelta, cioè, di commissariare per due mesi l'ente relegandolo all'ordinaria amministrazione. E così, dalla Madonie all'Agrigentino, è tutto un racconto di buche e crolli. Di pericoli per i cittadini e in qualche caso persino dell'isolamento di interi centri abitati.
Un quadro confermato recentemente anche dalla Cgil: "Sulle strade secondarie - ha detto il segretario regionale Michele Pagliaro - è il disastro: quanto accaduto lungo l'autostrada A19 è comune a tantissime strade siciliane. Chilometri e chilometri di strade che ogni anno vengono meno ai siciliani, ai turisti e a tutti gli operatori economici - continua Pagliaro - . Ci dispiace ascoltare dal presidente della Regione Crocetta, così come dal presidente dell'Anas Ciucci, dal coordinatore della struttura di missione di Palazzo Chigi, a tutti gli altri, la litania dello scaricabarile".
Ma al di là delle vicende di strettissima attualità, nemmeno il futuro appare roseo. Nell'ultimo documento di programmazione economico-finanziaria, l'assessore all'Economia Alessandro Baccei ha stigmatizzato l'abitudine dei governi regionali di utilizzare i fondi destinati agli investimenti per sostenere la spesa corrente. Stipendi, nella maggior parte dei casi. È proprio, però, quello che ha fatto, con l'ultimo bilancio, il governo Crocetta, coprendo attraverso i Fondi Pac e quelli del Piano di sviluppo e coesione (soldi destinati appunto agli investimenti) la partecipazione alla Finanza pubblica che lo Stato chiede alle Regioni. "Ancora una volta - ha protestato ad esempio l'Ance, l'associazione dei costruttori edili - la Regione sottrae quei soldi agli investimenti infrastrutturali e di sviluppo per pagare gli stipendi di precari e forestali. Se l'Ars non dovesse trovare il coraggio e il senso di responsabilità per bloccare questo disastro, il settore edile siciliano morirà definitivamente. Non ci resterà che consegnare a Palazzo d'Orleans camion, pale meccaniche e tutti i mezzi di cantiere ormai fermi da tempo". Un grido d'allarme rilanciato anche dal presidente Confartigianato Sicilia Filippo Ribisi: "La politica continua a litigare, non riuscendo a compiere quel salto di qualità che finalmente porterebbe la Sicilia verso una crescita sostenibile. Occorrerebbe - conclude il numero uno della Federazione regionale degli artigiani - un ripensamento sul comportamento reiterato dei nostri politici e governanti che appoggiano incondizionatamente il leader di turno, più per produrre vantaggi personali e particolari che per il bene della comunità rappresentata. E' successo con Berlusconi ieri, succede oggi con Renzi". Senza presente e senza futuro, la Sicilia crolla pezzo dopo pezzo. Come il pilone che ha diviso l'Isola in due parti. Entrambe senza speranza.

IL CEDIMENTO DEL VIADOTTO IL DANNO È DA TRENTA MILIONI PALERMO - Il danno è da trenta milioni di euro. Ma la stima è solo preliminare. Si è concluso con una prima valutazione dei costi del cedimento del viadotto Himera l'incontro romano tra il presidente dell'Anas Pietro Ciucci e il governatore Rosario Crocetta, gli assessori regionali alle Infrastrutture e al Territorio Giovanni Pizzo e Maurizio Croce, il capo del dipartimento regionale Protezione civile Calogero Foti, il direttore del dipartimento Infrastrutture Fulvio Bellomo e i tecnici di Anas e Regione: obiettivo dell'incontro, come spiegato da LiveSicilia oggi, definire il calendario che porterà al ripristino dei collegamenti fra Palermo e Catania.
Un percorso alternativo e più veloce, secondo l'Anas, dovrà essere individuato entro un paio di mesi. Cioè entro l'estate: per questo motivo, domani Anas, Regione e Protezione civile effettueranno un nuovo sopralluogo sul viadotto per valutare come procedere. Allo studio c'è l'ipotesi, anticipata oggi da LiveSicilia, di aprire la carreggiata non danneggiata dopo la rimozione del pilone caduto, una mossa la cui fattibilità è però ancora tutta da valutare. Certo è che Ciucci "ha confermato il massimo impegno dell'Anas per risolvere l'emergenza viabilità e si è dichiarato disponibile a reperire le risorse necessarie nell'ambito del contratto di programma 2015, d'intesa con il ministro delle Infrastrutture e dei Trasporti Graziano Delrio", come si legge in una nota dell'Anas. Che però specifica, en passant, che il viadotto Himera "non aveva mai fatto registrare problemi strutturali". Come dire: la colpa non è nostra.
Intanto, la Regione farà la sua parte. "La Regione Siciliana - specificano Anas e Regione - aveva già deliberato il 12 marzo scorso lo stato di calamità naturale della zona, in conseguenza delle precipitazioni piovose eccezionali abbattutesi sul territorio tra metà febbraio e inizio marzo, richiedendo lo stato di emergenza". Adesso dovranno essere messi in campo "interventi di protezione del territorio, che dovranno essere autorizzati dal governo". Insomma: bisogna risolvere il rischio frane. Perché altrimenti i trenta milioni da spendere per il viadotto saranno solo i primi di una serie.

RIAPRIRE UNA CARREGGIATA? "MA PRIMA DELL'ESTATE È IMPOSSIBILE" di Claudio Reale Claudio Reale Crocetta e Pizzo volano a Roma per incontrare l'azienda. Partono i treni "veloci" fra Palermo e Catania: due volte al giorno collegamenti in tre ore. Il progetto: riaprire parte dell'autostrada. "Ma prima bisogna smontare il pilone e capire se il resto tiene". Ciucci si dimette dall'Anas: "Ma il viadotto non c'entra".
PALERMO - La buona notizia è che al momento la carreggiata in direzione Palermo non ha subìto danni. La cattiva è che non si sa ancora se fra qualche settimana sarà ancora così, e che comunque, anche nella più ottimistica delle ipotesi, la primavera si concluderà prima che l'autostrada Palermo-Catania possa essere parzialmente riaperta. Mentre il presidente della Regione Rosario Crocetta è in volo con l'assessore e il direttore generale delle Infrastrutture, Giovanni Pizzo e Fulvio Bellomo, per incontrare a Roma il numero uno dell'Anas Pietro Ciucci - presente al vertice nonostante le dimissioni annunciate in giornata - e fare il punto sul cedimento del viadotto Himera, a Palermo i tecnici della Regione e dell'azienda delle autostrade stanno lavorando per mettere a punto il primo dei progetti che nei prossimi giorni dovranno vedere la luce: smontare pezzo a pezzo il pilone collassato e i 160 metri di autostrada che questo reggeva e poi verificare la tenuta del resto della strada. Nel tentativo, al momento abbastanza lontano nel tempo, di riunificare le Due Sicilie.
Il regno delle Due Sicilie
Questa è la prima certezza: est e ovest dell'Isola, Palermo e Catania, rimarranno senza un collegamento autostradale diretto per almeno tre mesi. "Il punto - spiega Bellomo - è capire fino a che punto si sia spinta la frana. Ci auguriamo che non abbia intaccato l'altro pilone. Finora pare di no". Il problema, però, è che nel frattempo la carreggiata in direzione Catania si è "appoggiata" sull'altra, e quindi la demolizione sarà una fase molto delicata, appunto per evitare di peggiorare la situazione: tre mesi è la stima minima, ma quasi tutti si dicono certi che si andrà oltre. "La verità - ammette il numero uno dell'Anas in Sicilia, Salvatore Tonti - è che fino a quando non sarà pronto il progetto di demolizione non potremo fare una stima, neanche a spanne, dei tempi". Di più: la riunificazione provvisoria delle Due Sicilie, la riapertura di una carreggiata sulla quale fare viaggiare le auto in entrambe le direzioni, è al momento "solo un'ipotesi di lavoro", dicono all'Anas. Si vedrà.
Binario vivo
Quello che già si vede, invece, è il treno. Perché, se non altro, chi deve andare a Catania può abbozzare su rotaia. Da stamattina, infatti, Rete Ferroviaria Italiana ha attivato due collegamenti "veloci" al giorno in entrambe le direzioni: treni "leggeri" che dovrebbero poter coprire la tratta in due ore e 40 minuti, ma che al momento sugli orari ufficiali Trenitalia prevedono un viaggio di tre ore. "La Regione - specifica Bellomo - è in fase di rinnovo del contratto di servizio con Trenitalia. Da giugno sulla tratta Palermo-Catania saranno attive sette coppie di treni". Cioè, tradotto dal "trasportese", sette volte al giorno un convoglio lascerà la stazione centrale di Palermo in direzione Catania e altrettante volte all'ombra dell'Etna accadrà l'operazione inversa.
D'altro canto, il dossier Ferrovie è una pratica calda da anni, in assessorato. Nel 2013, l'allora assessore Nino Bartolotta aveva presentato fianco a fianco con Rfi un mega-progetto di velocizzazione della tratta: sul tavolo, fra le altre opzioni, anche un tunnel fra Raddusa, in provincia di Catania, e Fiumetorto, nel Palermitano. Adesso quel progetto è stato abbandonato: "Quell'idea - chiarisce il direttore dell'assessorato - sarebbe stata troppo invasiva. Si è preferito potenziare la linea storica, portando i tempi di percorrenza a due ore e trenta minuti". Il progetto - anch'esso legato al rinnovo del contratto di servizio Regione-Trenitalia - è uno di quelli che il Documento di economia e finanza del governo Renzi ha salvato dai tagli alle Grandi opere, attribuendogli un finanziamento da 739 milioni. Sorte diversa toccherà alla Catania-Lentini-Ragusa, che invece da quell'elenco è finito fuori. Anche se alla Regione sono scettici: "Noi - giurano in assessorato - crediamo che quell'opera sia stata solo differita. È un project financing già in stato avanzato, si rischiano penali". E di soldi da sprecare, al momento, non ce n'è.
Chi paga il conto
Anche perché, al momento, non si capisce ancora chi pagherà il conto del cedimento di venerdì. All'Anas glissano: "Per ora la priorità è aprire l'autostrada, poi si vedrà". L'argomento, però, è chiaramente sul tavolo della discussione, visto che la ricostruzione del viadotto sarà un'opera molto costosa. O meglio: non tanto la ricostruzione del viadotto quanto le opere di contorno, quelle che servono per impedire che fra sei mesi o sei anni il problema si ripresenti. "Ricostruire il pilone e le quattro campate non avrà costi enormi - garantisce Tonti - anche perché stiamo parlando di 160 metri di viadotto. Poi, però, bisognerà realizzare alcune opere di presidio della frana. Quelle potrebbero far lievitare di molto lo sforzo economico". Una stima dei tempi e dei costi, anche stavolta, non c'è: "Se ne riparla la prossima settimana", tagliano corto all'azienda delle autostrade. Quando sarà più chiaro tutto: anche il nome dell'ente che dovrà staccare l'assegno. Questo, però, è un problema da affrontare in futuro. Nel presente c'è il tentativo di riunificare le Due Sicilie. Aggrappandosi a una speranza: la benevolenza di un'autostrada che non deve cedere ancora.

PD DA DELRIO: OK SUL BILANCIO IL MINISTRO IN SICILIA Fausto Raciti, Davide Faraone, Antonello Cracolici e Baldo Gucciardi hanno incontrato Graziano Delrio. Senza Crocetta. Rassicurazioni sui conti. Chiesto un impegno del governo Renzi per l'emergenza determinata dalla chiusura del viadotto. Oggi il ministro farà un sopralluogo sulla Palermo-Catania
PALERMO - Il Pd siciliano a Roma per un confronto col governo nazionale su bilancio e viabilità. Si è tenuto stamane a Roma, nella sede del Ministero delle Infrastrutture, un incontro tra il ministro Graziano Delrio e gli esponenti del Partito Democratico siciliano Fausto Raciti, Davide Faraone, Antonello Cracolici e Baldo Gucciardi. A proposito del bilancio regionale, in discussione all'Assemblea Regionale Siciliana, Delrio ha assicurato tutte le coperture finanziarie concordate nei tavoli tecnici: in particolare, oltre la possibilità di utilizzare il FSC (Fondo sviluppo e coesione) che ammonta a circa un miliardo e mezzo di euro, la Sicilia potrà contare su quasi 450 milioni provenienti da tributi riconosciuti dallo Stato e dal congelamento di rate di mutuo. "Avere sbloccato la decisione del governo nazionale è un successo del PD siciliano - dicono Raciti, Faraone, Cracolici e Gucciardi - adesso basta polemiche, lavoriamo per assicurare un bilancio e una finanziaria che diano attuazione alle riforme e al rilancio della Sicilia".
Insomma, il gruppo dirigente del partito prende direttamente in mano il dossier della crisi finanziaria, affrontando direttamente un'interlocuzione con la Capitale, in un incontro senza il presidente della Regione.
Nel corso dell'incontro è stato inoltre chiesto al ministro Delrio una visita urgente nell'isola per affrontare l'emergenza viabilità e per mettere in campo un impegno straordinario per assicurare mobilità a tutti i siciliani, in particolare alla luce dell'interruzione dell'autostrada Palermo-Catania che rischia di mettere in ginocchio la già difficile economia regionale. E' inoltre stato evidenziato che la notizia della "cancellazione" della Ragusa-Catania dagli interventi strategici è priva di fondamento, poiché il DEF non è un atto che finanzia opere ma un mero strumento ricognitivo delle opere nazionali di interesse europeo. Il progetto della Ragusa-Catania, infatti, è già in progettazione definitiva: è giunto alla fase di valutazione economica realizzata attraverso project-financing.
E a quanto si apprende da fonti del Pd, a seguito dell'incontro di oggi, oggi il ministro Delrio verrà in Sicilia per un sopralluogo sulla Palermo-Catania.

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